Il sistema delle entrate comunali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi - a decorrere dal 2011 - di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, sia direttamente che nell'ambito di diversi provvedimenti legislativi. Nello stesso anno di approvazione del decreto sul federalismo fiscale, l'intensificarsi dell'emergenza finanziaria ha posto nuove e pressanti necessità per una revisione del regime sperimentale dell'imposta municipale, allo scopo di reperire risorse finanziarie. L'applicazione dell'IMU, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, è stata anticipata al 2012 e la sua disciplina è stata profondamente innovata. Il predetto decreto ha altresì avviato la razionalizzazione delle diverse forme di prelievo vigenti sui rifiuti, TARSU, TIA 1 e TIA 2, istituendo un nuovo e unico tributo, vale a dire la TARES, a totale copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti Tali interventi hanno concorso a determinare un assetto normativo caratterizzato da elementi di transitorietà, ulteriormente confermati dalle disposizioni intervenute nel corso del 2013, in relazione alla complessa vicenda dell'abolizione dell'imposta municipale propria IMU sull'abitazione principale, che hanno portato, con la legge di stabilità 2014 (L. n. 147 del 2013) ad una nuova articolazione della tassazione immobiliare di spettanza dei comuni.
Come già osservato nella precedente Relazione, la scelta del legislatore è stata quella di prevedere l'abolizione dell'IMU sull'abitazione principale e alcune fattispecie assimilate, nonché della componente della TARES relativa ai servizi indivisibili, con contestuale introduzione di un'imposta unica comunale, le cui componenti sono:
- l'IMU, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali non di lusso;
- per la componente riferita ai servizi:
- il tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile (che sostituisce la maggiorazione standard TARES il cui gettito è stato riservato nel 2013 allo Stato), escluse le abitazioni principali;
- la tassa rifiuti (TARI) corrisposta dall'utilizzatore del locale o dell'area scoperta - che sostituisce la TARES e gli altri prelievi sui rifiuti - destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nel rispetto del principio comunitario "chi inquina paga".
Tale è l'assetto vigente attualmente: nel 2014 e nel 2015 la TASI ha colpito le abitazioni principali dei contribuenti, mentre dal 2016 (in virtù della legge di stabilità 2016, la legge n. 208 del 2015) non si applica più alle prime case, ad eccezione degli immobili di pregio; ciò vale anche nell'ipotesi in cui sia il detentore a destinare l'immobile ad abitazione principale.
Anche nel 2014 vi sono stati diversi interventi d'urgenza sulla tassazione immobiliare (decreti-legge nn. 16, 47, 66, 88, 185 e 192 del 2014); ulteriori modifiche sono state apportate dalla legge di stabilità 2015 (L. n. 190 del 2014).
Nel corso dei primi mesi del 2015 sono intervenute modifiche alla disciplina IMU in agricoltura (decreto-legge n. 4 del 2015).
La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), oltre all'esenzione da TASI per l'abitazione principale, ha disposto un'aliquota ridotta per gli immobili-merce e lasciato ferma la possibilità per i comuni, anche per il 2016, di maggiorare dello 0,8 per mille l'aliquota TASI per gli immobili non esenti, rispetto alle misure "di base", con espressa delibera del Consiglio comunale. Dunque l'aliquota TASI può essere deliberata dai Comuni, al massimo, nella misura del 3,3 per mille.
Contestualmente, la legge di stabilità 2016 ha abrogato l'Imposta Municipale Secondaria - IMUS. Essa, disciplinata dall'articolo 11 del D.Lgs. n. 23 del 2011, avrebbe dovuto sostituire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni.
Il comma 26 della legge di stabilità 2016 ha disposto la sospensione, per l'anno 2016, dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali, in luogo di vietare la deliberazione di tali aumenti. Si chiarisce inoltre che detti aumenti sono rapportati ai livelli di aliquote applicabili per l'esercizio 2015. Viene esclusa dalla sospensione – tra l'altro - la tassa sui rifiuti (TARI).
Le leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018 (legge n. 232 del 2016 e n. 205 del 2017, articolo 1, comma 37) hanno prorogato rispettivamente per il 2017 e per il 2018 la sospensione dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti. Per l'anno 2018 la sospensione non si applica per i comuni istituiti a seguito di fusione, allo scopo di consentire l'armonizzazione delle diverse aliquote.
Si segnala inoltre che, a decorrere dal 2017, l'imposta di soggiorno e l'imposta di sbarco sono state escluse dal novero dei tributi sottoposti al blocco degli aumenti (si veda più avanti).
L'istituzione dell'IMI e dell'IMIS da parte delle Province autonome
Si ricorda che la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3. L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili. La legge di stabilità 2015 (comma 508 della legge n. 190 del 2014), ha esteso la sopra richiamata deducibilità dalle imposte sui redditi dell'IMU sugli immobili produttivi all'IMI della Provincia (anche per il 2014 ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2015).
Anche la Provincia autonoma di Trento ha istituito la propria imposta immobiliare (IMIS, Imposta Municipale Immobiliare Semplice), con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge provinciale n. 14 del 2014), nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972). Il richiamato decreto-legge n. 4 del 2015 ha esteso anche all'IMIS la parziale deducibilità dell'imposta dovuta sugli immobili produttivi dalle imposte sul reddito.
La legge di stabilità 2016 (comma 12 della legge n. 208 del 2015) prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell'ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014. Di conseguenza anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l'IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l'ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell'abitazione principale.
L'IMU sui terreni agricoli
All'interno della disciplina dei tributi immobiliari comunali, numerosi interventi normativi effettuati nel corso nel biennio 2014 – 2016 hanno riguardato l'applicazione degli stessi ai terreni agricoli, in particolare per quanto concerne le esenzioni IMU.
Per effetto del D.L. n. 16 del 2014, dal 2014 sui terreni agricoli non è dovuta la TASI, ma essi scontano l'IMU. Detti immobili rientravano tuttavia nelle tipologie immobiliari esentate dall'IMU per il 2013, per effetto dei già richiamati provvedimenti d'urgenza e con alcune peculiarità: il D.L. n. 133 del 2013 ha esentato dal pagamento della seconda rata dell'IMU solo alcune categorie (imprenditori agricoli professionali - IAP e i coltivatori diretti), per le quali è stato previsto il pagamento della cd. mini IMU sopra illustrata.
I terreni agricoli godono di una modalità specifica di calcolo della base imponibile, mentre l'aliquota ad essi applicabile è quella base del 0,76 per cento, che può essere modificata dal Comune entro le forbici previste dalla legge. Sono previste limitazioni all'applicazione dell'IMU ai terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, commisurate al valore del terreno.
La legge di stabilità 2016 ha ridisegnato il perimetro dell'esenzione IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l'esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993 che individua i comuni cd. montani o collinari, in cui opera l'esenzione IMU in favore dei terreni agricoli.
Dal 2016 essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione "parzialmente delimitato", con la sigla ‘PD', l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.
Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, sono esenti da IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:
a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
b) ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
La fiscalità dei trasferimenti immobiliari
Un'ulteriore materia disciplinata dal D.Lgs. n. 23 del 2011 su cui è intervenuto il legislatore mediante la decretazione d'urgenza riguarda il regime fiscale dei trasferimenti immobiliari, contenuto nell'articolo 10 del richiamato provvedimento.
Si rammenta che, nell'originario disegno federalista, dal 2011 i Comuni avrebbero dovuto incamerare, in tutto o in parte, il gettito derivante – tra l'altro - dall'imposizione indiretta dei trasferimenti immobiliari (abrogato articolo 2 del D.Lgs. n. 23 del 2011), ovvero dall'imposta di registro e bollo sugli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili, dalle imposte ipotecaria e catastale ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie. L'assetto è stato profondamente mutato dalla legge di stabilità 2014, che ha soppresso la devoluzione ai comuni del gettito della fiscalità immobiliare ivi previsto.
Il richiamato articolo 10, a partire dal 1° gennaio 2014, ha introdotto un'aliquota unica, pari al 9 per cento, per le imposte di registro, ipotecaria e catastale relative ai trasferimenti immobiliari, ad eccezione della casa adibita ad abitazione principale non di lusso, cui si applica l'aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del precedente 3 per cento).
L'articolo 26, comma 2, del D.L. n. 104 del 2013 ha elevato da 168 a 200 euro l'importo di ciascuna delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in tutti quei casi in cui esso sia stabilito in misura fissa da disposizioni vigenti anteriormente al 1° gennaio 2014.
La legge di stabilità 2016 consente di usufruire dell'imposta di registro con l'aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell'abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.
La legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 47 della legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto che i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all'arrotondamento della proprietà contadina, continuino a godere della agevolazione fiscale prevista dall'art. 9 del D.P.R. n. 601 del 1973 (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali).
L'imposta di soggiorno
L'articolo 4 del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possano istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.
La disposizione prevede anche l'emanazione di un regolamento governativo contenente la disciplina generale di attuazione dell'imposta. Il Dipartimento delle finanze, nell'audizione svoltasi davanti alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il 27 marzo 2014, segnalava che la bozza di regolamento predisposta dal medesimo Dipartimento aveva subito una battuta d'arresto nel suo iter di approvazione, poiché ANCI aveva dichiarato, in sede di Conferenza Unificata in data 15 novembre 2011, che avrebbe proposto emendamenti al testo dell'art. 4 del D.Lgs. n. 23 del 2011, per eliminare la previsione relativa all'emanazione di detto regolamento. Tuttavia la mancanza del citato regolamento non ha intralciato l'autonomia impositiva dei comuni, poiché l'articolo 4 contiene una disposizione di salvaguardia che, nel caso di mancata emanazione del regolamento nel termine ivi indicato, consente comunque ai comuni di adottare gli atti previsti dal medesimo articolo.
L'articolo 4, comma 7, del decreto-legge n. 50 del 2017 consente, a decorrere dal 2017, ai comuni di istituire o rimodulare l'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, in deroga alla norma della legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 26 della legge n. 208 del 2015, e successive modifiche) che ha sospeso, per gli anni 2016, 2017 e 2018, l'efficacia delle deliberazioni comunali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti locali con legge dello Stato, rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. L'imposta di soggiorno è stata pertanto esclusa dal novero dei tributi sottoposti al blocco degli aumenti.
L'articolo 4, comma 5-ter, del decreto-legge n. 50 del 2017 ha stabilito che il soggetto che incassa il canone o il corrispettivo, ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi è responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno di Roma capitale.
L'imposta di sbarco
L'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 consente ai comuni con sede giuridica nelle isole minori e per i comuni nel cui territorio insistono isole minori, di istituire un contributo di sbarco. Detto contributo sostituisce la previgente imposta di sbarco, ferma restando l'alternatività all'imposta di soggiorno. A tal fine viene sostituito l'articolo 4, comma 3-bis del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che aveva istituito per i comuni delle isole minori la cd. imposta di sbarco.
Il decreto-legge n. 244 del 2016 (articolo 13, comma 4-bis) consente agli enti locali, in deroga al blocco degli aumenti di tributi e addizionali previsto dalla legge di stabilità 2016, di disporre gli aumenti connessi al contributo di sbarco a decorrere dal 2017.
La riscossione dei tributi locali
A fronte della maggiore autonomia tributaria riconosciuta agli enti locali con il processo di attuazione del federalismo fiscale, assumono nuovo e centrale rilievo le problematiche connesse alla riscossione dei tributi locali, materia caratterizzata da notevole confusione normativa che necessita una razionalizzazione e una riconduzione al rispetto dei principi comunitari.
L'articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 23/2011 ha confermato la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal provvedimento.
Successivamente, il decreto-legge n. 70 del 2011 (articolo 7, comma 2, lettere gg-ter) e seguenti) ha disposto che Equitalia e le società partecipate avrebbero cessato di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate dei comuni e delle società da essi partecipate. I soggetti successivamente designati dai comuni per l'esercizio di tali funzioni (con procedure ad evidenza pubblica) possono agire mediante ingiunzione fiscale e mediante le ordinarie disposizioni in materia di accertamento delle imposte erariali, ove compatibili. I termini di operatività di tale sistema, successivamente prorogati nel tempo, per effetto del decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) sarebbero decorsi dal 1° luglio 2016.
In materia di riordino della riscossione delle entrate locali, l'articolo 10 della legge n. 23 del 2014 (delega fiscale) disponeva la revisione della procedura dell'ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si segnala che tale delega non è stata attuata.
L'articolo 2 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha prorogato al 30 giugno 2017 la possibilità per gli enti locali di avvalersi di Equitalia per la riscossione delle proprie entrate.
Per effetto delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 35) l'ente Agenzia delle entrate-Riscossione può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali (come individuate dall'ISTAT) e delle società da esse partecipate, con l'esclusione delle società di riscossione. Inoltre, a decorrere dal 1° luglio 2017 le amministrazioni locali possono deliberare di affidare all'Agenzia delle entrate-Riscossione la sola attività di riscossione, spontanea e coattiva delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate (e non più, come previsto dalla norma previgente, anche le attività di accertamento e liquidazione).
Si consente inoltre ai comuni e agli altri enti locali di effettuare il versamento delle entrate tributarie, nonché delle entrate riscosse e delle entrate diverse, anche sui conti correnti postali intestati all'ente impositore, oltre che attraverso gli strumenti già previsti.
L'articolo 2-bis del decreto-legge n. 193 del 2016 ha disposto che il pagamento spontaneo delle entrate degli enti locali è effettuato sul conto corrente di tesoreria dei medesimi enti locali ovvero mediante F24, o attraverso strumenti di pagamento elettronici che gli enti impositori rendano disponibili. Restano ferme le modalità di versamento previste per l'IMU e la TASI. Per le entrate diverse da quelle tributarie il versamento è effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria o tramite strumenti di pagamento elettronici (mentre non è possibile l'utilizzo dell'F24). La decorrenza di tale norma è stata differita al 1° ottobre 2017 dal decreto-legge n. 244 del 2016 (art. 13, comma 4).