Fisco

Lotta all'evasione fiscale

L'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione il 1° febbraio 2018 hanno illustrato i servizi offerti e i risultati raggiunti nel 2017  . L'attività di controllo e di promozione della compliance svolta nel 2017 dall'Agenzia delle entrate ha consentito di riportare nelle casse dello Stato oltre 20 miliardi di euro, con un incremento complessivo del 5,8% rispetto al 2016.

Nel Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, allegato alla Nota di aggiornamento al DEF 2017, si afferma che l'attività dell'Agenzia delle entrate ha reso possibile nel corso del 2016 il recupero di somme evase pari a 19 miliardi di euro (4,8 miliardi dalla riscossione coattiva, 13,7 dai versamenti diretti e 461 milioni dalle iniziative relative all'attività di promozione alla compliance), con un incremento del 28 per cento rispetto al 2015.

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Dal report   dell'Agenzia delle entrate del 1° febbraio 2018 sui risultati del recupero complessivo dell'evasione risulta che, degli oltre 20 miliardi di euro complessivi recuperati,11 miliardi derivano dai versamenti diretti dei contribuenti a seguito dei controlli (+14,6%), 7,4 miliardi derivano da ruoli (+54,2%), 1,3 miliardi è la somma incassata grazie alle lettere di compliance inviate ai contribuenti (+160%), 400 milioni sono stati recuperati grazie alla prima versione della voluntary disclosure. Il gettito spontaneo gestito da Agenzia delle entrate attraverso i servizi forniti ai contribuenti si attesta a 412,6 miliardi, 7,6 miliardi in più (+1,9%) rispetto al dato 2016 (405 miliardi). Dagli stessi dati si ricava che l'Agenzia delle entrate-Riscossione ha riscosso 12,7 miliardi di euro complessivamente nel 2017 (+ 44% rispetto al 2016). La definizione agevolata, la cosiddetta rottamazione delle cartelle (D.L. n. 193/2016), ha portato 6,5 miliardi di euro nel 2017. 

Si segnala l'Atto   di indirizzo del Ministro dell'economia e delle finanze per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2016-2018. Si prevede che le Agenzie fiscali, in relazione alle proprie specifiche competenze, dovranno concentrare la propria attività nelle seguenti aree strategiche: centralità del rapporto con il contribuente attraverso una maggiore trasparenza, una più incisiva semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti anche in un'ottica di favorire forme di adempimento cooperativo, nonché una maggiore qualità dei servizi erogati con la finalità di innalzare il livello di adempimento spontaneo e la percezione della correttezza e proporzionalità dell'azione dell'Amministrazione; prevenzione e contrasto all'evasione e all'elusione fiscale e doganale, al fine della riduzione del tax gap nei settori di propria competenza, assicurando, nel contempo, la riduzione dell'invasività dei controlli e dei connessi adempimenti secondo il principio del controllo amministrativo unico, sviluppando ulteriormente tecniche di analisi dei rischi, favorendo l'integrazione dei processi automatizzati di controllo tra più Amministrazioni e la tracciabilità dello stato dei procedimenti, anche al fine di contribuire alla trasparenza dell'azione amministrativa e alla lotta alla corruzione.

In ordine alla destinazione di risorse derivanti dalla lotta all'evasione alla riduzione della pressione fiscale, si ricorda che la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale, utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione all'apposito "Fondo per la riduzione della pressione fiscale", al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.

La Guardia di finanza con la circolare 1/2018, il Manuale operativo in materia di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali  con cui sono state aggiornate le direttive operative concernenti l'esecuzione delle verifiche, dei controlli fiscali e delle indagini di polizia economico-finanziaria finalizzate al contrasto dell'evasione, dell'elusione e delle frodi fiscali.

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2017 è allegato il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva  . Il Rapporto, oltre a indicare i dati relativi al recupero delle somme evase, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive. Sono riportati, inoltre, le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale e gli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell'evasione.

I dati si basano sulla Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione contributiva   allegata alla Nota, predisposta dalla Commissione di esperti istituita con D.M. 28 aprile 2016. La Relazione 2017 contiene diverse novità metodologiche. In particolare sono fornite le stime del tax gap anche con riferimento ai tributi sulle locazioni e al canone RAI. L'ampliamento dello spettro dei tributi considerati  ha consentito di elevare al 76 per cento la quota di entrate teoricamente soggette a evasione per le quali è stato valutato il tax gap. La misurazione riguarda le seguenti tipologie di imposte erariali e locali: l'IVA, l'IRAP, l'IRES, l'IRPEF (distinta da un lato per lavoratori autonomi e imprese e, dall'altro, per lavoratori dipendenti irregolari), l'IMU sui fabbricati diversi dall'abitazione principale, la cedolare secca sulle locazioni e il canone RAI.

Dalla Relazione emerge che, in media, nel triennio 2012-2014, il gap complessivo è pari a circa 107,7 miliardi di euro annui, di cui 97 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,7 miliardi di mancate entrate contributive (nella Relazione 2016   si calcolava che nel biennio 2012-2013 sarebbero stati evasi 217 miliardi euro, per un valore medio annuo di 108,7 miliardi). Si osserva, in particolare, una propensione media al gap IRPEF pari al 66,6% per i lavoratori autonomi e le imprese. Si evidenzia che nel 2015 il tax gap tende a diminuire rispetto ai valori stimati per il 2014, con la sola eccezione del canone RAI. Escludendo l'IRPEF sul lavoro dipendente irregolare, l'ammontare di imposte e contributi evasi passa da 105,6 miliardi a 101,1 miliardi, con una riduzione di 4,5 miliardi di euro (pari al 4,2%), di cui 3,9 miliardi circa per le entrate tributarie e 600 milioni per le entrate contributive; inoltre, il tax gap scende dal 33,5% al 32,9%. In particolare, emerge una riduzione del tax gap IVA di quasi 1,5 miliardi di euro, e del tax gap IRAP di 2,2 miliardi di euro. La propensione al gap si riduce sensibilmente per l'IRES (-1,6 punti percentuali), per l'IVA (-1,2 punti percentuali) e per l'IRAP (-0,8 punti percentuali).

Per quanto riguarda i risultati dell'attività di prevenzione e contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, il Rapporto segnala che l'attività dell'Agenzia delle entrate ha reso possibile nel corso del 2016 il recupero di somme evase pari a 19 miliardi di euro (4,8 miliardi dalla riscossione coattiva, 13,7 dai versamenti diretti e 461 milioni dalle iniziative relative all'attività di promozione alla compliance), con un incremento del 28 per cento rispetto al 2015. Con una diversa scomposizione dei 19 miliardi si evince che 10,5 miliardi derivano dall'attività di accertamento e di controllo formale, 8 miliardi a seguito dell'attività di controllo automatizzato delle dichiarazioni e 0,5 miliardi derivano da versamenti spontanei.

Il 14 dicembre 2017 il Governo ha trasmesso un aggiornamento   per gli anni 2010 -2015 della Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione contributiva, a seguito della revisione dei conti nazionali apportata dall'ISTAT.

Si rammenta che la Corte dei conti, il 2 dicembre 2014, ha diffuso l'Indagine   sugli effetti dell'azione di controllo fiscale in termini di stabilizzazione della maggiore tax compliance. Alla luce delle analisi più recenti, la Corte ritiene che l'ammontare complessivo dei tributi e contributi annualmente evasi superi in Italia i 120 milardi di euro l'anno.

Il decreto-legge n. 193 del 2016 (articolo 6) consente di definire con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (c.d. "rottamazione delle cartelle"). Aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Il pagamento è comunque dilazionato in rate nel corso del 2017 e nel corso del 2018.

A tal fine deve essere presentata un'apposita dichiarazione, entro il 21 aprile 2017 (termine così prorogato dal D.L. n. 36 del 2017 rispetto all'originario 31 marzo 2017), con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata. L'agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza e fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili e avvisa il debitore dei carichi affidati nell'anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, risulta non ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l'avviso di presa in carico degli accertamenti esecutivi.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali.

Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata può tuttavia riguardare i soli interessi sulle sanzioni amministrative.

La possibilità di introdurre la definizione agevolata è stata estesa anche alle entrate regionali e degli enti locali (articolo 6-ter). Gli enti territoriali devono darne notizia mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale. Anche in tale caso è ammessa la rateizzazione del pagamento, che non può superare il 30 settembre 2018.

Il medesimo provvedimento (articolo 5-bis) autorizza l'Agenzia delle Dogane a definire con transazioni, entro il 30 settembre 2017, le liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, aventi ad oggetto il recupero dell'accisa su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche riferite a fatti verificatisi anteriormente al 1° aprile 2010. 

Con la circolare n. 2/E   dell'8 marzo 2017, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti per la corretta applicazione della disciplina relativa ai propri carichi.  

L'articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 prevede la possibilità di rientrare nei benefici della Definizione agevolata 2016 a favore di coloro che non hanno pagato le prime due rate in scadenza a luglio e a settembre 2017: a tal fine gli importi scaduti devono essere saldati, in un'unica soluzione, entro il 7 dicembre 2017. Il termine per il pagamento della rata che scade ad aprile 2018 è posticipato a luglio 2018. È prevista una specifica disciplina per le Università degli studi che hanno aderito alla Definizione agevolata 2016: possono pagare le rate in scadenza a novembre 2017 entro il mese di novembre 2018. Sono riammessi alla definizione agevolata dei carichi affidati nel periodo 2000-2016, anche coloro che sono stati precedentemente esclusi in quanto non in regola con il precedente piano di rateazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, a causa del mancato pagamento di tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016, e tutti i soggetti che, pur essendo in condizione di avvalersene, non hanno presentato la necessaria dichiarazione e documentazione nei termini di legge. Per aderire alla definizione agevolata, il debitore deve manifestare all'agente della riscossione la volontà di avvalersene rendendo apposita dichiarazione entro il 15 maggio 2018. Sulle somme dovute si applicano, a partire dal 1° agosto 2018, gli interessi per la dilazione dei pagamenti nella misura del 4,5 per cento. Il versamento delle somme può essere rateizzato in un numero massimo di cinque rate consecutive di uguale importo, da pagare, rispettivamente, nei mesi di luglio, settembre, ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019.

Si disciplina inoltre la Definizione agevolata 2017: i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 possono essere estinti con modalità agevolate. Per aderire il debitore deve inviare una istanza all'Agenzia delle entrate-Riscossione entro il 15 maggio 2018. È possibile pagare in un'unica soluzione oppure fino a un massimo di 5 rate (da pagare, rispettivamente, nei mesi di luglio, settembre, ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019). Può presentare la richiesta di rottamazione anche chi non è in regola con il precedente piano di rateizzazione (commi 4-10).

Il nuovo comma 11-quater estende i termini per disciplinare, da parte delle regioni e degli enti locali, la definizione agevolata delle proprie entrate non riscosse oggetto di provvedimenti di ingiunzione fiscale.

Sul sito   dell'Agenzia delle entrate - Riscossione sono presenti le informazioni dettagliate delle procedure, i modelli e le FAQ.

Si ricorda che, in precedenza, la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013) aveva disciplinato la definizione, con modalità agevolate, delle somme iscritte a ruolo i cui carichi sono stati affidati agli agenti della riscossione fino al 31 ottobre 2013. E' dovuto il pagamento dell'intero importo originariamente iscritto a ruolo, ovvero a quello residuo, più le somme dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione (senza interessi di mora). Tali disposizioni non si applicano né ai dazi e ai tributi costituenti risorse proprie UE né quelle dovute per effetto di sentenze di condanna della Corte dei conti. 

In tema di attività di cooperazione fiscale internazionale per il contrasto all'elusione e all'evasione transfrontaliera, il decreto legislativo n. 29/2014 ha dato attuazione alla direttiva 2011/16/UE, concernente la reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di imposte sui premi assicurativi (direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale - DAC). In particolare il provvedimento disciplina le procedure relative allo scambio, con le altre autorità competenti degli Stati Membri dell'Unione europea, delle "informazioni prevedibilmente rilevanti" in materia fiscale per l'amministrazione interessata e per l'applicazione delle leggi nazionali degli Stati Membri. Quindi è stata emanata la direttiva 2014/107/UE allo scopo di includere lo scambio automatico di informazioni nella direttiva del 2011 sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale. Con il decreto 2  8 dicembre 2015   il Ministero dell'Economia e delle finanze - in attuazione della legge 18 giugno 2015, n. 95, e della direttiva n. 2014/107/UE, ha disciplinato le modalità di rilevazione, trasmissione e comunicazione all'Agenzia delle entrate delle informazioni relative ai conti finanziari, nonché le procedure relative agli obblighi di adeguata verifica ai fini fiscali. Si segnala la relazione   illustrativa del decreto. Con il D.M. 17 gennaio 2017   sono stati aggiornati gli elenchi relativi alle giurisdizioni oggetto di comunicazione e alle giurisdizioni partecipanti.

 Successivamente, la direttiva 2015/2376/UE dell'8 dicembre 2015 ha ulteriormente modificato la predetta direttiva 2011/16/UE. Le nuove norme sono intervenute sui ruling preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Ai sensi della direttiva 2011/16/UE si prevede già lo scambio obbligatorio di informazioni tra gli Stati membri in alcune situazioni specifiche, nonché lo scambio spontaneo nei casi in cui uno Stato membro abbia fondati motivi di presumere che possa verificarsi una perdita di gettito fiscale in un altro Stato. La direttiva 2015/2376/UE introduce una definizione ampia di ruling preventivo transfrontaliero e di accordo preventivo sui prezzi di trasferimento, Lo scambio automatico obbligatorio riguarda ruling emanati o modificati nel periodo che ha inizio cinque anni prima del 1° gennaio 2017. Nel caso in cui i ruling siano emanati, modificati o rinnovati tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2013, tale comunicazione avviene a condizione che fossero ancora validi al 1° gennaio 2014. Tale direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 32  . Con l'approvazione del decreto legislativo diviene obbligatorio lo scambio automatico di informazioni:

- sui ruling preventivi transfrontalieri che comprendono, ad esempio, gli accordi preventivi con l'amministrazione finanziaria per le imprese con attività internazionale;

- sugli accordi preventivi relativi ai prezzi di trasferimento ovvero gli accordi per definire preventivamente i metodi di calcolo del valore nominale delle operazioni transfrontaliere.

Con la direttiva 2016/2258/UE si modifica la direttiva 2011/16/UE allo scopo di consentire l'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio. Tale direttiva è in corso di recepimento   nell'ordinamento nazionale.

I summenzionati provvedimenti si inseriscono nel contesto delineato dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente un "Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale" del 6 dicembre 2012 (COM(2012) 722 final) e danno seguito alle Conclusioni del Consiglio Europeo del 18 dicembre 2014, ove si affermava la necessità di "proseguire con urgenza gli sforzi nella lotta all'elusione fiscale e alla pianificazione fiscale aggressiva, a livello sia globale sia dell'UE". Il 18 marzo 2015 la Commissione ha presentato una nuova Comunicazione   (COM(2015)136 final) ed un pacchetto di proposte sulla trasparenza fiscale  , il cui elemento centrale veniva individuato proprio nella proposta legislativa intesa a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri in relazione ai ruling fiscali transfrontalieri da essi emanati, confluita nella direttiva 2015/2376/UE.

La direttiva (UE) 2016/881   del 25 maggio 2016, modificando la citata direttiva 2011/16/UE, ha introdotto l'obbligo per le imprese multinazionali europee di presentare annualmente una rendicontazione Paese per Paese (cosiddetto country by country reporting) di talune informazioni fiscali, che poi saranno oggetto di scambio automatico tra Paese della capogruppo e Stato membri in cui le società controllate sono localizzate. La direttiva, traducendo le raccomandazioni formulate in sede OCSE (Progetto BEPS, action 13), impone requisiti di trasparenza, prevedendo che i gruppi di imprese multinazionali forniscano annualmente, per ogni giurisdizione fiscale in cui operano, alcune informazioni rilevanti, tra cui l'ammontare dei ricavi, gli utili lordi o le perdite, le imposte sul reddito pagate e maturate, il numero di addetti, il capitale dichiarato, gli utili non distribuiti e le immobilizzazioni materiali. L'Italia ha introdotto all'interno dell'ordinamento nazionale una norma sul country by country reporting (CBCR) nella legge di Stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015). In particolare, il comma 145 affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di stabilire modalità, termini, elementi e condizioni affinché le società controllanti, aventi specifici requisiti geografici e di fatturato, trasmettano all'Agenzia delle entrate una specifica rendicontazione, Paese per Paese relativa a ricavi e utili, imposte pagate e maturate, nonché ad altri elementi indicatori di una attività economica effettiva, conformemente alle direttive OCSE; la mancata presentazione di detta rendicontazione ovvero l'invio di dati incompleti comporta una sanzione pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Il comma 146 specifica che, alle disposizioni in materia di obblighi facenti capo alle imprese multinazionali in merito alla predisposizione e presentazione annuale di una rendicontazione Paese per Paese nella quale siano indicati i ricavi, gli utili lordi, le imposte pagate e maturate, nonché tutti gli altri indicatori dello svolgimento di un'attività economica effettiva, di cui al comma 145, devono attenersi anche le società controllate, residenti nel territorio dello Stato nell'ipotesi in cui la società controllante, alla quale è attribuito l'obbligo di redazione del bilancio consolidato, sia residente in uno Stato in cui non sussiste l'obbligo di presentazione della rendicontazione Paese per Paese oppure nell'ipotesi in cui non sussista un accordo dello Stato con l'Italia in base al quale sia consentito lo scambio di informazioni relative alla rendicontazione Paese per Paese o qualora lo Stato si renda inadempiente relativamente alla rendicontazione Paese per Paese.

Il D.M. 23 febbraio 2017   ha definito i termini e le modalità di invio delle rendicontazioni. L'obbligo scatta dal periodo d'imposta che ha inizio il 1° gennaio 2016 e la prima trasmissione dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2017. L'Agenzia delle Entrate trasmetterà i dati ricevuti ad ogni altro Stato membro dell'UE e ad ogni altra giurisdizione con la quale è in vigore un accordo, entro il 30 giugno 2018 (18 mesi dall'ultimo giorno del periodo di imposta di rendicontazione del gruppo multinazionale cui si riferisce la rendicontazione paese per paese).

L'Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 28 novembre 2017  , ha pubblicato le istruzioni per le multinazionali con sede in Italia tenute alla comunicazione dei dati delle società controllate, nell'ambito dello scambio automatico di informazioni in materia fiscale. La rendicontazione deve essere presentata dalla controllante capogruppo, residente nel territorio dello Stato, di un gruppo di imprese multinazionali i cui ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato sono pari o superiori a 750 milioni di euro o a un importo in valuta locale approssimativamente equivalente a 750 milioni di euro alla data del 1° gennaio 2015. 

Riguardo alla dimensione globale, si deve sottolineare come l'azione dell'UE su questi temi si è sviluppata tenendo conto delle linee guida concordate in ambito OCSE. In particolare, la direttiva 2016/1164/UE del Consiglio, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, è volta ad affrontare alcune delle pratiche che sono più comunemente utilizzate dalle grandi società per ridurre il loro onere fiscale. La cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive o ATAD si basa sulle raccomandazioni dell'OCSE del 2015 volte ad affrontare l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS), approvate dai leader del G20 nel novembre 2015. Nel summit che si si è tenuto nei giorni 15 e 16 novembre 2016 ad Adalia in Turchia, i leader del G20 hanno raggiunto un accordo sull'implementazione delle misure di contrasto al BEPS.La direttiva fissa in particolare regole minime comuni in materia di:

  • limiti alla deducibilità degli interessi passivi da parte delle imprese: per contrastare l'erosione delle basi imponibili effettuata dai gruppi di imprese che collocano i prestiti infragruppo in Paesi ad alta tassazione, per beneficiare della deducibilità degli interessi passivi, e i profitti in Paesi a bassa tassazione, in linea con le raccomandazioni BEPS la direttiva prevede che gli interessi passivi siano deducibili fino al 30% dell'EBITDA (margine operativo lordo);
  • società controllate estere (CFC, "Controlled Foreign Companies"): per prevenire lo spostamento di profitti in giurisdizioni a bassa tassazione, all'interno e fuori dell'UE, la direttiva prevede che le società controllate estere siano tassate secondo aliquote e regole di calco della base imponibile del Paese dell'impresa controllante quando la CFC è localizzata in un Paese con tassazione sensibilmente inferiore e non svolge un'attività economica effettiva;
  • clausola antiabuso generale: tale disposizione consente di disconoscere a fini fiscali operazioni effettuate dalle imprese al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale, e quindi senza valide ragioni economiche;
  • tassazione in uscita dei beni di impresa: sono introdotte regole comuni per la tassazione delle operazioni di trasferimento in altri Paesi di stabili organizzazioni, rami d'azienda, asset societari;
  • strumenti e entità ibride: la direttiva contiene una disposizione volta a contrastare fenomeni di doppia non tassazione derivanti dai disallineamenti delle qualificazioni giuridiche che i diversi ordinamenti attribuiscono a strumenti finanziari o entità, generando doppie deduzioni o deduzioni e non tassazione di talune categorie di reddito in Paesi diversi. La disposizione adottata riguarda le situazioni intracomunitarie. Tuttavia, la Commissione presenterà una ulteriore proposta legislativa entro ottobre, che il Consiglio si è impegnato ad adottare entro la fine del 2016, per estendere il campo di applicazione della disposizione anti-ibridi allineandola interamente alle raccomandazioni internazionali.

La direttiva deve essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2018, con l'eccezione della misura sulla tassazione in uscita dei beni di impresa che dovrà essere recepita entro il 1° gennaio 2020. Inoltre, in materia di limiti alla deducibilità degli interessi passivi gli Stati membri potranno continuare ad applicare misure nazionali vigenti con effetti equivalenti a quelli previste dalla direttiva fino a quando i Paesi OCSE non avranno adottato le raccomandazioni BEPS e comunque non oltre il 1 ° gennaio 2024. Nell'ordinamento italiano sono già presenti misure antielusive che soddisfano gran parte degli standard minimi contenuti nella direttiva. La legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163 del 2017) contiene la delega per il recepimento della direttiva 2016/1164/UE. 

Il Consiglio dell'Unione Europea (Ecofin) il 21 febbraio 2017 ha approvato il testo di una proposta di direttiva   (ATAD2) recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi in materia fiscale, considerando che la direttiva (UE) 2016/1164 disciplina solo gli accordi su disallineamenti da ibridi derivati dall'interazione fra i regimi di imposizione delle società degli Stati membri. Le norme sui disallineamenti da ibridi dovrebbero disciplinare le situazioni di disallineamento derivanti da doppia deduzione e da conflitti nella qualificazione di strumenti finanziari, pagamenti ed entità o nell'allocazione dei pagamenti. La proposta ha come obiettivo di proibire la possibilità per le imprese di spostare reddito da un Paese dell'Unione a un Paese terzo, approfittando delle diverse legislazioni nazionali per ridurre l'imposizione.

La Commissione europea il 5 luglio 2016 ha presentato una comunicazione   su ulteriori misure intese a rafforzare la trasparenza e la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscali, nella quale ha ricordati i progressi compiuti in tale ambito e ha indicato le nuove iniziative che intende intraprendere. In particolare la Commissione sostiene la necessità di rafforzare le sinergie tra le norme antiriciclaggio e quelle sulla trasparenza fiscale, in particolare attraverso la revisione della direttiva sulla cooperazione amministrativa e l'approvazione della quinta direttiva antiriciclaggio. Si sottolinea inoltre la necessità di migliorare lo scambio di informazioni sulla titolarità effettiva.

La Commissione ha altresì affermato di voler rivedere il codice di condotta sulla tassazione delle imprese, testo non giuridicamente vincolante approvato nel 1997 in sede di Consiglio europeo. Da allora gli Stati membri lavorano insieme nel Gruppo "Codice di condotta" al fine di esaminare i regimi nazionali e cercare di salvaguardare i principi della buona governance in materia fiscale nel mercato interno.

In sede europea inoltre è in corso di definizione un intervento globale di riforma della fiscalità societaria, intrapreso al fine di contrastare gli abusi fiscali, garantire entrate sostenibili e promuovere un migliore contesto imprenditoriale nel mercato interno. A tale discussione è seguita, il 17 giugno, l'adozione di un piano d'azione per una tassazione societaria più equa ed efficiente (COM(2015) 302  ). Nel piano vengono illustrate una serie di iniziative finalizzate a combattere l'elusione fiscale, tra cui il rilancio della base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB) (COM(2016) 683 final   - si veda al riguardo la relazione   predisposta dal MEF trasmessa al Parlamento il 30 novembre 2016). Le proposte di direttiva sulla base imponibile comune per l'imposta sulla società (documenti COM(2016) 683 e COM(2016) 685) costituiscono le due progressive fasi di una riforma unica, finalizzata a realizzare un regime di tassazione delle società a livello dell'Unione. Si segnala al riguardo il dossier   del Senato.

Sul sito   del Dipartimento delle Finanze è disponibile l'elenco degli accordi amministrativi per lo scambio di informazioni in materia fiscale stipulati con altre giurisdizioni.

L'Italia e la Svizzera hanno concluso un accordo per rendere operativo lo scambio di informazioni a fini fiscali attraverso "richieste di gruppo" in base all'articolo 27 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra l'Italia e la Svizzera. L'Accordo è in vigore dal 2 Marzo 2017 e definisce le modalità operative per una specifica categoria di "richieste di gruppo" ammissibili. Esso rappresenta un ulteriore importante elemento di collaborazione tra i due paesi verso l'obiettivo di una maggiore trasparenza fiscale, a seguito dell'entrata in vigore (il 13 luglio 2016) del Protocollo di modifica della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera, che ha allineato lo scambio di informazioni tra i due paesi al più recente standard dell'OCSE. L'iniziativa è in linea con l'evoluzione del quadro di cooperazione internazionale per la trasparenza fiscale, che include lo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali. Lo scambio automatico consente all'Italia di ricevere in via continuativa, a partire da settembre 2017, le informazioni nominative su italiani con disponibilità finanziarie presso un ampio numero di paesi, compresi i maggiori centri finanziari.

Il 23 febbraio 2015 i rappresentanti dei Governi italiano e svizzero hanno firmato un Protocollo   che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e consente lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali. Per la Svizzera è la fine del segreto bancario. Insieme al protocollo, i due ministri hanno anche firmato una ‘road map'  , ossia un documento politico che delinea il percorso per la prosecuzione dei negoziati tra i due paesi su altri temi, tra cui la tassazione dei lavoratori frontalieri e le disposizioni per il Comune di Campione d'Italia, exclave italiana circondata da territorio svizzero. Il Protocollo dovrà essere ratificato dai rispettivi Parlamenti. La Svizzera, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparata ai fini della voluntary disclosure ad un Paese non black list. La Svizzera si è impegnata ad adottare lo scambio automatico di informazioni a partire dal 2018, con riferimento all'annualità 2017. La legge n. 69 del 2016   di ratifica ed esecuzione del Protocollo è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è entrata in vigore il 19 maggio 2016.

Il 27 maggio 2015 l'Unione Europea e la Svizzera hanno firmato un nuovo accordo   sulla trasparenza fiscale, allo scopo di rafforzare la lotta all'evasione. L'accordo prevede lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari dei soggetti residenti nei rispettivi territori a partire dal 2018.

 Un accordo   sullo scambio di informazioni in materia fiscale è stato firmato il 26 febbraio 2015 con il Liechtenstein. E' stato anche firmato un Protocollo aggiuntivo   che disciplina le richieste di gruppo: le autorità fiscali italiane  potranno presentare richiesta di informazioni su gruppi di contribuenti relativamente a comportamenti considerati a rischio. La legge n. 210 del 2016   ha ratificato l'accordo.

 Il 2 marzo 2015 è stato firmato l'accordo   sullo scambio di informazioni ai fini fiscali con il Principato di Monaco, che come nel caso del Liechtenstein, è basato sul modello OCSE. E' stato poi firmato il Protocollo   che disciplina le richieste di gruppo. La legge n. 231 del 2016   ha ratificato l'accordo.

Con la nota del 4 aprile 2015 il MEF   ha ricordato che sono stati ratificati e sono entrati in vigore accordi e convenzioni precedentemente siglati con San Marino, Jersey, Lussemburgo, Guernsey e Isola di Man, mentre altri accordi entreranno in vigore una volta completato il processo di ratifica: con Isole Cook, Stati Uniti Messicani, Gibilterra, Isole di Cayman, Corea, Hong Kong. Molti di questi accordi prevedono l'efficacia retroattiva, così che i controlli e le verifiche sui contribuenti possono essere effettuati a decorrere dalla data di sottoscrizione dell'accordo, anche se l'accordo viene ratificato successivamente.

La legge 7 luglio 2016, n. 137   (entrata in vigore il 23 luglio 2016) ha autorizzato la ratifica della Convenzione   tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale fatta nella Città del Vaticano il 1º aprile 2015. La Convenzione è finalizzata essenzialmente a: consentire la cooperazione amministrativa tra i due Stati per conseguire la trasparenza fiscale; semplificare in futuro gli adempimenti fiscali per alcune categorie di contribuenti italiani che detengono attività finanziarie presso enti e istituzioni finanziarie della Santa Sede; introdurre per i medesimi contribuenti una regolarizzazione ad hoc per il passato, che si affianca alla voluntary disclosure italiana, e che tiene conto della peculiarità di tali soggetti. Sono altresì previste alcune disposizioni fiscali in materia di beni immobili della Santa Sede situati in Italia e di notifica degli atti tributari. E' parte integrante della Convenzione anche lo Scambio di note   del luglio 2007 tra il Ministero degli Esteri e la Segreteria di Stato che prevede la notifica per via diplomatica degli atti tributari ad enti della Santa Sede.

In particolare, l'articolo 1 della Convenzione introduce lo scambio di informazioni a fini fiscali sulla base del più aggiornato standard dell'OCSE di cui all'Articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni. Tali disposizioni consentono alle autorità delle Parti contraenti di scambiare le informazioni in relazione alle imposte di qualsiasi natura o denominazione e, pertanto, di operare un efficace contrasto all'evasione fiscale. Lo scambio di informazioni non è limitato dall'assenza di interesse per i propri fini fiscali della Parte interpellata (c.d."domestic tax interest"). Si prevede inoltre il superamento del segreto bancario.

La legge   18 giugno 2015, n. 95   ratifica l'accordo con gli Stati Uniti d'America finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa F.A.T.C.A. (Foreign Account Tax Compliance Act). L'accordo prevede una serie di adempimenti da parte degli intermediari italiani i quali, tramite l'Agenzia delle Entrate, sono tenuti a fornire alle autorità statunitensi specifici elementi informativi sulle attività dei contribuenti statunitensi nel nostro Paese. La legge n. 95 del 2015 ha altresì introdotto le disposizioni concernenti gli adempimenti cui sono tenute le istituzioni finanziarie italiane ai fini dell'attuazione dello scambio automatico di informazioni derivante da altri Accordi e intese tecniche conclusi dall'Italia con i Governi di Paesi esteri secondo lo standard OCSE, nonché dalla direttiva 2014/107/UE. In attuazione della citata legge è stato pubblicato il D.M. 6 agosto 2015  . Si segnala inoltre che con Provvedimento del 7 agosto 2015   l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato le relative disposizioni attuative. Nell'attuazione di tale normativa occorre tener conto altresì del D.M. 28 dicembre 2015   (modificato dal D.M. 9 agosto 2017). Con provvedimento del 28 aprile del 2016   l'Agenzia delle Entrate ha comunicato che anche per il 2016 è prorogato al 15 giugno il termine per la segnalazione annuale, da parte degli intermediari finanziari, dei propri clienti con residenza fiscale USA.

La legge n. 208 del 2016 ratifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, firmata a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010. L'articolo 25 della Convenzione oggetto di ratifica dispone in tema di scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati contraenti. Si prevede che lo scambio avvenga su richiesta, con riferimento a quelle informazioni presumibilmente rilevanti per l'applicazione della Convenzione medesima o per l'applicazione di leggi interne relative alle imposte di qualsiasi genere.

 Infine, si ricorda che il D.M. 29 dicembre 2014 ha inserito la Repubblica di San Marino nell'elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (c.d. white list), di cui al D.M. 4 settembre 1996; ciò a seguito dell'entrata in vigore della "Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali" e grazie agli interventi di adeguamento del quadro normativo sammarinese. Con il decreto 9 agosto 2016   la white list è stata notevolmente allargata con l'inserimento di nuovi Paesi con cui l'Italia ha concluso accordi per assicurare lo scambio di informazioni. 

La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1010-1016) ha introdotto una forma di tassazione per le imprese operanti nel settore del digitale, così dando una prima risposta ad esigenze emerse da tempo anche in ambito internazionale ed europeo. In primo luogo le norme modificano i criteri per determinare l'esistenza di una "stabile organizzazione" nel territorio dello Stato, al fine di allentare il nesso - finora imprescindibile - tra presenza fisica di un'attività nel territorio dello Stato e assoggettabilità alla normativa fiscale.

Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2019, è istituita un'imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, con un'aliquota del 3 per cento sul valore della singola transazione, al netto dell'IVA. L'imposta si applica nei confronti del soggetto prestatore, residente o non residente, che effettua nel corso di un anno solare un numero complessivo di transazioni superiore alle 3.000 unità. Sono escluse le prestazioni rese nei confronti di soggetti committenti che hanno aderito al regime agevolato forfetario per imprese e professionisti di ridotte dimensioni. L'imposta viene prelevata, all'atto del pagamento del corrispettivo, dai soggetti committenti dei servizi assoggettati a imposizione, con obbligo di rivalsa sui soggetti prestatori, salvo specifiche ipotesi individuate dalla legge. 

L'articolo 1-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 ha introdotto per le società non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi superiori a 1 miliardo di euro e che effettuano cessione di beni e prestazioni di servizio in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni, avvalendosi di società residenti o di stabili organizzazioni di società non residenti, la possibilità di accedere ad una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dovuti in relazione alla eventuale stabile organizzazione. La nuova procedura appare quale un generale strumento antielusione e antiabuso diretto a imprese multinazionali, senza discriminare tra imprese digitali e non digitali (si veda il relativo paragrafo).

La legge di stabilità 2014 ha introdotto una specifica disciplina fiscale del settore della pubblicità on line, in particolare in tema di transfer pricing e di tracciabilità dei pagamenti

Sotto il primo profilo si prevede che le società operanti nella raccolta di pubblicità on line, al fine di determinare il reddito di impresa relativo alle operazioni con società non residenti collegate, devono utilizzare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività (norma antielusiva). 

Sotto il secondo profilo per l'acquisto delle predette tipologie di servizi è stabilito l'obbligo di utilizzare strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario (articolo 1, commi 177 e 178, della legge n. 147 del 2013). Il D.L. n. 16 del 2014, abrogando il comma 33 della citata legge di stabilità, ha eliminato l'obbligo ivi previsto di acquistare servizi di pubblicità on line da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana (c.d. "emendamento Boccia").

Nel corso della XVII Legislatura sono state inoltre presentate la proposta di legge A.C. 3076   Quintarelli volta a contrastare l'elusione fiscale nelle transazioni eseguite per via telematica e il disegno di legge A.S. 2526   recante misure in materia fiscale per la concorrenza nell'economia digitale. Si segnala al riguardo l'audizione del Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio Alberto Zanardi  . Nel corso dell'esame sono state svolte ulteriori audizioni  .

La delega fiscale ha previsto la revisione del sistema sanzionatorio penale secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità, dando rilievo alla configurazione del reato tributario per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e utilizzo di documentazione falsa (articolo 8). Sono inoltre previste una più puntuale definizione delle fattispecie di elusione ed evasione fiscale e delle relative conseguenze sanzionatorie nonché la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo, al fine di meglio correlare le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti.

Il Decreto Legislativo n. 158 del   2015   prevede la revisione del sistema penale tributario e dell'impianto sanzionatorio amministrativo, mediante modifiche del D.Lgs. n. 74 del 2000. Con riferimento alle fattispecie penali, in sintesi il decreto prevede un inasprimento delle condotte fraudolente (pene più severe per l'omessa presentazione della dichiarazione, l'occultamento o distruzione di scritture contabili e l'indebita compensazione di crediti inesistenti; è introdotto il reato di omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta) e un alleggerimento di quelle ritenute meno gravi (ad esempio, sono elevate le soglie di punibilità, da 50 mila a 250 mila, per l'omesso versamento dell'Iva, da 50 mila a 150 mila euro per la dichiarazione infedele, da 30 mila a 50 mila per l'omessa dichiarazione). Sono inoltre circoscritte le definizioni di ‘documenti falsi', di ‘mezzi fraudolenti' e di ‘operazioni simulate'. La disciplina penale della dichiarazione infedele è stata mitigata: non sono punibili le valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento rispetto a quelle corrette. Si prevede la non punibilità nel caso del pagamento del debito tributario prima del dibattimento, per i reati di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, omesso versamento delle ritenute e dell'IVA; in caso di pagamento del debito per gli altri reati le pene sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie e le circostanze aggravanti. I beni sequestrati, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, possono essere affidati in custodia giudiziale agli organi dell'amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta per le loro esigenze operative. 

La riforma del sistema sanzionatorio penale tributario (Titolo I) è entrata in vigore il 22 ottobre 2015. La revisione del sistema sanzionatorio amministrativo (Titolo II) è entrata in vigore il 1° gennaio 2016 (termine così anticipato dalla legge di stabilità 2016: articolo 1, comma 133, della legge n. 208 del 2015).

L'articolo 49 del D.Lgs. 231/2007 (in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo) prevede il divieto di trasferire denaro contante o titoli al portatore per somme maggiori o uguali a 3.000 euro. Tale soglia è stata così modificata dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 898). In precedenza il D.L. n. 201 del 2011 aveva ridotto il limite a 1.000 euro. La soglia di 3.000 euro è prevista anche per le attività svolte dai cambiavalute con i clienti (il precedente limite, previsto dal D.Lgs. 169/2012, era di 2.500 euro).

Sono previsti dei casi che derogano al generale divieto di utilizzo del contante per un importo pari o superiore a 3.000 euro:

  • gli operatori del settore del commercio al minuto e agenzie di viaggio e turismo possono vendere beni e servizi a cittadini stranieri non residenti in Italia, entro il limite di 10.000 euro in contanti, utilizzando un'apposita procedura   (il limite, previsto dall'articolo 3, del D.L. 16/2012, è stato abbassato da 15.000 a 10.000 euro dal D.Lgs. n. 90 del 2017);
  • per il servizio di money transfer (rimessa di denaro) la soglia è invece fissata a 1.000 euro (articolo 49, comma 2, del D.Lgs.n. 231 del 2007).

L'analisi sull'utilizzo del contante nel nostro Paese rileva che l'86% delle transazioni viene effettuato in contanti (68% del valore complessivo. Fonte: Banca d'Italia).

L'articolo 7-quater del D.L. n. 193 del 2016, modificando il testo unico sull'accertamento (DPR n. 600 del 1973, articolo 32), ha previsto, con riferimento ai titolari di reddito di impresa (i quali percepiscono "ricavi": articoli 57 e 85 del TUIR), un parametro quantitativo oltre il quale scatta la presunzione di evasione per i prelievi o i versamenti di importo superiore a 1.000 euro giornalieri e a 5.000 euro mensili. Da tale presunzione sono esclusi i compensi dei professionisti. La stessa norma, infatti, in attuazione della giurisprudenza costituzionale, ha eliminato la presunzione legale di evasione relativa ai compensi dei professionisti in riferimento ai rapporti bancari. 

    Sul fronte della tracciabilità si segnalano i provvedimenti che hanno previsto l'obbligo di pagamento con mezzi tracciabili. In particolare:

    • pagamenti relativi alle prestazioni libero professionali rese dai medici sia negli studi autorizzati in rete, sia intramoenia, devono essere effettuati unicamente mediante mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo (D.L. n. 158/2012);
    • per quanto riguarda i settori del commercio e dei servizi, dal 1° luglio 2014 le imprese ed i professionisti che effettuano vendita di prodotti e prestazione di servizi sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati con carte di debito (c.d. "obbligo di POS": articolo 15, comma 4, del D.L. 179 del 2012). La legge di stabilità 2016 ha esteso l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica; per diffondere i POS sono previste sia disposizioni agevolative, volte a contenere le commissioni interbancarie in conformità alla normativa europea, in particolare per i pagamenti di importo contenuto, sia disposizioni di carattere sanzionatorio che dovranno essere definite con decreto ministeriale (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 900). Il decreto 24 gennaio 2014   del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha previsto l'obbligo di accettare pagamenti con carte di debito per acquisiti superiori a 30 euro. Si segnala la risposta del Governo all'interrogazione n. 5-02936   dell'11 giugno 2014, nella quale si conferma l'interpretazione secondo la quale la normativa citata avrebbe introdotto un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, il cui campo di applicazione sarebbe limitato ai casi nei quali sarebbero i clienti a richiedere al professionista la forma di pagamento tramite carta di debito. In tal senso, sembra in effetti deporre il fatto che non risulta associata alcuna sanzione a carico dei professionisti che non dovessero predisporre della necessaria strumentazione a garanzia dei pagamenti effettuabili con moneta elettronica. In tal caso, peraltro, si determinerebbe un'ipotesi di mora del creditore, essendo a suo carico l'impossibilità della prestazione (articolo 1207 c.c.);
    • le pubbliche amministrazioni sono tenute ad effettuare le operazioni di pagamento - ivi compresi l'erogazione di stipendi, pensioni e compensi - di importo superiore a 1.000 euro mediante strumenti di pagamento elettronici (accreditamento sui conti correnti o di pagamento dei creditori, carte di pagamento, ovvero altri strumenti di pagamento elettronici prescelti dal beneficiario: articolo 12, comma 2, del D.L. 201 del 2011). La legge di stabilità 2016, nell'elevare a 3.000 euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante, ha tenuto fermo per le pubbliche amministrazioni l'obbligo di procedere al pagamento degli emolumenti, a qualsiasi titolo erogati, superiori a 1.000 euro esclusivamente mediante l'utilizzo di strumenti telematici (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 904);
    • per rendere tracciabili le operazioni relative all'acquisto di servizi di pubblicità on-line e di servizi a essa ausiliari, il pagamento di tali operazioni deve essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiario, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario (legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 178);
    • i pagamenti effettuati a favore di società, enti ed associazioni sportive dilettantistiche, nonché i versamenti da questi operati, se di importo superiore a 1.000 euro devono essere effettuati con mezzi tracciabili (legge n. 190 del 2014, comma 713). Si veda, inoltre, la risoluzione n. 102/E del 2014   dell'Agenzia delle entrate, la quale considera applicabile tale disposizione anche alle associazioni senza fini di lucro e alle associazioni pro-loco;
    • l'obbligo di accettare pagamenti elettronici è esteso dal 1° luglio 2016 anche con riferimento ai dispositivi di controllo di durata della sosta (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 901);
    • il pagamento dei corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi resi ai condomini deve essere eseguito con modalità tracciabili o mediante conti correnti bancari o postali, ovvero mediante altre modalità che consentano il controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria, da definire con decreto ministeriale. L'inosservanza di tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro (comma 2-ter dell'articolo 25-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dalla legge n. 232 del 2016, articolo 1, comma 36).

    La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, commi 902 e 903) ha abrogato le norme che prescrivevano l'utilizzo di pagamenti tracciabili per i pagamenti riguardanti:

    • canoni di locazione di unità abitative, esclusi quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica, quale ne sia l'importo, anche ai fini della asseverazione dei patti contrattuali per l'ottenimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali da parte del locatore e del conduttore (legge n. 147 del 2013, comma 50). Al riguardo si ricorda ai fini sanzionatori la nota 5 febbraio 2014   del Dipartimento del Tesoro del MEF: la traccia della transazione in contante può essere fornita mediante una prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare il pagamento del canone di locazione, anche per poter fruire dei previsti benefici fiscali.
    • corrispettivi per le prestazioni rese in adempimento di un contratto di trasporto di merci su strada da parte dei soggetti della filiera dei trasporti  (art. 32-bis del D.L. n. 133 del 2014). 

    In applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all'evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nell'attività di accertamento e riscossione. Per quanto concerne i comuni, l'articolo 1, comma 1 del D.L. n. 203/2005 disponeva in origine l'attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi. Tale ammontare è stato in un primo momento elevato al 50 per cento (articolo 2, comma 10, lettera b), del D.Lgs. n. 23 del 2011). Successivamente, per gli anni 2012, 2013 e 2014, ai comuni è stato assegnato l'intero maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento svolto dall'ente stesso nell'attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo (articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011). Con la legge di stabilità 2015 (comma 702 della legge n. 190 del 2014) per il triennio 2015-2017 la predetta quota era stata fissata nella misura del 55 per cento; secondo tale assetto normativo, ai comuni sarebbe spettato un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura più elevata di quanto stabilito in via ordinaria dalla legge (D.Lgs. n. 23 del 2011). L'articolo 10, comma 12-duodecies del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il D.L. n. 138 del 2011 ha disposto che fino al 2017 venga riconosciuto ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione.

    Da ultimo, è stato esteso agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso ( articolo 4, comma 8-bis del D.L. n. 193 del 2016).

    A decorrere dal 1° luglio 2011, inoltre, gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l'inadempimento degli obblighi di dichiarazione agli uffici dell'Agenzia del territorio degli immobili e delle variazioni di consistenza o di destinazione dei medesimi sono quadruplicati; il 75 per cento dell'importo delle sanzioni irrogate a decorrere dalla predetta data è devoluto al comune ove è ubicato l'immobile interessato.

    Per quanto riguarda le regioni, l'articolo 9 del D.Lgs. n. 68/2011 (in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province) ha assicurato il riversamento diretto alle regioni dell'intero gettito derivante dall'attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali di cui al presente decreto. Ai medesimi enti è poi attribuita una quota del gettito riferibile al concorso della regione nella attività di recupero fiscale in materia di IVA, commisurata all'aliquota di compartecipazione alla medesima in favore delle Regioni

    Relativamente alle province, l'articolo 10 del D.Lgs. n. 149 del 2011 riconosce ai predetti enti una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse con il contributo dei medesimi enti, anche mediante segnalazione all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti per la determinazione di maggiori imponibili fiscali.