Il tema della conciliazione tra vita professionale e vita privata è stato oggetto negli ultimi anni di particolare attenzione, sia da un punto di vista sociale che politico.
Di seguito una panoramica sulle misure attualmente vigenti volte a facilitare la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro, tra le quali assumono particolare rilievo quelle poste a tutela della maternità e della paternità (organicamente disciplinate dal D.Lgs. n. 151/2001) e per l'assistenza dei soggetti con disabilità (previste principalmente dalla legge n. 104/1992), nonché quelle che introducono misure economiche a sostegno della maternità.
Altre disposizioni riguardano più strettamente il mondo del lavoro. Tra queste si segnalano, in particolare, quelle in tema di lavoro agile, disciplinato dalla Legge n. 81/2017 e di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2015.
Il quadro normativo è stato di recente modificato dal D.Lgs. n. 105/2022 - di attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 in tema di equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Tali disposizioni, comprese quelle relative al congedo di paternità obbligatorio, per espressa previsione normativa si applicano anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ferme restando le eventuali indicazioni operative fornite dal competente Dipartimento della funzione pubblica (cfr. Circ. INPS 122/2022).
1. Congedo e indennità di maternità
In generale, la lavoratrice madre ha diritto di astenersi dal lavoro nei due mesi che precedono e nei tre mesi che seguono il parto. In alternativa, può astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto o esclusivamente entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino (artt. 16, co.1.1, e 20 del D.Lgs. 151/2001).
Il congedo di maternità può essere sospeso, su richiesta della madre, in caso di ricovero del neonato e la madre può goderne, in tutto o in parte, dalla data di dimissioni del bambino. Inoltre, in caso di parto anticipato, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto (anche qualora la somma dei periodi superi il limite complessivo di cinque mesi) (art. 16-bisD.Lgs. 151/2001).
Il congedo di maternità spetta anche in caso di adozione, per cinque mesi, dall'ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice (in caso di adozione internazionale, il periodo di fruizione è anticipabile per consentire il soggiorno all'estero propedeutico all'ingresso nella famiglia), nonché in caso di affidamento (per tre mesi, entro i cinque mesi successivi all'affidamento).
In generale, le lavoratrici hanno diritto a un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione (o del reddito se lavoratrici autonome) (art. 26, D.Lgs. n. 151/2001).
L'indennità in oggetto - corrisposta per tutto il periodo del congedo di maternità e coperta da contribuzione figurativa (art. 23 D.Lgs. 151/2001) - spetta anche al padre lavoratore per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (congedo di paternità alternativo – vedi infra).
1.1 Lavoratrici autonome
Per le coltivatrici dirette, colone e mezzadre, le imprenditrici agricole, le lavoratrici autonome artigiane ed esercenti attività commerciali, le pescatrici autonome della piccola pesca e le libere professioniste iscritte ad una forma obbligatoria di previdenza gestita da un ente di diritto privato, l'indennità di maternità è concessa non solo per i due mesi antecedenti e i tre mesi successivi la data del parto, ma anche per periodi antecedenti i due mesi prima del parto, qualora ricorrano gravi complicanze della gravidanza (artt. 68 e 70 D.Lgs. 151/2001).
Si ricorda altresì che la gravidanza, così come la malattia e l'infortunio, dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente, non comporta l'estinzione del rapporto di lavoro, la cui esecuzione, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare, fatto salvo il venir meno dell'interesse del committente. Inoltre, previo consenso del committente, è prevista la possibilità di sostituzione delle lavoratrici autonome da parte di altri lavoratori autonomi di fiducia delle lavoratrici stesse (art. 14 L. 81/2017).
Per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata , le lavoratrici autonome, le imprenditrici agricole e le libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza, l'indennità di maternità è corrisposta per ulteriori tre mesi dalla fine del periodo di maternità in caso di reddito inferiore a 8.145 euro l'anno (art. 1, co. 239, L. 234/2021).
Inoltre, per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata l'indennità in esame è riconosciuta anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni), in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia), nonché a prescindere dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa, per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi (art. 64, D.Lgs. 151/2001). Tale ultima previsione vige anche per le libere professioniste (art. 71, D.Lgs. 151/2001).
2. Congedo di paternità
Attualmente, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 105/2022 (di recepimento della direttiva (UE) 2019/1158), l'ordinamento disciplina due tipologie di congedo di paternità, quello obbligatorio e quello alternativo.
Il congedo di paternità obbligatorio (art. 27-bis,D.Lgs. 151/2001), fruibile dal padre lavoratore nell'arco temporale che va dai due mesi precedenti ai cinque mesi successivi al parto (sia in caso di nascita che di morte perinatale del bambino), della durata di 10 giorni, elevati a 20 nel caso di parti plurimi. Tale congedo - interamente retribuito e coperto da contribuzione figurativa (artt. 29 e 30, D.Lgs. 151/2001) - è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e anche se fruisce del congedo di paternità alternativo. È riconosciuto anche ai padri adottivi o affidatari, nonché ai lavoratori dipendenti di amministrazioni pubbliche, ai lavoratori domestici e a quelli agricoli. Per tali ultime due categorie non deve sussistere il requisito contributivo necessario per fruire del congedo di maternità o di paternità alternativo, ma resta necessaria la sussistenza di un rapporto di lavoro in essere al momento della fruizione del congedo obbligatorio (cfr. Circ. INPS 122/2022). Per gli altri lavoratori dipendenti, invece, il diritto al congedo di paternità obbligatorio può essere riconosciuto anche in caso di cessazione o sospensione del rapporto di lavoro, purché ricorrano determinate condizioni, in particolare quella secondo cui tra l'inizio della sospensione o della cessazione e l'inizio del periodo di congedo di paternità non siano decorsi più di sessanta giorni (art. 24 D.Lgs. 151/2001). Infine, il congedo in oggetto non spetta né ai padri lavoratori iscritti alla Gestione separata, né ai padri lavoratori autonomi di cui al Capo XI del D.Lgs. 151/2001 (coltivatori diretti, mezzadri e coloni, artigiani e commercianti, imprenditori agricoli e pescatori autonomi della piccola pesca), compresi i lavoratori che abbiano un rapporto di lavoro autonomo dello spettacolo.
Il congedo di paternità alternativo (art. 28, D.Lgs. 151/2001) spetta al padre lavoratore per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. L'indennità è la stessa prevista per quella di maternità, ossia pari all'80 per cento della retribuzione se lavoratore dipendente, o del reddito se lavoratore autonomo, in quanto essa spetta anche al padre lavoratore autonomo o libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o libera professionista (artt. 66, co. 1-bis, e 70, co. 3-ter, D.Lgs. 151/2001).
Come chiarito dalla Circolare INPS n. 32 del 2023, il divieto di licenziamento previsto dalla normativa vigente per le madri lavoratrici dall'inizio della gravidanza fino all'anno di età del figlio si estende anche al padre lavoratore per la durata dei suddetti congedi, sia obbligatorio che facoltativo, e sino al compimento della medesima età del bambino.
Sempre al fine di rafforzare le tutele per il lavoratore padre, la medesima circolare specifica che in caso di dimissioni intervenute durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino, il lavoratore padre che ha fruito dei congedi di paternità in oggetto ha diritto all'indennità di disoccupazione NASpI qualora ricorrano tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa vigente.
3. Congedo parentale
Il congedo parentale si traduce nell'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore. Ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi, elevato a 11 se il padre lavoratore esercita il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi (art. 32, D.Lgs. 151/2001).
Nell'ambito di tale limite, il diritto di astenersi dal lavoro spetta:
Durante la fruizione del congedo parentale viene corrisposto un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, entro i seguenti limiti (art. 34, D.Lgs. 151/2001):
La legge di bilancio per il 2023 ha disposto un incremento dal 30 all'80 per cento di tale indennità per le madri lavoratrici dipendenti e per i padri lavoratori dipendenti, in alternativa tra loro, nel limite massimo di un mese da usufruire entro il sesto anno di vita del figlio con riferimento alle lavoratrici e ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2022 (cfr. Circ INPS 45/2023). Successivamente, la legge di bilancio 2024 ha portato tale indennità dal 30 al 60 per cento (80 per il solo 2024) per un ulteriore mese, aggiuntivo rispetto a quello suddetto già indennizzato all'80 per cento previsto dalla legge di bilancio 2023 con riferimento alle lavoratrici e ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2023 (cfr. Circ. INPS 4/2024, par. 4).
Da ultimo, la legge di bilancio 2025 ha disposto, per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti che hanno cessato il congedo di maternità o paternità a partire dal 1° gennaio 2024, l'aumento dell'indennità in esame all'80 per cento della retribuzione per tre mesi entro il sesto anno di vita del bambino (in luogo del 60 per cento, già previsto per il secondo mese, e del 30 per cento, già previsto per il terzo mese). La fruizione alternata tra i genitori di tali mesi così incrementati non preclude la possibilità di fruirne nei medesimi giorni e per lo stesso figlio, come consentito per tutti i periodi di congedo parentale (cfr. Circ INPS 57/2024).
Per i dipendenti pubblici, in base ai relativi contratti collettivi, l'indennità è generalmente pari, per i primi trenta giorni, al 100 per cento della retribuzione.
I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.
3.1 Lavoratori autonomi
L'indennità per congedo parentale è riconosciuta anche alle lavoratrici e ai lavoratori autonomi nei seguenti termini:
4. Congedo per donne vittime di violenza di genere
Le donne vittime di violenza di genere inserite in percorsi certificati di protezione possono astenersi dal lavoro, per motivi legati al suddetto percorso, per un periodo massimo di tre mesi con diritto ad un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione (con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento). Il suddetto congedo, che può essere fruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni, è riconosciuto alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private, alle lavoratrici domestiche, alle lavoratrici autonome e alle lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (art. 24, D.Lgs. 80/2015).
5. Congedi per la malattia del figlio
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro, senza limiti temporali, per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio fino al compimento del terzo anno di età. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni (art. 47, D.Lgs. 151/2001).
Il suddetto limite di tre anni di età è elevato a sei in caso di adozione o affidamento e, se all'atto dell'adozione o dell'affidamento il minore ha un'età compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino è fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare (art. 50, D.Lgs. 151/2001).
Tali congedi, coperti da contribuzione figurativa fino al terzo anno di età del minore, non sono retribuiti, ma i contratti collettivi possono prevedere condizioni più vantaggiose.
6. Riposi giornalieri
Alle madri lavoratrici dipendenti, durante il primo anno di vita del bambino, sono riconosciuti due periodi di riposo (uno solo se l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore), anche cumulabili durante la giornata, della durata di un'ora ciascuno (mezz'ora quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze). Tali periodi di riposo sono raddoppiati in caso di parto plurimo e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro (art. 39, D.Lgs. 151/2001).
I periodi di riposo giornaliero in oggetto sono riconosciuti anche al padre lavoratore (art. 40, D.Lgs. 151/2001):
7. Decontribuzione per le madri lavoratrici
La legge di bilancio 2024 ha introdotto, per il triennio 2024-2026,un esonero totale della quota di contribuzione a carico delle lavoratrici dipendenti, a tempo indeterminato, madri di tre o più figli, fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età da parte del figlio più piccolo.
Limitatamente al 2024, lo stesso esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici dipendenti, sempre a tempo indeterminato, madri di due figli, fino al compimento del decimo anno di età da parte del figlio più piccolo.
8. Deleghe conferite al Governo
Come anticipato in premessa, l'attuale quadro normativo relativo ai congedi a supporto della genitorialità è stato modificato dal D.Lgs. n. 105/2022, adottato in attuazione della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53/2021) e in recepimento della direttiva (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Ulteriori disposizioni correttive, sempre in conformità con la citata direttiva e i principi e criteri direttivi previsti dalla legge n. 234/2012, potranno essere adottate entro il 13 agosto 2024.
Inoltre, l'articolo 3 della legge n. 32/2022 delega il governo ad adottare, entro il 12 maggio 2024, uno o più decreti legislativi per l'estensione, il riordino e l'armonizzazione della disciplina relativa ai congedi parentali, di paternità e maternità.
Con riferimento ai congedi parentali, la delega prevede i seguenti principi e criteri direttivi:
Con riferimento alla disciplina del congedo di paternità e di maternità, la delega prevede i seguenti princìpi e criteri direttivi:
1. Trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
Tra le misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale.
Tale diritto è riconosciuto ai lavoratori affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa (art. 8, co. 3, D.Lgs. 81/2015).
Inoltre, la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro a tempo parziale è attualmente riconosciuta:
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 24, D.Lgs. n. 80/2015, anche la lavoratrice che usufruisce del congedo per violenza di genere ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
Analoga trasformazione può essere richiesta anche dai genitori in luogo della fruizione del congedo parentale ai sensi dell'articolo 8, co. 8 del D.Lgs. n. 81/2015.
2. Diritto al lavoro agile
I datori di lavoro, pubblici e privati, possono stipulare accordi, a termine o a tempo indeterminato (salva facoltà di recesso con preavviso di almeno trenta giorni), con i lavoratori per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (artt. 18 e 19, legge n. 81/2017). In tali casi, la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivante dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Il datore è tenuto a dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro in modalità agile rivolte (art. 33, co. 6-bis, L. 104/1992 e art. 18, co. 3-bis, L. 81/2017):
Inoltre, la normativa vigente (art. 5 D.Lgs. 29/2024) dispone che il datore di lavoro adotta ogni iniziativa diretta a favorire le persone che hanno compiuto 65 anni di età nello svolgimento, anche parziale, della prestazione lavorativa in modalità agile.
3. Passaggio di personale tra amministrazioni
Tra le misure volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro vanno annoverate anche quelle in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse.
In particolare, il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato (art. 42-bisD.Lgs. 151/2001).
Anche la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale (art. 30, co. 1-ter, D.Lgs. 165/2001).
4. Codice degli appalti
La normativa vigente (art. 1 allegato II.3 D.Lgs. 36/2023) prevede, in sede di prima applicazione del nuovo codice degli appalti, meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l'inclusione lavorativa delle persone disabili. In particolare, dispone per gli operatori economici che partecipano agli appalti pubblici:
A tal fine, con DPCM del 20 giugno 2023, sono state adottate le Linee guida volte a favorire le pari opportunitaà generazionali e di genere, nonché l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti riservati.
Si ricorda, inoltre, che il Codice degli appalti (art. 108 del D.Lgs. 36/2023), riprendendo quanto previsto dalla richiamata L. 162/2021, prevede l'obbligo per le stazioni appaltanti di indicare nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della suddetta certificazione. Il medesimo Codice (art. 106) prevede, altresì, una riduzione fino ad un massimo del 20 per cento della garanzia provvisoria (la apposita garanzia fideiussoria della quale deve essere corredata l'offerta) per gli operatori economici in possesso della certificazione in oggetto.