Le disposizioni di carattere fiscale in materia di terzo settore hanno formato oggetto di modifiche nel corso della precedente legislatura (articoli da 21 a 33 del decreto-legislativo n. 105 del 2018, articolo 14 del decreto-legge n. 34 del 2019 ed articoli 25-bis, 26 e 26-bis del decreto-legge n. 73 del 2022). Nel corso della XIX legislatura, ulteriori modifiche sono riconducibili alla legge n. 104 del 2024 (articolo 4, comma 2, lettera n)).
Nello specifico, il Titolo IX del decreto legislativo disciplina i seguenti regimi:
L'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 77 (titoli di solidarietà) è ancora sospesa in ragione dell'assenza della citata autorizzazione della Commissione europea.
Il Titolo X, invece, reca disposizioni fiscali di carattere generale (articoli 79-83), disposizioni specifiche sulle organizzazioni di volontariato e sulle associazioni di promozione sociale (articoli 84-86), disposizioni specifiche relative agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore (articolo 87), nonché disposizioni transitorie e finali, disciplinando alcune agevolazioni fiscali e molteplici previsioni di coordinamento, ai fini della "intersezione" della disciplina del codice del Terzo settore con la normativa previgente (articoli 88-89).
A seguito della Comfort Letter del 7 marzo 2025, le disposizioni contenute negli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 del Codice del Terzo Settore si rendono applicabili, a decorrere dal 1° gennaio 2026, agli enti del Terzo settore iscritti al RUNTS.
Ai fini delle imposte sui redditi, agli enti del Terzi settore, diversi dalle imprese sociali, si applica il regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice. In particolare, agli stessi si applicano, in quanto compatibili, le norme del TUIR relative all'IRES.
Il regime fiscale degli enti del Terzo settore, disciplinato dal citato Titolo X, è basato sulla distinzione tra attività commerciali e non commerciali svolte e, dunque, sulla natura dell'ente.
Tale distinzione consente di disciplinare in termini differenti la fiscalità degli enti che svolgono l'attività istituzionale di cui all'articolo 5 con modalità commerciali rispetto a quelli che non esercitano (od esercitano solo marginalmente) l'attività di impresa.
In via generale, si considerano "non commerciali" gli enti del Terzo settore che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di interesse generale di cui all'articolo 5 secondo i seguenti criteri:
Ai sensi dell'articolo 87, comma 4, del medesimo Codice, tali enti del Terzo settore "non commerciali" hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata in relazione all'attività commerciale esercitata.
Indipendentemente dalle previsioni dello statuto, si qualificano, ai fini fiscali, come enti commerciali gli enti del Terzo settore che, nello stesso periodo d'imposta, presentano entrate derivanti da attività non commerciali in misura inferiore rispetto ai proventi derivanti dallo svolgimento:
Per gli enti del Terzo settore che si qualificano, ai fini fiscali, come non commerciali, non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito:
a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per lo svolgimento delle attività di interesse generale qualificabili come non commerciali.
Inoltre, i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative dell'ente si considerano entrate derivanti da attività non commerciali. Per le associazioni del Terzo settore le somme versate dagli associati, a titolo di quote o contributi associativi, non concorrono alla formazione del reddito dell'associazione, fatta eccezione dei proventi derivanti dalla cessione di beni e dalla prestazione di servizi effettuate nei confronti degli associati che, invece, concorrono alla formazione del reddito complessivo.
L'eventuale mutamento della qualifica fiscale dell'ente del Terzo settore (da ente non commerciale a ente commerciale) opera a partire dal periodo d'imposta in cui l'ente assume la natura commerciale. Per i due periodi d'imposta successivi al termine fissato dall'articolo 104, comma 2, il mutamento della qualifica dell'ente del Terzo settore (da non commerciale a commerciale, o viceversa) opera a partire dal periodo d'imposta successivo a quello a cui avviene il mutamento della qualifica.
Si prevede un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, basato sui coefficienti di redditività riferiti alle attività di prestazioni di servizi e ad altre attività, distinguendoli a seconda dell'entità dei ricavi conseguiti.
I coefficienti per le attività di prestazione dei servizi sono i seguenti: (a) 7 per cento per ricavi fino a 130.000 euro; (b) 10 per cento per ricavi compresi tra 130.001 euro e 300.000 euro e 17 per cento per ricavi oltre 300.000. Per le altre attività, invece, si applicano tali coefficienti: (a) 5 per cento per ricavi fino a 130.000 euro; (b) 7 per cento per ricavi compresi tra 130.001 euro e 300.000 euro e 14 per cento per ricavi oltre 300.000.
Ai ricavi derivanti dalle attività di interesse generale (articolo 5) e dalle attività diverse, secondarie e strumentali (articolo 6) devono essere sommate le eventuali plusvalenze patrimoniali (articolo 86 del Tuir), le sopravvenienze attive (articolo 88), i dividendi e gli interessi (articolo 89) e i ricavi immobiliari (articolo 90).
In caso di contemporaneo esercizio di prestazioni di servizi e di altre attività, il coefficiente si determina con riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente ovvero, in mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi. Le perdite fiscali realizzate nei periodi di imposta precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito prodotto nei periodi di imposta di applicazione del regime forfetario, secondo le regole ordinarie.
L'opzione può essere esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi, con effetti partire dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale l'opzione è esercitata e fino a quando la stessa non è revocata, fermo restando un periodo minimo triennale di applicazione. Anche la revoca è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata.
Per quanto concerne i componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello di applicazione del regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata per effetto delle disposizioni del TUIR, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime.
In caso di esercizio dell'opzione per il regime forfetario, gli enti sono esclusi dagli indicatori sintetici di affidabilità – "ISA" di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.
Si riconosce un credito d'imposta, pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche, ed al 50 per cento se effettuate da soggetti IRES, in favore degli enti del Terzo settore non commerciali, purché abbiano presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata, assegnati ai suddetti enti del Terzo settore.
Si prevede espressamente che alle suddette spese non si applichino:
- le disposizioni generali in tema di detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali al Terzo settore, di cui all'articolo 83 del Codice del Terzo Settore;
- le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge (TUIR).
Il credito d'imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d'impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo.
In materia di imposte indirette si prevedono le seguenti agevolazioni applicabili agli enti del Terzo settore comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società (salvo talune disposizioni):
Si riconoscono benefici fiscali (deduzioni e detrazioni) per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore comprese le cooperative sociali:
Le disposizioni in materia di deduzioni e detrazioni si applicano a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Si esclude la cumulabilità, a fronte delle medesime erogazioni, delle agevolazioni di cui sopra, anche con quelle previste da altre disposizioni di legge (quindi dal TUIR), in capo al soggetto erogante.
Si riconosce una detrazione di importo pari al 19 per cento dei contributi associativi e fino all'importo massimo di 1.300 euro versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano nei settori di cui all'articolo 1 della legge n. 3818 del 1886, al fine di assicurare al socio un sussidio nei casi di malattia, impotenza al lavoro o vecchiaia ovvero un aiuto alle famiglie in caso di decesso.
Ai fini delle imposte sui redditi, le seguenti attività sono considerate non commerciali se svolte dalle organizzazioni di volontariato senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato:
Inoltre, i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato, sono esenti da IRES. Tale disposizione si applica anche agli enti filantropici.
Non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali ed effettuate, verso pagamento di corrispettivi specifici, nei confronti degli iscritti, dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Tale disposizione si applica anche alle società di mutuo soccorso.
Non si considerano attività commerciali, ai fini IRES, le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati ed ai familiari conviventi degli stessi dietro il pagamento di corrispettivi specifici in attuazione di scopi istituzionali. L'articolo 88 del Codice subordina la concessione di tale agevolazione alla disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti de minimis di cui agli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
Si considerano, invece, commerciali, ai fini IRES, le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita; le somministrazioni di pasti; le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore; le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito; le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali. Inoltre, si considerano commerciali le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: (a) gestione di spacci aziendali e di mense; (b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; (c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; (d) pubblicità commerciale; (e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno non si considerano commerciali le attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché:
L'articolo 88 del Codice subordina la concessione di tali agevolazioni alla disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti de minimis di cui agli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Le quote ed i contributi le quote e i contributi corrisposti alle associazioni di promozione sociale non concorrono alla formazione della base imponibile, ai fini dell'imposta sugli intrattenimenti.
Per le associazioni di promozione sociale non sono considerate commerciali le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall'organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
Infine, i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale, da parte delle associazioni di promozione sociale, sono esenti da IRES.
Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare, nel periodo d'imposta precedente, il limite di ricavi di 130.000 euro. L'opzione può essere esercitata nella dichiarazione annuale o, in caso di presunzione della sussistenza dei requisiti (limite di 130.000 euro di ricavi), nella dichiarazione di inizio attività ai fini IVA (di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).
Il reddito imponibile è determinato con l'applicazione all'ammontare dei ricavi percepiti di un coefficiente di redditività pari all'1 per cento (per le organizzazioni di volontariato) e al 3 per cento (per le associazioni di promozione sociale).
Le perdite fiscali realizzate nei periodi di imposta precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito prodotto nei periodi di imposta di applicazione del regime forfetario, secondo le regole ordinarie.
L'opzione per il regime forfetario comporta:
Inoltre, si rende applicabile, ai fini IVA, il seguente regime fiscale:
a) per le operazioni nazionali, il soggetto forfetario non esercita la rivalsa dell'imposta di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (c.d. "decreto IVA");
b) per le cessioni di beni intracomunitarie, trova applicazione la medesima disciplina delle operazioni interne, considerato il richiamo all'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge n. 331 del 1993;
c) per le prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi, si applicano le regole ordinarie (disciplina di cui all'articolo 7-ter e seguenti del decreto IVA);
d) per le importazioni, esportazioni ed operazioni ad esse assimilate, si applicano le ordinarie regole, ferma restando l'impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell'imposta ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera c) e comma 2, del decreto IVA.
In ogni caso, per qualunque operazione posta in essere dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario è escluso il diritto alla detrazione dell'IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto IVA.
Inoltre, tali soggetti forfetari sono esonerati dal versamento dell'IVA e da tutti gli altri adempimenti previsti dal decreto IVA: (i) registrazione delle fatture emesse; (ii) registrazione dei corrispettivi; (iii) registrazione degli acquisti; (iv) tenuta e conservazione dei registri e documenti, ad eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione; (v) dichiarazione annuale IVA. I medesimi soggetti sono, invece, tenuti a numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali e a certificare i corrispettivi.
Con riferimento alle operazioni per le quali risultano debitori dell'IVA (prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti, acquisti intracomunitari, altre operazioni), emettono la fattura o la integrano con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e versano l'imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
L'eventuale passaggio dal regime ordinario al regime forfetario determina la necessità di rettificare, ai sensi dell'articolo 19-bis.2 del decreto IVA, la detrazione assolta a monte, nell'ambito della dichiarazione IVA relativa all'ultimo periodo d'imposta in regime ordinario. Analoga rettifica deve essere effettuata nella dichiarazione IVA del primo periodo d'imposta di applicazione delle regole ordinarie, in caso di passaggio – anche per opzione – dal regime forfetario a quello ordinario.
Nell'ultima liquidazione relativa all'anno in cui l'imposta è applicata nei modi ordinari, deve tenersi conto anche dell'imposta relativa alle operazioni per le quali l'esigibilità non si è ancora verificata (es. IVA liquidata secondo il regime di IVA per cassa).
Inoltre, l'eventuale eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione, presentata dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario, relativa all'ultimo anno in cui l'IVA è applicata nei modi ordinari, può essere chiesta a rimborso, ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Il regime agevolato cessa di avere effetto dall'anno successivo se in corso d'anno: (a) viene meno uno dei requisiti per accedere al regime forfetario; (b) si verifica una delle cause di esclusione dal regime.
Il medesimo articolo 86 riconosce, ai soggetti che applicano il regime forfetario, la possibilità di optare per l'applicazione dell'IVA e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
Per quanto concerne le imposte sui redditi, si prevede che nel caso di passaggio dal regime forfetario a quello ordinario ovvero a quello forfetario disciplinato dall'articolo 80, i ricavi e i compensi che hanno già concorso a formare il reddito nei periodi soggetti al regime forfetario non hanno rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi ancorché di competenza di tali periodi. Allo stesso modo, i componenti di reddito che, ancorché di competenza dei periodi di imposta di vigenza del regime forfetario, non hanno concorso alla formazione del reddito di tali periodi d'imposta (perché non hanno avuto, ad esempio, manifestazione finanziaria), dovranno assumere rilevanza in quelli successivi. Criteri analoghi si applicano in caso di transizione dal regime ordinario, ovvero da quello forfettario di cui all'articolo 80, a quello forfetario di cui al medesimo articolo 86.
In caso di esercizio dell'opzione per il regime forfetario, gli enti sono esclusi dagli indicatori sintetici di affidabilità – "ISA" di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.
Infine, si ricorda che, per espressa previsione normativa, le disposizioni sulla tenuta e conservazione delle scritture contabili di cui all'articolo 87, comma 1, del Codice non trovano applicazione con riguardo agli enti del Terzo settore non commerciali che applicano il regime forfetario di cui all'articolo 86.
Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, di cui all'articolo 79, comma 1, non si rende applicabile il regime forfetario di cui alla legge n. 398 del 1991. Tale regime resta, invece, fruibile solo dalle associazioni sportive dilettantistiche e dalle società sportive dilettantistiche non iscritte al RUNTS.
Inoltre, ai medesimi enti, non si rendono applicabili le seguenti disposizioni del TUIR relative alla determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali:
Le disposizioni di cui agli articoli da 143 a 148 del TUIR continuano comunque ad applicarsi agli enti religiosi civilmente riconosciuti di cui all'articolo 4, comma 3, del Codice, iscritti al RUNTS limitatamente alle attività diverse da quelle elencate nell'articolo 5 e qualora in possesso dei requisiti qualificanti ivi previsti.
Non si rendono, altresì, applicabili le disposizioni concernenti i trasferimenti non soggetti ad imposta sulle successioni e donazioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 346 del 1990. Tuttavia tali disposizioni continuano ad applicarsi ai trasferimenti a titolo gratuito non relativi alle attività di interesse generale eseguite a favore degli enti religiosi civilmente riconosciuti di cui all'articolo 4, comma 3, del Codice, iscritti al RUNTS.
Le disposizioni normative riferite alle Onlus si intendono riferite, in quanto compatibili, agli enti non commerciali del Terzo settore (comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società) di cui all'articolo 82, comma 1, del Codice.
Infatti, in previsione del venir meno della definizione di Onlus dal 1° gennaio 2026, si ricorda che le Onlus esistenti dovranno scegliere, entro il termine del 30 marzo 2026, se diventare enti del Terzo settore mediante iscrizione al RUNTS oppure devolvere il patrimonio accumulato a partire dall'assunzione della qualifica di Onlus.
Al fine di evitare duplicazioni con i benefici fiscali di cui all'articolo 83 del Codice, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali in favore di enti del Terzo settore non commerciali e a cooperative sociali, non si applicano alcune disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi.
Nello specifico, le disposizioni del TUIR delle quali si dispone la non applicazione sono le seguenti:
Seguendo la medesima logica, si riconosce: