Politiche di coesione

La chiusura della programmazione dei fondi strutturali 2007-2013

A marzo 2017 si è definitivamente conclusa l'attuazione della programmazione 2007-2013 con un risultato – nonostante le difficoltà ed i ritardi che l'hanno caratterizzata - di integrale assorbimento delle risorse europee assegnate all'Italia, circa 27,9 miliardi di Fondi europei, cui hanno contribuito importanti interventi innovativi nel quadro di governance istituzionale delle politiche di coesione e soluzioni di flessibilità anche a livello europeo.

apri tutti i paragrafi

Il quadro normativo comunitario che ha definito gli obiettivi per il ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati è costituito dal Regolamento CE n. 1083/2006   del Consiglio dell'11 luglio 2006.

Gli interventi strutturali della politica di coesione 2007-2013 sono stati programmati in modo da concentrare le risorse complessive messe a disposizione dell'UE (pari a 308 miliardi di euro) su tre obiettivi:

  • obiettivo convergenza, volto ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo,
  • obiettivo competitività e occupazione regionale, destinato al rafforzamento della competitività e dell'occupazione delle regioni diverse da quelle in ritardo di sviluppo,
  • obiettivo cooperazione territoriale.

Ai sensi della disciplina europea, la programmazione si fonda sui principi del partenariato e dell'addizionalità: da un lato, l'approccio programmatico è concordato con la Commissione conformemente alle priorità strategiche indicate a livello europeo, dall'altro, le risorse europee s'intendono aggiuntive, e non sostitutive, rispetto agli investimenti che sarebbero comunque effettuati sul territorio con risorse nazionali.

I flussi finanziari dall'Europa sono regolati da un meccanismo di disimpegno automatico che prevede, per il periodo 2007-2013, la perdita delle risorse non utilizzate nei due anni successivi all'impegno (regola cosiddetta dell'"n+2"), sia per la quota europea, sia per la quota nazionale di cofinanziamento (quest'ultima segue, infatti, le medesime regole europee).

Gli interventi per la coesione si svolgono attraverso Programmi Operativi Regionali (POR), nazionali (PON) o Interregionali (POIN), che si inscrivono in un Quadro strategico unitario di livello nazionale (QSN).

In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013   - approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Il Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro Nord, in un sistema di unificazione della politica regionale comunitaria e nazionale, sulla base del principio di addizionalità.

Il menzionato principio di addizionalità dei Fondi comunitari, previsto dai regolamenti dell'Unione Europea, prevede infatti che, in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri debbano stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale.

Tale principio reca la regola generale della complementarietà dell'intervento comunitario rispetto alle azioni condotte dagli Stati membri, al fine di evitare che le risorse dei Fondi strutturali comunitari vadano semplicemente a sostituirsi agli incentivi nazionali; l'aiuto dell'Unione esercita in tal modo un effetto trainante nei confronti dello sforzo finanziario nazionale. Le azioni ammesse al cofinanziamento non devono quindi coprire spese che lo Stato membro avrebbe effettuato in ogni caso nelle regioni interessate e lo Stato membro è impegnato a mantenere la spesa pubblica per finalità strutturali almeno allo stesso livello raggiunto durante il periodo di programmazione precedente.

Ai sensi dell'articolo 53 e del relativo Allegato III del Regolamento n. 1083/2006  , i massimali applicabili ai tassi di cofinanziamento comunitario sono stati fissati al 75% per i programmi dell'obiettivo Convergenza e al  50% per i programmi dell'obiettivo Competitività.

In aggiunta, il Quadro strategico nazionale 2007-2013   espone anche la programmazione degli stanziamenti aggiuntivi derivanti dall'allora Fondo per aree sottoutilizzate (FAS) - ora Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) -, che rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale.

Nell'ambito delle risorse finanziarie UE complessivamente stanziate per il periodo di programmazione 2007-2013 (circa 308 miliardi di euro), la quota assegnata all'Italia ammonta a 28,5 miliardi a valere su due fondi comunitari (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo - FSE).

Le risorse comunitarie sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013  , i cui interventi sono attuati attraverso 52 Programmi Operativi nazionali, regionali e interregionali, che definiscono le priorità strategiche per settori e territori.

Nel QSN 2007-2013, la gran parte di tali risorse, all'incirca il 75%, risultano destinate all'Obiettivo "Convergenza", che interessa le regioni Calabria Campania, Puglia, Sicilia, per un importo pari a 21,2 miliardi di euro, cui si aggiungono 430 milioni alla Basilicata (considerata in regime di phasing-out dall'obiettivo Convergenza).

All'obiettivo "Competitività", che interessa tutto il Centro-Nord, l'Abruzzo e il Molise, sono assegnati 5,4 miliardi di euro, pari al 22% delle risorse complessivamente destinate all'Italia, cui si aggiunge 1 miliardo destinato alla Sardegna (in regime di phasing-in).

La quota residua (oltre 800 milioni) interessa i programmi dell'Obiettivo "Cooperazione territoriale".

Per il principio di addizionalità, in corrispondenza alle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali, il QSN 2007-2013 prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale (circa 31,6 miliardi di euro per il periodo di programmazione, corrispondente ad un tasso del 50%), che transita dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

Nel corso degli anni, l'impostazione originaria ha però subito molteplici revisioni e modifiche, aventi la finalità di accelerare l'assorbimento delle risorse e di concentrare la Programmazione su talune tematiche. Esse si sono tradotte in una riduzione della dotazione finanziaria complessiva, dopo le rimodulazioni intervenute a seguito del Piano di azione coesione (riduzione del contributo nazionale di circa 13,6 miliardi, trasferiti a favore degli interventi ricompresi nel Piano di azione coesione), di cui si da conto nel paragrafo seguente.

La riduzione del cofinanziamento nazionale è stata applicata in misura maggiore all'Obiettivo Convergenza, che dall'inizio della Programmazione ha perso 12,8 miliardi corrispondenti ad una flessione del 58,4%. Il contributo nazionale per l'Obiettivo Competitività è diminuito di circa 780 milioni,
corrispondenti ad una riduzione dell'8,2%.

A tali risorse vanno aggiunti 64,4 miliardi del Fondo per le aree sottoutilizzate, a tal fine stanziate dalla legge finanziaria del 2007 (art. 1, comma 863-866, legge n. 296 del 2006  ), che rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale, il cui utilizzo è stabilito in base agli indirizzi di politica regionale. Dal 2011, si rammenta, il Fondo ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione   (FSC) ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88  , emanato in attuazione della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale.

Le risorse inizialmente stanziate sono state, tuttavia, utilizzate anche per finalità differenti rispetto a quelle indicate - in particolare per la copertura delle manovre di finanza pubblica, ovvero per la copertura di oneri recati dai altri provvedimenti legislativi, non tutti strettamente correlati agli interventi nelle aree sottoutilizzate - con una riduzione di circa 31,8 miliardi. Tali risorse sono state, peraltro, parzialmente reintegrate in attuazione di delibere CIPE di assegnazione delle risorse nel periodo 2008-2012, per un totale di circa 10 miliardi.

Tra le riduzioni di risorse del ciclo 2007-2013 utilizzate a copertura delle manovre di bilancio si ricordano, in particolare, quelle dell'articolo 60, comma 1, del D.L. n. 112 del 2008   (-8 miliardi), dell'articolo 2 del D.L. n. 78 del 2010   (-3,2 miliardi), del D.L. n. 98 del 2011 (-7,6 miliardi), della tabella E della legge di stabilità 2012 (-7,6 miliardi).

L'importo complessivo delle risorse destinate alle politiche di coesione e regionali per il periodo 2007-2013 in Italia è stato pari, pertanto, a oltre 124 miliardi di euro, di cui 101,6 miliardi destinati specificamente alle aree del Mezzogiorno, come si evince dalla programmazione delle risorse del QSN 2007-2013 di cui al focus che segue.

La politica di coesione 2007-2013 è stata fortemente condizionata dalla difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali di utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse.

Infatti, la c.d. "regola dell'n+2" prevedeva - per ciascun fondo (FSE, FESR) e per ogni Programma Operativo (PO) - il definanziamento delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento. Il definanziamento delle risorse comunitarie comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.

Più precisamanete, in base alla " regola dell'n+2", per ogni annualità contabile delle risorse impegnate, la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente.

Al 31 dicembre 2010, dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era molto preoccupante: l'Italia risultava essere penultima tra gli Stati membri, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili del 22% e di pagamenti intorno al 12%.

Per recuperare il ritardo nell'utilizzo delle risorse comunitarie sono state adottate misure volte ad accelerare la realizzazione dei programmi cofinanziati, in particolare attraverso la fissazione di target di impegno e di spesa certificata alla Commissione europea, prevedendo una sanzione finanziaria (rimodulazione delle risorse in favore di altri programmi), in caso di mancato raggiungimento degli stessi, graduata in funzione della distanza dai traguardi individuati.

A gennaio 2011, il CIPE, con la delibera 11 gennaio 2011, n. 1  , ha definito indirizzi e orientamenti per l'accelerazione degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali e la conseguente eventuale riprogrammazione dei Programmi operativi, con l'obiettivo di individuare appropriati obiettivi in termini di impegni giuridicamente vincolanti di ogni Programma operativo. Nel marzo 2011, il Comitato nazionale del QSN ha adottato il documento Iniziative di accelerazione e di riprogrammazione dei Programmi comunitari 2007-2013  . In sostanza, sono stati definiti specifici target calcolati in rapporto alle soglie annuali n+2 delle risorse comunitarie che devono essere raggiunte da ciascun Programma nel corso degli anni 2012 e 2013.

Contestualmente, di intesa con la Commissione Europea, è stato adottato il Piano di Azione Coesione  , inviato il 15 novembre 2011 al Commissario Europeo per la Politica Regionale, quale risposta del Governo italiano ai ritardi nell'attuazione dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013 – specie nelle Regioni dell'Obiettivo Convergenza – e alle richieste di intervento dell'Unione Europea.

Il Piano, volto ad individuare obiettivi contenuti e modalità operative per la revisione strategica dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali nel ciclo 2007-2013, prevede un'azione strategica di rilancio del Sud, che punta alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili - sia mediante una riprogrammazione delle risorse dei programmi in maggiore ritardo di attuazione, sia attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale - nell'ambito dei programmi operativi delle Regioni dell'Obiettivo Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiavano il disimpegno automatico delle risorse. In sostanza, il documento, proponendo una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, che viene portato dal 50 al 25 per cento, determina una riduzione della dimensione dei Programmi e quindi del rischio di perdita di risorse comunitarie, rendendo al tempo stesso disponibili risorse da programmare al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione. Con questa riduzione, consentita da un livello medio di cofinanziamento nazionale in Italia assai superiore rispetto a quello fissato dai regolamenti comunitari, si è dunque corrispondentemente ridotto l'ammontare complessivo delle spese da certificare a Bruxelles, ferme restando le risorse comunitarie attribuite e quindi rimborsabili, riducendo così la pressione temporale sulla spesa e i correlati rischi di disimpegno per i Programmi maggiormente in ritardo.

Il 3 novembre 2011 è stato siglato l'accordo tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi operativi regionali cofinanziati dai Fondi strutturali, che vincola il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali secondo il principio di territorialità (art. 23, comma 4, legge di stabilità 2012).

Il Piano, articolato in cinque fasi di riprogrammazione e aggiornamento dei programmi cofinanziati ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 13,5 miliardi, di cui 11,5 derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale.  Le risorse nazionali rese disponibili da tale operazione sono confluite in un nuovo contenitore programmatico – il Piano di azione e coesione - parallelo ai Fondi strutturali, e focalizzato su obiettivi e interventi considerati prioritari.

La riduzione del cofinanziamento nazionale è stata applicata in misura maggiore all'Obiettivo Convergenza, che dall'inizio della Programmazione ha perso 12,8 miliardi corrispondenti ad una flessione del 58,4%. Quattro Programmi in particolare assorbono quasi i due terzi dell'importo in valore assoluto: il PON FESR Ricerca (-2 miliardi), e i tre POR FESR Campania (-2,3 miliardi), Puglia (-1,4 miliardi) e Sicilia (-2,2 miliardi).

Per agevolare ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall'Unione europea, si è intervenuti anche ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno delle regioni le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari.

Ciò ha permesso di "non computare" nei saldi del patto di stabilità le spese sostenute dalle regioni a valere sulle proprie risorse, nonché su quelle statali loro trasferite dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. La deroga al patto di stabilità ha consentito una importante accelerazione della capacità di spesa ed evitato il disimpegno automatico delle risorse comunitarie. L'esclusione di tali spese dai vincoli del patto, inizialmente prevista nel limite di 1.000 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014, è stata aumentata di ulteriori 800 milioni di euro per l'anno 2013 dall'articolo 2, comma 7, del D.L. n. 35 del 2013, per consentire alle amministrazioni titolari dei programmi comunitari 2007-2013 di conseguire gli obiettivi posti dai target di spesa al 31 dicembre 2013 al fine di evitare la perdita delle risorse non utilizzate, secondo la regola del disimpegno automatico delle risorse.

Nonostante i progressivi risultati conseguiti grazie al Piano di Azione e Coesione e alla deroga al patto di stabilità interno per le regioni, a giugno 2013, a sei mesi dalla chiusura del ciclo e a due anni e mezzo dalla scadenza finale per la certificazione delle spese, la spesa effettuata aveva raggiunto 19 miliardi di euro, corrispondenti al 40% delle risorse complessive come riprogrammate a seguito del Piano di Azione Coesione.

All'inizio della XVII legislatura si è pertanto proceduto ad nuova ricognizione dei programmi operativi attuativi dei Fondi e ad una ulteriore azione di riprogrammazione delle risorse a rischio, che si è indirizzata in favore dell'occupazione giovanile, del contrasto all'impoverimento delle famiglie, soprattutto al Sud, nonché a sostegno del sistema delle imprese. Una prima manovra di riprogrammazione dei Programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 e di rimodulazione del Piano di Azione Coesione, per circa 1 miliardo di euro, è stata immediatamente attuata attraverso l'articolo 4 del D.L. n. 76/2013, al fine di recuperare le risorse per il finanziamento degli interventi a favore dell'occupazione giovanile e dell'inclusione sociale nel Mezzogiorno, disposti, rispettivamente, dall'art. 1, comma 12, lett. a), e dall'art. 3, commi 1 e 2, del D.L. n. 76.

La necessità di superare i ritardi e le difficoltà di attuazione della programmazione 2007-2013, nonché di favorire l'avviamento del nuovo ciclo di programmazione delle risorse comunitarie 2014-2020, ha inoltre portato ad una ridefinizione del quadro della governance delle politiche di coesione, con il D.L. n. 101/2013, in particolare, affidando l'azione di programmazione e coordinamento alla Presidenza del Consiglio e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, istituita nel 2014, che ha operato in accompagnamento alle Amministrazioni centrali e regionali impegnate nell'attuazione della programmazione 2007-2013 dei fondi strutturali, individuando misure di accelerazione della spesa ed intensificando l'attività delle task force istituite a supporto dei programmi delle Regioni Calabria, Campania, Sicilia e del MIT, in maggior ritardo d'attuazione.

Tale attività di accelerazione della spesa - realizzata a seguito di un profondo processo di monitoraggio, riprogrammazione e assistenza tecnica (con la buona prestazione delle task force regionali) sui Programmi in maggiore difficoltà ed attraverso il ricorso a «progetti retrospettivi» e alla pratica dell'overbooking, che ha consentito di compensare eventuali decertificazioni della Commissione in fase di controllo finale - ha trovato riscontro nelle ultime fasi di attuazione dei programmi operativi attuativi della programmazione 2007-2013, ormai giunta a conclusione, consentendo la pressoché piena utilizzazione delle risorse programmate.

Con la definizione del nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione, delineata dall'articolo 10 del D.L. n. 101/2013, che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri  (con il trasferimento delle competenze del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza) e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio, l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, a partire dal 2014 le politiche di coesione e per il Mezzogiorno hanno ricevuto un nuovo impulso, determinando una accelerazione dei programmi di spesa e un miglioramento della capacità programmatoria coordinata del sistema.

 Tale attività ha trovato riscontro nelle ultime fasi di attuazione dei programmi operativi attuativi della programmazione 2007-2013, ormai giunta a conclusione, che ha consentito la pressoché piena utilizzazione delle risorse programmate.

Si rammenta che l'ultima fase del ciclo di programmazione 2007-2013 si è conclusa il 31 marzo 2017, termine ultimo per la definitiva certificazione delle spese, come previsto dai regolamenti comunitari. Secondo le regole previste per la chiusura dei programmi 2007-2013  , infatti, i pagamenti effettuati dalle Amministrazioni titolari di programmi operativi entro il 31 dicembre 2015 hanno potuto trasformarsi in certificazioni e richieste di rimborso fino al 31 marzo 2017.

La data del 31 dicembre 2015 era il termine ultimo di ammissibilità della spesa rendicontabile alla Commissione per il ciclo 2007-2013 (con minime deroghe, ad esempio, per gli strumenti di ingegneria finanziaria), in base alle regole di esecuzione del bilancio comunitario vigenti, la cosiddetta regola dell' "n+2". Il 31 dicembre 2015 era pertanto la data ultima affinché i pagamenti effettivamente sostenuti dai beneficiari, sui progetti/operazioni, potevano essere imputati a carico del bilancio UE. L'eventuale disimpegno delle risorse dal bilancio europeo può avvenire solo dopo l'istruttoria della Commissione Europea sui documenti presentati entro il 31 marzo 2017,
Per i progetti che alla data del 31 dicembre 2015 risultavano ancora non conclusi, si sono delineate due possibilità per portarli a termine:
  1. progetti che rispettano requisiti regolamentari tali da poter essere portati a termine con risorse comunitarie del ciclo 2014-2020 ed inseriti nei nuovi programmi cofinanziati 2014-2020 (cd. progetti "a cavallo" tra due cicli di programmazione);
  2. progetti che, non possedendo i requisiti richiesti, possono essere completati soltanto facendo ricorso a risorse proprie dello Stato membro (nazionali, regionali o locali) e che rimangono interamente nel perimetro della programmazione 2007-2013. In questo secondo caso le risorse nazionali sono state stanziate dalle Delibere del CIPE n. 12 e 27 del 2016, secondo le procedure previste dall'art. 1 c. 804 della legge 208/2015. La quota di spesa già effettuata sulla Programmazione 2007-2013 entro il 31 dicembre 2015 può tuttavia mantenersi ammissibile se il completamento effettivo dei progetti avviene entro limiti temporali prestabiliti, cioè al più tardi entro due anni dopo il termine ultimo per la presentazione dei documenti di chiusura (31 marzo 2019).

La Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l'Unione europea – IGRUE, fornisce i dati sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali al 30 ottobre 2017 (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), per ciascun Obiettivo e ciascun Programma operativo, con riferimento agli impegni e i pagamenti rispetto alle risorse disponibili. Esse sono riferite ad un ammontare complessivo di risorse disponibili pari a 46,5 miliardi di euro (circa 31 miliardi dell'Obiettivo Convergenza, 15,1 miliardi dell'Obiettivo Competitività e 0,7 miliardi dell'Obiettivo Cooperazione), che considerano - rispetto ai 60 miliardi originari - gli effetti degli aggiornamenti del Piano di Azione Coesione (che, si ricorda, ha impegnato risorse di cofinanziamento nazionale per 13,5 miliardi).

 

Alla data del 30 ottobre 2017, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti, ad un valore pari a oltre il 131,6% del contributo totale.

Il livello dei pagamenti complessivi, rendicontati al 30 ottobre 2017, ha raggiunto i 48,7 miliardi complessivi, corrispondenti a circa il 104,7% delle risorse programmate.

I programmi dell'Obiettivo Convergenza, in particolare, hanno raggiunto una percentuale di pagamenti di oltre il 104%, per un totale di circa 32 miliardi di pagamenti.

Si evidenzia dunque, nel complesso, il totale assorbimento delle risorse, con un overbooking di spesa rendicontata del 4,76% della dotazione totale, da finanziare con risorse diverse. Sotto questo profilo si ricorda che il comma 804 dell'art. 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) ha previsto che le risorse destinate al Piano di azione e coesione della programmazione 2014-2020 siano utilizzate al fine di assicurare il completamento dei progetti inseriti nella Programmazione europea del ciclo 2007-2013, che risultassero non conclusi alla data del 31 dicembre 2015.

Per conseguire la spendita totale delle risorse assegnate, soprattutto negli ultimi anni del ciclo di Programmazione, le Amministrazioni hanno effettuato rimodulazioni tra i vari Assi dei Programmi operativi, avvalendosi anche della clausola di flessibilità che consentiva la riallocazione delle risorse rinvenienti dagli Assi meno performanti. L'attività di riprogrammazione è proseguita anche a ridosso delle chiusure, consentendo di reperire progetti addizionali in grado di assorbire le eventuali economie e di compensare tempestivamente gli interventi con insufficienti capacità attuative.La pratica dell'overbooking ha garantito un "parco progetti" più ampio rispetto alla dotazione finanziaria dei Programmi, da cui attingere spesa ammissibile in sede di rendicontazione ove qualche progetto cofinanziato a carico del bilancio europeo trovasse impedimenti alla realizzazione, oppure venisse reputato ineleggibile dal punto di vista della spesa poi effettivamente certificata in sede di chiusura.

Nel Focus apposito vengono riportate le tabelle - fornite alla Ragioneria generale dello Stato - IGRUE - che riepilogano lo stato di pagamento alla data del 30 ottobre 2017 dei singoli Programmi attuativi degli obiettivi Convergenza e Competitività, distintamente per i Programmi Operativi Regionali (POR) e nazionali (PON), finanziati con i due fondi strutturali (FESR e FSE), nonché dell'Obiettivo Cooperazione trasfrontaliera.

Con riferimento, invece, alla spesa complessiva certificata all'Unione Europea, al 31 marzo 2017 le certificazioni finali delle spese trasmesse alla Commissione mostrano (secondo i dati rinvenibili sul sito "Opencoesione  ") che, a fronte di risorse totali programmate per i due obiettivi Convergenza e Competitività per 45,8 miliardi, le Autorità dei Programmi operativi nazionali e regionali hanno certificato complessivamente spese pari a 46,2 miliardi, corrispondenti al 101% del totale. Anche i pagamenti rendicontabili   superano complessivamente la dotazione programmatica, raggiungendo la quota del 103,8%, confermando il sostanziale pieno assorbimento delle risorse comunitarie.

Come messo in evidenza dalla Corte dei conti nella Relazione annuale 2017   sui rapporti finanziari con l'Unione europea  e sull'utilizzo dei fondi comunitari, di dicembre 2017,  le risorse UE rese disponibili per l'Italia e rimaste inutilizzate sarebbero pari a 193 milioni (0,69%), su un totale di 27,9 miliardi di risorse assegnate, oltre la metà delle quali afferenti al POR FESR Sicilia; seguono il POR FSE Calabria e il POR FSE Bolzano.

Nel complesso, la Corte rileva come si tratti di un risultato indubbiamente positivo, tanto più se confrontato con l'avanzamento finanziario al 2011 (appena al 18%), che è stato raggiunto anche grazie al Piano di Azione e Coesione che ha ridimensionato gli importi da rendicontare, a parità di spesa, spostando entro un nuovo contenitore programmatico risorse rimaste inutilizzate fino a metà ciclo di Programmazione (il PAC).

Tale risultatio positivo  assume, secondo la Corte, un connotato ancor più importante se valutato in un contesto di generale contrazione degli investimenti pubblici, quale si è verificato nel periodo considerato, in cui le risorse programmate nel quadro della politica di coesione europea hanno rappresentato la principale fonte di finanziamento della spesa di sviluppo.

Le tavole successive, fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l'Unione europea – IGRUE, riportano le informazioni sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali al 30 ottobre 2017 (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), per ciascun Obiettivo e ciascun Programma operativo, con riferimento agli impegni e i pagamenti rispetto alle risorse disponibili.