provvedimento 2 maggio 2023
Studi - Bilancio Il Documento di economia e finanza (DEF) 2023
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Il Documento di economia e finanza, nel quadro di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea nel contesto del cosiddetto Semestre europeo, traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano della politica economica e della programmazione finanziaria, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche.

Per quanto riguarda la cornice delle regole dell'Unione europea, il DEF 2023 si inserisce in un contesto nel quale la Commissione europea ha dichiarato di voler determinare, a partire dal 2024, la cessazione dell'operatività della clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di Stabilità e Crescita, la cosiddetta general escape clause, attivata nel 2020 ed estesa fino al 2023 in risposta alle conseguenze economiche della pandemia da Covid-19, al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra, nell'ambito dei propri bilanci, per il sostenimento delle spese necessarie ad affrontare l'emergenza epidemiologica e a contrastare gli effetti recessivi da essa provocati.

Già prima del manifestarsi degli effetti della pandemia da Covid-19, la Commissione europea aveva avviato un dibattito sulla riforma delle regole del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell'Unione europea, che è poi ripreso, da ultimo, nel novembre 2022, con la presentazione degli orientamenti per la revisione delle regole della governance economica europea, incentrati sulla fissazione di una regola di spesa riferita alla cosiddetta spesa primaria netta, i cui valori-obiettivo sono modulati diversamente per ciascuno Stato membro, in base al diverso grado di sostenibilità del debito pubblico di quest'ultimo, e sulla definizione di piani strutturali di bilancio a medio termine, comprensivi di obiettivi riferiti alla realizzazione di riforme e investimenti.

La Commissione Bilancio della Camera ha esaminato tali orientamenti svolgendo un ciclo di audizioni, unitamente alle Commissioni Politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato e alla Commissione Bilancio del Senato, e formulando, al termine delle audizioni, un documento finale approvato l'8 marzo 2023. Analoghe conclusioni sono contenute nella risoluzione approvata dalla Commissione Bilancio del Senato in data 9 marzo.

Il Consiglio ECOFIN, il 14 marzo 2023, ha esaminato a sua volta gli orientamenti della Commissione europea, e in tale sede il Governo italiano, raccogliendo gli impegni più qualificanti indicati negli atti di indirizzo approvati dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, pur sostenendo le linee principali della proposta della Commissione europea, ne ha evidenziato alcuni punti critici, riferiti, in particolare, alla suddivisione degli Stati membri in tre categorie, in base all'analisi di sostenibilità del debito condotta dalla Commissione stessa, e alla necessità di rafforzare il ruolo degli Stati nella determinazione di tali analisi. Si è inoltre richiamata l'esigenza di rafforzare le interazioni tra la sorveglianza macroeconomica e quella di bilancio, di raccordare la revisione della governance economica con le discussioni in corso a livello europeo sul Green Deal e sulla riforma delle regole sugli aiuti di Stato, nonché la necessità di riservare un trattamento preferenziale agli investimenti pubblici volti a contrastare i cambiamenti climatici e a promuovere la transizione digitale, che rappresentano due pilastri portanti del PNRR, e a quelli volti a sostenere le spese per la difesa derivanti dagli impegni internazionali assunti.

L'evoluzione di questo dibattito, che dovrebbe portare nelle prossime settimane alla formalizzazione delle conseguenti proposte legislative, è cruciale per definire le traiettorie delle principali grandezze di finanza pubblica, a partire da quelle relative al rapporto tra debito e indebitamento netto, da un lato, e prodotto interno lordo, dall'altro.

Per un approfondimento sugli orientamenti della Commissione europea per la riforma della governance economica dell'Unione europea, si rinvia al relativo dossier curato dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.

Per un approfondimento più recente sullo stato del negoziato sulla riforma della governance economica europea, si rinvia al dossier curato dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.

ultimo aggiornamento: 26 aprile 2023

Nello scenario sopra delineato si colloca il DEF 2023, trasmesso alle Camere il 13 aprile 2023, unitamente alla Relazione, elaborata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere.

Con la relazione, in particolare, il Governo, sentita la Commissione europea, chiede l'autorizzazione a ricorrere all'indebitamento, al fine di utilizzare gli spazi finanziari resisi disponibili per effetto dell'andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole, nel 2023 e nel 2024, rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto per i medesimi anni, per i quali sono confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022. Il margine di bilancio, pari a circa 0,15 punti percentuali di PIL per il 2023 e a 0,2 punti nel 2024 - corrispondenti, rispettivamente, a circa 3,4 miliardi di euro per l'anno 2023 e a 4,5 miliardi di euro per l'anno 2024 - sarà utilizzato, come specificato dal Governo, nel 2023 per la copertura di un provvedimento normativo di prossima adozione, finalizzato a realizzare un taglio dei contributi sociali a carico dei lavori dipendenti con redditi medio-bassi, con un intervento volto alla riduzione del cuneo fiscale al fine di sostenere il potere d'acquisto e moderare la rincorsa tra prezzi e salari. Per il 2024, invece, il margine sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

La nuova Relazione al Parlamento, approvata dal Consiglio dei ministri del 27 aprile 2023 e trasmessa nella medesima giornata alle Camere, a seguito della mancata approvazione della prima Relazione - sui passaggi procedurali che hanno determinato la reiezione della prima Relazione, si rinvia all'ultimo paragrafo sull'esame parlamentare del DEF 2023 - conferma i saldi di finanza pubblica già riportati nel DEF 2023, ma prevede che il margine di bilancio resosi disponibile per il 2023 - 3,4 miliardi - sarà utilizzato, oltre che per misure di sostegno al potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti, anche per sostenere le famiglie con figli.

ultimo aggiornamento: 2 maggio 2023

Per quanto concerne il quadro macroeconomico internazionale, il DEF evidenzia, nel Programma di Stabilità, come le prospettive di crescita restino ancora fortemente condizionate, per i prossimi anni, dalle dinamiche del conflitto in corso tra Russia e Ucraina, malgrado il graduale ritorno alla normalità dopo lo shock pandemico e gli effetti prodotti da quest'ultimo sull'economia mondiale nel triennio 2020-2022. Il DEF sottolinea, inoltre, come i principali fattori di rischio futuri per l'economia mondiale potrebbero derivare dai recenti segnali di fragilità manifestatisi sul fronte della stabilità del sistema finanziario e bancario, dagli effetti delle politiche monetarie restrittive recentemente adottate e dalle possibili future tensioni sui prezzi dei beni energetici.

Il tasso di crescita dell'economia globale è passato dal 6 per cento nel 2021 al 3,2 per cento nel 2022. Si tratta di una decelerazione da ricondursi, principalmente, all'elevata incertezza innescata dal conflitto in Ucraina e dalle dinamiche geopolitiche ad esso connesse, alla crisi energetica, nonché alle crescenti pressioni inflazionistiche, già in atto prima della guerra ma ulteriormente acuite da quest'ultima.

Il commercio mondiale è cresciuto del 3,3 per cento nel 2022, rispetto al 10,5 per cento del 2021. Le sanzioni alla Russia, tuttavia, hanno inciso sul commercio globale in misura inferiore alle attese. I principali fattori che hanno consentito agli scambi commerciali di mantenersi su livelli più elevati delle attese risiedono, soprattutto, nella domanda relativamente sostenuta, nella resilienza del mercato del lavoro nelle economie avanzate e nella graduale sostituzione della Russia con altri Paesi come fornitori di alcune categorie di beni – in particolare, nel settore energetico.

I prezzi delle materie prime e dei beni energetici, dopo il picco raggiunto nell'agosto 2022, hanno iniziato una rapida discesa, in ragione anche, da un lato, della strategia di diversificazione delle forniture perseguita dai Paesi europei – i quali hanno ridotto le importazioni di gas naturale dalla Russia da un livello iniziale del 40 per cento all'attuale 7 per cento – dall'altro, del calo della domanda europea di gas registratosi nel 2022 – -13% rispetto al 2021, secondo i dati Eurostat.

Dal settore delle materie prime e dei beni energetici, la dinamica inflattiva si è successivamente propagata sui prezzi alla produzione e su quelli al consumo, dando luogo, nei Paesi dell'area OCSE, a un'inflazione al consumo complessiva del 9,6 per cento in media nel 2022, mentre l'inflazione di fondo (al netto dell'energia e degli alimentari freschi) si è collocata su un livello pari al 6,8 per cento e risulta ancora piuttosto persistente.

Nell'area dell'euro, la pur sfavorevole congiuntura economica e le tensioni inflazionistiche non hanno impedito all'attività economica di registrare, nel 2022, una crescita pari al 3,5 per cento.

L'inflazione al consumo ha raggiunto il picco a ottobre 2022, per poi decelerare all'8,5 per cento a febbraio 2023 e al 6,9 per cento a marzo di quest'anno. L'inflazione di fondo è invece tuttora crescente, avendo segnato, a marzo 2023, un valore pari al 7,5 per cento su base annua.

Il tasso di disoccupazione dell'Eurozona ha segnato un nuovo minimo storico a gennaio e febbraio 2023, pari al 6,6 per cento, con un aumento del 2,5 per cento del numero di occupati durante il 2022 rispetto all'anno precedente. A fronte degli elevati livelli di inflazione, la crescita dei salari si è mantenuta su ritmi piuttosto moderati, evolvendosi sempre in misura inferiore rispetto alla dinamica dei prezzi delle economie dei Paesi dell'Eurozona.

In questo contesto, l'orientamento di politica monetaria della BCE si è orientato nell'ultimo anno – analogamente a quanto osservato per la maggior parte delle autorità di politica monetaria – in senso progressivamente restrittivo, con rapidi aumenti dei tassi di interesse e una moderata riduzione del proprio bilancio, al fine di ridurre l'ammontare di liquidità presente nel mercato e reagire, così, alle dinamiche inflazionistiche in corso. Nell'ultima monetary policy decision, pubblicata a marzo 2023, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamenti principali, su quelle di rifinanziamento marginale e sui depositi sono stati innalzati, rispettivamente, al 3,50 per cento, al 3,75 per cento e al 3 per cento. Contemporaneamente, il bilancio della BCE è stato gradualmente ridotto di oltre l'11 per cento, principalmente attraverso la progressiva riduzione del portafoglio dell'Asset Purchase Program (APP).

ultimo aggiornamento: 26 aprile 2023

Per quanto attiene alle prospettive dell'economia italiana, il DEF presenta due scenari di previsioni macroeconomiche:

- il quadro macroeconomico tendenziale incorpora gli effetti sull'economia delle azioni di politica economica e fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso;

- il quadro macroeconomico programmatico, invece, include l'impatto delle politiche economiche prospettate all'interno del Programma di Stabilità (I Sezione) e del Programma Nazionale di Riforma (III Sezione), le quali saranno concretamente definite nella Nota di aggiornamento di settembre e confluiranno nella prossima legge di bilancio.

Nel rispetto della normativa dell'Unione europea, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche contenute nel DEF sono sottoposte alla validazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), secondo quanto previsto dalla legge n. 243 del 2012.

Il quadro macroeconomico tendenziale presentato nel DEF 2023 è stato validato dall'UPB in data 7 aprile 2023. Il quadro programmatico, invece, è stato validato in data 20 aprile 2023.

I risultati dell'economia italiana nel 2022

Con riferimento all'anno 2022, anzitutto, il DEF registra una crescita del PIL in termini reali del 3,7 per cento, dopo il rimbalzo del 7 per cento registrato nel 2021. L'economia italiana si è mantenuta su un sentiero di espansione fino all'estate del 2022, facendo segnare una leggera contrazione del PIL nell'ultimo trimestre dello scorso anno, con un calo dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente.

La crescita nel 2022 è stata trainata dalla domanda interna, cresciuta del 4,6 per cento, e dall'aumento notevole registrato sul fronte degli investimenti, aumentati del 9,4 per cento, in particolare nel settore delle costruzioni, nel quale l'aumento è stato dell'11,6 per cento. Per quanto riguarda gli scambi con l'estero, nel 2022 si registra una crescita delle importazioni, trainate dalla domanda interna, dell'11,8 per cento, a fronte della crescita del 14,2 per cento del 2021, e un aumento delle esportazioni del 9,4 per cento, a fronte del 13,3 per cento dell'anno precedente.

Nonostante il reddito disponibile lordo delle famiglie sia cresciuto in termini nominali in misura pari al 6,3 per cento, il robusto aumento dei prezzi, misurato dal deflatore dei consumi, pari al 7,4 per cento, ha determinato una complessiva riduzione del potere di acquisto nel 2022 pari all'1,1 per cento.

Dal lato dell'offerta, la produzione industriale ha risentito degli effetti della guerra in Ucraina, dell'incremento dei prezzi dei beni energetici e della progressiva normalizzazione della politica monetaria. A fronte di un più sostenuto incremento del settore dei servizi, in misura pari al 4,8 per cento, l'industria manifatturiera ha registrato un aumento dello 0,3 per cento, in linea con la crescita della produzione industriale, pari allo 0,4 per cento.

Il mercato del lavoro nel 2022 ha registrato dati positivi. Il numero di occupati, rilevato dalla contabilità nazionale, è cresciuto dell'1,7 per cento, ritornando al di sopra dei valori precedenti alla crisi pandemica, con un aumento della produttività dello 0,2 per cento. In valore assoluto il numero di occupati ha superato la soglia di 23,3 milioni di addetti, che corrispondono a un tasso di occupazione del 60,1 per cento, che rappresenta valore più elevato dal 2004. Analogamente, il tasso di disoccupazione è sceso all'8,1 per cento, con una riduzione di 1,4 punti rispetto al 2021. I redditi da lavoro dipendente hanno registrato nel 2022 una crescita dell'1,1 per cento.

Con riferimento all'andamento del credito, il DEF evidenzia il rallentamento della dinamica dei prestiti a partire dalla metà del 2022, in correlazione all'aumento dei tassi da parte della BCE. I tassi di interesse al pubblico, a seguito dell'andamento della politica monetaria seguito dalla BCE per contrastare l'inflazione, sono progressivamente cresciuti per le famiglie e per le imprese: per le famiglie a gennaio 2023 il valore era pari al 3,95 per cento contro l'1,75 per cento del gennaio 2022, mentre per le imprese il tasso medio sulle nuove operazioni è stato del 3,72 per cento rispetto all'1,12 praticato nel gennaio 2022.

Il quadro macroeconomico tendenziale

Il quadro macroeconomico tendenziale per il periodo 2023-2026 prefigura un ritorno del PIL su un sentiero positivo già nel primo trimestre, con una ripresa economica più rapida di quanto previsto dalla NADEF di novembre 2022. Ciò grazie soprattutto alla discesa dei costi energetici e all'allentamento delle strozzature dell'offerta a livello globale lungo le catene di approvvigionamento. Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL per il 2023 è pertanto previsto crescere, in termini reali, dello 0,9 per cento, in rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto allo 0,6 per cento prospettato nello scenario programmatico della NADEF 2022.

La crescita del PIL attesa per l'anno in corso sarebbe sostenuta principalmente dalla domanda interna, che aumenterebbe dello 0,8 per cento, e dalle esportazioni nette, che incrementerebbero dello 0,3 per cento.

Anche le indicazioni favorevoli derivanti dal clima di fiducia, in particolare del settore manifatturiero, e la fase di discesa dei prezzi alla produzione prefigurano uno scenario di recupero dell'attività produttiva già nei prossimi mesi. Le indagini presso le imprese segnalano, in particolare, un miglioramento delle attese su ordinativi e produzione e un incremento degli investimenti rispetto allo scorso anno, nonché prospettive positive per l'export, grazie alla ripresa della domanda mondiale, nonostante il conflitto in Ucraina.

Gli investimenti manifestano una espansione nel quadriennio dell'orizzonte di previsione, in media di circa il 2,7 per cento all'anno, trainati principalmente dalla componente dei macchinari e attrezzature e dalle costruzioni. Tale previsione di crescita tiene conto della marcata discesa dei prezzi del petrolio e del gas e dell'ipotesi che le imprese, beneficiando anche delle risorse previste nel PNRR, sostengano la domanda d'investimenti, nonostante le condizioni di finanziamento meno favorevoli dovute al rialzo dei tassi di interesse, facendo anche leva sui recenti margini di profitto accumulati. Si potrebbero, peraltro, presentare rischi connessi alla revisione al rialzo dei tassi e all'inasprimento delle condizioni dell'offerta di credito.

Anche l'industria e le costruzioni continuerebbero ad espandersi a ritmi sostenuti grazie all'attuazione dei piani di spesa del PNRR, mentre i servizi proseguirebbero il loro recupero beneficiando della riduzione dei prezzi in corso d'anno.

La dinamica dei consumi delle famiglie nel 2023, invece, si mantiene ancora inferiore a quella del PIL, segnando una previsione di crescita dello 0,6 per cento, principalmente in considerazione degli effetti dell'inflazione che è ancora complessivamente elevata.

Il DEF reca, infatti, una stima del tasso di inflazione leggermente più elevata di quanto previsto nella NADEF lo scorso novembre. In particolare, il deflatore dei consumi delle famiglie è stimato al 5,7 per cento nel 2023, rispetto al 5,5 ipotizzato nella NADEF 2022, sebbene in decisa decelerazione rispetto al 7,4 per cento osservato nel 2022. La previsione di inflazione risulta in deciso calo nel prossimo triennio, stimandosi un deflatore del PIL e dei consumi pari al 2,7 nel 2024 e al 2 per cento in ciascuno degli anni 2025 e 2026. La stima tiene conto dell'allentamento delle pressioni inflazionistiche manifestatosi già nei primi mesi del 2023.

I prezzi al consumo, misurati dall'indice NIC, hanno toccato il massimo a ottobre e novembre 2022 (+11,8 per cento), per poi scendere gradualmente. Secondo i dati ISTAT, a marzo 2023 l'inflazione al consumo è scesa al 7,6 per cento, guidata dalla dinamica decrescente dei prezzi dei beni energetici. Si prevede, invece, un più lento e graduale rientro dell'inflazione di fondo. I dati ISTAT evidenziano, a marzo 2023, una componente di fondo pari al 6,3 per cento, prevedendo un calo più significativo nella seconda parte dell'anno.

Per gli anni successivi al 2023, la crescita del PIL reale per il 2024 è prevista all'1,4 per cento, più sostenuta rispetto al 2023, ma inferiore rispetto all'1,9 per cento previsto a novembre nella NADEF, in considerazione di un previsto peggioramento delle variabili esogene per il 2024, in particolare sul fronte degli effetti negativi della politica monetaria più restrittiva seguita dalle banche centrali, nonché in ragione delle revisioni al ribasso delle previsioni di crescita della domanda mondiale e del commercio internazionale. La crescita per il 2025 resta invece invariata all'1,3 per cento, come già previsto dalla NADEF 2022. La previsione per il 2026 viene fissata, invece, all'1,1 per cento.

Il raggiungimento di livelli di crescita maggiori rispetto a quelli prospettati nel DEF 2023 è legato anche alla effettiva realizzazione del piano di investimenti e di riforme contenute nel PNRR, i cui effetti sulla produttività e sull'offerta di lavoro sono stati incorporati solo parzialmente nelle stime di crescita.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il DEF stima che nel quadriennio 2023-2026 proseguirà la crescita dell'occupazione, portando il numero di occupati alla fine dell'orizzonte temporale di programmazione a 23,9 milioni, con un incremento di ottocentomila unità rispetto al 2022. Il tasso di disoccupazione scenderebbe al 7,7 per cento nel 2023, per poi decrescere ulteriormente nell'intero periodo di riferimento e raggiungere il 7,2 per cento a fine periodo. Per quanto riguarda, la produttività in rapporto al PIL, a fronte di un calo di 0,1 punti percentuali nel 2023, si registra una crescita dello 0,4 per cento annuo nel 2024 e nel 2025 e dello 0,3 per cento nel 2026.

 

Il quadro macroeconomico programmatico

Sul piano programmatico, il Governo manifesta l'intenzione di coniugare una riduzione graduale, ma sostenuta, del deficit e del debito in rapporto al prodotto interno lordo con il sostegno della ripresa dell'economia italiana e il conseguimento di tassi di crescita del prodotto interno lordo e del benessere economico dei cittadini più elevati. Il Governo dichiara, nel DEF 2023, di voler perseguire una stabile riduzione dell'inflazione e il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni, superando gradualmente alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate nell'ultimo triennio per individuare nuove forme di intervento sia per il sostegno ai soggetti più vulnerabili sia per il rilancio dell'economia.

Il Governo conferma, nel quadro programmatico, gli obiettivi di finanza pubblica fissati dalla NADEF 2022, che prevedeva un deficit pari al 4,5 per cento del PIL nel 2023, al 3,7 per cento nel 2024 e al 3 per cento nel 2025. Per il 2026 il nuovo obiettivo di deficit è fissato, invece, al 2,5 per cento del PIL.

Le proiezioni più favorevoli del rapporto tra deficit e PIL a legislazione vigente per il 2023 rendono possibile la determinazione di un margine di oltre 3 miliardi di euro, pari a circa 0,15 punti percentuali del prodotto interno lordo, che il Governo intende utilizzare per finanziare un nuovo provvedimento d'urgenza volto a ridurre gli oneri contributivi a carico dei lavoratori dipendenti. Nello scenario programmatico per il 2024, invece, vengono allocate risorse pari a circa 0,2 punti percentuali di PIL, che corrispondono a oltre 4 miliardi di euro, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Si prevede che con i suddetti interventi la crescita del PIL reale salirà all'1 per cento nel 2023, con un incremento dello 0,1 per cento rispetto al dato tendenziale, e all'1,5 per cento nel 2024, anche in questo caso con un incremento rispetto al dato tendenziale dello 0,1 per cento. Per effetto di tali variazioni, sul piano programmatico il rapporto tra debito e PIL sarebbe pari nel 2023 al 142,1 per cento, a fronte del 142 per cento del dato tendenziale, mentre nel 2024 scenderebbe al 141,4 per cento, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto al quadro tendenziale, che si riassorbirebbe progressivamente nel 2025, quando il rapporto sarebbe pari al 140,9 per cento, contro il 140,8 per cento del dato tendenziale, e nel 2026 quando il dato programmatico coinciderebbe con quello tendenziale e sarebbe pari al 140,4 per cento. Si tratterebbe, in ogni caso, di valori inferiori a quelli contenuti nel quadro programmatico della NADEF 2022.

L'aumento del reddito disponibile porterebbe un incremento rispetto allo scenario tendenziale dello 0,1 per cento dei consumi delle famiglie, che crescerebbero dello 0,7 per cento. La maggiore domanda verrebbe accompagnata da una più vivace attività delle imprese, con un impatto positivo sulla produttività e sui fattori di produzione, quali gli investimenti fissi lordi e l'occupazione. Nel 2024, poi, le misure di riduzione della pressione fiscale continuerebbero a sostenere la crescita dei consumi delle famiglie e dell'occupazione rispetto alla previsione tendenziale, favorendo l'innalzamento della crescita del PIL.

ultimo aggiornamento: 26 aprile 2023

Il consuntivo 2022

La II Sezione del DEF, dedicata all'analisi e alle tendenze della finanza pubblica, segnala, anzitutto, per quanto riguarda i dati di consuntivo 2022, che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2022 è stato pari, in valore assoluto, a 151,9 miliardi, corrispondente all'8 per cento del PIL. La NADEF 2022 aveva previsto un indebitamento netto pari al 5,1 per cento in termini di PIL, mentre la Nota tecnico illustrativa alla legge di bilancio per il 2023 un indebitamento netto pari al 5,6 per cento del PIL.

Lo scostamento rispetto alle precedenti stime è attribuibile principalmente alla riclassificazione contabile, secondo il criterio della competenza economica, dei crediti d'imposta per bonus edilizi, la quale, insieme ad altri aggiornamenti e revisioni, determina una revisione del saldo primario in peggioramento per circa 39 miliardi di euro, attribuibile praticamente per intero a un peggioramento dal lato delle spese, al netto degli interessi, e una revisione della spesa per interessi in peggioramento per circa 6 miliardi di euro.

Il dato dell'indebitamento netto per il 2022 evidenzia, comunque, un miglioramento rispetto al 2021, in cui questo dato era risultati pari a circa 161,2 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 9 per cento del PIL.

Il rapporto tra debito e PIL nel 2022 è stato pari al 144,4 per cento, con una riduzione dell'1,3 per cento rispetto alle previsioni del Documento programmatico di bilancio di novembre 2022 e del 5,5 per cento rispetto al dato del 2021, con una riduzione cumulata nel biennio 2021-2022 del 10,5 per cento, che ha portato al riassorbimento di oltre la metà dell'incremento del debito registrato nel 2020 per effetto della pandemia.

Sul versante delle entrate, le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche risultano pari, nel 2022, a circa 931 miliardi di euro, in aumento di 68 miliardi di euro rispetto al 2021, corrispondenti a circa 8 punti percentuali. Anche in rapporto al PIL si registra un valore pari al 48,8 per cento, in crescita di 0,5 punti percentuali rispetto al dato del 2021.

In particolare, le entrate tributarie aumentano, in valore assoluto, di circa 39,2 miliardi di euro, a 568,6 miliardi di euro nel 2022, attestandosi al 29,8 per cento in rapporto al PIL rispetto al 29,6 per cento del 2021.

Un incremento significativo si registra per le altre entrate in conto capitale, che passano da 8,3 miliardi di euro nel 2021 a 15,9 miliardi di euro nel 2022, principalmente per effetto dei contributi agli investimenti provenienti dall'Unione europea relativi al PNRR.

La pressione fiscale complessiva si attesta, nel 2022, al 43,5 per cento, con un aumento dello 0,1 per cento rispetto all'anno precedente, per effetto di una crescita delle entrate fiscali e contributive, pari al 7 per cento, superiore rispetto a quella del PIL a prezzi correnti, pari al 6,8 per cento.

Per quanto riguarda il versante delle spese, quelle totali si attestano nel 2022 a 1.083 miliardi di euro, con aumento del 5,7 per cento rispetto al dato del 2021 (1.025 miliardi di euro). L'incidenza delle spese totali rispetto al PIL scende, tuttavia, dal 57,3 per cento del 2021 al 56,7 per cento del 2022, in ragione della riduzione dell'incidenza sul PIL della spesa in conto capitale, che passa dall'8,2 per cento del 2021 al 7,6 per cento del 2022, e della spesa corrente primaria, che passa dal 45,6 per cento del 2021 al 44,8 per cento del 2022. La spesa per interessi in rapporto al PIL, invece, aumenta dal 3,6 per cento del 2021 al 4,4 per cento del 2022, essenzialmente in relazione ai maggiori rendimenti dei titoli indicizzati all'inflazione.

 

Le previsioni tendenziali per il 2023-2026

Il DEF prospetta, per il 2023, un indebitamento netto pari a circa 87,8 miliardi di euro, corrispondenti al 4,4 per cento del PIL. Negli anni successivi, inoltre, si stima un costante decremento di tale parametro, sia in termini quantitativi sia in rapporto al PIL. Per il 2024, si prospetta un indebitamento netto pari al 3,5 per cento del PIL, (73,9 miliardi di euro); per il 2025, al 3 per cento del PIL (66,1 miliardi di euro); per il 2026, al 2,5 per cento del PIL (56,9 miliardi di euro). Ai fini del rapporto va considerata, altresì, l'incidenza della crescita del PIL nominale, che passa dai 2.018 miliardi di euro del 2023 ai 2.241 miliardi di euro nel 2026.

L'indicata evoluzione dell'indebitamento netto è ricondotta al miglioramento del saldo primario, il quale, ancora negativo nel 2023, torna in terreno positivo nel 2024 e migliora nei successivi anni del quadriennio di previsione tendenziale, passando da un disavanzo primario di circa 12,2 miliardi di euro nel 2023 a un avanzo di 11,3 miliardi di euro nel 2024, di 25,5 miliardi di euro nel 2025 e di 43,7 miliardi di euro nel 2026.

Per quanto riguarda le differenti componenti del conto economico delle pubbliche amministrazioni, il DEF 2023 stima un incremento delle entrate tributarie nel 2023, pari a 31,6 miliardi di euro rispetto ai valori del 2022. Tale incremento è legato, in parte, al miglioramento delle principali variabili macroeconomiche, che genera effetti positivi sulle entrate, in parte, al recupero di gettito su alcune voci d'imposta che nel 2022 erano state oggetto di misure di riduzione volte a mitigare gli effetti degli aumenti del prezzo dell'energia. Contribuiscono a tale andamento tanto le imposte dirette quanto quelle indirette: per le imposte dirette è atteso un incremento nel 2023 rispetto al 2022 di quasi 4.8 miliardi di euro, mentre per le imposte indirette l'aumento stimato, che è ancora più marcato, è pari a 26,6 miliardi di euro. In rapporto al PIL, invece, il gettito delle entrate tributarie è atteso scendere progressivamente nell'anno in corso e nei tre successivi, passando dal 29,8 per cento del 2022 al 29,1 per cento del 2026.

Le altre entrate correnti sono previste in aumento di 2,2 miliardi di euro nel 2023, per l'effetto combinato delle maggiori entrate derivanti dalle risorse dell'Unione europea e dei minori introiti per dividendi e altri trasferimenti. Per il 2024, la previsione è in linea con l'anno precedente, mentre per l'ultimo biennio si prevede un aumento di poco meno di 2 miliardi di euro nel 2025 e una diminuzione di circa 1,5 miliardi di euro nel 2026. Tale dinamica, come sottolineato dal DEF 2023, riflette sostanzialmente quella dei contributi dell'Unione europea. 

La pressione fiscale si riduce costantemente durante tutto il periodo di previsione, con un'incidenza del 43,3 per cento nel 2023, del 43 per cento nel 2024, del 42,9 per cento nel 2025 e del 42,7 per cento nel 2026.

Con riguardo alle spese, in valore assoluto i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a: 1.074 miliardi di euro, 1.076,8 miliardi di euro, 1.101,5 miliardi di euro e 1.111,9 miliardi di euro. Rispetto all'esercizio precedente, l'aggregato mostra una flessione nel 2023: il valore annuo stimato diminuisce dello 0,9 per cento nel 2023, pari a circa 9,3 miliardi di euro. Nel triennio 2024-2026, la spesa stimata cresce per tutto il periodo di previsione: dello 0,3 per cento nel 2024, con un incremento di 2,8 miliardi di euro, del 2,3 per cento nel 2025, con un incremento di 24,6 miliardi di euro, e dell'1 per cento nel 2026, con un incremento di 10,5 miliardi di euro. L'incidenza delle spese rispetto al PIL si riduce di quasi 3,5 punti percentuali nel 2023 rispetto al precedente esercizio, raggiungendo il 53,2 per cento per poi contrarsi ulteriormente di 2 punti percentuali nel 2024, di 0,5 punti percentuali nel 2025 e di 1,1 punti percentuali nel 2026, anno in cui l'incidenza rispetto al PIL scende al 49,6 per cento.

Riguardo alle principali componenti di spesa, per le spese correnti al netto degli interessi i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono, rispettivamente, pari a 886,3 miliardi di euro, 886,4 miliardi di euro, 899,9 miliardi di euro e 914,3 miliardi di euro, con incrementi annui pari al 3,6 per cento nel 2023, allo 0,01 per cento nel 2024, all'1,5 per cento nel 2025 e all'1,6 nel 2026.

In particolare, per la spesa per redditi da lavoro dipendente i dati stimati per gli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 prevedono una diminuzione costante dell'incidenza di tale spesa rispetto al PIL, passando dal 9,4 per cento nel 2023 all'8,4 nel 2026.

Con riferimento alla spesa sanitaria, il DEF 2023 reca per l'anno in corso una previsione di spesa pari a circa 136 miliardi di euro, con un tasso di crescita in valore assoluto del 3,8 per cento rispetto all'anno precedente, quando la spesa era incrementata del 2,9 per cento rispetto al 2021. Nel triennio 2024-2026 la spesa sanitaria incrementa a un tasso medio annuo dello 0,6 per cento. Dopo una riduzione del 2,4 per cento rispetto al valore previsto nel 2023, dovuta al. venir meno dell'erogazione degli arretrati dovuti ai rinnovi contrattuali 2019-2021 e dalla cessazione dei costi relativi all'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, nel biennio 2025-2026, la spesa sanitaria è prevista crescere, rispettivamente, dell'1,7 per cento e del 2,5 per cento. In rapporto al PIL, l'andamento dell'aggregato di spesa passa dal 6,7 per cento del 2023 al 6,3 per cento del 2024 fino ad arrivare al 6,2 per cento nel 2025 e nel 2026.

Per la spesa in conto capitale i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a 112,1 miliardi di euro, 105,3 miliardi di euro, 110 miliardi di euro e 97,1 miliardi di euro. L'incidenza di tali spese rispetto al PIL si riduce di circa 2 punti percentuali nel 2023 rispetto all'anno precedente arrivando al 5,6 per cento, per attestarsi al 4,3 per cento nel 2026. In tale ambito, va tuttavia segnalato che la quota relativa agli investimenti fissi lordi presenta nel 2023 e nel 2024 una forte crescita, passando da 51,4 miliardi di euro del 2022 a 66,6 miliardi nel 2023 e a 78,96 miliardi nel 2024, per poi stabilizzarsi a 80,8 miliardi di euro nel 2025 e contrarsi a 75,2 miliardi nel 2026. Tale crescita, che porta gli investimenti fissi lordi a un livello costantemente superiore al 3 per cento del PIL durante l'intero orizzonte di programmazione, è fortemente connessa all'attuazione dei progetti del PNRR. Si riducono, invece, i contributi agli investimenti, di oltre il 40 per cento annuo sia nel 2023, sia nel 2024, in relazione alla nuova modalità di contabilizzazione dei crediti di imposta cedibili, considerati come pagabili, e della progressiva scadenza delle misure del piano Transizione 4.0.

Si riscontra, infine, un aumento della spesa per interessi, che passerebbe dai 75,6 miliardi di euro del 2023, in calo di 7,6 miliardi rispetto all'anno precedente, ai 100,6 miliardi di euro del 2026.

Per quanto attiene alle previsioni di spesa relative alle politiche invariate, non incluse nelle previsioni tendenziali, la previsione di carattere indicativo delle risorse necessarie è pari a 7 miliardi di euro nell'anno 2024, 7,5 miliardi di euro nell'anno 2025 e 8 miliardi di euro nell'anno 2026.

ultimo aggiornamento: 26 aprile 2023

La III sezione del DEF contiene lo schema del Programma nazionale di riforma (PNR), che anche per il 2023 si inserisce nel più ampio programma di riforma, innovazione e rilancio degli investimenti rappresentato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrà arricchirsi del nuovo capitolo concernente l'iniziativa REPowerEU, adottata a livello europeo al fine di ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili di provenienza russa, accelerando al contempo la transizione verde.

Nel Programma nazionale di riforma, il Governo, oltre a illustrare gli obiettivi programmatici rispetto alle diverse politiche pubbliche, presenta, una stima aggiornata dell'impatto macroeconomico del PNRR, sulla base delle spese effettuate nel triennio 2020-2022, non tenendo conto della ridefinizione del Piano in corso di elaborazione. La valutazione dell'impatto macroeconomico del PNRR è stata effettuata considerando solo le risorse che finanziano progetti aggiuntivi, escludendo le misure contenute nel Piano che si sarebbero comunque realizzate anche senza l'introduzione del PNRR.

Il DEF 2023 prevede, in particolare, un impatto positivo del PNRR sul PIL pari all'1 per cento nel 2023, all'1,8 per cento nel 2024, al 2,7 per cento nel 2025 e al 3,4 per cento nel 2026. I settori che contribuiranno maggiormente alla crescita del PIL saranno le costruzioni (2,4 per cento), l'industria manifatturiera (1,4 per cento), le attività immobiliari (1 per cento) e le attività professionali, scientifiche e tecniche (1 per cento).

Il PNR reca anche un aggiornamento della valutazione di impatto macroeconomico delle riforme comprese nel PNRR riferite ai settori dell'istruzione e della ricerca, delle politiche attive del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione, della giustizia, della concorrenza e degli appalti, attribuendo una maggiore incidenza sia nel breve che nel lungo periodo a quella relativa alle politiche attive e a quella dell'istruzione e della ricerca.

In tale quadro, contestualmente alla definizione del capitolo REPowerEU, il Governo dichiara di voler rivedere, ai sensi del Regolamento RRF e delle linee guida della Commissione europea, alcuni degli investimenti del PNRR che, in fase attuativa, si sono rivelati più difficoltosi da realizzare nei tempi originariamente previsti, anche in considerazione delle condizioni economiche e geopolitiche profondamente mutate.

Le misure relative all'attuazione del PNRR e all'adozione di politiche energetiche conformi al piano REPowerEU costituiscono anche una risposta sul piano delle politiche nazionali alle raccomandazioni specifiche per Paese formulate nei confronti dell'Italia nel 2022. In particolare, erano state formulate tre raccomandazioni. Con la prima, si è raccomandato di seguire una politica di bilancio prudente, tenendo conto anche delle spese connesse ai sostegni temporanei per imprese e famiglie in relazione agli aumenti dei prezzi dell'energia e agli aumenti dei prezzi dell'energia. In questo campo, è stato sollecito l'incremento degli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale e per la sicurezza energetica, tenendo conto dell'iniziativa REPowerEU, nonché l'adozione e l'attuazione della legge delega sulla riforma fiscale per ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema. Con la seconda, si è richiesto di procedere con l'attuazione del PNRR, in linea con i traguardi e gli obiettivi indicati e di concludere rapidamente i negoziati con la Commissione sui documenti di programmazione della politica di coesione per il periodo 2021-2027, al fine di avviarne l'attuazione. Con la terza, in linea con gli obiettivi di REPowerEU, si è chiesto di ridurre la dipendenza complessiva dai combustibili fossili e diversificare le importazioni di energia, superare le strozzature per accrescere la capacità di trasporto interno del gas, sviluppare interconnessioni delle reti di energia elettrica, accelerare il dispiegamento di capacità supplementari in materia di energie rinnovabili e adottare misure per aumentare l'efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile.

ultimo aggiornamento: 26 aprile 2023

I due rami del Parlamento sono tenuti a esprimersi sul DEF attraverso la votazione di atti di indirizzo (risoluzioni) in tempo utile per la trasmissione al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma. La risoluzione può contenere integrazioni e modifiche del documento stesso.

L'esame parlamentare del DEF 2023 è iniziato, come di consueto, con lo svolgimento di un'attività conoscitiva preliminare sui contenuti del Documento e sul quadro macroeconomico. Tale attività si è condensata nello svolgimento congiunto, da parte delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, di un ciclo di audizioni ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato.

Sono stati auditi, in particolare, i seguenti enti e soggetti:

Lunedì 17 aprile 2023:

- CGIL, CISL, UIL, UGL, CISAL, CONFSAL;

- Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Casartigiani;

- Confindustria;

- Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, Coldiretti, COPAGRI;

- Alleanza delle cooperative italiane, CONFAPI, Confprofessioni;

- Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro;

- Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

- Rete professioni tecniche.

Martedì 18 aprile 2023

- ISTAT.

Mercoledì 19 aprile 2023

- ANCI, UPI, Conferenza delle regioni e delle province autonome;

- CNEL;

- Corte dei conti.

Giovedì 20 aprile 2023

- Banca d'Italia;

- Ministro dell'economia e delle finanze;

- Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio.

L'esame parlamentare è proseguito con l'esame in sede referente del DEF 2023 in V Commissione, svoltosi mercoledì 26 aprile 2023 e conclusosi con l'approvazione di una relazione per l'Assemblea. 

L'Assemblea ha esaminato il DEF giovedì 27 aprile 2023, congiuntamente all'annessa Relazione al Parlamento, recante la richiesta di autorizzazione al ricorso all'indebitamento e l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT). La risoluzione della maggioranza, n. 6-00031, riferita alla Relazione presentata al Parlamento - la cui approvazione è pregiudiziale all'approvazione della risoluzione sul DEF - non è stata tuttavia approvata, per mancanza della maggioranza assoluta dei componenti prescritta per l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento. La risoluzione ha ricevuto, infatti, 195 voti favorevoli, in luogo dei 201 necessari per il raggiungimento della maggioranza assoluta. La mancata autorizzazione ha conseguentemente precluso la votazione delle risoluzioni riferite al DEF 2023.

Il Consiglio dei ministri del 27 aprile, riunitosi subito dopo la mancata approvazione della Relazione al Parlamento sull'autorizzazione al ricorso all'indebitamento, ha quindi approvato, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, una nuova Relazione al Parlamento ai sensi dell'art. 6 della legge n. 243 del 2012. La nuova Relazione ha confermato i saldi di finanza pubblica già riportati dal DEF 2023 - che, pertanto, non ha subito modifiche - aggiungendo un riferimento alla destinazione delle risorse che si renderanno disponibili nel 2023, non solo al sostegno del reddito e del potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti, ma anche al sostegno delle famiglie con figli.

La nuova Relazione è stata trasmessa ai due rami del Parlamento il 27 aprile 2023, ed è stata assegnata in sede referente alle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, nonché, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento. Le Commissioni hanno concluso l'esame in sede consultiva e in sede referente nella serata di giovedì 27 aprile.

L'Assemblea della Camera ha quindi esaminato la nuova Relazione annessa al DEF venerdì 28 aprile 2023, approvando a maggioranza assoluta dei componenti la risoluzione di maggioranza n. 6-00032 riferita alla Relazione medesima. Successivamente, è stata approvata, a maggioranza semplice, la risoluzione di maggioranza n. 6-00030 riferita al DEF 2023, accettata dal Governo. Sono state pertanto dichiarate precluse le risoluzioni nn. 6-00027, 6-00028 e 6-00029, presentate dai gruppi di opposizione.

ultimo aggiornamento: 2 maggio 2023
 
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