Welfare

Le misure a sostegno della famiglia e i fondi per le politiche sociali

I Fondi destinati a finalità di carattere sociale rappresentano il principale strumento della politica socio-assistenziale del nostro Paese, declinata dalla legge quadro 328/2000   in un sistema integrato di interventi e servizi sociali in grado di garantire livelli essenziali di assistenza uniformi su tutto il territorio nazionale. Ma, a differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, tuttora le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o perfino del comune di riferimento.

Alle risorse presenti nei Fondi, stanziate annualmente per finanziare gli interventi e i servizi sociali previsti per l'area di utenza di riferimento, bisogna aggiungere le risorse dedicate alle misure a sostegno della famiglia, nonché le risorse dedicate al contrasto alla povertà.Nel corso della XVII Legislatura, è stata varata l'attesa riforma dell'ISEE e si è proseguito con il finanziamento della Carta acquisti, utilizzata sia come misura di sostegno al reddito (Carta acquisti ordinaria) per anziani al di sopra dei 65 anni o bambini al di sotto dei 3 anni, che come strumento di inclusione sociale (Carta acquisti sperimentale/Sostegno per l'inclusione attiva-SIA) per i nuclei familiari in situazione di disagio lavorativo con minori. In seguito, la legge di stabilità 2016 ha prefigurato l'avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA. A conclusione di tale processo, il D. Lgs. 147/2017 ha reso operativo, dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione sociale - ReI, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà.

Misure di carattere temporaneo a sostegno del nucleo familiare sono state introdotte dalle leggi di stabilità per il 2015 e per il 2016. Più in particolare, la legge di stabilità 2015 ha previsto un beneficio economico per i nuovi nati e per i bimbi adottati nel periodo 1 gennaio 2015 - 31 dicembre 2017 all'interno di nuclei familiari con determinati redditi ISEE (bonus bebé) e misure economiche di sostegno per l'acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari disagiati. Più recentemente, la legge di bilancio 2017 ha previsto un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro, e ha introdotto, a regime,  l'erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. Infine, la legge di bilancio 2018 ha prorogato il bonus bebè per un solo anno e ha istituito dei Fondi dedicati ai caregiver e ai giovani fuori famiglia per provvedimenti dell'autorità giudiziaria

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In Italia, i servizi sociali sono realizzati attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali e rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o perfino del comune di riferimento, anche perché le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di governo (Stato, Regioni e Comuni), secondo dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci.

La legge quadro sull'assistenza (legge 328/2000  ) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Più precisamente, l'art. 22 ha individuato l'area del bisogno (per esempio: povertà, disagio minorile, responsabilità familiare, dipendenze, disabilità) e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi. In assenza di una normativa statale di determinazione dei LEP, le scelte delle regioni, chiamate a disciplinare con leggi regionali la materia riferibile ai servizi sociali, si sono fortemente differenziate.

In seguito, la legge 42/2009   sul federalismo fiscale, e più ancora l'articolo 13 del decreto legislativo 68/2011  , hanno stabilito la procedura necessaria a fissare i LEP di determinate materie, fra cui l'assistenza, prevedendo che, nella fase transitoria, fino alla determinazione  dei LEP, Governo e Regioni possono definire (tramite intesa conclusa in sede di Conferenza unificata) macroaree e servizi con caratteristiche di generalità e permanenza da garantire sul territorio nazionale e il fabbisogno finanziario necessario a erogarli. Lo stesso articolo 13 ha anche previsto che l'individuazione delle macroaree e dei servizi con caratteristiche di generalità e permanenza siano elaborati dalla S.O.S.E. spa, in collaborazione con ISTAT e con la Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro Interregionale di Studi e Documentazione (CINSEDO  ).

Pertanto, vista l'assenza dei LEP, le prestazioni diffuse sul territorio nazionale sono state mappate dal Nomenclatore Interregionale degli Interventi e Servizi Sociali  , approvato nel 2009 e aggiornato sul piano delle terminologie e dei contenuti fino al 2013. Il Nomenclatore, elaborato dalla Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle PA con il supporto del C.I.S.I.S. (Centro Interregionale per i sistemi informatici, geografici e statistici), e dell'ISTAT per gli aspetti relativi alla spesa sociale  , ha provveduto ad un raggruppamento delle prestazioni sociali definendo i macrolivelli delle prestazioni, al cui interno sono stati individuati "Obiettivi di servizio" recepiti anche dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nei riparti del Fondo nazionale politiche sociali per il triennio 2013-2015. Più puntualmente, la Conferenza delle Regioni, in un documento   approvato il 20 febbraio 2014, ha individuato, con il sostegno del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 5 Macro Obiettivi di Servizio:

  1. Servizi per l'accesso e la presa in carico dalla rete assistenziale;
  2. Servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio;
  3. Servizi a carattere comunitario per la prima infanzia;
  4. Servizi a carattere residenziale per le fragilità;
  5. Misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito.

  All'interno dei Macro Obiettivi sopra elencati sono stati poi individuati "servizi omogeneamente diffusi" ai quali può essere riconosciuta la caratteristica di generalità e permanenza richiesta dal D. Lgs. 68/2011   .

Contestualmente, nel documento del febbraio 2014, le regioni hanno sottolineato l'importanza di:

  • determinare risorse certe e adeguate, da stanziare come concorso statale al finanziamento delle politiche sociali;
  • rendere stabili e incrementare, a partire dal 2014, i finanziamenti statali riguardanti gli interventi sociali, con particolare riferimento al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e al Fondo per le non Autosufficienze;
  • rafforzare le politiche integrate socio-sanitarie;
  • individuare i costi di un determinato servizio nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza (costi standard) per i servizi maggiormente definiti come gli asili nido, l'assistenza domiciliare e residenziale;
  • implementare il Sistema informativo dei servizi sociali.

La Conferenza delle Regioni ha chiesto alla Conferenza Unificata di considerare il documento quale Intesa Quadro per le Politiche Sociali e per le non Autosufficienze, preliminare all'intesa prevista all'articolo 13 del decreto legislativo 68/2011  .

Date queste premesse, il 7 maggio 2015 è stata sancita in sede di Conferenza unificata l'Intesa tra il Governo, Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali sull'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68  . L'Intesa ha fornito le prime indicazioni per un percorso finalizzato alla rilevazione della spesa sociale, dei fabbisogni e dei costi standard, dei servizi e degli interventi aventi caratteristiche di generalità e permanenza all'interno delle Regioni e Province autonome e delle Autonomie locali, nell'ambito delle Politiche Sociali.

Nell'Intesa si conviene di:

  • proseguire le attività di analisi e valutazione della spesa connessa ai servizi sociali, erogati dai Comuni, come descritti e aggregati in sede di prima rilevazione (macro obiettivi e servizi omogeneamente diffusi) avvalendosi delle attività del Gruppo di lavoro che ha operato per la ricognizione degli stessi;
  • affidare al Gruppo di lavoro la determinazione di:
    • un set di servizi che i Comuni in forma singola o associata erogano al cittadino;
    • le caratteristiche e le modalità di erogazione di ogni servizio per raccogliere dati omogenei;
    • le prestazioni sociali (comprese quelle integrate con salute, scuola e lavoro) sulle quali valutare spesa, fabbisogni e costi standard;
  • valutare attività innovative  da raccordare e integrare con i servizi pubblici, quali il welfare aziendale.

Il Gruppo di lavoro, dopo aver definito le caratteristiche strutturali e tecniche dei set di servizi, dovrà procedere all'analisi specifica delle diverse componenti di costo, operando un confronto tra i diversi territori con la finalità di individuare indicatori di fabbisogno e costi standard. L'Intesa indica come termine,per tali attività 15 mesi dalla data di avvio delle azioni indicate. Il Gruppo potrà valutare la possibilità di procedere attraverso un primo campione pilota di Comuni singoli e associati, per valutare eventuali criticità.

Successivamente il decreto 10 ottobre 2016   di riparto per il 2016 delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) ha specificato che tutte le Regioni integrano le risorse del FNPS a loro attribuite con il Fondo per le non autosufficienze. Le Regioni coinvolte nel Piano azione coesione integrano, altresì, nella programmazione le risorse attribuite agli ambiti territoriali di rispettiva competenza per il finanziamento di Servizi di cura delle persone  : cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti. L'allegato 1 del decreto inoltre precisa quanto già stabilito in numerosi documenti della Conferenza delle regioni circa i macro livelli e gli obiettivi di servizio, rispetto ai quali le regioni programmano l'utilizzo delle risorse loro destinate (Servizi per l'accesso e la presa in carico dalla rete assistenziale; Servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio; Servizi per la prima infanzia e servizi territoriali comunitari; Servizi a carattere residenziale per le fragilità; Misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito).

Come rilevato dall'Istat (La spesa dei comuni per i servizi sociali: anno 2015  ), la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, ammonta  a circa 6 miliardi 932 milioni di euro, corrispondenti allo 0,42% del Pil nazionale. La spesa di cui beneficia mediamente un abitante in un anno è pari a 114 euro a livello nazionale e rimane invariata dal 2013 al 2015. Le risorse proprie dei comuni (60,5%) e delle associazioni di comuni (7,1%) sono la principale fonte di finanziamento della spesa sociale. Le risorse rimanenti provengono dal fondo indistinto per le politiche sociali (9,2%), dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (14,8%), dai fondi vincolati statali o dell'Unione europea (4,5%), da altri Enti pubblici (2,5%) e da privati (1,4%). I dati dell'Istat fotografano un sistema di servizi disomogeneo, declinato diversamente non solo a livello regionale ma perfino fra i comuni di una stessa regione.

Per questo, la  legge delega 33/2017   recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali ha previsto, all'art. 1, comma 4, lettere a) e b), l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), di un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e composto da rappresentanti delle regioni, delle province autonome, delle autonomie locali e dell'INPS, con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida per gli interventi.

Successivamente l'articolo 21 del D. Lgs. 147/2017,   che ha introdotto il ReI (la misura nazionale di contrasto alla povertà), ha istituito, presso il MLPS, la Rete della protezione e dell'inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali con la finalità di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire le linee guida per gli interventi indicati. La Rete sarà responsabile dell'elaborazione dei seguenti Piani:

- Piano sociale nazionale: strumento programmatico per l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali - FNPS (con 300 milioni di euro a regime);

- Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà: strumento programmatico per l'utilizzo di quota-parte delle risorse del Fondo Povertà finalizzate al finanziamento degli interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà (297 milioni per il rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali necessari per l'erogazione del ReI, comprensivi di una quota di 20 milioni riservata agli interventi e servizi in favore delle persone in condizione di povertà estrema e senza dimora nel 2018). La Rete della protezione e dell'inclusione sociale - organismo presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e che riunisce gli assessori regionali e di alcuni comuni individuati dall'ANCI, responsabili territoriali delle politiche sociali- il 22 marzo 2018 ha approvato il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà. Il Piano nazionale dovrà essere approvato dalla Conferenza Unificata (Governo-Regioni-Comuni) per poi aprire la strada ai successivi Piani regionali, attraverso i quali ciascuna regione indicherà gli specifici rafforzamenti da prevedere nei propri territori e le forme di collaborazione e cooperazione tra i servizi sociali e i centri per l'impiego. Due sono le condizioni poste dal Piano nazionale: che gli ambiti di programmazione dei comparti sociale, sanitario e delle politiche del lavoro siano resi omogenei a livello territoriale; che nella programmazione e realizzazione degli interventi si tenga conto delle attività del Terzo Settore impegnato nel campo delle politiche sociali (qui il comunicato   del MLPS)

- Piano per la non autosufficienza: volto a utilizzare programmaticamente le risorse del Fondo per le non autosufficienze (450 milioni di euro a regime).

I Piani, che hanno un orizzonte temporale triennale con eventuali aggiornamenti annuali, dovranno individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l'obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale.

Con riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, i Piani devono individuare:

- le priorità di finanziamento;

- l'articolazione delle risorse dei fondi tra le diverse linee di intervento;

- i flussi informativi e gli indicatori finalizzati a specificare le politiche finanziate e a determinare eventuali target (obiettivi) quantitativi di riferimento.

Su proposta della Rete, i Piani dovranno essere adottati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata.

La Rete è anche chiamata ad elaborare apposite linee di indirizzo negli specifici campi d'intervento delle politiche che si riferiscono al sistema degli interventi e dei servizi sociali. Le linee di indirizzo si affiancano ai Piani, e costituiscono strumenti operativi per orientare le pratiche dei servizi territoriali, a partire dalla condivisione delle esperienze, dei metodi e degli strumenti di lavoro, allo scopo di assicurare una maggiore omogeneità nell'erogazione delle prestazioni. Le linee di indirizzo sono adottate, su proposta della Rete, con decreto MLPS, sentite le altre amministrazioni per quanto di competenza.

Nel Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), istituito dalla legge 449/1997   (legge finanziaria per il 1998), sono contenute le risorse che lo Stato stanzia annualmente con la legge di bilancio per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale indicati dalla legge quadro 328/2000. Le risorse del FNPS sono ripartite annualmente, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, fra le regioni, le province autonome, i comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sono assegnate con decreto interministeriale (sul sito del Ministero dl lavoro e delle politiche sociali sono pubblicati i decreti di riparto dal 2005 al 2017  ). A partire dal 2010 le somme riferite alle Province Autonome di Trento e Bolzano, pur essendo calcolate ai fini del riparto, sono rese indisponibili (articolo 2, comma 109,  della legge 191/2009   finanziaria 2010).

In conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha determinato lo spostamento della materia dell'assistenza sociale dall'area della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni a quella della potestà legislativa esclusiva delle Regioni, il FNPS è un fondo indistinto, le cui risorse non possono essere vincolate ad una specifica destinazione individuata a livello nazionale (Sentenza Corte costituzionale n. 423/2004  ).

Gli interventi finanziati a valere sul FNPS sono stati ridotti nel tempo da alcuni provvedimenti normativi. In particolare, le risorse del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, limitatamente alla parte dedicata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie, dal 2008 sono determinate annualmente in Tabella C della legge di stabilità e allocate direttamente nel Fondo per l'infanzia e l'adolescenza. Le risorse per gli interventi su tutto il territorio nazionale da dedicare all'infanzia e all'adolescenza, invece, confluiscono ancora nel FNPS indistintamente, senza essere quantificate. Per quanto riguarda le somme destinate al finanziamento degli interventi costituenti i diritti soggettivi (assegno al nucleo familiare con tre figli minori, per la maternità, agevolazioni disabili e lavoratori talassemici), dal 2010, la legge 191/2009 ha disposto che siano finanziati attraverso appositi capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Dal 2010 si è assistito a una progressiva contrazione delle risorse assegnate: il fondo, quasi azzerato dalla Legge di stabilità 2011 e 2012, è stato parzialmente ricostituito dalla Legge di stabilità 2013 (Legge 228/2012  ), che gli ha destinato circa 344 milioni di euro. Per il 2014, la legge di stabilità (legge 147/2013  ) ha destinato al FNPS 317 milioni di euro.

Con la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014  ) lo stanziamento del Fondo ha acquistato carattere strutturale. L'articolo 1, comma 158, della stabilità 2015 ha infatti previsto   uno stanziamento a regime di 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2015 (qui consultabile la Tabella dei finanziamenti del FNPS 2004-2017  , a cura della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome).

La legge di bilancio 2018 ha rifinanziato il Fondo con circa 276 milioni di euro. Si ricorda che le risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche sociali destinate alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono ora allocate (ai sensi dell'art. 73 del D.Lgs. 117/2017 recante Codice del Terzo settore) nel capitolo 3523 Altri interventi per il sostegno degli enti del terzo settore del Programma 3.1 Terzo settore.

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296   (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione.

Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali.

Nel 2015, la legge di stabilità 2015 (comma 159 della legge 190/2014  ) ha disposto per il Fondo per le non autosufficienze un finanziamento di 400 milioni per il 2015 e uno stanziamento a regime di 250 milioni a decorrere dal 2016.

Il comma 405 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015  ) ha incrementato lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, anche ai fini del finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, rendendo la dotazione del Fondo pari a 400 milioni di euro.

Per il triennio 2017-2019, la Sezione II della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016  ) ha incrementato di 50 milioni la dotazione del Fondo, ulteriormente incrementata di 50 milioni, per il solo 2017, dall'articolo 5 del decreto legge interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale (decreto legge 243/2016  ).

Si ricorda che, nel corso del 2017 la dotazione del Fondo è stata ridotta di 50 milioni dall' Intesa Stato-Regioni del 23 febbraio 2017  , finalizzata al conseguimento del concorso regionale per la finanza pubblica per l'anno 2017, da definire ai sensi dei commi 680 e 682, art. 1, della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015). Con l'Intesa, è stato raggiunto un accordo per la riduzione, tra le altre voci di spesa, dei seguenti Fondi:
a) il Fondo per le politiche sociali per circa 211 milioni di euro, per un valore residuo 99.762.949,94 euro (di cui al cap. 3671, originariamente iscritto nello stato previsionale del Ministero del Lavoro per 311 milioni di euro);
b) Fondo per le non autosufficienze per 50 milioni di euro, per un valore residuo di 450 milioni (di cui al cap. 3538 iscritto nello stato previsionale del Ministero del Lavoro).
In base all'Allegato 3 della medesima Intesa, le riduzioni complessive dei diversi capitoli di spesa, tra cui quelli sopra citati, ammontano a 485,2 milioni di euro.
La riduzione dei Fondi per le politiche sociali e per le non autosufficienze ha suscitato polemiche e perplessità. Le regioni, con un comunicato del 7 settembre 2017  , hanno dichiarato di aver reintegrato il Fondo per le non autosufficienze con 50 milioni di risorse regionali e di avere approvato il riparto dello stanziamento complessivo pari a 498,6 milioni di euro.
La legge di bilancio 2018 ha confermato la dotazione di 450 milioni per ciascun anno del triennio 2018-2020.
Le risorse del Fondo per le non autosufficienze sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016  , stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3,  la condizione delle persone con disabilità gravissime, attribuendo agli interventi e servizi loro dedicati il 40% delle risorse. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017   ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer in tale condizione (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016   - legge di bilancio 2017) .
Si ricorda infine, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013  , relativamente alla linea di attività n. 3, « Vita indipendente e inclusione nella società  ». 

In tale ambito, uno stanziamento dedicato è stato previsto dalla stabilità 2016 (art. 1, comma 406, della legge 208/2015), che ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2016 per il potenziamento di progetti riguardanti misure per rendere effettivamente indipendente la vita delle persone affette da disabilità grave, come fra l'altro previsto dalla legge 162/1998   Modifiche alla L. 5 febbraio 1992, n. 104  , concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave. La norma non indicava quali fossero i criteri e le modalità in base ai quali ripartire lo stanziamento.

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006   per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia  . Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006    (legge finanziaria 2007).

Nel 2010, le risorse del Fondo erano pari a circa 185 milioni di euro.

Dal 2011, il Fondo ha subito un forte ridimensionamento, con riduzione dei trasferimenti di risorse al sistema delle autonomie (la consistenza effettiva del Fondo nel 2011,è risultata pari a circa 50 milioni di euro, di cui 25 milioni alle autonomie).

Nel 2012, l'importo del Fondo, pari a circa 32 milioni di euro, è stato incrementato, arrivando a circa 56 milioni di euro.

Nel 2013 e nel 2014, le risorse impegnate nel Fondo sono state pari a circa 17 milioni euro.

Per il 2015, la previsione del Fondo si è attestata a circa 18,3 milioni di euro, anche se la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 131,  legge 190/2014  ) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione di  112 milioni di euro per iniziative a favore delle famiglie (di cui 100 mln per servizi socio educativi per la prima infanzia e 12 mln per i programmi di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti) e ha disposto (art. 1, comma 132, legge 190/2014  ), a partire dal 2015, uno stanziamento a regime a favore del Fondo per le politiche della famiglia, pari a 5 milioni di euro, finalizzato al sostegno delle adozioni internazionali e al pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazional  

 

Successivamente, i commi 411-412 della stabilità 2016 (legge 208/2015  ) hanno istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un autonomo Fondo per le adozioni internazionali, dotato, a decorrere dal 2016, di 15 milioni annui. Il Fondo per le politiche per la famiglia – presso il quale le risorse per il sostegno alle adozioni internazionali erano fino ad allora appostate – è stato conseguentemente ridotto di pari entità. La gestione del Fondo per le adozioni internazionali è stata assegnata al segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per coordinamento, è stato eliminato dalle finalizzazioni del Fondo per le politiche della famiglia, previste dalla legge finanziaria 2007, il sostegno alle adozioni internazionali e alla relativa Commissione.

Per un panorama puntuale delle risorse assegnate al Fondo per le politiche della famiglia dal 2007 al 2017 si rinvia alla Tabella   a cura Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.

Per il triennio 2017-2019, la dotazione del Fondo risulta pari a circa 5 milioni di euro. Tale dotazione è stata confermata dalla legge di bilancio 2018.

La legge 28 agosto 1997, n. 285   ha sollecitato e sostenuto la progettualità orientata alla tutela e alla promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza suddiviso tra le Regioni (70%) e 15 Città riservatarie   (30%), chiamando gli enti locali e il terzo settore a programmare insieme e a diffondere una cultura di progettazione concertata e di collaborazione interistituzionale.

In seguito, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006  ) ha disposto, all'art. 1, co. 1258, che la dotazione del Fondo fosse completamente destinata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie e che le restanti risorse destinate all'infanzia e all'adolescenza confluissero, indistintamente, nel Fondo nazionale per le politiche sociali.

Oggi le 15 Città riservatarie - Bari, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Taranto, Torino, Venezia - costituiscono una sorta di nucleo fondante per le politiche della legge 285 e rappresentano un laboratorio di sperimentazione in materia di infanzia e adolescenza. Il trasferimento delle risorse avviene con vincolo di destinazione, quindi i finanziamenti della legge 285 sono collegati alla progettazione dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza. Tra gli strumenti promossi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la buona riuscita della sperimentazione 285, vi è il Tavolo di coordinamento tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Città riservatarie e la Banca dati dei progetti  .

La stabilità 2013 (legge 228/2012  ) ha destinato al Fondo, per il 2013, 39,6 milioni di euro.

La stabilità 2014 (legge 147/2013  ) ha disposto, per il 2014, una dotazione pari a 30,6 milioni di euro.

La dotazione del Fondo,  disposta dalla stabilità 2015 (legge 190/2014  ) è stata, per il 2015, pari a 28,7 milioni di euro.

La legge di stabilità 2016 (legge 208/2015  ) ha disposto per il 2016 uno stanziamento di 28,8 milioni di euro, mentre la legge di bilancio 2017(legge 232/2016  ) ha destinato al Fondo, per il 2017, circa  28,8 milioni di euro. 

Da ultimo, la legge di bilancio 2018 (legge 205/2017  ) ha ridotto, per il 2018, le risorse a circa 28,3 milioni di euro, mentre per il 2019 e per il 2020 le stesse sono incrementaenuovamente ad un livello di 28,8 milioni.

Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto legge 223/2006  , presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le Regioni e gli Enti Locali.

Nel 2010 la consistenza del Fondo era pari a 81,087 milioni di euro.

Negli anni successivi la dotazione del fondo è stata considerevolmente ridotta. Infatti, nel 2013 la consistenza del Fondo si è attestata su 5,28 milioni di euro; nel 2014  su 13,64 milioni di euro, per tornare nel triennio successivo ad una dotazione poco superiore o inferiore ai 5 milioni di euro (per una puntuale rassegna delle dotazioni del Fondo per le politiche giovanili nel periodo 2007-2018 si rinvia alla Tabella   a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle Province autonome).

Lo stanziamento del Fondo per il 2018, come determinato dalla legge di bilancio 2018 (legge 205/2017) è pari a circa 8,9 milioni di euro, di cui una quota pari al 30% (circa 2,6 milioni) è destinata alle Regioni e Province autonome per la realizzazione di interventi volti prioritariamente a promuovere attività di orientamento o dirette alla prevenzione del disagio giovanile. Gli enti territoriali si sono fra l'altro impegnati a cofinanziare almeno il 20% del progetto presentato.

Il decreto-legge 112/2008   ha istituito la Carta acquisti ordinaria: un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti ordinaria è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici che li collocano nella fascia di bisogno assoluto. Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013  ) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell'Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. I negozi convenzionati, che supportano il programma, accordano ai titolari della Carta uno sconto del 5%. Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l'uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti (decreto n. 89030 del 16 settembre 2008). La gestione della Carta acquisti è centralizzata. L'Inps procede all'accredito delle somme sulla carta elettronica, dopo aver ricevuto le domande e verificato i dati dei richiedenti.

Come indicato dal XVI Rapporto annuale INPS  , il numero di beneficiari della Carta Acquisti nel 2016 è stato pari a 560.844 (nel 2015 sono stati 625.936), il 19,50% dei quali risiedeva in Campania, il 19,04% in Sicilia, il 9,91% in Lombardia, l'8,42% in Puglia, l'8,14% nel Lazio e il 5,83% in Calabria.

Dal 1° gennaio 2018, i nuclei familiari con componenti minorenni (da 0 a 3 anni) beneficiari della Carta acquisti, che abbiano anche i requisiti richiesti per l'accesso al ReI, ricevono il beneficio economico a questo collegato sulla medesima carta. I due benefici non sono cumulabili, pertanto, il beneficio economico della carta acquisti già riconosciuto è assorbito integralmente dal beneficio economico connesso al ReI.

La legge n. 112/2016   Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilita' grave prive del sostegno familiare (qui l'iter parlamentare  ) deve essere inquadrata nel contesto normativo riferibile ai diritti delle persone con disabilità, in attuazione dei principi stabiliti dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Inoltre, nel rispetto delle competenze in tema di assistenza assegnate dalla Riforma del Titolo V ai diversi livelli di governo, il provvedimento si limita a delineare il quadro di obiettivi da raggiungere in maniera uniforme sul territorio nazionale. La legge 112/2016 è stata resa completamente applicabile dal decreto del 23 novembre 2016  .

Con l' espressione "dopo di noi" ci si riferisce al periodo di vita dei disabili successivo alla scomparsa dei genitori/familiari. Sul tema della vita indipendente, la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità  , all'articolo 19, sancisce "il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone" invitando gli Stati parti ad adottare misure efficaci ed adeguate per facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto nonché la loro piena integrazione e partecipazione nella società. Per quanto riguarda la protezione giuridica delle persone con disabilità e loro autodeterminazione, la Convenzione Onu, all'articolo 12, prevede che gli Stati Parti adottino misure adeguate per consentire l'accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno necessario ad esercitare la propria capacità giuridica. Nello spirito della Convenzione, tali misure devono:
  • rispettare i diritti, la volontà e le preferenze della persona disabile;
  • essere scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita;
  • essere applicate per il più breve tempo possibile;
  • essere soggette a periodica revisione da parte di un'autorità competente, indipendente ed imparziale o da parte di un organo giudiziario.
La legge 104/1992   per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate ha dettato disposizioni in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza dei soggetti citati, allo scopo di agevolare, in coerenza con i principi di cui all' art. 3 della Costituzione  , la loro partecipazione alla vita della collettività ed il loro inserimento nel mondo del lavoro, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali.
L'articolo 3, comma 3, della legge definisce come disabile grave la persona che, a causa di "minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici".
Successivamente, la legge 21 maggio 1998, n.162   , ha modificato la legge n. 104/1992  , prevedendo programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati "allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita" (articolo 39, comma 2, lettera l- ter, della legge n. 104/1992  , come modificato dalla legge n. 162/1998  ). Per i disabili gravi senza sostegno del nucleo familiare, tali programmi di aiuto possono essere organizzati dai Comuni (articolo 10, comma 1- bis della legge n. 104/1992  , come modifiato dalla legge n. 162/1998  ). Da parte loro, le regioni possono programmare forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali ( legge n. 104/1992  , articolo 39, comma 2, lettera l-bis, come modificato dalla legge n. 162/1998  ). Infine, l'articolo 41- ter della legge n. 104/1992   dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sociale promuova e coordini progetti sperimentali a favore di persone con handicap e che, con proprio decreto, definisca i criteri e le modalità per la presentazione e la valutazione di progetti sperimentali, nonché i criteri per la ripartizione dei fondi stanziati.
Come indicato dall'articolo 14 della legge n. 328/2000  , le prestazioni per realizzare la piena integrazione delle persone disabili possono essere realizzate attraverso diverse tipologie di interventi: prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale; servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale; misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale.
A partire da queste premesse, per la cura e l'assistenza dei disabili gravi privi di sostegno familiare, nelle diverse realtà regionali si sono diffusi modelli gestionali alternativi all'istituzionalizzazione in residenze sanitarie o socio-sanitarie. Nella maggior parte dei casi, tali modelli sono stati realizzati grazie allo strumento della fondazione partecipata, un istituto giuridico di diritto privato che si caratterizza per la presenza di uno scopo non modificabile nel tempo, che deve essere definito dai soci fondatori al momento della sottoscrizione dell'atto costitutivo.
Il Programma d'Azione Biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità  , predisposto dall' Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità,   adottato nel dicembre 2013, prevede 7 sette linee di intervento che coprono trasversalmente gli aspetti più importanti per la realizzazione della piena inclusione nella vita sociale delle persone con disabilità, individuando per ogni intervento l'obiettivo e il tipo di azione necessaria per conseguirlo. La Linea di intervento 3 è dedicata alle Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società. Il programma sottolinea come, grazie all'indicazione di principio espressa dalla legge n. 162/1998  , le Regioni hanno sperimentato e favorito, nel corso degli anni, una progettualità volta all'assistenza indiretta, all'incentivazione della domiciliarità e, pur in modo residuale, al supporto ai percorsi di autonomia personale. Un ruolo rimarchevole è stato ricoperto dai centri o servizi per la vita indipendente che hanno offerto alle persone e ai servizi pubblici un supporto alla progettazione individualizzata ma anche un aiuto per gli aspetti più pratici ed operativi nella gestione dell'assistenza indiretta.
Dato questo contesto normativo, le misure previste dalla legge legge n. 112/2016   rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili.
Più in dettaglio, la legge n. 112/2016  , in attuazione dei principi costituzionali, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, è diretta a favorire il benessere, l'inclusione e l'autonomia delle persone con disabilità ed agevola le erogazioni di soggetti privati e la costituzione di trust nonché di vincoli di destinazione di beni immobili e mobili registrati, nonché di fondi speciali in favore dei disabili. 
Destinatari delle previste misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. In tal senso, le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile durante l'esistenza in vita dei genitori e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati e nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.
In primo luogo, il provvedimento disciplina la procedura con cui definire i livelli essenziali delle prestazioni, da erogare in ambito sociale, ai disabili gravi privi di sostegno familiare. Conseguentemente, il decreto 23 novembre 2016  , adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata, ha definito, come richiesto dalla legge 112/2016,  gli obiettivi di servizio da erogare ai disabili gravi, nei limiti delle risorse a tal fine dedicate  a valere sullo specifico Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.
Resta fermo che le regioni e le province autonome assicurano l'assistenza sanitaria e sociale alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare garantendo, nell'ambito territoriale di competenza, i macrolivelli di assistenza ospedaliera, di assistenza territoriale e di prevenzione, riferibili ai LEA in ambito sanitario. 
Per quanto riguarda le risorse dedicate, la legge 112/2016   ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, con una dotazione di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e in 56,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2018 (la legge di bilancio 2018 ha definanziato il Fondo di 5 milioni per il biennio 2018-2019). L'accesso alle misure di assistenza cura e protezione del Fondo è subordinata alla presenza dei requisiti individuati dal decreto 23 novembre 2016   che ha anche provveduto a ripartire tra le regioni le risorse (pari a 90 milioni) stanziate per il 2016 (qui una sintesi   del decreto 23 novembre 2016).
Il Fondo è destinato all'attuazione degli obbiettivi di servizio, e, tra gli altri, a realizzare programmi ed interventi innovativi di residenzialità diretti alla creazione di strutture alloggiative di tipo familiare o di analoghe soluzioni  residenziali previste dalle leggi regionali,  a realizzare interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare per far fronte ad eventuali emergenze, nonché a sviluppare programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile da parte dei dei disabili gravi. Al finanziamento dei programmi e degli interventi citati possono concorrere le regioni, gli enti locali, gli organismi del terzo settore nonché altri soggetti di diritto privato.

 La legge 112/2016   disciplina inoltre la detraibilità delle spese sostenute per le polizze assicurative finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave, con l'incremento da 530 a 750 euro della detraibilità dei premi per assicurazioni versati per rischi di morte nonché le esenzioni ed agevolazioni tributarie per i seguenti negozi giuridici, destinati in favore di disabili gravi (come definiti dall'art. 3 della legge n. 104 del 1992  ):

• costituzione di trust;
• costituzione di vincoli di destinazione di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, mediante atto in forma pubblica, ai sensi dell' art. 2645-ter del codice civile   (con conseguente limitazione dell'impiego dei beni conferiti e dei loro frutti per il solo scopo sottostante il vincolo). 
• costituzione di fondi speciali, composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario. L'affidatario può essere anche un'organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), che operi prevalentemente nel settore della beneficenza. Tali atti non devono essere assoggettati ad imposta di successione e donazione.
Viene poi specificato che le esenzioni ed agevolazioni sono ammesse a condizione che il negozio giuridico persegua come finalità esclusiva (espressamente indicata nell'atto) l'inclusione sociale, la cura e l'assistenza di uno o più disabili gravi beneficiari. Sono state poi definite le ulteriori condizioni che devono sussistere, congiuntamente, per fruire delle esenzioni ed agevolazioni. In particolare, si richiede che il negozio giuridico:
• sia fatto per atto pubblico;
• identifichi in modo univoco i soggetti coinvolti ed i rispettivi ruoli, descriva funzionalità e bisogni dei disabili beneficiari, indichi le attività assistenziali necessarie a garantire la cura e la soddisfazione dei bisogni degli stessi soggetti, comprese le attività volte a ridurne il rischio di istituzionalizzazione;
• individui gli obblighi del trustee, del gestore o del fiduciario, rispetto al progetto di vita e agli obiettivi di benessere che deve promuovere in favore del disabile grave, nonché gli obblighi e le modalità di rendicontazione;
• contempli come beneficiari esclusivamente persone con disabilità grave;
• destini i beni esclusivamente alla realizzazione delle finalità assistenziali oggetto del medesimo negozio giuridico;
• individui il soggetto preposto al controllo delle obbligazioni imposte a carico del trustee, del gestore o del fiduciario;
• identifichi il termine finale di durata del trust o del vincolo di destinazione o del fondo speciale nella data di morte del disabile e definisca la destinazione del patrimonio residuo. 
E' previsto che (per il periodo decorrente dal 1° gennaio 2017), in caso di premorienza del beneficiario rispetto ai soggetti che abbiano stipulato il negozio giuridico, i trasferimenti dei beni e di diritti reali in favore dei suddetti soggetti godano dell'esenzione dall'imposta sulle successioni e donazioni e le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applichino in misura fissa. Resta ferma l'imposta sulle successioni e donazioni per i trasferimenti - alla morte del beneficiario - dei beni e di diritti reali in favore di altri soggetti, diversi da quelli che abbiano stipulato il negozio giuridico;  in tal caso, l'imposta è applicata facendo riferimento all'eventuale rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente, fiduciante e destinatari del patrimonio residuo. Per i trasferimenti di beni e diritti in favore dei trust o dei fondi speciali e per gli atti di costituzione dei vincoli di destinazione le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applichino in misura fissa. Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni e le attestazioni posti in essere o richiesti dal trustee, dal gestore o dal fiduciario siano esenti dall'imposta di bollo; anche tale esenzione si applica a decorrere dal 1° gennaio 2017. In caso di conferimento di immobili, o di diritti reali sugli stessi immobili, nei trust o nei fondi speciali in esame, i comuni possano stabilire per i soggetti passivi aliquote ridotte, franchigie o esenzioni ai fini dell'imposta municipale propria, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.  Viene riconosciuto, a decorrere dal periodo di imposta 2016 la deducibilità dal reddito complessivo del soggetto privato (anche diverso dalle persone fisiche) delle erogazioni liberali, delle donazioni e degli altri atti a titolo gratuito effettuati nei confronti dei trust o dei fondi speciali in esame, entro il duplice limite del 20% del reddito complessivo dichiarato e di 100.000 euro annui.
La modalità di attuazione di tali norme,  relative ad esenzioni ed agevolazioni fiscali, erano state demandate ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Il decreto non è stato emanato, creando incertezza sulle corrette procedure da seguire, finché, il rappresentante del Governo in risposta all'interrogazione 5-10627 Carnevali: Sulla mancata adozione del decreto di cui all'articolo 6, comma 11, della legge n. 112 del 2016, ha chiarito che l'articolo 6 della legge 112/2016 trova diretta applicazione senza che sia necessaria l'adozione di uno specifico decreto ministeriale (qui resoconto   seduta del 30 marzo 2017 della Commissione XII).
Infine, sono state previste, rispettivamente, campagne informative a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri per diffondere la conoscenza delle disposizioni della legge e delle altre forme di sostegno pubblico previste per le persone con disabilità grave, e la trasmissione annuale, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni in materia di assistenza ai disabili gravi privi di sostegno familiare (qui la Prima Relazione al Parlamento   sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112 riferita agli anni 2016-2017).

Il comma 400 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015  ) ha istituito  presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari" (cap. 3553), con una dotazione di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e di 56,1 milioni per il 2018. La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha definanziato il Fondo di 5 milioni per ciascun anno del biennio 2018-2019, portandone nei due anni la dotazione a 51,1 milioni di euro. Nel 2020, le risorse stanziate torneranno al livello di 56,1 milioni di euro.

Si ricorda che l'intervento è stato disposto dalla legge 112/2016   recante "Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare o che potrebbero essere in futuro prive di tale sostegno" (cd. "Dopo di noi"  ), definitivamente approvato dalla Camera in seconda lettura il 14 giugno 2016.

La legge riveste particolare importanza perché prevede interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

Il decreto attuativo che ha fissato i requisiti per l'accesso alle prestazioni a carico del Fondo è stato siglato tra i Ministri della salute, politiche sociali ed economia il 23 novembre 2016 (qui il testo  ). Il decreto, inoltre, ha definito il riparto delle risorse a livello regionale per l'anno 2016.

Per il 2017, il riparto dei 38,3 milioni previsti è stato disposto, a seguito di intesa in Conferenza unificata, con il decreto del 27 giugno 2017 (qui il testo  ).

La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014  ), ai commi da 125 a 129, ha previsto, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione.

L'assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo - è corrisposto fino al compimento del terzo anno d'età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione.

Per poter ottenere il beneficio economico si richiede la condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L'importo dell'assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. L'assegno è corrisposto ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno.

L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, con cadenza mensile, per un importo pari a 80 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 960 euro ovvero per un importo pari a 160 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 1.920 euro.

Il finanziamento della misura è stato previsto fino al 2020: 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni per il 2016, 1.012 milioni per ciascun anno del biennio 2017-2018, 607 milioni per il 2019 e 202 milioni di euro il 2020. Il D.P.C.M. 27 febbraio 2015   ha definito le procedure necessarie per l'erogazione e il monitoraggio del beneficio.

Per i nati fino al 2017, l'assegno è corrisposto fino al compimento del terzo anno di età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione. Per tale motivo, il finanziamento della misura è stato previsto fino al 2020.

La legge di bilancio 2018 (art. 1, commi 248-249 della legge 205/2017) ha disposto la proroga per il 2018 della normativa attualmente prevista dall'articolo 1, comma 125, della stabilità 2015 per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018 (comma 248), ma solo fino al primo anno di età o nel primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito di adozione (e non per i primi tre anni) per un importo annuo di 960 euro erogato su base mensile (80 euro). Come in precedenza, la misura è raddoppiata per ISEE familiari fino a 7.000 euro anni.

Il comma 391 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015  ) ha istituito la Carta della famiglia, destinata alle famiglie di cittadini italiani o di cittadini stranieri regolarmente residenti nel territorio italiano con almeno tre figli minori a carico. La Carta, di durata biennale, è emessa dai Comuni su richiesta degli interessati e consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi ovvero a riduzioni tariffarie concesse dai soggetti pubblici o privati che intendono contribuire all'iniziativa.

 Sulla G. U. n. 6 del 9 gennaio 2018, è stato pubblicato il Decreto 20 settembre 2017  , con la definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio della Carta della famiglia.

La Carta Famiglia si rivolge alle famiglie "regolarmente residenti nel territorio italiano" con almeno tre componenti minorenni, con ISEE non superiore ad euro 30.000. La Carta consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi, ovvero a riduzioni tariffarie concessi dai soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa.

I benefici attivabili consistono in: sconti applicati sull'acquisto di determinati beni e servizi; applicazione di condizioni particolari per la fruizione di servizi; riduzioni tariffarie; nel caso la riduzione tariffaria sia concessa da soggetti pubblici, essi dovranno, in ogni caso, preservare il loro equilibrio di bilancio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

I benefici possono essere attivati, nell'ambito delle categorie merceologiche dei beni e delle tipologie di servizi di cui all'allegato B del Decreto, dai seguenti soggetti: dal Ministero del lavoro, su base nazionale, previa formalizzazione di Protocolli d'intesa con le Amministrazioni centrali interessate o convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza nazionale; dalle Regioni e dalle Province autonome, su base regionale, mediante la stipulazione di convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza regionale; dai Comuni, su base comunale, mediante la stipulazione di convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza locale, ovvero riduzioni di tariffe dei servizi pubblici locali erogati direttamente o indirettamente.

Sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è ospitata una specifica sezione informativa   sulle modalità di emissione della Carta, sulle agevolazioni cui dà diritto e sui soggetti aderenti all'iniziativa Servizio Studi della Camera dei deputati.

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016  ) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per il 2019, 13 milioni di euro il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

Il fondo è diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.

Il decreto 8 giugno 2017   ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016  ) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione.

Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

La prestazione è rivolta alle donne in gravidanza o alle madri per uno dei seguenti eventi verificatisi dal 1° gennaio 2017:

  • compimento del settimo mese di gravidanza;
  • parto, anche se antecedente all'inizio dell'ottavo mese di gravidanza;
  • adozione nazionale o internazionale del minore, disposta con sentenza divenuta definitiva ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;
  • affidamento preadottivo nazionale disposto con ordinanza ai sensi dell'art. 22, c. 6, l. 184/1983 o affidamento preadottivo internazionale ai sensi dell'art. 34, l. 184/1983.

Il beneficio è concesso in un'unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato.

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legg 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa 90,9 euro mensili, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche.

Il buono è riferito ai nuovi nati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni.

Le modalità di attuazione sono state stabilite  dal D.p.c.m.   17 febbraio 2017   che ha specificato che:

  • il genitore richiedente deve essere in possesso della cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'UE oppure, in caso di cittadino di Stato extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia;
  • per accedere al beneficio,  il genitore richiedente presenta domanda all'INPS tramite i canali telematici, indicando, al momento della domanda stessa, a quale fattispecie (pagamento retta asilo o supporto presso la propria abitazione)  intende accedere;
  • i benefici sono cumulabili con i voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting  , ovvero con il contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati;
  • per ciascun anno, a decorrere dal 2017, le domande possono essere presentate entro il 31 dicembre e il beneficio è erogato, secondo l'ordine di presentazione telematica delle domande, nel limite di spesa di 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019, e di 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Superato il limite di spesa non verranno prese in considerazione ulteriori domande.

La legge di bilancio 2018 (commi 250 e 251 della legge 205/2017  ) ha introdotto in via sperimentale, per un triennio a partire dal 2018, una misura finanziata per 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio, da destinare ad interventi per il sostegno dei giovani che, al compimento dei 18 anni, in base ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria, vivono fuori dalla propria famiglia di origine. Gli interventi, anche limitati sul piano territoriale, dovranno avere la finalità di garantire la continuità dell'assistenza riferita al loro percorso di crescita verso l'autonomia, fino al 21° anno di età.

La misura, denominata Fondo per la crescita e l'assistenza dei giovani fuori famiglia per provvedimenti dell'autorità giudiziaria, è finanziata mediante quote riservate a valere sul Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale per l'importo di 5 milioni in ciascun anno del triennio 2018-2020. La definizione delle modalità di attuazione della misura è demandata ad un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito il MIUR, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni ed autonomie locali.

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 338, della legge 205/2017  ) ha istituito, per il triennio 2018-2020, un Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, con una dotazione di un milione di euro annui per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 5 milioni di euro per l'anno 2020. Al fondo possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie. L'utilizzo del fondo, nei limiti di spesa di cui al primo periodo, è disciplinato con regolamento adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018.

La legge di bilancio 2018 (commi 254-256 della legge 205/2017) ha istituito un Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del caregiver familiare con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020.

Il Fondo è finalizzato a sostenere gli interventi legislativi per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare.

La norma definisce il caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 76/2016, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, in presenza di un handicap grave, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sè, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata , o sia titolare di indennità di accompagnamento.

 Nel corso della XVII Legislatura,  al Senato, è stato proposto un testo unificato sui progetti di legge   volti a dettare la regolamentazione della materia e a riconoscere l'attività di cura non professionale e gratuita del caregiver.

Attualmente non esistono pertanto interventi legislativi in materia; conseguentemente il finanziamento non è immediatamente utilizzabile.

Il comma 130 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014  ) ha stanziato 45 milioni di euro, per la concessione di buoni per l'acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari con quattro o più figli in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore a 8.500 euro annui. L'importo è stato stanziato per il solo 2015. Il D.P.C.M. 24 dicembre 2015   (pubblicato sulla G.U. n. 35 del 12 febbraio 2016) ha stabilito l'ammontare massimo del beneficio per nucleo familiare e le modalità attuative di erogazione. Il beneficio, fissato in importo pari a 500 euro per nucleo familiare, è stato riconosciuto ai nuclei familiari con un numero di figli minori, pari o superiori a quattro, già destinatari con riferimento al 2015 dell'assegno per i tre figli minori e con ISEE non superiore a 8.500 euro.

L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazioni economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE)  , istituito dal D. Lgs. 109/1998   quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate.L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi.

Il Decreto "salva Italia" (art. 5, decreto legge 201/2011  ) ha previsto la riforma dell'indicatore per rendere più corretta la misurazione della condizione economica delle famiglie, e quindi migliorare l'equità nell'accesso alle prestazioni. La norma ha indicato i criteri di revisione dell'indicatore, rinviando ad un decreto regolamentare successivo sia le modalità di determinazione che i campi di applicazione dell'ISEE. Questi i criteri:

• miglioramento della selettività dell'indicatore, valorizzando maggiormente la componente patrimoniale;

• introduzione di una nozione di "reddito disponibile", includendo anche le somme esenti da imposta;

• considerazione dei carichi familiari (famiglie con minorenni e con persone con disabilità);

• differenziazione dell'indicatore per diverse prestazioni (minorenni, università, socio-sanitarie);

• rafforzamento del sistema dei controlli.

Il D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159   di revisione dell'Indicatore è entrato in vigore l'8 febbraio 2014. Il Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE, dell'attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ha reso pienamente operativa la riforma dell'ISEE a partire dal 1° gennaio 2015.

In relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU), la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014  ), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

Con la riforma, gli enti erogatori sono tenuti a utilizzare l'ISEE, anche se possono prevedere, accanto all'Indicatore, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari. Il nuovo ISEE inoltre è da considerarsi "livello essenziale delle prestazioni", di conseguenza le leggi regionali ed i regolamenti comunali devono considerare vincolanti le sue prescrizioni. In relazione alle leggi regionali, possono essere considerate condizioni migliorative, ovvero generatrici di maggior favore per i cittadini.

Il nuovo ISEE ha introdotto disposizioni innovative:

• nella nozione di reddito sono stati inclusi – a fianco del reddito complessivo ai fini IRPEF – tutti i redditi tassati con regimi sostitutivi o a titolo di imposta (quali cedolare secca sugli affitti, premi di produttività) e tutti i redditi esenti, compresi tutti i trasferimenti monetari ottenuti dalla Pubblica Amministrazione, quali: assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno sociale, indennità di accompagnamento; i redditi figurativi degli immobili non locati e delle attività mobiliari. Viceversa sono sottratte, dalla somma dei redditi, spese e franchigie riferite al nucleo familiare;

Proprio relativamente all'inclusione  dei trasferimenti ottenuti dalla PA nel computo ISEE, il TAR del Lazio, nel febbraio 2015 ha accolto, seppur parzialmente, tre ricorsi molto articolati presentati da associazioni di tutela dei disabili per l'annullamento, previa sospensione, del D.P.C.M. 159/2013.
Le sentenze del TAR Lazio del 21 febbraio 2015 (n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015) hanno stabilito di:
  • escludere dal computo dell'ISEE i "trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche" ovvero tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.;
  • annullare il DPCM 159/2013 nella parte in cui prevede la differenziazione tra le franchigie detratte dai redditi del nucleo familiare in presenza di un soggetto disabile, in misura diversa a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne, consentendo un incremento di franchigia solo per questi ultimi.
Successivamente, contro le tre sentenze del TAR, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno proposto ricorso presso il Consiglio di Stato. Il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consiglio di Stato - che nel corso dell'iter approvativo del D.P.C.M. 159/2013 aveva espresso parere positivo sulla legittimità del provvedimento - ha depositato tre sentenze (n. 838  , 841  , 842  ) che hanno confermato le tesi della I sezione del TAR del Lazio (nn. 2454   , 2458   e 2459  ). In estrema sintesi, l'effetto delle sentenze è quello di:
  • escludere dal computo dell'Indicatore della situazione reddituale i "trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche" ai sensi dell'art. 4, comma 2 lett. f) del regolamento ISEE (DPCM 159/2013), vale a dire tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.;
  • annullare il decreto nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (art. 4, lett. d), nn.1, 2, 3) del DPCM 159/2013), vale a dire le franchigie forfettarie differenziate nel seguente modo: 1) per ciascuna persona con disabilità media, 4.000 euro, incrementate a 5.500 se minorenne; 2) per ciascuna persona con disabilità grave, 5.500 euro, incrementate a 7.500 se minorenne; 3) per ciascuna persona non autosufficiente, 7.000 euro, incrementate a 9.500 se minorenne.
La necessità di revisionare il sistema di calcolo dell'ISEE, dopo le sentenze del Consiglio di Stato, è stata affrontata anche dall'Aula della Camera nel corso delle sedute del 29   e del 30 marzo 2016   in cui sono state esaminate, e approvate, una serie di mozioni sull'argomento. Infine, con il DL. 42/2016 ( AC. 3822  ), il Governo è intervenuto in via urgente, introducendo transitoriamente (art. 2- sexies) una nuova modalità di calcolo dell'Indicatore relativo ai nuclei familiari con componenti con disabilità,  in attesa dell'adozione delle modifiche al regolamento vigente volte a recepire le recenti sentenze del Consiglio di Stato (v. ante). Più in particolare, l'articolo 2 -sexies, comma 1, lett. a), ha escluso dalla nozione di "reddito disponibile" i trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari (incluse carte di debito), a qualunque titolo erogati da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo ai fini IRPEF. Il comma 2 ha poi precisato  che i suddetti trattamenti, se percepiti per ragioni diverse dalla condizione di disabilità (ad esempio carta acquisiti ordinaria, contributo affitto, assegno di maternità di base e assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori concessi dai Comuni, ecc.), restano inclusi nella nozione di reddito disponibile riportata nell'articolo 5 del decreto legge 201/2011. Pertanto, per i trattamenti non legati alla condizione di disabilità, rimane invariato quanto disposto dall'articolo 4,  comma 2 , lett. f)  del  D.P.C.M. n. 159/2013 con la conseguenza che continuano a rilevare nel calcolo dell'ISEE. Il comma 1, lett. b), dell'articolo 2- sexies ha inoltre sostituito le detrazioni delle spese e delle franchigie per le persone con disabilità, con una  maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza per ogni componente il nucleo con disabilità media, grave o non autosufficiente. Conseguentemente, dalla somma dei redditi del nucleo familiare non sono più sottratte:  - le spese per i servizi di collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale, sia sostenute direttamente sia acquisiti presso enti fornitori; - la retta per l'ospitalità alberghiera; - le franchigie previste per ogni componente disabile medio, grave o non autosufficiente.
Infine, la circolare INPS 137 del 25 lugli 2016    ha chiarito ancora una volta che, come indicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la decorrenza dell'ISEE ricalcolato secondo le nuove modalità di cui all'articolo 2- sexies del decreto legge 42/2016   è rimessa alla valutazione del singolo Ente erogatore della specifica prestazione sociale agevolata. Ciò in attuazione del comma 3 della norma che dispone che l'ente erogatore delle prestazioni sociali agevolate adotti gli atti attuativi anche normativi conseguenti alle nuove disposizioni, disciplinando sia l'eventuale prosecuzione delle prestazioni in corso di erogazione, che sono salve fino a 30 giorni dall'entrata in vigore della legge 89/2016   di conversione del decreto legge 42/2016  , sia l'erogazione delle nuove prestazioni sociali agevolate per il periodo successivo a tale data. Secondo quanto illustrato da INPS e Ministero del Lavoro tale opzione vale esclusivamente per le prestazioni in corso, per le quali l'ente potrà decidere se richiedere il nuovo ISEE oppure mantenere la prestazione come regolamentata dal D.P.C.M. 159/2013   (vecchio ISEE valido fino al 15 gennaio 2017). Per le domande per le nuove prestazioni, il calcolo deve invece essere fatto utilizzando la disciplina di cui all'art. 2- sexies del decreto legge 42/2016 (nuovo ISEE).

• per quanto riguarda la componente patrimoniale, riferita ai costi dell'abitare: il valore della prima casa è stato abbattuto a due terzi e ed è stato considerato solo il valore dell'immobile eccedente il valore del mutuo ancora in essere;

• la scala di equivalenza è stata modificata con un ammontare crescente al numero di figli;

• con riferimento alla disabilità:sono state introdotte tre distinte classi di disabilità - media, grave e non autosufficienza - e franchigie che corrispondono a diversi trattamenti economici. Più in particolare, per le persone con disabilità media è stata prevista una franchigia pari a 4.000 euro, incrementate a 5.500 se il disabile è minorenne; per le persone con disabilità grave, è stata prevista una franchigia pari a 5.500 euro, incrementata a 7.500 se minorenne; per persone non autosufficienti, è stata prevista una franchigia pari a 7.000 euro, incrementata a 9.500 euro se minorenne; • per quanto riguarda le prestazioni agevolate di natura sociosanitaria: si è prevista la possibilità per il disabile adulto convivente con la famiglia di origine, di costituire nucleo anagrafico a sé stante;

• è stato introdotto l'ISEE corrente, riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato, in caso di variazioni significative in corso d'anno dell'indicatore della situazione reddituale dovute a modifiche della situazione lavorativa (licenziamenti/cassa integrazione);

• per le prestazioni agevolate rivolte a beneficiari minorenni: è stato stabilito il principio secondo il quale il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l'altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non sia coniugato con persona diversa dall'altro genitore o vi sia legale separazione;

• per le prestazioni erogate nell'ambito del diritto allo studio universitario: sono di regola considerati come facenti parte dello stesso nucleo familiare i genitori dello studente richiedente non conviventi, salvo eccezioni, puntualmente enunciate;

• il sistema dei controlli sulla veridicità dei dati utili per il calcolo ISEE è stato rafforzato affidando un ruolo centrale all'INPS che, al fine di rilevare la veridicità di quanto autocertificato dai cittadini, può avvalersi di controlli incrociati con le banche dati dell'Agenzia delle Entrate e degli archivi amministrativi delle altre amministrazioni pubbliche. In relazione ai dati autodichiarati, l'Agenzia delle entrate, sulla base di controlli automatici, individua e rende disponibili all'INPS, l'esistenza di omissioni o difformità.

L'introduzione del nuovo ISEE è stata monitorata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tre mesi di nuovo ISEE: Prime evidenze  ; Il nuovo ISEE: Monitoraggio del primo semestre  ; Il nuovo ISEE. monitoraggio al terzo trimetre 2015  ).

Nel corso di una audizione   presso la Commissione XII, il Presidente dell'INPS ha fornito i dati sulla distribuzione territoriale dell'ISEE: nel 2015, le fasce di ISEE più popolose si registrano per gli indicatori inferiori a 5.000 Euro; in particolare, presentano un valore sotto la soglia di 5.000 Euro il 35% degli ISEE Ordinari ed il 43% degli ISEE Socio sanitario e residenziale. Fa eccezione l'ISEE Università, che mostra una tendenza opposta, registrando circa la metà degli indicatori rilasciati con valore superiore a 20.000 Euro. Mentre nelle Regioni del Nord la distribuzione delle fasce ISEE si addensa tra i valori 10.001 e 15.000 euro, nelle Regioni del Sud sono i nuclei familiari che nel 2015 hanno avuto un ISEE sotto i 7.000 euro a rappresentare la maggioranza dei richiedenti.

ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica

L'articolo 10 del D. Lgs. 147/2017   istitutivo del Reddito di inclusione (ReI) dispone, al fine di semplificare gli adempimenti e, al contempo, di migliorare la fedeltà nelle dichiarazioni, che le DSU a fini ISEE siano effettuate con modalità precompilata. A tal fine, dal 2018, si dispone una cooperazione nello scambio dei dati tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate e si dispone l'utilizzo delle informazioni disponibili nell'Anagrafe tributaria, nel Catasto e negli archivi dell'INPS, nonché le informazioni su saldi e giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare. A decorrere dal 1° settembre 2018 la modalità precompilata rappresenterà l'unica modalità di presentazione della DSU. A decorrere dalla medesima data, la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto. In ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° settembre, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento l'anno precedente.

La DSU precompilata potrà essere accettata o modificata, fatta eccezione per i trattamenti erogati dall'INPS e per le componenti già dichiarate a fini fiscali, per le quali è assunto il valore a tal fine dichiarato. Laddove la dichiarazione dei redditi non sia stata ancora presentata, le relative componenti rilevanti a fini ISEE possono essere modificate, fatta salva la verifica di coerenza rispetto alla dichiarazione dei redditi successivamente presentata e le eventuali sanzioni in caso di dichiarazione mendace. La DSU precompilata dall'INPS è resa disponibile mediante i servizi telematici dell'Istituto direttamente al cittadino, che può accedervi anche per il tramite del portale dell'Agenzia delle entrate attraverso sistemi di autenticazione federata, o, conferendo apposita delega, tramite un centro di assistenza fiscale.

Un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, (non ancora emanato) dovrà fissare la data a partire dalla quale sarà possibile accedere alla modalità precompilata di presentazione della DSU, anche ai soli fini del rilascio dell'ISEE, in via sperimentale per un periodo di almeno sei mesi. Con lo stesso decreto sono stabilite le componenti della DSU che restano, per il momento, interamente autodichiarate e non precompilate, in attesa di futuri sviluppi tecnologici che consentano l'implementazione dei dati disponibili.

A decorrere dalla data indicata nel predetto decreto lavoro/finanze, l'ISEE corrente e la sua componente reddituale ISRE potranno essere calcolati qualora si sia verificata una variazione della situazione lavorativa, ovvero una variazione dell'indicatore della situazione reddituale corrente superiore al venticinque per cento.

Ulteriori approfondimenti sono contenuti nel focus Principali agevolazioni fiscali per la famiglia.

Il D.Lgs. 80/2015   (attuativo del D.Lgs. 183/2014  , cd. Jobs act) contiene misure dirette, in particolare, alla tutela della maternità e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali.

Di seguito, le principali novità introdotte:

  • viene ampliato l'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
  • il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
  • il congedo parentale viene esteso dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino e la fruizione può essere anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
  • l'indennità di maternità viene corrisposta anche alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS:
    - anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni);
    - anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia);
  • per le lavoratrici autonome, l'indennità di maternità viene estesa ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
  • tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, viene inserita anche la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
  • in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, si prevede che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata (38,3 milioni di euro per l'anno 2016, 36,2 milioni di euro per l'anno 2017 e 35,6 milioni di euro per l'anno 2018).

Il richiamato D.Lgs. 80/2015  , all'articolo 25 prevede, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata. Al riguardo è stato adottato il Decreto 12 settembre 2017 per l'applicazione di sgravi contributivi (in via sperimentale per il 2017-2018) per aziende che adottano misure conciliazione vita-lavoro

In tema di congedi, si segnala che la legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 354, legge n.232/2016) ha prorogato il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2016. Il congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e la sua durata è pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016) e a 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante).

Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall'articolo 8, commi 5 e 7, del D.Lgs. 81/2015   (attuativo del D.Lgs. 183/2014  , cd. Jobs act), secondo cui:

  • in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo   della legge n. 104 del 1992  , è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
  • il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

Anche la legge delega di Riforma della P.A. (L. 124/2015  ) ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro. In particolare, in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse, dispone:

- che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.

In tema di cure parentali, la legge dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglo del 1° giugno 2017  , sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).

In materia di disposizioni volte a favorire il telelavoro, si ricorda che anche la L. 81/2017    (relativa al lavoro autonomo) contiene una disciplina dettagliata (applicabile, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) del lavoro agile e dei suoi elementi costitutivi, proprio al fine di agevolare la conciliazione vita-lavoro.

Nell'ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientra anche il cosiddetto voucher babysitting, ossia una misura sperimentale (introdotta dall'art. 4, c. 24, lett. b), della L. 92/2012   per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 dall'articolo 1, comma 282, della L. 208/2015    e successivamente per il 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 356, della L. 232/2016  ) che riconosce alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, nonché alle madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, la possibilità di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi), in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).

Il suddetto voucher babysitting è stato poi esteso - dapprima per il 2016 (dalla legge di Stabilità 2016) e successivamente anche per il 2017 e 2018 (dalla Legge di bilancio per il 2017) - anche alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici.

Si segnala, inoltre, che la L. 81/2017   (relativa al lavoro autonomo) è intervenuto apportando alcune modifiche sostanziali alla disciplina dei congedi parentali per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione separata (non iscritti ad altre forme obbligatorie, né titolari di trattamento pensionistico), disponendo, in particolare:

  • che le lavoratrici iscritte alla Gestione separata  possono fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
  • il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
  • l'applicazione delle nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo

 

Da ultimo,  interventi a tutela della maternità di specifiche categorie di lavoratrici sono stati previsti nella legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017  ):

In particolare:

  • l'articolo 1, c. 465-466, interviene a tutela della gravidanza e della maternità delle donne che esercitano la professione forense. A tal fine viene introdotta (nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e nel codice di procedura penale) la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto ;
  • l'articolo 1, comma 635 prevede che, dal 2018, i contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università sono sospesi nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria.

Per una sintesi sulle principali misure a favore della genitorialità e dell'occupazione femminile si veda lo schema   allegato.