Giustizia

Cooperazione giudiziaria europea

Nel corso della XVII legislatura la cooperazione giudiziaria europea è stata attiva sul versante civile, con riferimento al mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e, soprattutto, nel settore penale, con la ratifica della Convenzione di Bruxelles del 2000, cui ha provveduto la legge n. 149 del 2016, e con l'attuazione di una serie di decisioni quadro e direttive UE ispirate al principio del mutuo riconoscimento e della libera circolazione dei mezzi di prova, tra le quali spicca la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale, recepita con il decreto legislativo n. 108 del 2017. Da segnalare, inoltre, il regolamento 2017/1939/UE istitutivo della Procura europea, con competenza sui reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.

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Nel 2013 la Commissione europea ha istituito un meccanismo di valutazione comparativa del funzionamento dei sistemi giudiziari degli Stati membri, basato sull'uso di parametri oggettivi. Si tratta del Justice scoreboard – Quadro UE di valutazione della giustizia, strumento (i cui risultati sono pubblicati annualmente) elaborato con l'obiettivo sia di eliminare gli ostacoli all'esercizio del diritto fondamentale all'accesso alla giustizia previsto dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, sia di migliorare i settori della giustizia ritenuti prioritari con riferimento alla realizzazione di un ambiente economico favorevole agli investimenti, alle imprese e ai cittadini.

La funzione del Quadro UE di valutazione della giustizia oltrepassa il mero monitoraggio e approfondimento delle criticità rilevate nei sistemi giudiziari nazionali, rilevando altresì come elemento di valutazione nel quadro del ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche dell'UE (Semestre europeo) ai fini delle raccomandazioni specifiche che vengono indirizzate ai singolo Stati membri.

Nel corso degli anni il Quadro di valutazione è stato arricchito sia con riferimento ai settori della giustizia presi in esame, sia per quanto riguarda i parametri di valutazione impiegati. In particolare, il campo di indagine della Commissione europea, inizialmente circoscritto ad alcuni profili della giustizia civile, commerciale ed amministrativa, ha finito per includere settori diversi quali l'applicazione negli Stati membri delle norme europee in materia di tutela dei consumatori, di concorrenza, e di contrasto al riciclaggio di denaro.  

I tre principali elementi di un sistema giudiziario efficace presi in considerazione nello Scoreboard sono gli indicatori sull'efficienza (durata dei procedimenti, tasso di ricambio e numero di cause pendenti), qualità (patrocinio gratuito, spese di giudizio, formazione, monitoraggio delle attività dei tribunali, bilancio e risorse umane, impiego dei mezzi informatici) e indipendenza (percezione delle imprese e dei cittadini per quanto riguarda l'indipendenza della magistratura, e sistemi di garanzie per i giudici).

Con particolare riferimento alla valutazione dell'Italia, secondo la Commissione europea, nonostante nella prospettiva quinquennale si possano riscontrare alcuni profili di miglioramento, il dato della durata delle cause civili, commerciali ed amministrative continua a porre la giustizia italiana agli ultimi posti della valutazione comparativa, determinando conseguenze negative anche per quanto riguarda il tasso di ricambio delle cause (rapporto tra il numero di procedimenti esauriti e il numero di procedimenti sopravvenuti) e il volume di procedimenti pendenti. Ulteriori criticità del sistema italiano individuate nello Scoreboard riguardano lo squilibrio tra il numero dei giudici (meno della metà di quanti impiegati in Germania) e quello relativo agli avvocati, nonché il livello di indipendenza percepita, considerato soddisfacente soltanto da poco più del 30 per cento degli intervistati.

L'Unione europea ha aggiunto nuovi tasselli per quanto riguarda la costruzione dello spazio europeo di giustizia in materia civile, mirando principalmente ai seguenti obiettivi:

  • assicurare ai cittadini un livello elevato di certezza del diritto nelle loro relazioni transnazionali nell'ambito del diritto civile;
  • garantire ai cittadini un accesso semplice ed efficace alla giustizia civile per la risoluzione delle controversie transfrontaliere;
  • semplificare gli strumenti di cooperazione transfrontaliera tra gli organi giudiziari civili nazionali;
  • sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari.

L'Unione europea ha ulteriormente rafforzato l'azione nel settore della cooperazione giudiziaria con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziarie, che ha registrato tra gli obiettivi più significativi l'abolizione dell'exequatur in materia civile e commerciale prevista dal regolamento Bruxelles I bis del 2012, in forza della quale una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro può essere eseguita anche negli altri Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività nei rispettivi ordinamenti nazionali.

L'intervento europeo, volto ad aumentare il livello di fiducia reciproca negli organi giurisdizionali e nei sistemi giuridici di ciascuno Stato membro, si è successivamente tradotto in:
  • due regolamenti adottati nel 2016 che attuano la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell' esecuzione delle decisioni rispettivamente in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate;
  • una proposta (tuttora all'esame del Consiglio dell'UE) di rifusione del regolamento Bruxelles II bis   (relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale), volta ad un significativo miglioramento delle norme sulla tutela dei minori nelle controversie transfrontaliere sulla responsabilità genitoriale che riguardano affidamento, diritti di visita e sottrazione di minore.
  • una revisione, adottata nel 2015, della disciplina europea relativa alle procedure di insolvenza transfrontaliere   volta a risolvere i conflitti di competenza tra le normative da applicare nelle procedure d'insolvenza transfrontaliere e a garantire il riconoscimento in tutta l'UE delle sentenze in materia di insolvenza. Nel settore delle procedure di insolvenza deve altresì ricordarsi la proposta di direttiva in materia di procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione   dai debiti, presentata nel 2016 e tuttora all'esame delle Istituzioni legislative europee, volta a promuovere la ristrutturazione precoce delle imprese in difficoltà, a consentire agli imprenditori di beneficiare di una seconda opportunità, e ad aumentare l' efficienza delle procedure di insolvenza, ristrutturazione e sgravio.

Nell'ambito degli sforzi volti a migliorare gli standard di efficienza della giustizia dell'UE devono infine ricordarsi le iniziative volte a favorire lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie. Si tratta in particolare della direttiva del 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che garantisce l'accesso dei consumatori alla procedura extragiudiziale per le vertenze contrattuali con operatori commerciali (cosiddetta direttiva ADR  , che istituisce e regola organismi di risoluzione alternativa delle controversie), e della piattaforma per la risoluzione online delle controversie (istituita, sempre nel 2013, con il regolamento sull'ODR   per i consumatori), uno sportello unico presso il quale i consumatori e gli operatori commerciali dell'Unione europea possono comporre vertenze derivanti da acquisti effettuati online nel proprio paese o all'estero.

Per quanto riguarda invce la cooperazione giudiziaria penale, nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato, dopo infruttuosi tentativi fatti nelle legislature precedenti, la legge n. 149 del 2016  , di ratifica della Convenzione di Bruxelles del 2000, sull' assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati UE.
La Convenzione di Bruxelles del 2000 rispondeva all'esigenza di "completare", quindi integrare e non sostituire, gli strumenti convenzionali preesistenti e appartenenti ad altri ambiti giuridici (Consiglio d'Europa, Schengen, ecc.), allo scopo di migliorare la collaborazione giudiziaria in materia penale attraverso un'assistenza giudiziaria rapida, efficace, compatibile con i principi fondamentali del diritto interno degli Stati membri e con i principi della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo del 1950. La Convenzione del 2000 ha individuato l'ambito dell'attività comune, favorendo per quanto possibile lo scambio diretto di richieste tra le autorità giudiziarie dell'Unione nell'ambito di una progressiva omogeneizzazione dei sistemi penali nazionali in tema di acquisizione della prova. Essa costituisce, quindi, uno strumento generale di cooperazione e, al contempo, disciplina nello specifico particolari forme  di assistenza.
La legge n. 149 del 2016 ha contestualmente delegato il Governo all'adeguamento del nostro ordinamento ai contenuti della Convenzione e la delega è stata esercitata con il decreto legislativo n. 52 del 2017  .
Deve segnalarsi, peraltro, che sugli strumenti di cooperazione giudiziaria si è realizzata, anche per il ritardo con cui il nostro Paese autorizzato la ratifica della Convenzione del 2000, una stratificazione normativa tra diverse fonti.
Nel 2014 l'Unione europea ha infatti approvato la direttiva 2014/41/UE, sull' ordine europeo di indagine penale (v. infra), con la quale ha stabilito che - a decorrere dal 22 maggio 2017 – la disciplina della stessa direttiva sostituisce le corrispondenti disposizioni delle convenzioni UE, tra cui proprio la citata Convenzione di Bruxelles del 2000 sull'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati dell'Unione. La disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 52 del 2017 ha dunque avuto vigenza estremamente limitata (attualmente attiene esclusivamente alla cooperazione con Danimarca e Irlanda).
La legge 149 del 2016 ha previsto una ulteriore delega al Governo per la modifica del libro XI del c.p.p. finalizzata a coordinare la disciplina codicistica con le modifiche introdotte alla cooperazione penale europea in materia di acquisizione delle fonti di prova (v. ultra). Il provvedimento attuativo, il decreto legislativo n. 149 del 2017   , ha introdotto una serie di modifiche del codice di procedura penale in materia di rapporti giurisdizionali con le autorità straniere finalizzate in particolare, a disciplinare le estradizioni, le domande di assistenza giudiziaria internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l'esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane.

La disorganicità della disciplina volta all'acquisizione transfrontaliera delle prove, di cui si ha da tempo consapevolezza a livello di Unione europea, ha nel frattempo condotto a una nuova impostazione che tenesse conto della necessaria flessibilità dell'assistenza giudiziaria europea. Tale consapevolezza - testimoniata sia dai contenuti del Libro verde del 2009 della Commissione europea (sulla ricerca delle prove in materia penale)   sia dal programma di Stoccolma adottato dal Consiglio europeo nello stesso anno – ha portato, con la direttiva 2014/41/UE  , a introdurre un unico strumento europeo di raccolta transnazionale delle prove, denominato ordine europeo d'indagine (OEI), applicabile a qualsiasi atto d'indagine, tranne all'istituzione di una squadra investigativa comune e all'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra.

Il decreto legislativo n. 108 del 2017  , adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015), ha attuato la citata direttiva 2014/41/UE. Tale fonte normativa costituisce attualmente lo strumento generale per l'acquisizione e trasferimento delle prove all'interno degli Stati membri, fissando termini rigorosi di risposta per questi ultimi.

L'ordine europeo consente, tra l'altro, il sequestro probatorio, il trasferimento temporaneo di persone detenute, i controlli dei conti bancari e delle operazioni finanziarie di persone sottoposte a indagini o imputati, le operazioni di infiltrazione e l'intercettazione di telecomunicazioni e le misure di protezione delle prove. Il provvedimento sostituisce la maggior parte delle forme tradizionali di assistenza giudiziaria transfrontaliera.

Merita segnalazione, infine, il regolamento 2017/1939/UE   del 12 ottobre 2017 relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO»). All'EPPO (acronimo inglese per European Public Prosecutor Office) che avrà sede in Lussenmburgo, prendono parte 20 Stati membri inclusa l'Italia (al momento fuori dell'iniziativa Danimarca, Regno Unito ed Irlanda, Malta, Olanda, Polonia, Svezia ed Ungheria. La competenza dell'ufficio, per il momento riguarda esclusivamente le indagini e l'esercizio dell'azione penale nei confronti degli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti e secondo le regole processuali di questi ultimi. La base giuridica dell'EPPO è  l'art. 86 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) che prevede la possibilità di ricorso ad una speciale procedura di cooperazione rafforzata con la partecipazione di "almeno" 9 Stati membri - derogando anche alla generalizzata procedura di co-decisione in favore della semplice "approvazione" da parte del Parlamento europeo. Rispetto all'iniziale progetto del 2013 della Procura europea delineato dalla Commissione, basato su un modello verticistico articolato su un livello centrale, composto da un Procuratore europeo e da 4 suoi "sostituti", ci si è poi spostati su una dimensione nazionale, con un modello più collegiale. L'EPPO, infatti, opera come un ufficio unico ma con una con struttura decentrata: il livello centrale, diretto dal Procuratore capo europeo ma con la previsione di un procuratore europeo per ogni Stato partecipante, nonché di un numero (attualmente non determinato) di "camere permanenti" composte degli stessi procuratori europei, con compiti di indirizzo e coordinamento delle indagini. L'EPPO disporrà di un elenco di misure d'indagine che dovranno esser messe a sua disposizione, a condizione che il reato per cui si procede sia punibile con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione. Pur con limitazione ai reati più gravi saranno possibili le intercettazioni e, in materia di libertà personale, i Procuratori europei delegati, a seconda dei poteri di cui dispongano in forza del diritto nazionale in casi analoghi, potranno disporre direttamente ovvero richiedere l'arresto o la custodia cautelare dell'indagato nonchè emettere o chiedere un mandato di arresto europeo.

Sullo sfondo di tale iniziativa resta quella, ben più ampia e pregna di implicazioni politiche, dell'opportunità dell'istituzione di una Superprocura europea antiterrorismo da tempo al centro dell'iniziativa italiana in ambito UE ma i cui margini giuridici appaiono, attualmente, abbastanza limitati. Tuttavia, la possibilità di estendere la competenza della Procura europea anche al terrorismo transfrontaliero (come alla criminalità organizzata transnazionale) - prevista dall'art. 86, par. 4, del citato Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - è stata recentemente evocata dal Presidente Juncker nel discorso sullo stato dell'Unione del 13 settembre 2017. In base al Trattato, il raggiungimento di tale obiettivo può derivare solo da un accordo politico unanime in sede di Consiglio Europeo, previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.

Si ricorda, infine, che il Parlamento e il Consiglio stanno tuttora esaminando il nuovo quadro giuridico di Eurojust, il principale organismo europeo per il coordinamento e la cooperazione tra le autorità giudiziarie competenti degli Stati membri dell'Unione nella lotta contro le forme gravi di criminalità transnazionale, recante una serie di norme volte a rafforzarne la capacità operative e gestionali, a prevedere forme di raccordo con la nuova Procura europea, ed infine a stabilire meccanismi di controllo sul suo operato da parte del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali.

Nel corso della XVII legislatura, l'obiettivo di una maggiore cooperazione nel settore dell'assistenza giudiziaria penale è stato perseguito nel nostro ordinamento con l'attuazione, nel 2016, di una serie di decisioni quadro ispirate al principio del mutuo riconoscimento e della libera circolazione dei mezzi di prova nonchè, più in generale, al miglioramento della cooperazione giudiziaria. Sui relativi provvedimenti attuativi il Parlamento è stato impegnato nell'esercizio della sua funzione consultiva. Il riferimento è ai decreti legislativi relativi:

  • alle squadre investigative comuni (  D.Lgs. 34/2016  , di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI);
  • all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (D.Lgs. 35/2016  , di attuazione della decisione quadro 2003/577/GAI);
  • all'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (D.Lgs. 37/2016  , di attuazione della decisione quadro 2005/214/GAI);
  • al rafforzamento dei diritti processuali delle persone e all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo (D.Lgs. 31/2016  , di attuazione della decisione quadro 2009/299/GAI);
  • all'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare (D.Lgs. 36/2016  , di attuazione della decisione quadro 2009/829/GAI);
  • all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive (D.Lgs. 38/2016  , di attuazione della decisione quadro 2008/947/GAI);
  • alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali (D.Lgs. 29/2016  , di attuazione della decisione quadro 2009/948/GAI);
  • alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale. (D.Lgs. 73/2016  , di attuazione della decisione quadro 2008/675/GAI);
  • all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (D.Lgs. 74/2016  , di attuazione della decisione quadro 2009/315/GAI);
  • all'istituzione del Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS), (D.Lgs. 75/2016  , di attuazione della decisione 2009/316/GAI).

Tra il 2015 e il 2016 è, poi, stata data attuazione ad alcune direttive e decisioni quadro.

Il decreto legislativo n. 54 del 2015   attua nell'ordinamento interno le disposizioni della decisione quadro 2006/960/GAI, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge (esplicitamente indicate nelle Forze di polizia). Finalità dell'intervento è quella di individuare modalità standard per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri  - con particolare riguardo alla prevenzione e contrasto di gravi manifestazioni criminali - rendendolo meno macchinoso. La cooperazione di polizia transfrontaliera avviene sulla base del cd. "principio di disponibilità", in base al quale i dati rilevanti possono circolare "liberamente" nel territorio europeo, senza risentire dei limiti delle frontiere nazionali e delle diversità degli ordinamenti. Viene, a tal fine, prevista l'adozione di un formulario in cui l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge di uno Stato membro può richiedere informazioni  direttamente agli organi competenti, che sono tenuti a fornirli, in termini certi e particolarmente brevi, salvo che non ricorrano i casi di divieto tassativamente individuati.

L'ordine di protezione europeo è l'oggetto del decreto legislativo n. 9 del 2015  , che attua nel nostro ordinamento le disposizioni della direttiva 2011/99/UE. L'istituzione della misura si fonda sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nonché sul mutuo riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, così come sancito dall'articolo 82 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In particolare, la finalità dell'EPO (European Protection Order) è quella di assicurare il reciproco riconoscimento degli effetti di misure di protezione adottate, in materia penale, da autorità giurisdizionali degli Stati membri. Si tratta, sostanzialmente, di una decisione con la quale l'autorità di un Paese dell'Unione dispone che gli effetti di una misura di protezione disposta a tutela di una persona vittima di un atto penalmente rilevante (allontanamento dalla casa familiare e diivieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) si estendano al territorio di un altro Paese membro nel quale la persona protetta risieda o soggiorni o dichiari di voler risiedere o soggiornare. Il decreto prevede prevede che la persona offesa sia informata di poter richiedere l'emissione di un ordine di protezione europeo, quest'ultimo emesso dallo stesso giudice che dispone una delle citate misure cautelari. Il provvedimento con il quale viene disposto l'ordine di protezione europeo deve essere trasmesso al Ministero della giustizia, affinché si possa provvedere alla successiva trasmissione all'autorità competente dello Stato di esecuzione "con qualsiasi mezzo idoneo a comprovare l'autenticità del documento". Nel caso di rifiuto, da parte dell'autorità competente dello Stato di esecuzione, del riconoscimento della misura, il Ministero della giustizia deve provvedere, senza indugio, a darne comunicazione all'autorità giudiziaria che ha emesso la misura di protezione ai fini della successiva comunicazione alla persona protetta.

Per il nostro ordinamento, competente al riconoscimento di un ordine di protezione europeo (in assenza dei motivi ostativi individuati dal decreto) è la corte d'appello nel cui distretto la persona protetta, in sede di richiesta, ha dichiarato di soggiornare o di risiedere o presso cui ha dichiarato l'intenzione di soggiornare o di risiedere. Del provvedimento viene data comunicazione alla polizia giudiziaria e ai servizi socio-assistenziali competente per territorio.

Con il decreto legislativo n. 137 del 2015   l'Italia ha recepito la decisione quadro 2006/783/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca. Il provvedimento individua il Ministro della giustizia come autorità competente per la trasmissione e la ricezione della decisione di confisca e per la ricezione delle informazioni. La confisca adottata in un altro Stato membro dovrà essere trasmessa, se la persona fisica o giuridica dispone di beni o di un reddito in Italia, alle autorità italiane. In modo analogo alla disciplina sul mandato di arresto europeo è esclusa la verifica della doppia incriminazione, ed è consentita l'esecizione della confisca quando nello Stato di emissione è prevista una pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni per una numerosa serie di delitti, tra cui: associazione per delinquere; terrorismo; tratta di esseri umani; sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile; traffico di droga o di armi; corruzione; frode, compresa la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee; riciclaggio; criminalità ambientale; favoreggiamento dell'immigrazione clandestina; omicidio volontario o lesioni personali gravi;traffico illecito di organi e tessuti umani.

Competente per l'esecuzione è la Corte di appello del luogo in cui si trova il bene da confiscare o, se si tratta di una somma di denaro, quella del luogo in cui la persona dispone di beni o di reddito. Il decreto precisa i casi in cui l Corte di appello può rifiutare il riconoscimento e l'esecuzione della decisione di confisca, chiarendo che, prima di rifiutare, deve consultare l'autorità di emissione, anche tramite la Rete giudiziaria europea o il Ministro della giustizia.

Il provvedimento detta poi la disciplina l'esecuzione delle decisioni di confisca emesse dall'autorità giudiziaria italiana negli Stati membri.

Con il decreto legislativo n. 202 del 2016   è stata data attuazione alla direttiva 2014/42/UE, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea. Il decreto ha introdotto modifiche a numerose disposizioni del codice penale e di leggi complementari che prevedono ipotesi speciali di confisca. In particolare, il provvedimento ha previsto la confisca obbligatoria diretta o per equivalente per uno specifico catalogo di reati in materia di illeciti informatici, di falsificazione di monete, di stupefacenti e di illecito utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento. E' previsto poi, in relazione al delitto di corruzione tra privati, che la misura della confisca per equivalente  non possa in ogni caso essere inferiore al valore delle utilità date o promesse (e, dunque, al valore della tangente). Il decreto introduce, infine, modifiche alla disciplina della confisca c.d. allargata (prevista dall'art. 12 sexies del DL n. 306/1992) per una serie di delitti caratterizzati dal reato associativo di cui all'art. 416 del codice penale.

Con il decreto legislativo n. 184 del 2016    sono state introdotte nell'ordinamento disposizioni volte a dare attuazione alla direttiva 2013/48/UE. Il decreto introduce nel codice processuale penale, nelle sue norme di attuazione e nella legge attuativa del mandato d'arresto europeo, disposizioni volte a garantire il diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo; analoga garanzia riguarda il diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e, per le persone private della libertà personale, di comunicare con terzi e con le Autorità consolari.