tema 8 marzo 2024

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni agli interventi a sostegno del principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività. Come sottolineato dalla Commissione europea nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, finora nessuno Stato membro ha realizzato la parità tra uomini e donne: i progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale.  A livello globale, il raggiungimento dell'uguaglianza di genere rappresenta uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

In Italia, un primo filone di interventi ha riguardato l'attuazione dell'art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali presenti nei diversi livelli, nonché sulla promozione della partecipazione delle donne negli organi delle società quotate.

 Nelle ultime due legislature, invece, l'azione legislativa si è focalizzata, da un lato, sul mondo del lavoro, che è stato oggetto di interventi normativi volti, in particolare, a ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Sono stati inoltre rafforzati gli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile.

Una crescente attenzione è stata inoltre dedicata alle misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo tre obiettivi: prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime.

La centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere è ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che individua la parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni e stabilisce che l'intero Piano dovrà essere valutato in un'ottica di gender mainstreaming.

Negli ultimi anni è infine proseguita la sperimentazione per la redazione del bilancio di genere, in sede di rendicontazione del bilancio dello Stato, giunto alla sua quinta edizione, mentre nel 2021 è stata avviata del Servizio studi della Camera dei Deputati, sempre in via sperimentale, l'analisi di impatto di genere quale elemento dei dossier di documentazione sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare all'esame della Camera stessa.

Per una disamina complessiva degli interventi legislativi principali sulle politiche di genere nelle ultime legislature si rinvia al dossier di documentazione e ricerche sulla Legislazione di genere.

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All'interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza la parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale, unitamente a Giovani e Mezzogiorno.

Concretamente, le misure previste dal Piano in favore della parità di genere sono in prevalenza rivolte a promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, attraverso:

1) interventi diretti di sostegno all'occupazione e all'imprenditorialità femminile;

2) interventi indiretti o abilitanti, rivolti in particolare al potenziamento dei servizi educativi per i bambini e di alcuni servizi sociali, che il PNRR ritiene potrebbero incoraggiare un aumento dell'occupazione femminile.

Altri interventi finanziati o programmati con il PNRR si prefiggono l'obiettivo diretto o indiretto di ridurre le asimmetrie che ostacolano la parità di genere sin dall'età scolastica, sia di potenziare il welfare per garantire l'effettivo equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, nel PNRR il Governo ha annunciato l'adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 entro il primo semestre 2021, ovvero sia un documento programmatico che, in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea a marzo 2020, dovrebbe definire un sistema di azioni politiche integrate nell'ambito delle quali sono adottate iniziative concrete, definite e misurabili.

Attraverso la Strategia il Governo si è impegnato a raggiungere entro il 2026 l'incremento di cinque punti nella classifica dell'Indice sull'uguaglianza di genere elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), che nel 2020 vede l'Italia al 14esimo posto nella classifica dei Paesi UE-27.

 

All'impegno preso in sede di PNRR ha fatto seguito la presentazione in Consiglio dei ministri (5 agosto 2021) di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021/2026, predisposta dal Ministero delle pari opportunità all'esito di un processo di consultazione che ha coinvolto amministrazioni centrali, Regioni, Enti Territoriali, parti sociali e principali realtà associative attive nella promozione della parità di genere.

La Strategia, partendo da alcuni dati di analisi, si concentra sulle seguenti cinque priorità strategiche: lavoro, reddito, competenze, tempo, potere.

Il documento per ciascuna delle priorità definisce gli interventi da adottare (incluse le misure di natura trasversale), nonché i relativi indicatori (volti a misurare i principali aspetti del fenomeno della disparità di genere) e target (l'obiettivo specifico e misurabile da raggiungere). Gli indicatori e target sono funzionali a guidare l'azione di governo e monitorare l'efficacia degli interventi poste in essere.

Le misure previste dalla Strategia saranno attuate dalle Amministrazioni centrali, dalle Regioni e dagli Enti locali, sulla base delle competenze istituzionali, tenuto conto del settore di riferimento e della natura dell'intervento. Saranno altresì stabilmente coinvolte la Conferenza delle Regioni, l'Unione delle Province e dei Comuni. È altresì prevista un'azione di monitoraggio della strategia, previa selezione di appositi indicatori e relativi target.

Come già annunciato, l'obiettivo di lungo periodo che la Strategia si propone è di guadagnare 5 punti nella classifica del Gender Equality Index dell'EIGE nei prossimi 5 anni, per raggiungere un posizionamento migliore rispetto alla media europea entro il 2026, con l'obiettivo di rientrare tra i primi 10 paesi europei in 10 anni.

In merito si segnala che nel corso degli ultimi tre anni l'Italia ha acquistato un punteggio migliore nella classifica EIGE, salendo al 13°posto tra i Paesi dell'UE.
Infatti, nell' indice sull'uguaglianza di genere 2020, l'Italia aveva ottenuto un punteggio di 63,5 su 100, inferiore alla media dell'UE di 4,4, punti. Mentre nell' indice sull'uguaglianza di genere 2023, l'Italia vanta un punteggio di 68,2 su 100, inferiore di 2 punti al punteggio dell'UE nel suo complesso (pari a 70,2). I principali fattori trainanti di questo aumento sono stati i miglioramenti nei domini del tempo (+ 8,1 punti) e del potere (+ 5,8 punti).
Si consideri che i punteggi dell'Italia sono inferiori a quelli della media UE in tutti i settori, ad eccezione di quello della salute. Le disuguaglianze di genere sono più marcate nei settori della conoscenza (60,8 punti), del potere (62,7 punti) - dove tuttavia si registrano i maggiori progressi –  e del lavoro (65 punti). L'Italia ha il punteggio più basso di tutti gli Stati membri dell'UE nel settore del lavoro (65). Il suo punteggio più alto è invece nel settore della salute (89,2 punti).

Per rafforzare la governance della Strategia 2021-2026, la legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 139-148, L. n. 234/2021), oltre a prevedere l'adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere, ha disposto l'istituzione presso il Dipartimento per le pari opportunità di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere.

Ai sensi delle richiamate norme il Piano strategico nazionale per la parità di genere con i seguenti obiettivi:

  • individuare buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere;
  • colmare il divario di genere nel mercato del lavoro;
  • raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici;
  • affrontare il problema del divario retributivo e pensionistico;
  • conseguire l'equilibrio di genere nel processo decisionale.

Il finanziamento del Piano prevede, a decorrere dall'anno 2022, un incremento di 5 milioni di euro del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.

Per l'elaborazione e l'adozione del Piano, è prevista l'istituzione presso il Dipartimento per le pari opportunità di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere. Il finanziamento del Piano prevede inoltre, a decorrere dall'anno 2022, un incremento di 5 milioni di euro del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.

La Cabina di regia è stata istituita con successivo decreto 27 gennaio 2022 ha funzioni di raccordo tra le diverse amministrazioni coinvolte e tra i diversi livelli di governo al fine di coordinare le azioni a livello centrale e territoriale. Tra i compiti, spetta alla Cabina di regia effettuare la ricognizione periodica sullo stato di attuazione delle misure, degli interventi previsti nel Piano strategico nazionale per la parità di genere, nonché garantire la programmazione delle risorse destinate al finanziamento del Piano.

La Cabina di regia è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall'Autorità politica delegata alle pari opportunità ed è composta da 20 Ministri e 3 designati dalla Conferenza unificata. 

L'Osservatorio Nazionale per l'integrazione delle politiche di genere, istituito con decreto 22 febbraio 2022  è organismo tecnico di supporto alla Cabina di regia, con funzioni di monitoraggio, analisi, studio e proposta dei possibili strumenti per la definizione e l'attuazione del Piano strategico nazionale, valutandone l'impatto al fine di migliorarne l'efficacia e integrarne gli strumenti. 

ultimo aggiornamento: 1 febbraio 2024

Prosegue la sperimentazione per la redazione del bilancio di genere, avviata a partire dal rendiconto 2016, in attuazione dell'articolo 38-septies della legge n. 196 del 2009, introdotto dal decreto legislativo n. 90 del 2016. La finalità del bilancio di genere è di offrire:

  • una rappresentazione delle spese del bilancio dello Stato "riclassificate" contabilmente in chiave di genere, alla luce di una valutazione del loro diverso impatto su uomini e donne;
  • una serie di indicatori statistici per monitorare le azioni intraprese per incidere sulle disuguaglianze di genere e la loro associazione alla struttura del bilancio;
  • un'analisi dell'impatto sul genere delle principali misure di politica tributaria, sia dal lato delle spese sia dal lato delle entrate del bilancio.

Nell'ordinamento italiano la dimensione di genere è stata oggetto di una sperimentazione per la redazione del bilancio di genere, in attuazione dell'articolo 38-septies della legge n. 196 del 2009, introdotto dal decreto legislativo n. 90 del 2016. Tale disposizione ha previsto la definizione, in sede di rendicontazione, di un bilancio di genere, volto a dare evidenza del diverso impatto delle politiche di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.
Successivamente, con il decreto legislativo del 12 settembre 2018, n. 116, la funzione del bilancio di genere è stata rafforzata, ponendo l'accento sull'opportunità che tale strumento sia utilizzato come base informativa per promuovere la parità di genere tramite le politiche pubbliche - attraverso una maggiore trasparenza della destinazione delle risorse e attraverso un'analisi degli effetti delle suddette politiche in base al genere - ridefinendo e ricollocando conseguentemente le risorse e tenendo conto dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) inseriti nel Documento di Economia e Finanza (DEF).
I criteri e la metodologia generale per il bilancio di genere sono indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 giugno 2017. Criteri più dettagliati sono individuati, inoltre, con circolari della Ragioneria generale dello Stato (si veda, da ultimo, la circolare 16 maggio 2023, n. 22).

In attuazione di tale previsione normativa il Governo ha presentato, a partire dal bilancio 2016 e, nel 2023, per l'esercizio finanziario 2022, un bilancio di genere "a consuntivo", accompagnato da periodiche Relazioni al Parlamento che danno conto dell'istruttoria svolta e dei criteri seguiti ai fini della sperimentazione prevista dalla legge.

Fino al bilancio consuntivo 2021 le modalità di classificazione delle spese erano tre:
1) "dirette a ridurre le disuguaglianze di genere" (codice 1), relative alle misure direttamente riconducibili o mirate a ridurre le diseguaglianze di genere o a favorire le pari opportunità;
2) "sensibili" al genere (codice 2), relative a misure che hanno o potrebbero avere un impatto, anche indiretto, sulle diseguaglianze tra uomini e donne;
3) "neutrali" al genere (codice 0), relative alle misure che non hanno impatti diretti o indiretti sul genere.
A partire dalla citata circolare annuale per il 2022 è stata introdotta una quarta modalità al fine di qualificare azioni il cui impatto sui divari di genere non è noto:
4) "da approfondire" (codice 0*), relative alle misure che per alcune loro caratteristiche (natura della spesa e/o potenziali beneficiari) potrebbero essere classificate come sensibili previ ulteriori approfondimenti per verificare possibili impatti diretti o indiretti sulle diseguaglianze di genere.

Inoltre il traguardo M1C1-110 del PNRR, con scadenza al 31 dicembre 2023, nell'ambito della Riforma del quadro di revisione della spesa pubblica (riforma 1.13), richiede che la legge di bilancio 2024 presenti una classificazione delle voci previste secondo i criteri alla base degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dell'Agenda 2030, relativamente al bilancio di genere e al bilancio ambientale. Il raggiungimento di tale traguardo può consolidare il bilancio di genere superando l'attuale sperimentazione e integrando la prospettiva di genere (gender mainstreaming) nel processo di formazione del bilancio, rafforzando dunque il potenziale impatto di quest'ultimo. 

Per dare attuazione a tale impegno, l'articolo 51-bis del D.L. n. 13 del 2023, introdotto nel corso del procedimento parlamentare di conversione del decreto-legge a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo, ha disposto che, a decorrere dall'anno 2023 per il disegno di legge di bilancio per il triennio 2024-2026, il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette alle Camere, entro 30 giorni dalla presentazione del disegno di legge di bilancio, due appositi allegati conoscitivi nei quali, per il triennio di riferimento del disegno di legge di bilancio, è data evidenza delle spese:

  1. relative alla promozione della parità di genere attraverso le politiche pubbliche;
  2. aventi natura ambientale, riguardanti attività di protezione, conservazione, ripristino, gestione e utilizzo sostenibile delle risorse e del patrimonio naturale.

Si tratta di una innovazione che dovrebbe consentire un più stretto raccordo informativo tra Governo e Parlamento circa l'emersione in forma distinta e specifica, in occasione della sessione di bilancio, delle scelte politiche di spesa pubblica volte a promuovere la parità di genere e ridurre i gender gaps, da un lato, e a favorire politiche ambientali protese alla conservazione, tutela e utilizzo sostenibile delle risorse e del patrimonio naturale, dall'altro.

Il carattere innovativo della disposizione si registra con riguardo, soprattutto, alla indicazione delle spese del bilancio di previsione volte a promuovere la parità di genere, non essendovi nell'ordinamento contabile italiano, fino all'introduzione della norma, alcuno strumento volto a fornire al Parlamento elementi conoscitivi sul gender budgeting preventivo.

In sede di prima attuazione, le due note metodologiche relative alla spesa ambientale e alla spesa che promuove la parità di genere sono state trasmesse alle Camere in data 30 novembre 2023 e sono state pubblicate sul sito istituzionale della Ragioneria Generale dello Stato, nelle sezioni pertinenti. I due allegati conoscitivi costituiscono l' Allegato-bis al disegno di legge del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (S. 926).

A completamento del quadro complessivamente riportato, si evidenzia come a partire dall'8 marzo 2021, il Servizio studi della Camera dei Deputati abbia avviato in via sperimentale l'analisi di impatto di genere quale elemento dei dossier di documentazione sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare all'esame della Camera stessa, dando seguito a un Ordine del giorno che è stato accolto nell'ambito della discussione di bilancio 2020.

In sede di discussione del bilancio 2020 della Camera dei Deputati nella seduta del 30 luglio 2020 è stato accolto l'ordine del giorno 9/Doc.VIII, n. 6/18 Spadoni e altri (testo modificato nel corso della seduta) in cui si chiede di "valutare l'opportunità di prevedere in via sperimentale e selettiva nell'ambito dei dossier di documentazione predisposti dal Servizio Studi, sui progetti di legge in esame presso le Commissioni permanenti, la redazione di un paragrafo dedicato all'analisi di impatto di genere".
ultimo aggiornamento: 8 marzo 2024

1. Legislazione nazionale

In materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, viene in considerazione, in primo luogo, la legge 162/2021, che ha istituito, dal 2022, la certificazione della parità di genere, strumento che consente ai datori di lavoro di attestare le misure adottate per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Successivamente, il decreto del Dip.to delle pari opportunità del 29 aprile 2022  ha dettato le linee guida per la concessione della certificazione in oggetto da parte delle imprese, che richiamano esplicitamente i parametri minimi stabiliti dalla prassi di riferimento Uni/PdR 125:2022, delineata nel marzo 2022.

La richiamata L. 162/2021 collega altresì al possesso di tale certificazione la concessione di un apposito sgravio contributivo nella misura dell'1% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (fermo restando il limite massimo di 50.000 euro annui e l'eventuale riduzione che può essere disposta in taluni casi), nonché l'attribuzione di un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti e può costituire un criterio premiale nell'affidamento di appalti pubblici. I criteri e le modalità di concessione di tale esonero sono definite nel DM 20 ottobre 2022 il quale prevede altresì che ulteriori interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro siano realizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con l'INAPP e in accordo con il Dipartimento per le Pari Opportunità che ne assicurerà la coerenza rispetto al Piano strategico nazionale per la parità di genere.

Il Sistema della certificazione della parità di genere è dunque già operativo.

 

La medesima legge n. 162/2021 ha poi esteso l'obbligo di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro alle aziende con meno di 100, ma più di 50 dipendenti.

Si ricorda, inoltre, che il D.L. n. 77/2021 prevede, per gli operatori economici che partecipano alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati dal PNRR o dal PNC:

  • l'obbligo di presentare il rapporto biennale relativo alla situazione del personale in sede di presentazione della domanda di partecipazione o dell'offerta, se tenuti per legge a redigerlo;
  • l'obbligo di consegnare comunque alla stazione appaltante entro sei mesi dalla conclusione del contratto, una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile, se non sono tenuti per legge a redigere il suddetto rapporto ma hanno almeno 15 dipendenti.

In tema di appalti, il nuovo Codice (D.Lgs. 36/2023 prevede:

    • in sede di prima applicazione, meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità di genere;
    • l'obbligo per le stazioni appaltanti di indicare nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione di parità;
    • una riduzione fino ad un massimo del 20 per cento della garanzia provvisoria (la apposita garanzia fideiussoria della quale deve essere corredata l'offerta) per gli operatori economici in possesso della medesima certificazione di genere.

A tal fine, con DPCM del 20 giugno 2023, sono state adottate le Linee guida volte a favorire le pari opportunitaà generazionali e di genere, nonché l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti riservati.

 

Contribuiscono, poi, alla promozione della parità di genere alcune misure in tema di congedi, volte a favorire la conciliazione vita-lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori nonché ad un'equa ripartizione degli impegni familiari.

In tale ambito, vanno ricordate le modifiche in materia di congedi apportate al D.Lgs. n. 151/2001 nel corso della legislatura, in particolare con il D.Lgs. n. 105/2022.

Il congedo di paternità, esteso a 10 giorni, fruibile dal padre lavoratore nei due mesi precedenti e nei cinque mesi successivi al parto, è previsto ora in modo strutturale e reso obbligatorio e autonomo rispetto a quello alternativo. Il periodo in cui è possibile fruire del congedo parentale retribuito al 30 per cento è esteso dai primi sei ai primi dodici anni di vita del bambino. Nell'ambito del lavoro autonomo, è stato esteso ai due mesi precedenti il parto il periodo durante il quale è riconosciuta l'indennità di maternità. Per le lavoratrici autonome con reddito più basso, l'indennità è ora riconosciuta anche per ulteriori tre mesi successivi alla fine del periodo di maternità. Infine, l'istituto del congedo parentale è stato esteso ai padri lavoratori autonomi iscritti all'INPS.

Per un approfondimento delle misure in materia di conciliazione vita-lavoro e di pari opportunità in ambito lavorativo, si rinvia al tema a ciò dedicato.

Si ricorda inoltre che con norma di legge (art. 5 del D.L. 36/2022) è stato attribuito alle amministrazioni pubbliche il compito di adottare misure che attribuiscano vantaggi specifici ovvero evitino o compensino svantaggi nelle carriere al genere meno rappresentato. Al fine di dare concreta attuazione alla disposizione, il Dipartimento della funzione pubblica ha adottato le Linee guida sulla parità di genere nell'organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le P.A.

Infine, con riferimento alle misure volte a favorire l'inserimento delle donne nel mondo del lavoro, si segnala l'implementazione di strumenti di sostegno alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile (per approfondimenti, si rinvia all'apposito tema).

2. Legislazione sovranazionale

Il tema della parità di genere tra uomo e donnna nel mondo del lavoro è stato oggetto anche della legisazione europea.

In primo luogo, occorre richiamare la Direttiva UE 2023/970 del 10 maggio 2023 che ha dettato alcune tutele minime volte a rendere effettiva l'applicazione del principio della parità salariale tra uomini e donne, sia nel settore pubblico sia in quello privato. Nello specifico, il predetto atto europeo ha stabilito che gli Stati membri debbano introdurre tutte le misure necessarie al fine di assicurare che ogni datore di lavoro utilizzi sistemi retributivi in grado di garantire la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore (articolo 4).

Peraltro, si prevede che, da un lato, i datori debbano fornire ai lavoratori un'informativa trasparente circa i livelli retributivi e le progressioni economiche praticate nel contesto lavorativo di riferimento (articoli 5 e 6) e, dall'altro lato, comunicare le informazioni relative al divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile all'autorità incaricata del monitoraggio sull'attuazione del presente atto europeo (articoli 9 e 29).

Il termine di recepimento, da parte degli Stati membri, per la suddetta Direttiva è fissato per il 7 giugno 2026.

Con la successiva Direttiva UE 2024/1500 del 14 maggio 2024 il legislatore europeo ha affrontato il tema della parità di genere in materia di occupazione e impiego, dettando norme orientate a migliorare ed a rafforzare il funzionamento degli organismi per la parità (già previsti dalle direttive 2006/54/CE e 2010/41/UE). 

 Tale normativa, pertanto, mira a consolidare l'indipendenza dei predetti organismi, i quali devono essere liberi da influenze esterne, non dovendo accettare istruzioni dal governo o da enti pubblici o privati.

Tra le funzioni attribuite agli organismi per la parità si possono annoverare: l'assistenza giuridica alle vittime di discriminazione di genere (articolo 6), la risoluzione delle controversie in via conciliativa (articolo 7), lo svolgimento di accertamenti per verificare l'effettiva violazione del principio di parità di trattamento (articolo 8), il rilascio di pareri e decisioni (articolo 9), la legittimazione processuale nelle controversie inerenti la parità di trattamento (articolo 10).

Il termine per il recepimento della Direttiva esaminata è fissato per il il 19 giugno 2026.

ultimo aggiornamento: 29 maggio 2024

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni agli interventi volti a dare attuazione all'art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali presenti nei diversi livelli (nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo).

Nelle ultime legislature il Parlamento ha approvato diverse misure normative volte a promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive, locali, regionali e nazionali ed europee (la legge 215/2012 per le elezioni comunali; la legge 56/2014 per le elezioni - di secondo grado - dei consigli metropolitani e provinciali; la legge 20/2016 per le elezioni dei consigli regionali; la legge 165/2017 per le elezioni del Parlamento; la legge 65 del 2014 per la rappresentanza italiana in seno al Parlamento europeo). 

Ai sensi dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A seguito di una modifica del 2003 ( L. Cost. n. 1/2003) è stato aggiunto un periodo secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. L'articolo 117, settimo comma, Cost. (introdotto dalla  L. Cost. n. 3/2001) prevede inoltre che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive." Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle regioni ad autonomia differenziata dalla  legge costituzionale n. 2 del 2001. Nell'ordinamento italiano si rinvengono diverse norme, sia nazionali che regionali, finalizzate alla promozione della partecipazione delle donne alla politica e dell'accesso alle cariche elettive, emanate in attuazione dei già richiamati articoli 51, primo comma, e 117, settimo comma, Cost.

In particolare, nel corso della XVIII legislatura sono state rafforzate le garanzie a sostegno dell'applicazione delle misure per il riequilibrio della rappresentanza nella legislazione elettorale regionale. In relazione al mancato adeguamento della legislazione elettorale è infatti intervenuto il decreto-legge n. 86 del 2020 al fine di stabilire che il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei Consigli regionali dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione (l'articolo che disciplina l'esercizio dei poteri sostitutivi) e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.

Si segnala, inoltre, la sentenza n. 62 del 2022, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale le norme sulle elezioni degli organi delle amministrazioni comunali, nella parte in cui non prevede l'esclusione delle liste elettorali, per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, che non assicurino la presenza di candidati di entrambi i sessi.

Infatti, diversamente da quanto previsto per i comuni con popolazione compresa fra 5.000 e 15.000 abitanti, nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti non è prevista né la quota di lista, né la doppia preferenza di genere, ma è disposto unicamente che "nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi". La violazione di tale vincolo non è assistita da sanzioni specifiche. Secondo la Consulta tali disposizioni si pongono in contrasto con gli articoli 3, secondo comma e 51, primo comma della Costituzione, in quanto inadeguate a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini per l'accesso alle cariche elettive. Al contempo, la Corte ha ritenuto che l'esclusione delle liste che non assicurano la rappresentanza di entrambi i sessi costituisca una soluzione costituzionalmente adeguata a porvi rimedio. Si ricorda infine al legislatore che resta ferma la possibilità di individuare, nell'ambito della propria discrezionalità, altra soluzione congrua purché rispettosa dei principi costituzionali.

Per un quadro di sintesi delle disposizioni vigenti, anche a livello regionale, si rinvia al dossier della collana "Documentazione e ricerche" su La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale.

ultimo aggiornamento: 29 settembre 2022

Con la legge 12 luglio 2011, n. 120 sono state apportate significative modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, allo scopo di tutelare la parità di genere nell'accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati e nelle società pubbliche.

La legge, preso atto della situazione di cronico squilibrio nella rappresentanza dei generi nelle posizioni di vertice delle predette imprese, intende riequilibrare a favore delle donne l'accesso agli organi apicali.

A tal fine era previsto un doppio binario normativo:

  • per le società quotate in borsa, la disciplina in materia di equilibrio di genere venica recata puntualmente dalle disposizioni di rango primario (Testo Unico Finanziario - TUF, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998);
  • per le società a controllo pubblico, i principi applicabili restavano quelli di legge, mentre la disciplina di dettaglio era affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate. Tale regolamentazione è stata individuata nel D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251.

Le norme della legge n. 120 del 2011 e del D.P.R. n. 251 del 2012 sono destinate ad avere un'efficacia temporanea. I criteri di riparto degli organi apicali volti a tutelare la parità di genere erano originariamente operativi per tre mandati consecutivi, a decorrere dal primo rinnovo degli organi interessati successivo all'entrata in vigore dei provvedimenti stessi. 

Sul punto è intervenuta la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 302-305 della legge n. 160 del 2019), che:

- ha prorogato da tre a sei i mandati in cui trovano applicazione, per gli organi apicali delle società quotate, le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato previste dalla legge n. 120 del 2011;

- ha modificato il criterio di riparto degli amministratori e dei membri dell'organo di controllo, volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, in particolare disponendo che il genere meno rappresentato debba ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti (40 per cento), in luogo della quota di almeno un terzo (33 per cento circa) disposta dalle norme previgenti.

La medesima legge di bilancio (successivo comma 304) ha stabilito che il criterio di riparto di almeno due quinti venga applicato a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate successivo al 1° gennaio 2020 (data di entrata in vigore della legge di bilancio). Resta fermo, per il primo rinnovo successivo alla data di inizio delle negoziazioni, il criterio di riparto di almeno un quinto previsto dall'articolo 2 della legge Golfo-Mosca.

 

Per il monitoraggio sull'attuazione della nuova disciplina nelle società pubbliche è stato istituito, con decreto del Ministro delle pari opportunità del 12 febbraio 2013, un apposito gruppo di lavoro.

Nel mese di gennaio 2020 è stata inviata al Parlamento la Relazione triennale sullo stato di applicazione delle norme in tema di parità di genere nelle società a controllo pubblico, relativa al periodo dal 12 febbraio 2016 al 12 febbraio 2019.

Con il Protocollo d'intesa, sottoscritto nel novembre 2018 dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per le Pari Opportunità, dalla Consob e dalla Banca d'Italia, è stato istituito un  Osservatorio interistituzionale per promuovere congiuntamente iniziative volte all'attuazione nel concreto della partecipazione femminile nei board delle società, con la finalità di verificare nel tempo gli effetti dell'applicazione della legge n. 120 del 2011.

L'articolo 6 della legge n. 162 del 2021 ha introdotto disposizioni volte a incentivare l'equilibrio di genere negli organi amministrativi delle società pubbliche non quotate, costituite in Italia, prevedendo che a tali società si applichino le norme in tema di equilibrio di genere nell'organo di amministrazione disposte dall'articolo 147-ter, comma 1-.ter, del TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998). Si dispone dunque l'estensione alle società pubbliche non quotate del criterio di riparto degli amministratori delle società quotate volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, che trova applicazione per sei mandati consecutivi e in base al quale il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti (ossia il 40 per cento, ex art. 147-ter, c. 1-ter, del D.Lgs. 58/1998) – anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati.

Il 14 marzo 2022 i ministri dell'Occupazione e degli affari sociali, in seno al Consiglio UE, hanno raggiunto un orientamento generale su una proposta legislativa dell'UE volta a migliorare l'equilibrio di genere tra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate.

Il 7 giugno 2022 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico su un nuovo atto legislativo dell'UE che promuove una rappresentanza di genere più equilibrata nei consigli di amministrazione delle società quotate. Entro il 2026 le società quotate dovrebbero mirare a garantire che almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi o almeno il 33% dei posti di amministratore con e senza incarichi esecutivi sia occupato dal sesso sotto-rappresentato. La proposta è stata approvata definitivamente dal Parlamento Europeo nel mese di novembre 2022.

Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 7 dicembre 2022 è stata pubblicata la Direttiva (UE) 2022/2381 riguardante il miglioramento della parità di genere fra gli amministratori delle società quotate; la direttiva è riportata nell'allegato A del disegno di legge di delegazione europea 2022-2023 (A.S: 969), ovvero tra le direttive da recepire secondo i princìpi e i criteri direttivi generali di cui alla legge n. 234 del 2021. 

 

ultimo aggiornamento: 23 febbraio 2024
 
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