Il quadro normativo dell'Unione Europea che presiede alla governance economica europea, contenuto principalmente nel Patto di stabilità e crescita come integrato per alcune regole di bilancio dal Fiscal compact, è volto ad assicurare, anche mediante alcune procedure di sorveglianza e verifica da parte delle autorità europee, la stabilità delle politiche di bilancio e la sostenibilità delle finanze pubbliche degli Stati membri. A questi obiettivi le regole economiche europee mirano attraverso la fissazione di parametri quantitativi stabiliti a livello sovranazionale (rapporto deficit/PIL e debito/PIL, Obiettivo di medio termine, regola del debito, regola della spesa), nonché assicurando il coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio nazionali nell'ambito del Semestre europeo e del calendario comune di bilancio, come disciplinati a seguito delle modifiche apportate al Patto di stabilità e crescita, in conseguenza della crisi economico-finanziaria del 2008, dagli atti normativi europei di diritto derivati contenuti nel cd. Six Pack (2011) e nel cd. Two Pack (2013).
Tale quadro è andato incontro a un radicale mutamento di prospettiva a partire da febbraio 2020, con lo scoppio dell'emergenza pandemica da Covid-19. Al fine di reagire agli effetti immediatamente prodotti dall'emergenza sui sistemi economici dei Paesi Ue, la Commissione europea ha disposto, con la comunicazione COM(2020)123 del 20 marzo 2020, l'attivazione della cd. general escape clause del Patto di stabilità e crescita. Essa, consentendo agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'Obiettivo di medio termine, ha assicurato agli Stati Ue un margine di manovra fiscale per sostenere le spese sanitarie necessarie ad affrontare l'emergenza epidemiologica e a contrastare gli effetti recessivi prodotti dalla pandemia sulle economie europee. Inizialmente prevista per il 2020, l'applicazione della clausola generale di salvaguardia è stata più volte prorogata dalla Commissione, fino a prevedere, da ultimo, con la comunicazione COM(2022)600, la sua estensione a tutto il 2023, in ragione delle incertezze e dei forti rischi di revisione al ribasso delle prospettive economiche dei Paesi Ue dovuti alla guerra tra Russia e Ucraina, nonché agli aumenti senza precedenti dei prezzi dell'energia.
A seguito della fase più acuta della pandemia si è assistito, a livello europeo, a un rilancio del dibattito pubblico, tuttora in corso, sulla revisione del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell'UE nel suo complesso. In conseguenza del rilancio di tale dibattito, stimolato soprattutto dalla Commissione europea a ottobre 2021 con la comunicazione COM(2021)662 "L'economia dell'UE dopo la COVID-19: implicazioni per la governance economica", la Commissione Bilancio della Camera ha svolto un ampio ciclo di audizioni di ex Ministri dell'economia, soggetti istituzionali, accademici ed esperti di settore, al fine di approfondire il contenuto della comunicazione e di valutare le diverse prospettive di riforma della governance economica europea.
A livello nazionale, la tempistica e i contenuti del ciclo della programmazione di bilancio nazionale sono definiti in relazione alle regole di governance economica adottate a livello europeo, al fine di favorire un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico. Il ciclo di bilancio, disciplinato in modo organico dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), è stato oggetto di alcune modifiche ad opera della legge n. 39 del 2011 e, successivamente, della legge n. 163 del 2016, che ha disegnato la nuova legge di bilancio, riunendo in un unico provvedimento la parte normativa e il bilancio di previsione.
A livello di prassi parlamentare, nel corso dell'ultima legislatura si è assistito a un consolidamento della tendenza al differimento del termine di presentazione del disegno di legge di bilancio, dal quale è scaturita una progressiva erosione del tempo dedicato all'esame parlamentare del disegno di legge, in particolare in sede di seconda lettura.
Il sistema di governance economica e di finanza pubblica a livello dell'Unione europea si articola in un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, intese, per un verso, a rafforzare i vincoli di finanza pubblica introdotti sin dalla creazione, nel 1993, dell'Unione economica e monetaria e, per altro verso, ad introdurre una cornice coerente per le politiche macroeconomiche degli Stati membri, con particolare riguardo alle misure finalizzate alla crescita e all'occupazione.
Sulla base di quanto indicato nell'articolo 119 del Trattato sul funzionamento dell'unione europea (TFUE), le regole europee sono ispirate al principio guida delle finanze pubbliche sane. A tal fine si fa riferimento all'andamento dei conti pubblici sia nel breve periodo (stabilità della politica di bilancio) che nel lungo periodo (sostenibilità della politica di bilancio). Tali regole derivano, in primis, dal Trattato di Maastricht, nel quale è stato originariamente stabilito il rispetto dei due parametri del rapporto indebitamento netto/PIL inferiore al 3 per cento e del rapporto debito/PIL inferiore al 60 per cento. La disciplina dettagliata della governance economica europea è contenuta, tuttavia, nel Patto di stabilità e crescita del 1997 (PSC), come successivamente modificato, in particolare, nel 2011 e nel 2013.
Dopo il 2011, infatti, a seguito della crisi economico-finanziaria più grave dal secondo dopoguerra, si è proceduto a una revisione e un rafforzamento delle regole in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, in particolare:
L'obiettivo di tali interventi normativi – la realizzazione dei quali ha comportato tanto una modifica del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, quanto interventi sul diritto europeo derivato, quanto, infine, l'adozione di trattati internazionali – è stato quello di creare le condizioni affinché le decisioni dei singoli Stati membri in materia di finanza pubblica e, più in generale, in materia macroeconomica non si differenzino eccessivamente ma anzi tendano ad una progressiva coerenza, stante il fatto che squilibri e divergenze troppo marcati possono mettere a repentaglio la resilienza del sistema di governance economica europea nel suo complesso.
Il funzionamento della governance economica europea si articola in processi decisionali tendenzialmente identici in tutti gli Stati membri, condotti sulla base di passaggi puntualmente definiti dalla normativa Ue e basati su una stretta interazione tra livello europeo e livello nazionale. Essa si concretizza nell'obbligo di rispettare alcuni parametri di tipo quantitativo per quanto concerne in particolare i saldi di finanza pubblica rilevanti in ambito europeo (debito e indebitamento netto della P.A.).
Tale obiettivo viene perseguito attraverso una costante interlocuzione tra le Istituzioni europee (Commissione europea e Consiglio dell'UE) e le autorità nazionali. Queste ultime sono tenute a definire ed elaborare i loro obiettivi programmatici e gli strumenti di bilancio nel rispetto di una tempistica definita e in coerenza con indirizzi generali e comuni stabiliti in sede europea.
Il suddetto quadro di riferimento è stato rafforzato, a dicembre 2011, con l'approvazione di sei provvedimenti legislativi comunitari – cd. "Six pack" – con i quali si è proceduto ad una riforma sia della parte preventiva sia di quella correttiva del Patto di stabilità e crescita (PSC).
Nell'ambito di tale pacchetto, la Direttiva 2011/85/UE ha inoltre specificamente fissato regole minime comuni per i quadri di bilancio nazionali, finalizzate a renderli più trasparenti, confrontabili e il più possibile completi e veritieri, con un medesimo orizzonte temporale pluriennale programmatorio (minimo tre anni). Sul piano della tempistica ciò si è tradotto nella definizione del Semestre europeo, il quale si articola, a livello europeo, nelle seguenti fasi temporali:
Successivamente, nel 2013, il processo di programmazione nazionale sopra delineato è stato integrato sulla base di un ulteriore pacchetto di interventi c.d. "Two pack" (Regolamento n. 472/2013 e Regolamento n. 473/2013). Tali regolamenti, entrati in vigore il 30 maggio 2013 ed immediatamente efficaci negli ordinamenti contabili nazionali, hanno rafforzato le procedure di sorveglianza multilaterale contenute nel Six pack, al fine di renderle più efficaci.
In particolare, il regolamento n. 473/2013 ha conferito alla Commissione nuove competenze che le consentono di valutare i progetti di bilancio nazionali e, ove necessario, richiederne la revisione al fine di assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi. Il regolamento fissa un "calendario comune di bilancio", finalizzato ad una migliore sincronizzazione delle principali fasi di elaborazione dei bilanci nazionali proprio per garantire l'efficacia del Patto di stabilità e crescita e dei relativi obiettivi programmatici in esso assunti. Il calendario aggiunge alla tempistica già fissata con il semestre europeo la presentazione alla Commissione e all'Eurogruppo entro il 15 ottobre – termine di poco precedente la presentazione alle Camere, il 20 di ottobre, del disegno di legge di bilancio – di un Progetto di documento programmatico di bilancio (DPB) per l'anno successivo, riassuntivo dei contenuti della manovra predisposta per il triennio di riferimento con il disegno di legge di bilancio.
Tale documento, che va anche trasmesso alle Camere nel medesimo termine del 15 ottobre, deve essere coerente con le raccomandazioni delle Istituzioni europee formulate nel contesto del Patto di stabilità e crescita e con le raccomandazioni formulate nel contesto del ciclo annuale di sorveglianza, anche per quanto concerne la procedura sugli squilibri macroeconomici.
Poiché il conseguimento degli obiettivi finanziari fissati con il Patto di stabilità e crescita (PSC) richiede il concorso di tutti i sotto-settori delle amministrazioni pubbliche, il documento programmatico di bilancio deve esporre informazioni circa l'entità di tale concorso da parte di ciascuno di questi.
Il parere della Commissione sul progetto di documento programmatico di bilancio dovrebbe essere adottato il più rapidamente possibile e comunque entro il 30 novembre, tenendo conto, per quanto possibile, della tempistica e delle procedure parlamentari nazionali.
Gli Stati membri sono invitati a tener conto del parere della Commissione. La misura in cui tale parere è tenuto in considerazione nella legge di bilancio di uno Stato membro viene valutato dalla Commissione in sede di decisione circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo nello Stato membro interessato. Il mancato seguito alle indicazioni impartite in via preliminare dalla Commissione dovrebbe essere considerato una circostanza aggravante.
Infine, il bilancio dello Stato membro deve essere adottato ogni anno entro il 31 dicembre – come peraltro già previsto nell'ordinamento italiano - insieme ai principali parametri di bilancio aggiornati degli altri sotto-settori delle amministrazioni pubbliche.
Con la riforma del Patto di stabilità e crescita (attraverso il six-pack e il two-pack), integrata dalla disciplina del Fiscal Compact, sono stati rafforzati, infine, i meccanismi di controllo che mirano a:
Il PSC, come integrato dal Fiscal compact, enuclea, sotto questo profilo, i principali strumenti per la sorveglianza delle politiche economiche degli Stati membri (c.d. braccio preventivo) e per la correzione dei disavanzi eccessivi (c.d. braccio correttivo). Il saldo di riferimento delle regole in questione è costituito dall'indebitamento netto, cioè la differenza tra le entrate e le uscite del conto economico delle pubbliche amministrazioni. Esso è affiancato, quale strumento chiave ai fini della valutazione della situazione di bilancio dei Paesi membri, dal saldo strutturale, cioè il saldo di bilancio pubblico al netto degli effetti del ciclo economico, vale a dire escludendo gli effetti di un eventuale rallentamento o espansione (componente ciclica) e, inoltre, depurandolo delle misure di natura straordinaria e non ripetibili (c.d. una tantum).
Altro fondamentale parametro di valutazione è costituito dall'Obiettivo di Medio Termine (OMT), che corrisponde ad un risultato di bilancio tale da garantire un margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento del PIL del saldo di indebitamento, e che dipende, per ogni Stato membro, dalle rispettive situazioni macroeconomiche e di finanza pubblica.
Vengono infine in rilievo la regola della spesa, che, rapportata secondo alcuni criteri al tasso di crescita del PIL, rafforza e agevola il rispetto dell'OMT, fissando un limite massimo per l'evoluzione temporale della spesa pubblica, nonché la regola del debito, finalizzata alla verifica del percorso di riduzione del debito in eccesso rispetto al valore soglia del 60 per cento di PIL.
L' OMT è un valore/obiettivo per il saldo di bilancio strutturale che lo Stato membro della Unione Europea si impegna a realizzare in un certo orizzonte temporale.
In base alle regole definite nei regolamenti europei, gli Stati membri dovrebbero registrare un saldo di bilancio strutturale corrispondente all'OMT o in rapida convergenza ad esso (con una correzione annuale del saldo strutturale pari almeno a 0,5 punti percentuali di PIL). Gli Stati membri con un livello di debito che ecceda il 60 per cento del PIL o che presentino rischi pronunciati per la complessiva sostenibilità del debito dovrebbero osservare una velocità di convergenza verso l'OMT maggiore.
Gli obiettivi del saldo strutturale devono essere compresi in una forcella stabilita tra un deficit (in termini strutturali) dello 0,5 per cento del PIL (che può essere più ampio, fino a -1 per cento per i paesi nei quali il rapporto debito/PIL sia significativamente inferiore al 60 per cento e i rischi di sostenibilità siano bassi) e il pareggio o l'attivo, in termini corretti per il ciclo, al netto delle misure temporanee e una tantum. Esso può quindi divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, offrendo comunque al tempo stesso un margine di sicurezza rispetto al rapporto tra disavanzo/PIL del 3%.
Il percorso di avvicinamento all'OMT si fonda su una regola di correzione strutturale annuale di 0,5 punti (superiore a 0,5 per cento per i paesi più indebitati e ad alto rischio); la regola, come detto, può tuttavia variare in relazione all'andamento del ciclo economico (good or bad times), richiedendosi uno sforzo più limitato in presenza di una congiuntura sfavorevole.
Deviazioni temporanee dalla misura dello 0,5 per cento possono essere accettate, oltre che in presenza di eventi eccezionali, anche nel caso in cui un paese abbia effettuato riforme strutturali rilevanti (con particolare riferimento a quelle pensionistiche), con un effetto quantificabile sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, a condizione che sia comunque mantenuto un margine adeguato rispetto alla soglia del 3 per cento e che il deficit ritorni all'Obiettivo di medio termine entro il periodo coperto dal programma.
L'obiettivo di medio termine è soggetto a revisione ogni tre anni o in caso di attuazione di riforme strutturali aventi un notevole impatto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche.
La riforma della governance economica dell'UE attuata nel 2011 mediante il c.d. six pack e richiamata nel Fiscal compact rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL.
La regola stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60%, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (versione backward-looking della regola sul debito). La regola è considerata soddisfatta, altresì, se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle previsioni della Commissione europea, nel periodo di tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si hanno dati disponibili (versione forward-looking della regola sul debito). Va anche verificato se lo scostamento dal benchmark di riferimento può essere attribuito agli effetti del ciclo economico.
Solo se nessuna di queste condizioni viene soddisfatta (inclusa la mancata attribuibilità agli effetti del ciclo economico) la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del benchmark anche dopo l'aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all'anno di riferimento), la Commissione sarà chiamata a redigere un rapporto ex art. 126 TFUE, nel quale, tuttavia, al benchmark numerico si aggiungono valutazioni qualitative relative a un certo insieme di "altri fattori rilevanti", tra cui:
I regolamenti europei prevedono un vincolo alla crescita della spesa (expenditure benchmark), diretto a rafforzare il raggiungimento dell'Obiettivo di medio termine (OMT), parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.
L'aggregato di spesa pubblica sottoposto a valutazione è individuato nel totale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche diminuito della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei per la quota coperta da fondi comunitari e della componente legata al ciclo delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione. L'aggregato deve essere poi depurato dalla volatilità intrinseca della spesa per investimenti, prevedendo che il valore iscritto in ciascun esercizio sia sostituito da un valore medio calcolato sulla base della spesa per l'esercizio in corso e quella relativa ai tre esercizi precedenti. Deve inoltre essere aggiunta la stima delle maggiori spese, rispetto a quelle iscritte nel tendenziale a legislazione vigente, secondo lo scenario a politiche invariate.
Al valore della spesa così ottenuto devono essere sottratte le entrate derivanti da misure discrezionali, considerando l'incremento rilevato (o atteso) nell'anno t rispetto all'esercizio precedente (t-1). A queste si aggiungono (purché non ricomprese nella precedente voce o già scontate nei tendenziali) le eventuali maggiori entrate derivanti da innalzamenti automatici di imposte e/o tasse previsti dalla legislazione a copertura di poste specifiche di spesa. Poiché il PIL potenziale è stimato in termini reali, la spesa così determinata è deflazionata con il deflatore del PIL quale risulta dalle previsioni della Commissione, in particolare si utilizzano le medie dei valori del deflatore del PIL indicati per ciascun anno dalle previsioni della Commissione pubblicate nell'anno precedente. Per gli anni successivi a quelli per i quali si dispongono le previsioni della Commissione, si utilizzano i valori del deflatore indicati dai Governi nell'aggiornamento annuale dei Programmi di stabilità.
Il limite massimo per la variazione della spesa è diverso a seconda della posizione di ciascuno Stato rispetto all'OMT, in quanto è diretto a garantire la coerenza con il percorso di convergenza concordato. Per gli Stati membri che hanno già raggiunto l'OMT, la crescita della spesa pubblica non deve essere più elevata del parametro medio relativo al PIL potenziale. Eventuali dinamiche di crescita superiori possono essere consentite soltanto se compensate da misure discrezionali dal lato delle entrate di pari ammontare. Per gli Stati che non hanno ancora raggiunto l'OMT il tasso di crescita della spesa deve essere inferiore a quello del PIL potenziale e coerente con un miglioramento del saldo strutturale di almeno 0,5 punti in termini di PIL.
Il rispetto del benchmark di spesa viene valutato ex post nell'ambito del giudizio sull'avvicinamento o raggiungimento dell'OMT. Uno scostamento nella dinamica della spesa dal valore di riferimento non ha conseguenze se il Paese ha già raggiunto l'OMT e questo non sia pregiudicato. Per un Paese che non abbia raggiunto l'OMT e che presenti una deviazione del saldo di bilancio rispetto al percorso di avvicinamento pari o superiore allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni), lo scostamento viene considerato significativo se la spesa al netto delle misure discrezionali sulle entrate ha un impatto sul saldo pari ad almeno allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni).
Gli obiettivi e le regole di bilancio in questione costituiscono i parametri chiave ricompresi nelle procedure di sorveglianza europee, articolate secondo il braccio preventivo ed il braccio correttivo, le cui fasi e tempistiche sono definite nell'ambito della disciplina del Semestre europeo.
Il braccio preventivo mira ad assicurare, attraverso la definizione di procedure di sorveglianza (cioè di una vigilanza ex ante dei parametri di riferimento delle politiche stesse) che gli Stati membri seguano politiche di bilancio sostenibili nel medio periodo, con modalità volte ad assicurare che i limiti previsti dalle regole europee per l'indebitamento netto ed il debito – rispettivamente del 3 e del 60 per cento del PIL – non siano oltrepassati nel corso di un normale ciclo economico.
A tal fine la Commissione conduce una valutazione ex ante per l'anno corrente e quelli successivi e una valutazione ex post per l'anno precedente, entrambe basate sul Programma di stabilità (in Italia contenuto nel Documento di economia e finanza DEF) di ciascuno Stato membro. Sulla base delle analisi della Commissione, qualora il Consiglio ritenga che gli obiettivi e il contenuto del programma debbano essere rafforzati, può invitare lo Stato membro interessato a modificare il suo programma ovvero, ove riscontri una deviazione significativa dall'OMT o dal percorso di aggiustamento verso l'OMT, può adottare una raccomandazione in cui si indica un termine per la correzione.
La procedura di sorveglianza nell'ambito del braccio preventivo è stata rafforzata nel corso del 2013 con i due regolamenti del cd. two pack (n. 472 e n. 473), il secondo dei quali, in particolare, introduce una tempistica comune per la presentazione e l'esame dei documenti di bilancio da parte degli Stati membri, che devono trasmettere i propri progetti di bilancio entro il 15 ottobre dell'anno alla Commissione, che deve esprimere entro il successivo 30 novembre il proprio parere. Se essa riterrà che il bilancio non soddisfi le regole del Patto di stabilità, può chiedere allo Stato membro (che tuttavia non è obbligato a seguire nei singoli dettagli il parere della Commissione). di apportare modifiche entro un tempo predeterminato.
Quanto al braccio correttivo, esso opera mediante la c.d. procedura di disavanzi eccessivi (Excessive Deficit Procedure), finalizzata, in caso di mancato rispetto da parte degli Stati membri dei limiti numerici stabiliti dalle regole europee, a rendere vincolante il limite del 3 per cento per il rapporto disavanzo/PIL e del 60 per cento per il rapporto debito/PIL, qualora quest'ultimo non si stia riducendo ad un ritmo adeguato. Tale procedura, che si apre solo dopo aver considerato gli eventuali fattori mitiganti del mancato rispetto dei suddetti vincoli, prevede che sulla base di indicazioni da parte della Commissione il Consiglio adotti una raccomandazione che sollecita lo Stato membro ad adottare le misure necessarie per correggere il deficit entro un periodo di tempo predeterminato.
Lo Stato membro deve adottare le misure per correggere il deficit eccessivo entro sei mesi. Allo scadere di tale termine, la Commissione e il Consiglio verificano le azioni intraprese dagli Stati membri, con l'obiettivo di:
a) sospendere la procedura se le azioni vengano valutate idonee;
b) procedere negli ulteriori stadi se invece il paese non ha fatto progressi sufficienti (o non è riuscito ad adottare azioni incisive per correggere il deficit eccessivo entro i termini stabiliti).
In caso di condizioni economiche negative inaspettate che impediscono di raggiungere gli obiettivi nonostante l'adozione di azioni valutate idonee, può essere adottata una nuova raccomandazione con un termine di correzione più lungo. In caso di mancata adozione di misure adeguate, possono essere deliberate ulteriori raccomandazioni, con requisiti più stringenti, o un diverso calendario per la correzione, nonché il rafforzamento delle sanzioni. La procedura viene chiusa quando il deficit eccessivo viene corretto in modo certo.
Sia il braccio preventivo che quello correttivo sono accompagnati da un sistema progressivo di sanzioni nei confronti dello Stato membro inadempiente, previste in via generale nella forma di un deposito fino allo 0,1 per cento del PIL, convertibile in ammenda.
A seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, la Commissione europea ha disposto, con la comunicazione COM(2020)123 del 20 marzo 2020, l'attivazione della cd. general escape clause del Patto di stabilità e crescita. La sua applicazione, abbinata alla previsione di un temporary framework in matera di aiuti di Stato – sul quale si rinvia, per approfondimenti, allo specifico dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati – ha consentito agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'Obiettivo di medio termine, a condizione di non compromettere la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo. Attraverso l'attivazione della clausola si è inteso, in particolare, assicurare agli Stati Ue il necessario margine di manovra fiscale nell'ambito del proprio bilancio al fine di sostenere le spese sanitarie necessarie ad affrontare l'emergenza epidemiologica e a contrastare gli effetti recessivi prodotti dalla pandemia e dalle sue ricadute sanitarie, economiche e sociali sui diversi sistemi economici europei. L'applicazione della clausola di salvaguardia non ha sospeso, peraltro, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita, né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale.
Inizialmente prevista per tutto il 2020, l'operatività della general escape clause è stata successivamente estesa a tutto il 2021 dalla Commissione nella sua comunicazione sulla strategia annuale per la crescita sostenibile del 17 settembre 2021, al fine di consentire agli Stati membri di perseguire politiche di sostegno ai settori maggiormente colpiti dalla pandemia, sempre salvaguardando la sostenibilità di bilancio a medio termine e nella prospettiva di un graduale passaggio da una logica di intervento di tipo emergenziale a una impostazione di politica economica più organica e idonea a sostenere la ripresa e la crescita. Ciò anche nella prospettiva del pieno utilizzo delle risorse nel frattempo rese disponibili a livello europeo con il programma Next Generation EU (NGEU).
Alla luce dell'andamento registrato dalle economie europee nel corso del 2021 e dell'evoluzione dell'emergenza pandemica, la Commissione, con la comunicazione COM(2021)500 del 2 giugno 2021, ha stabilito il mantenimento dell'operatività della clausola di salvaguardia nel 2022, al fine di consentire agli Stati membri di mantenere una intonazione espansiva delle rispettive politiche di bilancio. Come specificato dalla Commissione, la disattivazione della general escape clause deve essere assunta nel quadro di una valutazione globale dello stato dell'economia europea sulla base di criteri quantitativi, il principale dei quali è rappresentato dal livello di attività economica nell'Unione europea rispetto ai livelli pre-crisi.
Da ultimo, con la comunicazione COM(2022)600, la Commissione europea ha esteso l'applicazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita fino al 2023. La Commissione ha ritenuto, infatti, che la maggiore incertezza e i forti rischi di revisione al ribasso delle prospettive economiche dei Paesi Ue, in conseguenza degli effetti su larga scala della guerra tra Russia e Ucraina, nonché gli aumenti senza precedenti dei prezzi dell'energia e le interruzioni delle catene di approvvigionamento giustifichino la proroga dell'operatività della clausola di salvaguardia.
La Commissione ha valutato, quindi, che lo stato dell'economia dell'Ue e della zona euro non sia ancora tornato in condizioni più vicine alla normalità e che l'Unione non sia ancora uscita dal periodo di grave recessione economica. Sotto questo aspetto, il mantenimento della general escape clause nel 2023 fornirà alla politica di bilancio nazionale gli spazi di manovra necessari per reagire prontamente alle ripercussioni economiche dell'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina e delle connesse perturbazioni nella catena dell'approvvigionamento energetico. Ciò garantendo, al contempo, una transizione graduale da misure di ampio sostegno all'economia a una politica di bilancio improntata a prudenza, al fine di garantire la sostenibilità a medio termine.
Nel corso della XVIII legislatura la V Commissione (Bilancio) della Camera dei deputati ha seguito con particolare attenzione il dibattito pubblico, tuttora in corso a livello UE, sulla revisione del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell'UE nel suo complesso.
Tale dibattito, concernente il futuro complessivo delle regole economiche e di bilancio dell'Unione, alla luce dei limiti all'attuale assetto normativo della governance economica europea emersi nel corso della pandemia da Covid-19, è stato avviato dalla Commissione europea nel febbraio 2020, con una prima comunicazione COM(2020)55 – poi temporaneamente sospeso a causa della necessità di affrontare le sfide immediate poste dalla pandemia – e successivamente rilanciato a ottobre 2021 con la comunicazione COM(2021)662 "L'economia dell'UE dopo la COVID-19: implicazioni per la governance economica". All'interno di quest'ultima, in particolare, la Commissione ha ritenuto le conclusioni della precedente comunicazione di febbraio 2020 ancora più pertinenti alla luce della crisi pandemica, la quale ha rafforzato l'esigenza di orientare la riforma della governance economica europea verso un quadro istituzionale e normativo maggiormente favorevole alla crescita e agli investimenti pubblici, tale da consentire agli Stati membri di godere di margini di manovra nel bilancio in tempi nomali, per poi utilizzarli in tempi di crisi, nonché orientato a un più solido coordinamento delle politiche economiche tra l'Unione e gli Stati membri, al fine di prevenire e affrontare tempestivamente i diversi fattori di rischio. Per un approfondimento sui contenuti della comunicazione, si rinvia al dossier curato dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.
Nell'ambito della Camera dei deputati, la V Commissione (Bilancio) ha esaminato la comunicazione svolgendo un ampio ciclo di audizioni, al fine di approfondirne il contenuto e valutare progressivamente gli sviluppi negoziali e i contributi presentati sulla riforma. Anche la XIV Commissione (Politiche dell'UE) ha esaminato il documento. Le audizioni hanno coinvolto soggetti istituzionali (tra i quali il Commissario europeo per gli affari economici, Paolo Gentiloni), ex Ministri dell'economia, nonché accademici ed esperti del settore.
Più nel dettaglio, il 10 marzo 2022 si è svolta l'audizione informale di Pier Carlo Padoan (memoria depositata), e di Giovanni Tria (memoria depositata), già Ministri dell'economia e delle finanze, mentre il 16 marzo si è tenuta l'audizione della presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari (memoria depositata). Il 18 marzo 2022 si è svolta invece (congiuntamente con la XIV Commissione) l'audizione, in videoconferenza, del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni.
Il 21 marzo si è svolta l'audizione informale di Vittorio Grilli, già Ministro dell'economia e delle finanze, mentre il successivo 28 marzo l'audizione informale di Enzo Moavero Milanesi, professore di diritto dell'Unione europea presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma, e di Gian Luigi Tosato (memoria depositata), professore di diritto dell'Unione europea presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma.
Il 4 aprile 2022 si è svolta l'audizione informale di: Francesco Giavazzi, professore di politica economica presso l'Università Bocconi di Milano, e Veronica Guerrieri, professoressa di economia presso l'Università Chicago Booth (in videoconferenza) (memoria depositata: parte prima e parte seconda); Giuseppe Pisauro, professore di scienza delle finanze presso l'Università La Sapienza di Roma (documentazione depositata); Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani (in videoconferenza); Andrea Boitani, professore di economia politica presso l'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano (in videoconferenza) (memoria depositata); Massimo Amato, professore di storia economica presso l'Università Bocconi di Milano (memoria depositata); Lucio Baccaro, direttore del Max Plank Institute for the Study of Societies di Colonia (in videoconferenza) (memoria depositata). Il 23 maggio 2022, infine, si è tenuta l'audizione informale di Roberto Gualtieri, già Ministro dell'economia e delle finanze.
Dal complesso delle audizioni è emerso un generale favore per la definizione di regole più semplici, più trasparenti e più capaci di sostenere la crescita e promuovere gli investimenti pubblici strategici, in particolare per la duplice transizione verde e digitale; su quest'ultimo aspetto, in alcune audizioni è stato chiesto di considerare l'introduzione di una golden rule al fine di escludere determinate spese dal computo dei saldi di finanza pubblica.
In molte audizioni è stata inoltre sollecitata l'introduzione di percorsi di aggiustamento verso la riduzione del debito pubblico più realistici e graduali, al fine di evitare effetti negativi sull'economia. Sono emersi, inoltre, inviti alla riflessione sulla possibilità di considerare l'esperienza di Next Generation EU e in particolare dei Piani nazionali di ripresa e resilienza nel senso di predisporre dei programmi pluriennali di finanza pubblica, specifici per Paese, che, nel quadro di linee comuni condivise e approvate dalle Istituzioni europee, includano investimenti, riforme e obiettivi di debito.
Sono state altresì avanzate proposte di trasferimento di una quota dei debiti pubblici nazionali accumulati durante la pandemia ad un'agenzia europea di gestione del debito di nuova creazione, o di dotare l'Unione o l'Eurozona di una capacità fiscale centrale comune con una funzione di stabilizzazione macroeconomica – che, secondo alcuni auditi, avrebbe anche il vantaggio di rendere più efficace il coordinamento tra politica fiscale politica monetaria - o ancora di considerare la possibilità di concentrare l'attenzione sulla sostenibilità del debito pubblico, eliminando il riferimento a numeri fissi e validi per tutti i Paesi membri.
È stata evidenziata anche l'esigenza di stabilire una maggiore sinergia tra il Patto di stabilità e crescita e la procedura per gli squilibri macroeconomici, nonché la necessità di integrare il quadro di governance economica con il completamento dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati dei capitali.
Infine, nella maggior parte delle audizioni è stato rilevato come una riforma delle regole che non modifichi gli attuali Trattati rappresenti il percorso più realistico, pur ritenendo una revisione dei Trattati la soluzione preferibile.
Il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell'UE, costituito essenzialmente dal quadro della politica di bilancio (Patto di stabilità e crescita e requisiti per i quadri di bilancio nazionali) e dalla procedura per gli squilibri macroeconomici, nonché dal quadro per i programmi di assistenza finanziaria macroeconomica. Si tratta in particolare:
1) della proposta di regolamento (COM(2023)240), avente come base giuridica l'art. 121, paragrafo 6, del TFUE, che sostituisce e abroga il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (si tratta del regolamento che istituisce il Semestre europeo e il cd. "braccio preventivo" del Patto di stabilità e crescita);
2) della proposta di regolamento del Consiglio (COM(2023)241), avente come base giuridica l'art. 126, paragrafo 14, comma 2, del TFUE, che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (nota come "braccio correttivo" del Patto di stabilità e crescita);
3) della proposta di direttiva (COM(2023)242), avente come base giuridica l'art. 126, paragrafo 14, comma 3, del TFUE, che modifica la direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri nazionali di bilancio.
Le tre proposte in esame mirano a coniugare sostenibilità del debito e crescita, attraverso riforme e investimenti, differenziando gli Stati membri in considerazione delle loro sfide di debito pubblico e consentendo traiettorie di bilancio specifiche per Paese. Le proposte sono presentate a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3% per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60% per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL.
Nel quadro del nuovo braccio preventivo, tutti gli Stati membri dovranno presentare un piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine (durata 4-7 anni) con cui stabilire la politica di bilancio, le riforme e gli investimenti nonché un percorso di bilancio nazionale definito in termini di spesa primaria netta, che sarà l'unico indicatore operativo anche per la successiva sorveglianza. Analogamente a quanto previsto per i PNRR, i piani di bilancio saranno valutati dalla Commissione e approvati dal Consiglio. Il monitoraggio sull'attuazione dei piani nel contesto del Semestre europeo sarà effettuato sulla base di una relazione annuale presentata da ciascuno Stato. All'inizio del processo di definizione dei piani, per gli Stati con un rapporto debito/PIL superiore al 60% o un disavanzo superiore al 3% del PIL, la Commissione pubblicherà una "traiettoria tecnica" della spesa netta su un orizzonte temporale di 4 o 7 anni, ancorata a un'analisi di sostenibilità del debito (debt sustainability analysis, DSA). Le traiettorie tecniche e le informazioni tecniche guideranno gli Stati membri nella definizione dei loro piani.
Il maggiore controllo conferito agli Stati membri sull'elaborazione dei propri piani a medio termine è controbilanciato dall'introduzione di un regime di applicazione più rigoroso, volto a garantire che gli Stati rispettino gli impegni assunti. Nel quadro del nuovo braccio correttivo del Patto, infatti, la procedura basata sulla violazione del criterio del disavanzo rimane invariata, mentre quella basata sulla violazione del criterio del debito viene rafforzata, nel senso che il mancato rispetto del percorso di bilancio concordato comporterà automaticamente l'apertura della procedura per i Paesi con un debito superiore al 60%.
La Commissione non propone invece modifiche legislative alla procedura per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, ma dichiara che intende perseguire una sua migliore applicazione nell'ambito del quadro giuridico esistente. Anche per la sorveglianza post-programma la Commissione propone un nuovo approccio che non richiede alcuna modifica legislativa.
Per un'analisi di tali proposte si segnala il Dossier Le proposte legislative della Commissione europea per la riforma della governance economica dell'UE dei servizi di documentazione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (giugno 2023).
Il 22 febbraio 2024 è stato reso disponibile l'Accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo nel quadro della procedura negoziale ("trilogo") sulla proposta di modifica del regolamento sul braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, che costituisce il nucleo centrale della riforma della governance economica europea. Il testo oggetto dell'Accordo sarà sottoposto all'approvazione finale del Consiglio e del Parlamento europeo, in qualità di co-legislatori.
Per quanto riguarda le altre due parti del nuovo disegno di governance (la riforma del braccio correttivo del Patto e la proposta di direttiva sui quadri nazionali di bilancio), il Consiglio ha raggiunto un accordo nel dicembre scorso, ora sottoposto al Parlamento europeo, che esercita in materia un ruolo esclusivamente consultivo.
Un dossier dell'Osservatorio sulla finanza pubblica (marzo 2024) della Camera dei deputati fa il punto sulle principali innovazioni apportate, nell'ambito delle procedure in corso, alle proposte legislative iniziali, presentate dalla Commissione europea nell'aprile 2023. L'analisi si concentra sulla riforma dei due regolamenti in materia di "braccio preventivo" e "braccio correttivo" di Stabilità, affrontando i profili di più immediato rilievo per le finanze pubbliche nazionali, con particolare riguardo all'introduzione di vincoli e previsioni di carattere quantitativo.
La tempistica e i contenuti del ciclo della programmazione di bilancio nazionale sono fortemente influenzati e definiti dalle regole di governance economica previste a livello europeo, tese, come si è detto, a favorire un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico.
La legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), come modificata dalla legge n. 163/2016, si allinea al nuovo calendario stabilito in sede europea, fissando al 10 aprile la data di presentazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, del principale strumento di programmazione economica e finanziaria nazionale, il Documento di Economia e Finanza (DEF), al cui interno è contenuto il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma (PNR) (rispettivamente prima e terza sezione).
La presentazione del DEF nella prima metà del mese di aprile consente alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l'invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di Stabilità e del PNR, che potrà, in questo modo, tener conto delle indicazioni fornite nell'Analisi annuale della crescita, predisposta all'inizio di ciascun anno dalla Commissione europea.
Anche sulla base delle eventuali raccomandazioni formulate dalle autorità europee nel mese di giugno-luglio, nonché al fine di tener conto di variazioni degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica rispetto alle previsioni del DEF, è prevista la presentazione, entro il 27 settembre di ciascun anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. La Nota tiene conto di informazioni e dati più dettagliati rispetto a quelli disponibili nel mese di aprile e consente di procedere all'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici fissati dal DEF, anche al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra i diversi sotto-settori del conto economico della pubblica amministrazione e lo Stato, nonché di recepire le raccomandazioni approvate dal Consiglio europeo nel corso del primo semestre dell'anno.
La fase di attuazione degli obiettivi programmatici contenuti nel DEF (o nella Nota di aggiornamento) si svolge in autunno, attraverso la presentazione alle Camere, entro il 20 ottobre di ciascun anno, del disegno di legge di bilancio, che costituisce il provvedimento che reca la manovra triennale di finanza pubblica. Tale termine segue il 15 ottobre, termine per la presentazione in sede europea del Documento programmatico di bilancio.
Entro il successivo mese di gennaio devono essere presentati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, a loro volta precedentemente indicati nel DEF ovvero nella Nota di aggiornamento del medesimo.
La legge di contabilità del 2009 è stata oggetto di ulteriori modifiche, successive al 2016, da parte di due decreti legislativi attuativi di due distinte deleghe a suo tempo disposte dalla stessa legge n. 196 del 2009, con riferimento, in particolare, alla delega sul completamento della struttura del bilancio dello Stato prevista dall'articolo 40 ed alla delega sulla disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e per il potenziamento della funzione del bilancio di cassa:
Al decreto legislativo sul riordino della disciplina del bilancio e potenziamento della funzione del bilancio di cassa il Governo ha ritenuto di apportare integrazioni e correzioni con il Decreto legislativo n. 29 del 16 marzo 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 6 aprile 2018. Con riferimento, invece, al decreto legislativo sul completamento della riforma della struttura del bilancio, quest'ultimo è stato modificato con il Decreto legislativo n. 116 del 12 settembre 2018.
La XVIII legislatura ha visto il consolidamento della tendenza – già emersa a partire, soprattutto, dal 2016, primo anno di applicazione della disciplina della nuova legge di bilancio – al differimento del termine di presentazione del disegno di legge di bilancio. Ciò ha determinato la progressiva erosione del tempo dedicato all'esame parlamentare del disegno di legge in seconda lettura.
Nei quattro anni della legislatura, in particolare, i disegni di legge di bilancio sono stati presentati al ramo del Parlamento di prima assegnazione il 31 ottobre (2018), il 2 novembre (2019), il 18 novembre (2020) e l'11 novembre (2021), con un ritardo, rispettivamente, di 11, 13, 29 e 22 giorni rispetto al termine del 20 ottobre stabilito dalla legge n. 196 del 2009, come modificata dalla legge n. 163 del 2016.
La durata della prima lettura, nelle sessioni di bilancio della XVIII legislatura, è stata pari, rispettivamente, a 38 giorni (approvazione l'8 dicembre 2018), 44 giorni (approvazione il 16 dicembre 2019), 39 giorni (approvazione il 27 dicembre 2019) e 43 giorni (approvazione il 24 dicembre 2021). Conseguentemente, i tempi per lo svolgimento della seconda lettura sono stati pari, rispettivamente, a 15 giorni (approvazione il 23 dicembre 2018), 8 giorni (24 dicembre 2019), 3 giorni (30 dicembre 2020) e 6 giorni (30 dicembre 2021). Soltanto nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio 2019 – il primo della legislatura – sono stati approvati emendamenti anche nel corso dell'esame in seconda lettura, dando luogo conseguentemente allo svolgimento di un esame in terza lettura da parte del primo ramo del Parlamento che lo aveva esaminato. In quest'unico caso, la terza lettura è durata 7 giorni, giungendosi all'approvazione definitiva della legge di bilancio 2019 in data 30 dicembre 2018. Negli altri tre casi, invece, la seconda lettura è stata caratterizzata dalla mancata approvazione di emendamenti e dunque dall'approvazione finale del medesimo testo approvato in prima lettura.
Con riferimento all'
iter del
disegno di legge di bilancio per il 2019, in particolare, la sua approvazione definitiva al Senato della Repubblica è stata seguita dal sollevamento di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale da parte di trentasette senatori del gruppo parlamentare "Partito democratico" nei confronti del Governo, del Presidente della Commissione Bilancio del Senato, della Conferenza dei capigruppo del Senato, del Presidente del Senato e dell'Assemblea nel suo complesso.
I ricorrenti hanno sostenuto, in particolare, la lesione delle sfere di attribuzione costituzionalmente garantite ai singoli parlamentari e ai gruppi parlamentari, in quanto l'organizzazione dei lavori e dei tempi del Senato in merito all'esame del disegno di legge di bilancio e le concrete modalità di svolgimento dell'
iter legislativo avrebbero precluso l'osservanza del procedimento ordinario di approvazione delle leggi delineato dall'art. 72 della Costituzione, il quale prevede, in linea generale, che ciascun disegno di legge sia esaminato da una Commissione e poi esaminato dall'Assemblea e da questa approvato articolo per articolo e con votazione finale. Con specifico riferimento alle leggi di approvazione di bilanci e consuntivi prevede, inoltre, che sia seguito il procedimento ordinario e che, dunque, sia garantito l'esame in sede referente.
Ad avviso dei ricorrenti, il ricorso del Governo alla consolidata prassi del maxiemendamento sostitutivo dell'intero testo del disegno di legge, in chiave anti-ostruzionistica e di accelerazione dei tempi di approvazione, al fine di scongiurare l'esercizio provvisorio, avrebbe determinato una compressione dei tempi di esame del maxiemendamento sostitutivo in Commissione bilancio, con la conseguente impossibilità dei senatori della Commissione di conoscerne ed esaminarne i contenuti, oltre a una violazione del principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti tra i poteri dello Stato. Inoltre, secondo i ricorrenti, l'approvazione finale della legge di bilancio attraverso la posizione della questione di fiducia sul maxiemendamento sostitutivo avrebbe determinato una eccessiva compressione del ruolo delle Camere e delle loro articolazioni interne, sul presupposto che il riferimento dell'art. 72 Cost. alla votazione "articolo per articolo" non abbia un valore puramente formale, ma un valore sostanziale.
La
Corte costituzionale, con
ordinanza n. 17 del 2019, ha anzitutto sciolto in senso positivo, sul piano dell'ammissibilità del conflitto sotto il profilo soggettivo, la questione relativa alla legittimazione del singolo parlamentare a sollevare conflitto fra poteri dello Stato. La Corte ha evidenziato, infatti, l'esistenza di uno statuto costituzionale del parlamentare, il quale comprende un insieme di attribuzioni inerenti al diritto di parola, di proposta e di voto, di cui ciascun parlamentare, nella sua individualità, è titolare in quanto rappresentante della Nazione: nel caso oggetto di ricorso per conflitto, il potere di iniziativa legislativa attribuito dall'art. 71, primo comma, Cost. a ciascun parlamentare, il quale comprende il potere dello stesso di proporre emendamenti, sia in Commissione sia in Assemblea. La Corte ha sottolineato, inoltre, come nell'ambito di istituzioni complesse e polifunzionali quali le Camere, molteplici organi possono configurarsi come poteri a sé stanti, in relazione alla titolarità di distinte quote o frazioni di attribuzioni costituzionalmente rilevanti.
Sul piano oggettivo, invece, la Corte ha dichiarato il conflitto inammissibile. Muovendo dalla considerazione che i poteri di intervento del giudice costituzionale sullo svolgimento del procedimento legislativo incontrano il limite della sfera di autonomia costituzionalmente garantita a ciascuna Camera, ai sensi degli articoli 64 e 72 Cost., la Corte ha evidenziato come non possano formare oggetto di conflitto le censure attinenti esclusivamente a violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari o di prassi delle Camere. Le prerogative dei parlamentari che traggono il loro fondamento esclusivamente da tali fonti devono trovare all'interno delle Camere, pertanto, le relative forme di tutela; d'altro canto, il sindacato della Corte, in sede di conflitto fra poteri, deve ritenersi circoscritto ai casi in cui si diano
violazioni manifeste delle prerogative
costituzionali dei parlamentari. Violazioni manifeste che, ad avviso della Corte, non sussistevano nel caso di specie. Pur riconoscendo, infatti, che la vicenda dell'approvazione della legge di bilancio 2019 ha dato luogo a una compressione dei tempi per l'esame parlamentare e per il dibattito, la Corte ha sottolineato come alcuni elementi procedurali e di contesto, se presi in considerazione, conducono a ritenere le violazioni censurate dai parlamentari ricorrenti non idonee a superare la soglia di ammissibilità del conflitto.
Tra questi elementi, la Corte ha evidenziato, in particolare: in primo luogo, il carattere consolidato nel tempo della prassi dei maxi-emendamenti governativi approvati attraverso la posizione della questione di fiducia, utilizzati in passato anche nel corso delle sessioni di bilancio; in secondo luogo, la circostanza che il maxi-emendamento governativo interamente sostitutivo del disegno di legge di bilancio costituisse il risultato della lunga interlocuzione avuta dal Governo italiano con le istituzioni dell'Unione europea, la quale ha determinato una revisione dei saldi della manovra di finanza pubblica in una fase già piuttosto avanzata del procedimento parlamentare; infine, il fatto che non fosse stata del tutto preclusa una discussione sulla versione del disegno di legge di bilancio precedente alla presentazione del maxi-emendamento governativo.
Alla luce di questi fattori concomitanti, la Corte ha dunque ritenuto di escludere l'insorgenza di una violazione manifesta delle prerogative costituzionali dei parlamentari, pur non escludendo la possibilità che una analoga compressione di tali prerogative parlamentari in altre e diverse situazioni possa condurre a esiti differenti in caso di sollevamento di un conflitto di attribuzione.
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Nella fase finale della XVIII legislatura, la Camera ha svolto e concluso in prima lettura l'esame della proposta di legge A.C. 3437, presentata l'11 gennaio 2022, la quale, intervenendo sulla tempistica del ciclo di programmazione di bilancio nazionale stabilita dall'articolo 7 della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica) prevedeva, da un lato, l'anticipo del termine per la presentazione della Nota di aggiornamento del DEF dal 27 al 20 settembre di ciascun anno; dall'altro, l'anticipo del termine per la presentazione del disegno di legge di bilancio alle Camere dal 20 al 10 ottobre di ciascun anno. La proposta di legge prevedeva, altresì, l'introduzione dell'obbligo per il Presidente del Consiglio dei ministri di riferire tempestivamente alle Camere, in caso di mancata presentazione del disegno di legge di bilancio entro tale ultimo termine, sulle cause che lo avevano determinato, fornendo al riguardo adeguate informazioni.
Nel corso dell'esame in sede referente presso la V Commissione della Camera, iniziato il 1° marzo 2022 e concluso il 20 aprile 2022, i predetti termini sono stati modificati, fissando il termine di presentazione della NADEF al 25 settembre e il termine di presentazione del disegno di legge di bilancio al 15 ottobre.
L'esame in Assemblea della proposta di legge A.C. 3437-A si è svolto tra il 2 e l'11 maggio 2022, concludendosi senza ulteriori modifiche rispetto a quelle approvate in sede referente.
A seguito dell'approvazione in prima lettura, la proposta di legge (A.S. 2609) è stata trasmessa al Senato in data 11 maggio 2022 e assegnata alla 5° Commissione permanente (Bilancio) in sede redigente in data 24 maggio 2022. L'esame in Commissione, tuttavia, non ha avuto inizio in ragione della fine anticipata della legislatura.