tema 13 marzo 2025
Studi - Finanze La fiscalità degli enti territoriali

Il sistema delle entrate degli enti territoriali presenta un quadro articolato in particolare per quanto concerne la fiscalità comunale.

Nel presente tema si dà conto dei principali tributi degli enti territoriali, con particolare riferimento agli interventi effettuati nel corso della XIX legislatura; si rammenta che la fiscalità costituisce una parte delle entrate complessivamente attribuite agli enti territoriali, in parte finanziati da trasferimenti statali.

Come risulta dal Bollettino delle entrate tributarie pubblicato dal MEF-Dipartimento delle finanze, le entrate derivanti dagli enti territoriali del periodo gennaio-dicembre 2024 sono pari a 72.509 milioni di euro, in aumento di 4.784 milioni di euro (+7,1 per cento) rispetto al medesimo periodo del 2023.

In particolare, le entrate derivanti da:

  • addizionale regionale all'IRPEF sono pari a 15.133 milioni di euro (+1.204 milioni di euro, pari a +8,6 per cento rispetto al medesimo periodo del 2023);
  • addizionale comunale all'IRPEF sono pari a 6.087 milioni di euro (+466 milioni di euro, pari a +8,3 per cento rispetto al medesimo periodo del 2023);
  • IRAP risultano pari a 33.142 milioni di euro (+3.089 milioni di euro, pari a +10,3 per cento rispetto al medesimo periodo del 2023);
  • IMU (comprensive anche degli importi derivanti dall'IMIS, imposta immobiliare semplice, applicabile nei comuni della provincia autonoma di Trento) con riferimento alla quota spettante ai comuni, sono pari a 18.103 milioni di euro (+39 milioni di euro, pari a +0,2 per cento rispetto al medesimo periodo del 2023).

Inoltre, dal Bollettino delle entrate tributarie del MEF-Dipartimento delle finanze emerge che le entrate derivanti dagli enti territoriali del mese di gennaio 2025 sono pari a 2.572 milioni di euro, in aumento di 91 milioni di euro (+3,7 per cento) rispetto al mese di gennaio 2024.

Nello specifico, le entrate derivanti da:

  • addizionale regionale all'IRPEF sono pari a 270 milioni di euro (+14 milioni di euro, pari a +5,5 per cento rispetto al mese di gennaio 2024);
  • addizionale comunale all'IRPEF sono pari a 98 milioni di euro (+10 milioni di euro, pari a +11,4 per cento rispetto al mese di gennaio 2024);
  • IRAP risultano pari a 1.902 milioni di euro (+52 milioni di euro, pari a +2,8 per cento rispetto al mese di gennaio 2024);
  • IMU (comprensive anche degli importi derivanti dall'IMIS, imposta immobiliare semplice, applicabile nei comuni della provincia autonoma di Trento) con riferimento alla quota spettante ai comuni, sono pari a 298 milioni di euro (+17 milioni di euro, pari a +6 per cento rispetto al mese di gennaio 2024).

apri tutti i paragrafi

Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario è quello precedente al decreto legislativo n. 68 del 2011 di attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Il regime delineato per la fiscalità regionale ha avuto seguito solo in parte; la sua attuazione è stata rinviata più volte e da ultimo la legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022, art. 1, comma 788) ha fissato la data del 2027, o del 2026, nel caso si dovessero realizzare le condizioni previste dal decreto legislativo n. 118 del 2011 per l'attuazione appunto del federalismo fiscale.

La data del 2027 è coerente con quanto previsto nel PNRR che prevede un'unica milestone-UE per l'attuazione del federalismo fiscale per le regioni a statuto ordinario, da realizzare entro il primo quadrimestre dell'anno 2026 (M1C1-119, nell'ambito della Riforma 1.14, Riforma del quadro fiscale subnazionale). Entro aprile 2026 occorrerà quindi aver definito il quadro normativo di riferimento, per ciò che concerne sia la legislazione primaria sia quella secondaria.

Oltre al PNRR, altri due importanti interventi normativi sono strettamente connessi con l'attuazione del federalismo fiscale regionale:

- la legge di delega fiscale  (legge n. 111 del 2023) specialmente riguardo la progressiva abolizione dell'IRAP e la sostituzione dell'addizionale regionale all'IRPEF con una sovraimposta;

- la legge sull'autonomia differenziata (legge n. 86 del 2024), principalmente in relazione all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP).

Nella Relazione sullo stato di attuazione del PNRR presentata dal Governo al Parlamento il 25 luglio 2024, il Governo espone lo stato di avanzamento della riforma e gli obiettivi intermedi. Nello specifico per quanto riguarda i trasferimenti dallo Stato alle regioni a statuto ordinario da fiscalizzare, la commissione tecnica per i fabbisogni standard ne ha definito l'elenco nel dicembre 2023 e sono attualmente in corso gli incontri tecnici per valutare come dar seguito alla riforma; mentre entro dicembre 2025, è prevista la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei relativi costi e fabbisogni standard per le funzioni fondamentali delle regioni.

Secondo le norme sul federalismo fiscale, a decorrere dal 2027 le fonti di finanziamento delle regioni per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materie della sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per la spesa di parte capitale) dovranno essere costituite da entrate di tipo tributario (opportunamente rimodulate ed eventualmente perequate) ed entrate proprie, vale a dire che dovrebbe essere completamente superato il sistema dei trasferimenti erariali e della perequazione basata sulla spesa storica. Nello specifico l'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011 elenca le entrate che, a decorrere dal 2027, costituiranno le fonti di finanziamento delle regioni in relazione ai LEP: 

  • la compartecipazione all'IVA (art. 4) che, a decorrere dal 2027, verrà determinata non più sulla base della spesa storica, ma parametrata al fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni;
  • l'addizionale regionale all'IRPEF (art. 2) rimodulata, a decorrere dal 2027, in misura tale da garantire al complesso delle regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti al gettito assicurato dall'aliquota di base vigente e ai trasferimenti statali soppressi (con le modalità e nei tempi stabiliti dall'art. 7); l'IRAP, fino alla data della sua sostituzione con altri tributi;
  • le quote del fondo perequativo (art. 4, comma 5) istituito e alimentato, a decorrere dal 2027, dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell'IVA determinata in modo tale da garantire in ogni regione il finanziamento integrale delle spese per l'erogazione dei servizi essenziali nelle materie già viste (sanità, assistenza, istruzione, quota capitale del TPL).

Nell' attuale regime le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario sono costituite dai tributi propri, dalla compartecipazione al gettito dell'IVA, dalle entrate proprie (quelle derivanti da beni, attività economiche della regione e rendite patrimoniali), dai trasferimenti perequativi per i territori con minore capacità fiscale per abitante e, infine, dalle entrate da indebitamento, che sono però riservate a spese di investimento (art. 119, Cost.).
Le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono costituite principalmente dal gettito di IRAP, dall'addizionale IRPEF, dalla cosiddetta tassa automobilistica. Gli altri tributi minori, compresa l' addizionale regionale all'accisa sul gas naturale (ARISGAM) e il tributo speciale il deposito in discarica dei rifiuti costituiscono una piccola parte dell'intero gettito tributario.
Le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte regionale sono limitate. Ciascuna regione può determinare l'aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato e – in alcuni casi – differenziare i soggetti passivi (per scaglioni di reddito per l'addizionale IRPEF, per categorie economiche per l'IRAP).
Ciascuna regione, inoltre, provvede alla disciplina ed alla gestione degli aspetti amministrativi: riscossione, rimborsi, recupero della tassa e l'applicazione delle sanzioni, sempre entro limiti e principi fissati dalla legge dello Stato. In merito all' Irap, si segnala che la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021, art. 1, commi 8-9) esenta da Irap i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni e, conseguentemente, prevede specifiche forme di copertura del mancato gettito Irap in favore delle Regioni e delle Province autonome, mediante l'istituzione di apposito Fondo. 
Altra entrata importante è costituita dalla compartecipazione regionale al gettito dell'IVA, istituita dal decreto legislativo 56 del 2000 e determinata annualmente con DPCM che entra nel meccanismo di perequazione previsto dallo stesso decreto 56, ai fini del finanziamento del servizio sanitario nazionale. Ciascuna regione riceve la quota di compartecipazione all'IVA a seguito delle operazioni di perequazione, e quindi in aumento o in diminuzione rispetto al conteggio iniziale, effettuato peraltro sulla media triennale dei consumi stimati dall'Istat del rispettivo territorio.  La percentuale della compartecipazione regionale al gettito dell'IVA è stata stabilita, da ultimo, in riferimento all'anno 2020, dal DPCM 10 dicembre 2021 nella misura del 70,14 per cento, mentre in relazione alla quota di compartecipazione relativa a ciascuna regione, nella seduta del 3 ottobre 2024 in sede di Conferenza Stato-Regioni è stata sancita l'intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (che non risulta tuttavia ancora pubblicato) recante la determinazione delle quote da assegnare a ciascuna regione (sulle modalità di determinazione della quota assegnata a ciascuna regione si rinvia al Focus: La compartecipazione regionale all'IVA). Poiché alimenta il fondo perequativo per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la compartecipazione all'IVA non può essere considerata propriamente una entrata tributaria, bensì un trasferimento dello Stato.
La parte più cospicua dei trasferimenti dello Stato alle regioni a statuto ordinario è costituita, infatti, dal finanziamento della sanità (il fondo perequativo di cui sopra) e del trasporto pubblico locale. Quest'ultimo finanziato attraverso il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario (dal 2013 al 2017 alimentato, tra l'altro, dal gettito della compartecipazione all'accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione attribuita alle regioni, destinata anch'essa al finanziamento della sanità fino al 2012). Gli altri trasferimenti sono stati via via soppressi nell'ambito del contributo alla finanza pubblica richiesto alle regioni.
Per un esame dettagliato della tipologia e della quantificazione delle entrate delle regioni si rinvia all relazione della Corte dei conti La finanza regionale negli esercizi 2020-2023 (Corte dei conti – Sezione delle autonomie Delibera n. 14/SEZAUT/2024/FRG del 24 luglio 2023, vedi infra).

In questo contesto si inserisce ora la legge delega sulla riforma fiscale che all' articolo 13  reca i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della delega con riferimento ai tributi regionali. In sintesi, nel rispetto dei principi costituzionali e in particolare di quelli attinenti all'autonomia di entrata e di spesa degli enti territoriali (ex articolo 119 Cost.), si delega il Governo a procedere alla revisione delle norme del federalismo fiscale regionale (decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68) che:
  • allo scopo di garantire la cd. fiscalizzazione dei trasferimenti soppressi, rimoduli i meccanismi di intervento, ricorrendo a fonti di finanziamento alternative;
  • attribuisca alle regioni a statuto ordinario le somme a titolo di compartecipazione regionale all'Iva sulla base di specifici criteri, che assicurano l'attuazione del principio di territorialità delle entrate. Tale principio va applicato anche al recupero dell'evasione fiscale;
  • nelle more della ridefinizione della compartecipazione regionale all'Iva, l'aliquota destinata al finanziamento della sanità sia individuata secondo le disposizioni vigenti con D.P.C.M.
Nell'ottica di razionalizzare i tributi regionali, si prevede inoltre di modificare, abrogare ed eventualmente trasformare alcuni tributi propri derivati in tributi propri regionali, ovvero dotati di maggiore autonomia; di semplificare adempimenti e procedimenti tributari, anche attraverso l'eventuale attribuzione alle regioni della facoltà di disciplinarli con proprie leggi.
Con specifico riferimento all' Irap, l'articolo 8 della legge n. 111 del 2023 contiene i principi e criteri direttivi specifici per realizzare il graduale superamento dell'imposta regionale sulle attività produttive. In particolare, tale processo dovrà attuarsi in modo graduale dando priorità alle società di persone e alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni. Per ulteriori approfondimenti si veda il tema web La riforma fiscale.
 

Sul versante delle entrate si segnalano, infine, gli interventi delle leggi di bilancio 2023 e 2024. La legge n. 197 del 2022  interviene in materia di regolazioni finanziarie tra Stato e regioni aventi ad oggetto entrate tributarie regionali; viene disciplinato il recupero da parte dello Stato del maggior gettito della tassa automobilistica (commi 816 e 817) e l'attribuzione alla regione del gettito dell'attività di recupero fiscale riferita all'IRAP e all'addizionale IRPEF (comma 818). La legge n. 213 del 2023 detta norme sul ripiano del disavanzo accertato al 31 dicembre 2021 (commi 455-463) e attribuisce risorse finalizzate agli investimenti (commi 464-469).

ultimo aggiornamento: 13 febbraio 2025
Le caratteristiche generali dell'imposta 

L'imposta regionale sulle attività produttive - IRAP, disciplinata dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è dovuta per l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. 

Non sussiste autonoma organizzazione ai fini dell'imposta nel caso di medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione all'interno di tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l'attività svolta presso le medesime strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo.

L'imposta ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi, è dovuta per periodi di imposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma, determinati secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi ed è riscossa mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità e nei termini stabiliti per le imposte sui redditi. E' previsto il versamento di due acconti (nel corso dell'anno fiscale al quale l'imposta fa riferimento) secondo le disposizioni concernenti l'imposta sui redditi e del saldo.

Ai fini IRES, nonché IRPEF per quanto concerne gli esercenti arti e professioni, è deducibile:
(i) la parte dell'IRAP versata con riguardo alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997, la c.d. "deduzione analitica dell'IRAP" (articolo 2 del decreto legge n. 201 del 2011);
(ii) una quota pari al 10 per cento dell'IRAP versata nel periodo d'imposta riferita all'imposta pagata sugli interessi passivi netti, la c.d. "deduzione forfetaria dell'IRAP" (articolo 6 del decreto-legge n. 185 del 2008).   
Soggetti passivi sono gli esercenti attività d'impresa e lavoro autonomo, operanti in forma associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni ed enti pubblici.

L'IRAP è un tributo proprio derivato, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni, le quali devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale. Il gettito dell'Irap concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

N on sono soggetti passivi dell'imposta: le persone fisiche, gli organismi di investimento collettivo del risparmio ad esclusione delle società di investimento a capitale variabile; i fondi pensione; i gruppi economici di interesse europeo (GEIE);  i soggetti che esercitano una attività agricola (ma  con riferimento all'allevamento di animali e per gli agriturismi la  base imponibile è determinata dalla differenza tra l'ammontare dei corrispettivi e l'ammontare degli acquisti destinati alla produzione).
Con riferimento ai GEIE il  valore della produzione netta del gruppo economico di interesse europeo residente nel territorio dello Stato o di una stabile organizzazione di un gruppo non residente è determinato secondo le disposizioni generali, ed è imputato a ciascun membro nella proporzione prevista dal contratto di gruppo o, in mancanza, in parti uguali. Il valore si considera prodotto, anche nei confronti di membri non residenti, nel territorio della regione in cui il gruppo o la stabile organizzazione ha sede, salvo il caso in cui l'attività sia svolta in più regioni (ipotesi disciplinata dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo).
Sono previsti alcuni regimi agevolati (descritti agli articoli 17 e 18).
Le Regioni e le province autonome possono disporre la riduzione o l'esenzione dall'imposta per gli enti del terzo settore , comprese le cooperative sociali (articolo 82, comma 8 del decreto legislativo n.117 del 2017).
 
La legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 234 del 2021) dal 2022 esenta da IRAP i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni. Sono previste specifiche forme di copertura del mancato gettito Irap in favore delle Regioni e delle Province autonome, mediante l'istituzione di apposito Fondo.
La legge delega per la riforma fiscale (articolo 8 della legge n. 111 del 2023) stabilisce principi e criteri direttivi specifici volti a realizzare il graduale superamento dell'imposta. In particolare, tale processo dovrà attuarsi in modo graduale dando priorità alle società di persone e alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni.

Determinazione base imponibile IRAP per società di capitali ed enti commerciali

L'IRAP si applica sul valore della produzione netta derivante dall'attività esercitata nel territorio della regione (viene inoltre disciplinata l'ipotesi in cui l'attività sia svolta in più regioni) ed è dovuta alla regione nel cui territorio il valore della produzione netta è realizzato.

La base imponibile IRAP delle società di capitali è determinata con modalità differenti, a seconda del tipo di attività esercitata.

a) il valore della produzione netta delle società industriali è determinato come differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere da A) e B) dell'articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9) costo del personale, 10) lett. c) e d) svalutazione delle immobilizzazioni e svalutazione crediti attivo circolante, 12) accantonamenti per rischi e 13) altri accantonamenti del conto economico (articolo 5 decreto legislativo n. 446 del 1997). 

b) il valore della produzione netta delle banche e degli intermediari finanziari è determinato come somma algebrica delle seguenti voci: (a) margine di intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi, (b) 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale, (c) 90 per cento delle altre spese amministrative e (c-bis) rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo (articolo 6, comma 1 decreto legislativo n. 446 del 1997);

c)   il valore della produzione netta delle società di intermediazione mobiliare (SIM)  è determinato come differenza tra la somma degli interessi attivi e proventi assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni attive riferite ai servizi prestati dall'intermediario e la somma degli interessi passivi e oneri assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni passive riferite ai servizi prestati dall'intermediario, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 2 decreto legislativo n. 446 del 1997);

d)  il valore della produzione netta delle società di gestione dei fondi comuni di investimento (SGR)  è determinato come differenza tra le commissioni attive e passive, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 3 decreto legislativo n. 446 del 1997);

e)  il valore della produzione netta delle società di investimento a capitale variabile (SICAV)  è determinato come differenza tra le commissioni di sottoscrizione e le commissioni passive dovute a soggetti collocatori, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 4);

f) il valore della produzione netta delle società di partecipazione non finanziaria e assimilati è determinato aggiungendo al risultato derivante dall'applicazione dell'articolo 5 la differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati ed il 96 per cento degli interessi passivi e oneri assimilati (articolo 6, comma 9 decreto legislativo n. 446 del 1997);

g) il valore della produzione netta delle imprese di assicurazione è determinato apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni (voce 29) e del conto tecnico dei rami vita (voce 80) del conto economico le seguenti variazioni: (a) 90 per cento ammortamenti beni strumentali, ovunque classificati, e 90 per cento altre spese amministrative (voci 24 e 70), (b) 50 per cento dividendi (voce 33) e (b-bis) le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo (articolo 7 decreto legislativo n. 446 del 1997).

Gli articoli sopra richiamati prevedono espressamente delle voci di costo indeducibili e particolari modalità di deduzione di taluni costi (ad esempio, il costo sostenuto per l'acquisizione di marchi d'impresa e avviamento è deducibile in misura non superiore ad un diciottesimo del costo, indipendentemente dall'imputazione al conto economico). Il costo del personale assunto a tempo indeterminato è deducibile ai sensi dell'articolo 11 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997.

In linea generale, nella determinazione della base imponibile IRAP delle società di capitali, indipendentemente dal settore di attività svolta, assumono rilevanza i seguenti principi:

a) Principio di derivazione (o presa diretta) dal bilancio

La base imponibile IRAP (valore della produzione netta) è determinata considerando le voci del conto economico di bilancio espressamente richiamate dalla norma di riferimento. 

b) Principio di correlazione   

I componenti positivi e negativi classificati in voci del conto economico diverse da quelle ricomprese nella base contabile IRAP (voci c.d. "fuori base") concorrono alla formazione della base imponibile IRAP nella stessa misura dei componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta precedenti o successivi a cui sono correlati.

c) Principio di inerenza 

Concorrono alla formazione della base imponibile solo i ricavi e costi inerenti all'esercizio dell'attività d'impresa.

Per quanto riguarda enti non commerciali ed amministrazioni pubbliche il valore della produzione è determinato in base alle retribuzioni del personale con alcune specificità indicate agli articoli 10 e 10-bis.

Aliquote d'imposta
L'imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l'aliquota del 3,90 per cento.
Per gli enti e le amministrazioni pubbliche (ivi compresi gli organi costituzionali),  relativamente al valore prodotto nell'esercizio di attività non commerciali si applica l'aliquota dell'8,5 per cento;
Per le società di capitali che esercitano attività di imprese concessionarie diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e trafori, si applica l'aliquota del 4,2 per cento;
Per le   banche e di altri enti e società finanziari si applica l'aliquota del 4,65 per cento;
Per le imprese di assicurazione si applica l'aliquota del 5,9 per cento.
Le regioni hanno facoltà di ridurre fino al totale azzeramento l'imposta, nel rispetto della normativa e degli orientamenti giurisprudenziali dell'Unione europea,  nonché di variare le aliquote sopra indicate (ad eccezione di quelle applicate agli enti e alle amministrazioni pubbliche) fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. La riduzione dell'IRAP non è consentita se la regione ha aumentato l'addizionale regionale all'IRPEF di più dello 0,5%.
A questo link si possono ricercare le aliquote applicabili ai vari soggetti d'imposta nelle regioni italiane e nelle province autonome, per anno d'imposta.
ultimo aggiornamento: 2 marzo 2025

L'addizionale regionale all'IRPEF è stata istituita dal decreto legislativo n. 446 del 1997 (articolo 50).

L'addizionale regionale è dovuta dai soggetti passivi IRPEF ed è determinata applicando l'aliquota, fissata dalla regione in cui il contribuente ha la residenza, al reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale imposta. L'addizionale regionale è dovuta se per lo stesso anno anche l'IRPEF risulta dovuta, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e del credito di imposta per gli utili distribuiti da società ed enti e per i redditi prodotti all'estero. L'imposta non è deducibile da alcuna imposta, tassa o contributo.

Ciascuna regione a statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF di base

Tale maggiorazione non può essere superiore a 2,1 punti percentuali.

Le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano possono tuttavia maggiorare l'aliquota base sino ad un massimo di 0,5 punti percentuali, se abbiano ridotto l'aliquota IRAP.

L'aliquota di base è pari a 1,23 per cento sino alla rideterminazione che sarà effettuata ai sensi dell'articolo 2, comma 1, primo periodo   del decreto legislativo n. 68 del 2011.
Si ricorda che, ai sensi del sopra citato articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 68 del 2011, come modificato dall'articolo 1, comma 788, lettera a), della legge di bilancio 2023, a decorrere dall'anno 2027 o da un anno antecedente ove ricorrano le condizioni di cui al decreto medesimo, con riferimento all'anno di imposta precedente, l'addizionale regionale all'IRPEF è rideterminata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica competenti per i profili di carattere finanziario.

Sono esentati dal prelievo dell'addizionale regionale:

  • i soggetti passivi IRES;
  • i soggetti titolari esclusivamente di redditi esenti dall'IRPEF ovvero soggetti a imposta sostitutiva o tassazione separata.

A questo link si possono ricercare le aliquote applicabili nelle regioni italiane e nelle province autonome, per anno d'imposta.

Le misure dirette introdotte nel corso della XIX legislatura

L'articolo 3 del decreto legislativo n. 216 del 2023 ha previsto il differimento al 15 aprile 2024 del termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui l'addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 ai fini della modifica degli scaglioni e delle aliquote applicabili per l'anno di imposta 2024. E' stato, altresì, differito al 15 maggio 2024 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 gennaio dell'anno a cui l'addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, quarto periodo, del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, entro cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono alla trasmissione dei dati rilevanti per la determinazione dell'addizionale regionale all'IRPEF prevista ai fini della pubblicazione sul sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 360 del 1998.

Da ultimo, la legge di bilancio 2025 (articolo 1, commi 726-729), al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale regionale all'IRPEF con la nuova articolazione degli scaglioni, già prevista per l'anno 2024 e resa strutturale a decorrere dal 2025 dalla medesima legge di bilancio, ha differito al 15 aprile 2025 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui l'addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 per modificare gli scaglioni e le aliquote applicabili per l'anno di imposta 2025. E' stato, altresì, disposto che, nelle more del riordino della fiscalità degli enti territoriali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per i soli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, aliquote differenziate dell'addizionale regionale all'IRPEF sulla base degli scaglioni di reddito previsti dall'articolo 11, comma 1, del  TUIR vigenti fino al 1° gennaio 2025. Per il solo anno di imposta 2025, il termine per approvare gli scaglioni di reddito e le aliquote di cui al primo periodo è fissato al 15 aprile 2025.

ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2025

Nel corso della XIX legislatura, la fiscalità degli enti territoriali (comuni, città metropolitane e province) è oggetto di un'attività riformatrice.

Con la legge n. 111 del 2023 (Delega al governo per la riforma fiscale) è stato infatti avviato il processo di attuazione della riforma fiscale, delegando al Governo, attraverso i decreti legislativi, una profonda revisione del sistema tributario e della relativa disciplina, ivi compresa l'autonomia tributaria degli enti locali.

Nello specifico, l'articolo 14 della citata legge reca i principi e criteri direttivi della delega:

  • mantenere il principio della progressività fiscale e, in ogni caso, escludere la doppia imposizione tra Stato ed enti locali, fatte salve le addizionali degli enti sui tributi statali;
  • consolidamento dell'autonomia finanziaria nell'ambito della potestà regolamentare degli enti locali in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
  • assicurare la piena attuazione del federalismo fiscale, mediante il potenziamento dell'autonomia finanziaria, garantendo tributi propri, compartecipazioni a tributi erariali e meccanismi di perequazione, in grado di assicurare l'integrale finanziamento delle funzioni fondamentali attribuite, nonché di superare le differenze territoriali per gli enti locali con minore capacità fiscale, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
  • modernizzare, al fine di ridurre i fenomeni di evasione ed elusione fiscale e aumentare la capacità fiscale degli enti locali, il sistema di rilevazione dei dati prevedendo strumenti idonei a facilitare la circolazione delle informazioni per accelerare l'aggiornamento sistematico degli elementi informativi mancanti;
  • razionalizzare e riordinare i singoli tributi locali, salvaguardandone la manovrabilità a garanzia del mantenimento della dimensione complessiva dei gettiti e degli equilibri di bilancio;
  • attribuire agli enti locali la facoltà di prevedere direttamente, in virtù dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all'articolo 119 della Costituzione, tipologie di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali, in materia di entrate di spettanza degli enti locali, attraverso l'esercizio della potestà regolamentare di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
  • razionalizzare le entrate anche di carattere patrimoniale, prevedendo l'eliminazione di quelle che hanno elevati costi di adempimento per i contribuenti a fronte di un gettito trascurabile per gli enti locali e assicurando le opportune compensazioni di gettito;
  • prevedere per le province e per le città metropolitane un tributo proprio, destinato ad assicurare l'esercizio delle funzioni fondamentali, con adeguata manovrabilità, una compartecipazione a un tributo erariale di carattere generale, anche in sostituzione di tributi attualmente esistenti, nonché un fondo perequativo ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione.
ultimo aggiornamento: 6 marzo 2025

Il sistema della fiscalità comunale poggia sulle seguenti imposte, per l'analisi delle quali si rinvia ai rispettivi paragrafi:

  • l'imposta municipale propria-IMU nella quale è confluita la Tasi;
  • la tassa sui rifiuti-Tari;
  • l'addizionale comunale all'IRPEF;

A queste si aggiungono, oltre ai trasferimenti non fiscalizzati e alle entrate a titolo di Fondo di solidarietà comunale, le seguenti ulteriori entrate locali:

  • l'addizionale comunale sui diritti di imbarco.
  • l'imposta di soggiorno (o il contributo di sbarco);
  • l'imposta di scopo - ISCOP;
  • il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (che ha sostituito la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche-TOSAP, il canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche-COSAP, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni-ICPDPA, il canone per l'installazione di mezzi pubblicitari-CIMP e il canone di cui all'articolo 27 del codice della strada);
  • il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate.

Con riferimento alla riscossione degli enti locali si rinvia al tema sull'accertamento e sulla riscossione dei tributi e al relativo focus.

ultimo aggiornamento: 13 marzo 2025

L'addizionale comunale all'IRPEF viene istituita dai comuni ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998, che ne stabilisce l'aliquota in misura non superiore allo 0,8 per cento, salvo le deroghe espressamente previste dalla legge (ad esempio, Roma Capitale, a decorrere dall'anno 2011, può stabilire un'aliquota fino allo 0,9 per cento).

L'addizionale è dovuta al comune nel quale il contribuente, al 1° gennaio dell'anno di riferimento del pagamento dell'addizionale medesima, ha il domicilio fiscale.

L'imposta è calcolata applicando al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili, l'aliquota stabilita dal comune ed è dovuta solo nel caso in cui, per lo stesso anno, risulta dovuta l'IRPEF stessa, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e del credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero.

A questo link si possono ricercare le aliquote applicabili nei comuni italiani per anno d'imposta.

Le misure dirette introdotte nel corso della XIX legislatura

Parallelamente a quanto disposto per l'addizionale regionale all'IRPEF, il decreto legislativo 216 del 2023, al fine di garantire la coerenza degli scaglioni dell'addizionale comunale all'IRPEF con i nuovi scaglioni dell'IRPEF, stabiliti sempre per il 2024, ha disposto che i comuni per l'anno 2024, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, modifichino, con propria delibera, gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale al fine di conformarsi alla nuova articolazione prevista per l'IRPEF.

Per quanto concerne l'addizionale comunale all'IRPEF, sempre la legge di bilancio 2025 (articolo 1, commi 750-752) ha previsto, al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale comunale all'IRPEF con la nuova articolazione degli scaglioni di reddito dell'IRPEF, che i comuni per l'anno 2025 modifichino, con propria delibera, entro il 15 aprile 2025, gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale.

Peraltro, nelle more del riordino della fiscalità degli enti territoriali, anche i comuni possono determinare, per i soli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, aliquote differenziate dell'addizionale all'IRPEF sulla base degli scaglioni di reddito previsti dall'articolo 11, comma 1, del TUIR, vigenti fino al 1° gennaio 2025. Per il solo anno di imposta 2025, il termine per approvare gli scaglioni di reddito e le aliquote di cui al primo periodo è fissato al 15 aprile 2025.

Qualora i comuni non adottino la delibera di cui sopra o non la trasmettano entro il termine stabilito ex lege, per gli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, l'addizionale comunale si applica sulla base degli scaglioni di reddito e delle aliquote già vigenti in ciascun ente nell'anno precedente a quello di riferimento.

ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2025

L'imposta municipale propria (IMU) è l'imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L'IMU è stata introdotta, a partire dall'anno 2012, sulla base dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, in sostituzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI). Dal 2014 al 2019 l'IMU è stata disciplinata dalla legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) quale imposta facente parte, insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI), dell'imposta unica comunale (IUC). Successivamente, la legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha abolito, a decorrere dall'anno 2020, la IUC e – tra i tributi che ne facevano parte – la TASI. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire la TARI e l'IMU, quest'ultima nuovamente disciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019 (articolo 1, commi da 738 a 783 della legge n. 160 del 2019). 

Il presupposto dell'imposta è rappresentato dal possesso di:

  • fabbricati, esclusa l'abitazione principale (salvo che si tratti di un'unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9);
  • aree fabbricabili;
  • terreni agricoli.

L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso.

Per gli immobili classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (immobili di pregio) ad abitazione principale l'aliquota di base e per le relative pertinenze è pari allo 0,5 per cento e il comune, con deliberazione del consiglio comunale, può aumentarla di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all'azzeramento. Dall'imposta si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione.

Il soggetto attivo dell'imposta è il comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul territorio del comune stesso.

I soggetti passivi dell'imposta sono:

  • proprietario dell'immobile;
  • titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull'immobile;
  • genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice;
  • concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;
  • locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

La base imponibile dell'imposta è costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1°gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento alcuni moltiplicatori (per gli immobili ordinariamente accatastate come abitazioni, appartenenti al gruppo A, il moltiplicatore è 160).

  A tale proposito si ricorda che il catasto italiano, inventario dei beni immobili presenti nel territorio nazionale contiene i dati costitutivi della base imponibile di diversi tributi immobiliari (ad esempio IMU, IRPEF, per quanto riguarda il computo dei redditi da terreni e fabbricati, ecc.).Esso è stato realizzato attraverso la costituzione di due successivi distinti sub-sistemi: il primo - denominato Catasto Terreni - comprendente l'elenco di tutti i terreni di natura agricola ovvero comunque inedificati, il secondo – denominato Catasto Edilizio Urbano - costituito dalle costruzioni di natura civile, industriale e commerciale. Per un'analisi comparata dei sistemi di valutazione immobiliare a fini fiscali, si veda il documento dell'Agenzia delle entrate: Analisi comparata tra i  sistemi catastali in Europa. 

L'aliquota è stabilita ex lege, per ciascuna fattispecie, in una misura standard che può essere modificata dal comune, in aumento o in diminuzione, entro i margini di manovrabilità stabiliti dalla stessa legge.

Per gli immobili diversi dall'abitazione principale, la quale, come detto, non costituisce presupposto d'imposta, l'aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, sostanzialmente la somma delle precedenti IMU e TASI, e può essere aumentata con deliberazione del consiglio comunale, sino all'1,06 per cento o diminuita fino all'azzeramento.

 Per quanto riguarda i fabbricati rurali ad uso strumentale l'aliquota è dello 0,1 per cento e i comuni possono solo ridurla fino all'azzeramento; i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall'IMU; per i terreni agricoli è pari allo 0,76 per cento e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all'1,06 per cento o diminuirla fino all'azzeramento; per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D l'aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, di cui la quota pari allo 0,76 per cento è riservata allo Stato, e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all'1,06 per cento o diminuirla fino al limite dello 0,76 per cento.

Quanto alle modalità e ai termini di pagamento i soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in un'unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Il versamento della prima rata è pari all'imposta dovuta per il primo semestre applicando l'aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell'anno precedente. Sono state introdotte modalità telematiche di pagamento.

La legge n. 160 del 2019, tra le principali innovazioni:
  • ha concesso di dedurre completamente l'IMU sugli immobili strumentali già dal 2022, rimodulando le deduzioni per gli anni 2020 e 2021 (rispettivamente pari al 60 per cento)
  • ha precisato che il diritto di abitazione assegnata al genitore affidatario è considerato un diritto reale ai soli fini dell'IMU;
  • ha chiarito gli effetti tributari delle variazioni di rendita catastale (quelle intervenute in corso d'anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato), producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo;
  • ha precisato il valore delle aree fabbricabili (è quello venale al 1° gennaio ovvero dall'adozione degli strumenti urbanistici in caso di variazione in corso d'anno);
  • ha consentito ai comuni di affidare, fino alla scadenza del contratto, la gestione dell'IMU ai soggetti ai quali, al 31 dicembre 2019, era affidato il servizio di gestione della vecchia IMU o della TASI. 
La medesima disposizione aveva inoltre eliminato la possibilità di avere due abitazioni principali, una nel comune di residenza di ciascun coniuge, ma tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza 209/2022 della Corte costituzionale. 
In particolare la Corte Costituzionale, con la citata sentenza, ha dichiarato illegittimo l'articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 nella parte in cui si riferisce al nucleo familiare, ritenendolo in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. L'illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell'articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall'articolo 5-decies del Dl 146/2021). 
La legge di bilancio 2021 ha introdotto una modifica operante a regime che prevede la riduzione a metà dell'IMU dovuta sull'unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia. Per tali immobili la TARI o l'equivalente tariffa è applicata nella misura di due terzi (commi 48-49) .
Simile all'IMU nella struttura e nei lineamenti fondamentali è l'IVIE, istituita dal decreto-legge n. 201 del 2011, che grava sugli immobili siti all'estero (si veda l'apposito paragrafo del Tema concernente la tassazione immobiliare).

Le misure riguardanti l'IMU nella XIX legislatura

Il decreto-legge aiuti-quater (articolo 12, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 176 del 2022) ha esentato dal pagamento della seconda rata dell'IMU 2022 gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate. 

Con il decreto proroga termini 2022 (n. 198 del 2022) sono stati prorogati al 30 giugno 2023 i termini della presentazione della dichiarazione IMU 2021 (articolo 3, comma 1). 

La legge di bilancio 2023 prevede l'esenzione dal pagamento dell'IMU gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di violazione di domicilio e invasione di terreni o edifici (rispettivamente articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale) o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Il medesimo provvedimento (commi 834-835) modifica la disciplina dell'IMU al fine di prevedere che per la regione autonoma Friuli Venezia-Giulia si applichi, a decorrere dal 1° gennaio 2023, la legge regionale 14 novembre 2022, n. 17, riguardante l'imposta locale immobiliare autonoma (ILIA) e che, analogamente all'IMU, all'IMI e all'IMIS delle Province autonome, l'ILIA dovuta per gli immobili strumentali sia deducibile dal reddito di impresa e dal reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022.

Il comma 560 della legge di bilancio 2024 prevede una esenzione dell'IMU per i fabbricati ad uso abitativo ubicati nel territorio del Comune di Umbertide, colpito dagli eventi sismici del 9 marzo 2023.

Sempre la legge di bilancio 2023 incide inoltre (comma 837) sulla disciplina dei poteri dei comuni in materia di IMU, contenuta nella legge di bilancio 2020.

La norma affidava a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, la possibilità di modificare o integrare le fattispecie per cui i comuni possono diversificare le aliquote IMU.

Inoltre si interviene sugli adempimenti relativi ad aliquote e regolamenti IMU da parte dei Comuni: a decorrere dal primo anno di applicazione obbligatoria del prospetto delle aliquote (da inserire nel Portale del federalismo fiscale entro specifici termini di legge, al fine di trovare applicazione nell'anno di riferimento), in mancanza di una delibera approvata e pubblicata nei termini di legge, si applicano le aliquote di base IMU e non quelle vigenti nell'anno precedente. 

Successivamente, tali fattispecie sono state individuate con decreto del Vice Ministro dell'economia e delle finanze del 7 luglio 2023 che prevede l'obbligo di utilizzare l'applicazione informatica per l'approvazione del Prospetto delle aliquote dell'IMU a decorrere dall'anno di imposta 2024.

I comuni anche nel caso in cui non intendano diversificare le aliquote, devono redigere la delibera di approvazione delle stesse accedendo all'applicazione informatica disponibile nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale che consente, previa selezione delle fattispecie di interesse, di elaborare il Prospetto delle aliquote che forma parte integrante della delibera stessa. La delibera approvata senza il prospetto non è idonea a produrre gli effetti.

Con l'articolo 6-ter, comma 1, del decreto legge 132 del 2023, il termine dell'obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote dell'IMU tramite l'elaborazione del Prospetto, utilizzando l'applicazione informatica messa a disposizione sul portale del Ministero dell'economia e delle finanze viene prorogato a decorre dall'anno di imposta 2025.

Con riferimento ai termini per l'approvazione delle delibere relative alle aliquote IMU per l'anno 2024 l'articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023)  ha consentito, anche per il 2024 (oltre che per il 2023) di considerare tempestive le delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote e delle tariffe concernenti i tributi comunali diversi dall'imposta di soggiorno, dall'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), purché inserite nel portale federalismo fiscale entro il 30 novembre di ciascuno dei due anni e pubblicate, ai fini dell'acquisizione della loro efficacia, entro il 15 gennaio 2024 per l'anno 2023 e il 7 febbraio 2025 per l'anno 2024.

La legge di bilancio 2020 prevede l'obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote IMU previa elaborazione di un prospetto informatizzato che forma parte integrante dell'atto: tale obbligo è destinato a entrare in vigore solo a seguito dell'adozione dell'apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che individua le fattispecie per le quali i comuni possono diversificare le aliquote dell'IMU e, quindi, che consente di elaborare il prospetto in questione (per maggiori chiarimenti si veda sul punto la Risoluzione n. 1/DF del 18 febbraio 2020).Al fine di acquisire efficacia, i regolamenti e le delibere devono poi essere pubblicati sul sito internet  del dipartimento delle finanze. Essi sono applicabili per l'anno cui si riferiscono – e dunque dal 1° gennaio dell'anno medesimo – a condizione che tale pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dello stesso anno. Allo scopo di consentire al MEF di provvedere alla pubblicazione entro il termine del 28 ottobre di ciascun anno, gli atti devono essere trasmessi entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno. La trasmissione può avvenire esclusivamente in via telematica.

Il comma 71 della legge di bilancio 2024 contiene una norma interpretativa dell'articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160 che prevede che sono esenti dall'imposta municipale propria (IMU), per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili posseduti e utilizzati da enti pubblici e privati diversi dalle società, trust (che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale) nonché organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato, purché destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, di religione o di culto.

La norma introdotta dalla legge di bilancio 2024 stabilisce che la predetta disposizione si interpreta nel senso che:

1) gli immobili si intendono "posseduti" anche nel caso in cui siano concessi in comodato a un ente pubblico o privato diverso dalle società, a un trust (che non abbia per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale) nonché a un organismo di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato, a condizione che il comodatario svolga nell'immobile - con modalità non commerciali - esclusivamente attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, di religione o di culto e che sia funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente;

2) gli immobili si intendono "utilizzati" quando strumentali alle destinazioni indicate nel punto 1), anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.

La legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 779), con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che per maggior gettito accertato e riscosso relativo agli accertamenti IMU e TARI deve intendersi l'ammontare complessivamente incassato a seguito dell'attività di recupero tributario posta in essere dal comune, nelle varie modalità in cui tale attività può realizzarsi, che genera un aumento di risorse disponibili nel bilancio comunale rispetto all'adempimento spontaneo del contribuente.

A tal proposito, l'articolo 1, comma 1091, primo periodo, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) consente ai comuni che hanno approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini di legge, di prevedere, con proprio regolamento, che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell'IMU e della TARI, nell'esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento, sia destinato, limitatamente all'anno di riferimento, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente, anche di qualifica dirigenziale, in deroga al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 (che prevede, quale limite massimo non superabile, il corrispondente importo determinato per l'anno 2016).

Per adempimento spontaneo si intende, invece, il versamento dell'IMU e della TARI effettuato dal contribuente alle scadenze di legge e regolamentari, non indotto da azioni dell'amministrazione comunale. Devono pertanto essere computate tutte le entrate effettivamente incassate nell'anno di riferimento, in conto competenza e in conto residui, risultanti dal conto consuntivo approvato. 

Per quanto riguarda i pagamenti la legge di bilancio 2024 (con riferimento all'anno 2023) e il decreto-legge n.202 del 2024 (per quanto riguarda gli adempimenti relativi all'anno 2025) dispone che l'eventuale differenza positiva tra l'IMU, calcolata sulla base delle delibere (entro il 15 gennaio 2024 per l'anno 2023 e al 7 febbraio 2025 per l'anno 2024) e quella versata entro il 18 dicembre 2023 ed entro il 16 dicembre 2024 è dovuta senza applicazione di sanzioni e interessi entro il 29 febbraio 2024 per l'anno 2023 ed entro il 28 febbraio 2025 per l'anno 2024 (il testo vigente fa invece riferimento al solo 29 febbraio 2024 in quanto riferito soltanto all'anno 2023). Nel caso in cui emerga una differenza negativa, il rimborso è dovuto secondo le regole ordinarie.

Regime IMU per enti religiosi e non profit 

Per quanto concerne l'IMU, l'articolo 1, comma 759, della legge n. 160 del 2019 prevede l'esenzione dall'imposta dei seguenti beni immobili:

  • fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze;
  • fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli da 13 a 16 del Trattato tra la Santa Sede e l'Italia;
  • immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché all'attività di religione o di culto.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 222 del 1985, si considerano attività di religione o di culto, agli effetti delle leggi civili, quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana.

Si ricorda, altresì, che l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 131 del 2024 disciplina, ai fini dell'applicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 6 novembre 2018 e delle decisioni della Commissione europea del 19 dicembre 2012 e del 3 marzo 2023, la procedura di recupero dell'aiuto fruito negli anni dal 2006 al 2011 in relazione all'esenzione dell'ICI prevista a favore degli enti non commerciali.

In particolare, i soggetti passivi che hanno presentato la dichiarazione IMU e TASI per gli enti non commerciali in almeno una delle annualità 2012 e 2013, con imposta a debito superiore a 50 mila euro annui, o che, indipendente da quanto dichiarato, siano stati chiamati a versare un importo superiore a 50 mila euro annui, sono tenuti alla trasmissione della dichiarazione ai fini del recupero dell'ICI riferita al periodo dal 2006 al 2011.

La disposizione in esame è finalizzata a dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 2018 e alla conseguente Decisione della Commissione europea del 2023 che impongono all'Italia il recupero dell'ICI non versata con riferimento alle annualità dal 2006 al 2011.

Con la Decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, la Commissione ha dichiarato che l'esenzione concessa, nel regime dell'ICI, agli enti non commerciali che svolgevano, negli immobili in loro possesso, attività specifiche costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno e illecitamente posto in essere dalla Repubblica italiana, in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Nello specifico, secondo la Commissione, le nuove norme sull'IMU, che esprimono in modo chiaro che l'esenzione può essere garantita soltanto se non vengono svolte attività economiche, non sono incompatibili con i principi europei concernenti la definizione di attività di natura non economica ai fini dell'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato. Infatti, a seguito della nuova formulazione delle disposizioni oggi vigenti, non sono più possibili le situazioni ibride create dalla previgente normativa ICI, in base alla quale, in alcuni immobili che beneficiavano di esenzioni fiscali, si svolgevano attività di natura commerciale.

Successivamente, la Commissione europea nella Decisione 2023/2103/UE, del 3 dicembre 2023, ha stabilito che l'aiuto di Stato sotto forma di esenzione dall'imposta comunale (ICI) sugli immobili concessa agli enti non commerciali che svolgevano negli immobili esclusivamente le attività elencate all'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992 illecitamente posto in essere dall'Italia in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato interno. 

Ai sensi degli articoli 84 e 85 del Codice del Terzo settore, i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società.

Sempre con riferimento ai redditi derivanti dai beni immobili (redditi fondiari), l'articolo 36, comma 3, del TUIR dispone che non si considerano produttive di reddito, se non sono oggetto di locazione, le unità immobiliari destinate esclusivamente all'esercizio del culto, compresi i monasteri di clausura, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione e le loro pertinenze.

ultimo aggiornamento: 14 marzo 2025

La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare - mediante copertura integrale dei costi - il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. In via transitoria, la superficie delle unità immobiliari assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.

I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.

La TARI è stata introdotta dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 per sostituire il precedente tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2). La legge di bilancio per il 2020, nel ridisciplinare l'imposizione immobiliare locale, ha fatto salve la TARI e la relativa disciplina. 

Per la determinazione della tariffa sono stati applicati i criteri determinati con DPR 158 del 1999 (cd. metodo normalizzato) ovvero, in via transitoria, è stato consentito ai comuni di commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.

Entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione il consiglio comunale deve approvare le tariffe in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio.

Il decreto legge n. 124 del 2019 ha prorogato fino a diversa regolamentazione disposta dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) tale modalità di commisurazione della tariffa sulla base del criterio medio-ordinario (in luogo dell'effettiva quantità di rifiuti prodotti). Il provvedimento ha disposto l'accesso a condizioni tariffarie agevolate alla fornitura del servizio di gestione integrato dei rifiuti urbani e assimilati per gli utenti domestici che si trovino in condizioni economico-sociali disagiate.

La legge di bilancio 2018 (legge 205 del 2017, comma 527) ha affidato ad Arera il compito di regolare il settore dei rifiuti, con riguardo al miglioramento del servizio agli utenti, all'omogeneità tra le aree del Paese, alla valutazione dei rapporti costo-qualità e all'adeguamento infrastrutturale.

Con delibera 31 ottobre 2019 443/2019/R/rif, è stato definito il nuovo metodo tariffario del servizio integrato di gestione dei rifiuti, e,  in seguito, con la deliberazione del 3 agosto 2021, n. 363, aggiornata dalla deliberazione del 3 agosto 2023 n. 389 (qui il link al testo aggiornato), è stato definito il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025. Il nuovo Metodo prevede l'uso del fabbisogno standard di cui all'art. 1, comma 653, della legge n. 147 del 2013 come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

La determinazione delle componenti tariffarie è effettuata in conformità al predetto metodo Tariffario, di cui all'Allegato A della delibera 31 ottobre 2019 443/2019/R/rif.

 Il comma 5-quinquies dell'articolo 3 del D.L. 228/2021 prevede che, a decorrere dal 2022, i comuni, in deroga alla disciplina vigente, possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il termine del 30 aprile di ciascun anno.

L'articolo 43, comma 11, del D.L. 50/2022, prevede che, qualora il termine di deliberazione del bilancio di previsione del comune venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell'anno di riferimento, il termine per l'approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei regolamenti della TARI, nonché della tariffa corrispettiva, coincida con quello per la deliberazione del bilancio di previsione. Qualora l'approvazione o la modifica di provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva intervengano dopo l'approvazione del proprio bilancio di previsione, si dispone che il comune provveda ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.

Per approfondimenti si veda la sintesi della disciplina del tributo sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze.

ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2025

I diritti aeroportuali sono costituiti dal diritto di approdo e di partenza degli aeromobili, dal diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto di aeromobili e dal diritto per l'imbarco passeggeri, che i vettori pagano ai gestori aeroportuali, rivalendosene sul prezzo del biglietto nei confronti dei passeggeri.

L'importo dei diritti in tutti gli aeroporti aperti al traffico commerciale deve essere determinato, in base alla normativa europea (direttiva 2009/12/CE), in un quadro di libera concorrenza, attraverso il confronto fra gestori e le compagnie operanti nello scalo, sulla base dei modelli tariffari adottati dall'Autorità dei Trasporti e calibrati sul traffico annuo aeroportuale.

In questo quadro è stata istituita, dall'articolo 2, comma 11 della legge n. 350 del 2003, l'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri, fissata inizialmente nella misura di 1 euro a passeggero imbarcato e successivamente incrementata, con specifica destinazione delle relative somme, nelle misure di seguito indicate, con una serie di interventi legislativi:

  • 1 euro a passeggero dal decreto-legge n. 7 del 2005, successivamente elevato a 3 euro a passeggero dal decreto-legge n. 134 del 2008;
  • 50 centesimi di euro a passeggero a decorrere dall'anno 2007, destinati a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti;
  • 2 euro a passeggero imbarcato a decorrere dal 1° luglio 2013 (articolo 4, comma 75, della legge n. 92 del 2012), con specifica destinazione di tali somme all'INPS, con versamento da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco e con la previsione che il versamento da parte delle compagnie aeree avvenga entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l'obbligo (art. 2, comma 48, lett. b), della legge n. 92 del 2012).

La legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 745) ha incrementato, a decorrere dal 1° aprile 2025, di 50 centesimi di euro l'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri per i voli extra UE con partenza da aeroporti con traffico, nell'anno precedente, superiore a 10 milioni di passeggeri annui.

Inoltre, è stato previsto che:

  • l'incremento dell'addizionale sia destinato ai comuni nel cui territorio è situato il sedime aeroportuale, ovvero alla provincia o alla città metropolitana se la popolazione dei comuni è inferiore a 15 mila abitanti, con riferimento all'anno solare precedente;
  • comuni, province o città metropolitane beneficiari destinano l'incremento dell'addizionale alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e alla realizzazione di nuove infrastrutture stradali o all'implementazione di quelle esistenti;
  • i gestori aeroportuali provvedano alla riscossione dell'incremento dell'addizionale con le stesse modalità previste per l'addizionale.

A tale proposito, la legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 744) ha disposto che l'addizionale, nell'importo accertato, per ciascun aeroporto, è riscossa a cura dei gestori dei servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti d'imbarco.

Le compagnie aeree eseguono il versamento entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l'obbligo.

Ai fini dell'accertamento dell'importo dovuto, l'Ente nazionale per l'aviazione civile comunica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il giorno 15 di ogni mese, i dati relativi al numero dei passeggeri registrati all'imbarco negli aeroporti nazionali nel mese precedente, suddiviso tra utenti di voli nazionali e utenti di voli internazionali, per singolo aeroporto e per singolo vettore.

L'addizionale comunale ed i relativi incrementi, secondo quanto precisato dall'articolo 13, comma 16, del decreto-legge n. 145 del 2013, non sono dovuti dai passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici. Peraltro, le disposizioni concernenti l'addizionale comunale si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di natura tributaria, secondo la previsione dell'articolo 39-bis del decreto-legge n. 159 del 2007.

L'art. 1, comma 529, della legge di Bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) ha abolito l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco negli aeroporti per tutto il territorio della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia.

In seguito, l'articolo 15, comma 3-bis, del decreto-legge n. 60 del 2024 ha disposto la disapplicazione della predetta addizionale nel territorio della Calabria.

Da ultimo, la legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 737) ne ha disposto la disapplicazione, per gli anni 2025, 2026 e 2027, nel territorio della regione Abruzzo.

ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2025

Oltre all'IMU, alla TARI e all'addizionale comunale sui diritti d'imbarco, gli ulteriori tributi comunali di rilievo sono:

  • il canone unico patrimoniale;
  • Il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile destinati a mercati
  • l'imposta di soggiorno;
  • il contributo di sbarco;
  • l'imposta di scopo.

Di seguito si dà brevemente conto delle caratteristiche dei citati tributi e delle modifiche introdotte nel corso della XIX legislatura.

Il canone unico patrimoniale

Il c.d. canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria è stato previsto dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 816 a 836). Tale canone sostituisce, a partire dal 2021, entrate di diversa natura, vale a dire:

  • la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP);
  • il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP);
  • l'imposta comunale sulla pubblicità; e il diritto sulle pubbliche affissioni (ICPDPA);
  • il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP);
  • il canone di cui all'art. 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 285 del 1992 (codice della strada).

Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.

La legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 757, lettera a)), fermo restando che il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, ha previsto che la facoltà di variazione del gettito del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria mediante la modifica delle tariffe venga attuata secondo criteri di ragionevolezza e di gradualità in ragione dell'impatto ambientale e urbanistico delle occupazioni e delle esposizioni pubblicitarie oggetto del canone e della loro incidenza su elementi di arredo urbano o sui mezzi dei servizi di trasporto pubblico locale o dei servizi di mobilità sostenibile.

Il presupposto del canone è:

  • l'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico;
  • la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato.

Il canone è istituito dai comuni nonché dalle province e dalle città metropolitane, con regolamento da adottare dal consiglio comunale o provinciale.

Il soggetto attivo è quindi l'ente (comune, provincia e città metropolitana) che ha rilasciato l'autorizzazione, la concessione o ha consentito l'esposizione pubblicitaria. 

Il soggetto passivo dell'imposta è il titolare dell'autorizzazione o della concessione ovvero, in mancanza, il soggetto che effettua l'occupazione o la diffusione dei messaggi pubblicitari in maniera abusiva. Per la diffusione di messaggi pubblicitari, è obbligato in solido il soggetto pubblicizzato.

La determinazione del canone dipende dal presupposto. Segnatamente:

  • per l'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, il canone è determinato, in base alla durata, alla superficie, espressa in metri quadrati, alla tipologia e alle finalità, alla zona occupata del territorio comunale o provinciale o della città metropolitana in cui è effettuata l'occupazione. Il canone può essere maggiorato di eventuali effettivi e comprovati oneri di manutenzione in concreto derivanti dall'occupazione del suolo e del sottosuolo, che non siano, a qualsiasi titolo, già posti a carico dei soggetti che effettuano le occupazioni. La superficie dei passi carrabili si determina moltiplicando la larghezza del passo, misurata sulla fronte dell'edificio o del terreno al quale si dà l'accesso, per la profondità di un metro lineare convenzionale. Il canone relativo ai passi carrabili può essere definitivamente assolto mediante il versamento, in qualsiasi momento, di una somma pari a venti annualità;
  • per la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato, il canone è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario, esclusa quella relativa agli elementi privi di carattere pubblicitario (modifica introdotta dall'articolo 1, comma 757, lettera c), numero 1), della dalla legge di bilancio 2025), calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi. Per la pubblicità effettuata all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato, il canone è dovuto rispettivamente al comune che ha rilasciato la licenza di esercizio e al comune in cui il proprietario del veicolo ha la residenza o la sede. In ogni caso è obbligato in solido al pagamento il soggetto che utilizza il mezzo per diffondere il messaggio. Non sono soggette al canone le superfici inferiori a trecento centimetri quadrati. In caso di installazione, su un unico impianto pubblicitario, di una pluralità di segnali turistici o di territorio o di frecce direzionali, anche riferiti a soggetti e ad aziende diversi, la superficie assoggettabile al canone unico patrimoniale è quella dell'intero impianto oggetto della concessione o dell'autorizzazione. Nell'ipotesi in cui i titolari del provvedimento di concessione o di autorizzazione all'installazione dell'impianto siano diversi, il canone è liquidato distintamente, in proporzione alla superficie del segnale o del gruppo segnaletico posto nella disponibilità di ciascuno di essi (modifica introdotta dall'articolo 1, comma 757, lettera c), numero 2), della legge di bilancio 2025).

Il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile destinati a mercati

A decorrere dal 1° gennaio 2021 è stato istituito il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate. Tale canone viene istituito dai comuni e dalle città metropolitane con proprio regolamento.

Il canone si applica in deroga alle disposizioni concernenti il canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria e anch'esso sostituisce la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, i prelievi sui rifiuti. Esso è dovuto in proporzione alla superficie risultante dall'atto di concessione o, in mancanza, alla superficie effettivamente occupata.

Il canone deve essere versato dal titolare dell'atto di concessione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, anche abusivo.

Il canone è determinato dal comune o dalla città metropolitana in base alla durata, alla tipologia, alla superficie dell'occupazione espressa in metri quadrati e alla zona del territorio in cui viene effettuata (articolo 1, commi da 837 a 847 della legge di bilancio 2020).

Il decreto-legge n. 183 del 2020 (articolo 17- ter) ha previsto, per l'anno 2021, l'esenzione dal pagamento del canone unico patrimoniale e del canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile per le attività con sede legale od operativa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.
Tale esenzione, dopo essere stata estesa agli anni 2022, 2023 e 2024, è stata, da ultimo, prorogata anche per l'anno 2025 (articolo 1, comma 666, legge di bilancio 2025).

L'imposta di soggiorno

L'articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (federalismo municipale) attribuisce ai comuni la facoltà di istituire una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. L'imposta può essere istituita da:

  • comuni capoluogo di provincia;
  • unioni dei comuni;
  • comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte.

L'imposta, istituita con deliberazione del consiglio, è applicabile secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno.

Il relativo gettito è destinato a: interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive; interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali; relativi servizi pubblici locali; costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

comuni capoluogo di provincia possono applicare una maggiorazione dell'imposta di soggiorno fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno, laddove dall'ultima rilevazione delle amministrazioni preposte alla raccolta e all'elaborazione di dati statistici risulti che essi abbiano registrato presenze turistiche venti volte superiore al numero dei propri residenti. La legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 787) ha specificato che tali comuni devono fare riferimento ai dati pubblicati dall'ISTAT riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all'anno in cui viene deliberato l'aumento dell'imposta e che per il triennio 2023-2025 si considera la media delle presenze turistiche del triennio 2017-2019.

Per il pagamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno è responsabile il gestore della struttura ricettiva, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, per la presentazione della dichiarazione, nonché per gli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La relativa dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.

Viene, inoltre, disciplinato il regime sanzionatorio per omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile.

L'imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale. Resta ferma la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell'articolo 7 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992). Si tratta sostanzialmente di limitazioni alla circolazione per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione, di tutela della salute, esigenze di carattere militare, incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico, accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale.

Il comma 3 affida a un regolamento governativo (ex articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali) la disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno. I comuni, con proprio regolamento, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento governativo, i comuni possono comunque adottare gli atti necessari per l'applicazione dell'imposta.

Roma Capitale, tra le misure volte a garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, può istituire un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno (articolo 14, comma 16, lettera  e) del decreto-legge n. 78 del 2010).

Il contributo di sbarco

Il contributo di sbarco, istituito dall'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 (cd. collegato ambientale), è disciplinato dall'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 23 del 2011 e ha sostituto la previgente imposta di sbarco (introdotta dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012. Tale contributo, come l'imposta di sbarco, è alternativo all'imposta di soggiorno.

Il predetto articolo 4, comma 3-bis, (così novellato) dispone che il contributo sia istituito con regolamento, nella misura massima di 2,50 euro (1 euro in più rispetto alla previgente imposta di sbarco) e può essere elevato a 5 euro dai comuni in via temporanea.

Il contributo può essere elevato a 5 euro dai comuni anche in relazione all'accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal caso, il contributo può essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche, regolarmente autorizzate, o da altri soggetti individuati dall'amministrazione comunale con apposito avviso pubblico.

Tale contributo è applicabile ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea, così come ai passeggeri che sbarcano mediante vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali (dunque non solo di linea), abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l'isola.

Il contributo di sbarco è riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali.

Il gettito dell'imposta finanzia interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, interventi di recupero e salvaguardia ambientale, nonché interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilità nelle isole minori. Si prevede, inoltre, che il comune destini il gettito del contributo per interventi nelle singole isole minori dell'arcipelago in proporzione agli sbarchi effettuati nelle stesse. Sono riprodotte le previgenti disposizioni in tema di responsabilità dei vettori in ordine del pagamento (con diritto di rivalsa sui soggetti passivi), alla presentazione della dichiarazione e agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento; analoga è la misura delle sanzioni dichiarative e relative ai versamenti, nonché la disciplina delle esenzioni.

L'imposta di scopo

L'imposta di scopo (ISCOP) è stata originariamente disciplinata dall'articolo 1, commi 145-151, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), che ha conferito ai comuni la facoltà, confermata dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 706, della legge n. 147 del 2013), di istituire, con regolamento, tale imposta al fine di finanziare la realizzazione di opere pubbliche.

In particolare, la norma ha rimesso ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, l'istituzione dell'imposta, da destinare esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di specifiche opere pubbliche.

Soggetto passivo dell'imposta è:

  • il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli, situati nel territorio del Comune;
  • il titolare di diritto di usufrutto, uso, abitazione, superficie, enfiteusi;
  • il locatario per gli immobili concessi in locazione finanziaria;
  • il concessionario nel caso di concessione su aree demaniali.

Su tale disciplina è, in seguito, intervenuto l'articolo 6 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (recante disposizioni in materia di federalismo municipale) che ha riconosciuto ai comuni la possibilità di prevedere, inoltre:

  • l'individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto alle tipologie definite dalla normativa vigente;
  • l'aumento sino a dieci anni della durata massima di applicazione dell'imposta;
  • la possibilità che il gettito dell'imposta finanzi l'intero ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.

Successivamente, il decreto-legge n. 16 del 2012 (articolo 4, comma 1-quater) ha ulteriormente modificato la disciplina dell'imposta di scopo, prevedendo che, a decorrere dall'entrata in vigore dell'IMU sperimentale (e cioè dal 2012), l'imposta di scopo si applichi o, se istituita, continui ad applicarsi con riferimento alla base imponibile e secondo la disciplina vigente. Il comune è, quindi, autorizzato ad adottare i provvedimenti correttivi eventualmente necessari per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 145 a 151 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 sopra descritte.

La legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 706, della legge n. 147 del 2013) ha confermato la possibilità per i comuni di istituire l'imposta di scopo.

ultimo aggiornamento: 3 marzo 2025

I sistema delle entrate provinciali ricomprende, attualmente:

  • i tributi propri relativi al trasporto su gomma, costituiti in particolare dall'imposta provinciale di trascrizione (IPT) e dall'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile auto (Rc auto);
  • altri tributi propri derivati, riconosciuti alle province dalla legislazione vigente. Tra questi si ricordano:

- il tributo cosiddetto ambientale (articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504);

- il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (articolo 1, comma 816, della legge di bilancio 2020, n. 160 del 2019, che sostituisce il canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 446 del 1997) con riferimento alle concessioni, autorizzazioni o ammissioni all'esposizione pubblicitaria poste in essere dalle province (sul regime si veda il paragrafo relativo agli altri tributi comunali).

Ѐ prevista inoltre la possibilità di istituire con decreto del Presidente della Repubblica un'imposta di scopo provinciale (articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 68 del 2011).

Sono inoltre previste alcune compartecipazioni al gettito di altri tributi tra i quali si ricordano:

  • compartecipazione provinciale all'Irpef, che sostituisce i soppressi trasferimenti statali e l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, anch'essa abolita;
  • compartecipazione alla tassa automobilistica che sostituisce i trasferimenti regionali soppressi, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 68 del 2011, a partire dall'anno 2013. Al momento, tuttavia (benché il citato articolo 19 prevedesse il termine del 20 novembre 2012 per la fissazione di tale compartecipazione) la stessa non risulta ancora stabilita;
  • compartecipazione (pari al 10% del gettito) al tributo speciale regionale per il deposito in discarica di rifiuti solidi (articolo 3, commi 24-41 del decreto legislativo n. 549 del 1995).
ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2025
 
focus
 
temi di Fisco