In Italia, il tipo di imposizione diretta che grava sulle attività di impresa è dipendente dalla natura del soggetto passivo (persone fisiche o persone giuridiche) e dall'organizzazione degli stessi (società di persone o di capitali). In linea generale, i lavoratori autonomi e le imprese individuali sono assoggettati a Irpef, mentre le persone giuridiche (con la rilevante eccezione delle società di persone) sono assoggettate a Ires, imposta sul reddito delle società.
La legge di delega sulla riforma fiscale (legge n. 111 del 2023) intende operare un complessivo riordino della tassazione del settore produttivo. Accanto alla revisione delle singole imposte, il legislatore intende altresì modificare gli elementi strutturali del rapporto tributario (tra cui la residenza fiscale) e incidere sul complesso sistema degli incentivi. Per ulteriori informazini si rinvia al tema web sulla delega fiscale.
In linea generale:
Con il decreto legislativo n. 13 del 2024, emanato in attuazione della delega fiscale, è stato introdotto il cosiddetto concordato preventivo biennale, istituti applicabile ai contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall'esercizio di arti e professioni residenti nel territorio dello Stato. Il decreto legislativo prevede che a tal fine l'Agenzia delle entrate formuli una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall'esercizio d'impresa o dall'esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap. La proposta di concordato è elaborata in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, valorizzando le informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria e limitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi. Il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il termine previsto per il versamento del saldo dovuto alla dichiarazione dei redditi ed a quella dell'Irap, che, per le persone fisiche, è fissato al 30 giugno dell'anno di presentazione della dichiarazione stessa. Al termine del biennio oggetto di concordato, permanendo i requisiti per l'accesso al concordato ed in assenza delle cause di esclusione, l'Agenzia delle entrate formula una nuova proposta di concordato biennale relativa al biennio successivo, a cui il contribuente può aderire negli stessi termini.
Per i periodi di imposta oggetto del concordato, gli accertamenti delle imposte sui redditi non possono essere effettuati salvo che, in esito all'attività istruttoria dell'Amministrazione finanziaria, ricorrano specifiche cause di decadenza
Negli ultimi anni, il legislatore fiscale ha inteso ridurre il carico tributario sulle imprese lasciando immutata la struttura fondamentale dell'imposta e incidendo, invece, sulle aliquote e sul complesso sistema di deduzioni (quindi sulle regole di determinazione delle basi imponibili) nonché sui crediti di imposta.
Nel biennio 2020-2021 le imprese italiane sono state destinatarie di numerose misure di sostegno, sia fiscali che finanziarie, correlate all'emergenza da COVID-19 e di natura prevalentemente temporanea. Per una panoramica, si rinvia al tema web sulle misure fiscali e finanziarie adottate durante l'emergenza Coronavirus.
Nel corso del 2022, numerosi interventi volti a fronteggiare la crisi energetica e l'emergenza conseguente al conflitto in Ucraina hanno coinvolto le imprese italiane, per cui si rinvia altresì al tema relativo alle misure contro i rincari energetici. Tali misure sono state in gran parte prorogate per il primo trimestre 2023 dalla relativa legge di bilancio.
Ha avuto una specifica rilevanza, di natura tuttavia strutturale, il settore dell'innovazione tecnologica: in tale ambito gli interventi legislativi, aventi carattere ricorrente, si sono svolti in seno ai cd. pacchetti Transizione 4.0 e 5.0, per il quale si rinvia al tema a esso dedicato.
Il dibattito sulla tassazione delle imprese ha altresì coinvolto, prima delle predette emergenze, anche la fiscalità della cd. economia digitale.
Secondo l'articolo 73 del Testo unico dell'imposta sui redditi sono soggetti passivi dell'IRES
Con riferimento alle aliquote, come anticipato in precedenza, la legge di stabilità 2016 ha abbassato la misura dell'IRES per la generalità delle imprese dal 27,5 al 24 per cento, a decorrere dal 2017.
La legge di bilancio 2020 ha ripristinato, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica - ACE, sopprimendo le predette misure di incentivo alle imprese, legate al reinvestimento degli utili, disposte durante l'anno 2019.
La legge di bilancio 2020 ha maggiorato l'IRES, portandola al 27,5 per cento (in luogo della misura ordinaria del 24 per cento) sui redditi derivanti dallo svolgimento di attività in regime di concessione, nei periodi di imposta 2019, 2020 e 2021.
Con riferimento alle più recenti modifiche strutturali all'IRES, si ricorda che è stata introdotta l'applicazione del cd. principio di derivazione rafforzata (secondo il quale la determinazione del reddito d'impresa a fini Ires è coerente con la rappresentazione contabile, in deroga alle norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) alle microimprese che optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria; i criteri di imputazione temporale discendenti dal principio di derivazione rafforzata sono stati estesi, per le imposte sui redditi e per l'Irap, alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili, a condizione che si tratti di componenti negativi di reddito per cui non è scaduto il termine per presentare dichiarazione integrativa e che il bilancio d'esercizio sia sottoposto a revisione legale dei conti. Tali novità si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 22 giugno 2022 (per effetto del decreto-legge semplificazioni fiscali, articolo 8 del decreto-legge n. 73 del 2022).
L'ACE, istituito per la prima volta dal decreto-legge n. 201 del 2011 e la cui disciplina è stata ritoccata più volte negli anni successivi, consiste nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.
Pertanto, l'agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva, allo scopo di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Per il calcolo dell'importo deducibile si effettua la somma dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. A tale base si moltiplica un'aliquota percentuale, fissata all'1,3 per cento dalla legge di bilancio 2020.
Per l'anno 2021, l'aliquota ACE è stata pari al 15% (per effetto del decreto-legge sostegni-bis, (articolo 19 del decreto-legge n. 73 del 2021), nel limite massimo di 5 milioni di euro, con possibilità di utilizzare l'agevolazione sotto forma di credito di imposta.
Con il decreto legislativo n. 216 del 2023 (attuativo della legge di riforma fiscale) l'ACE è stata abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2024 facendo salve le disposizioni riguardanti l'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023, fino ad esaurimento dei relativi effetti.
L'imposta regionale sulle attività produttive - IRAP, disciplinata dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è dovuta per l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
L'imposta ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi, è dovuta per periodi di imposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma, determinati secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi ed è riscossa mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità e nei termini stabiliti per le imposte sui redditi. E' previsto il versamento di due acconti (nel corso dell'anno fiscale al quale l'imposta fa riferimento) secondo le disposizioni concernenti l'imposta sui redditi e del saldo.
L'IRAP è un tributo proprio derivato, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni, le quali devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale. Il gettito dell'Irap concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Determinazione base imponibile IRAP per società di capitali ed enti commerciali
L'IRAP si applica sul valore della produzione netta derivante dall'attività esercitata nel territorio della regione (viene inoltre disciplinata l'ipotesi in cui l'attività sia svolta in più regioni) ed è dovuta alla regione nel cui territorio il valore della produzione netta è realizzato.
La base imponibile IRAP delle società di capitali è determinata con modalità differenti, a seconda del tipo di attività esercitata.
a) il valore della produzione netta delle società industriali è determinato come differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere da A) e B) dell'articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9) costo del personale, 10) lett. c) e d) svalutazione delle immobilizzazioni e svalutazione crediti attivo circolante, 12) accantonamenti per rischi e 13) altri accantonamenti del conto economico (articolo 5 decreto legislativo n. 446 del 1997).
b) il valore della produzione netta delle banche e degli intermediari finanziari è determinato come somma algebrica delle seguenti voci: (a) margine di intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi, (b) 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale, (c) 90 per cento delle altre spese amministrative e (c-bis) rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo (articolo 6, comma 1 decreto legislativo n. 446 del 1997);
c) il valore della produzione netta delle società di intermediazione mobiliare (SIM) è determinato come differenza tra la somma degli interessi attivi e proventi assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni attive riferite ai servizi prestati dall'intermediario e la somma degli interessi passivi e oneri assimilati relativi alle operazioni di riporto e di pronti contro termine e le commissioni passive riferite ai servizi prestati dall'intermediario, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 2 decreto legislativo n. 446 del 1997);
d) il valore della produzione netta delle società di gestione dei fondi comuni di investimento (SGR) è determinato come differenza tra le commissioni attive e passive, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 3 decreto legislativo n. 446 del 1997);
e) il valore della produzione netta delle società di investimento a capitale variabile (SICAV) è determinato come differenza tra le commissioni di sottoscrizione e le commissioni passive dovute a soggetti collocatori, ridotta del 90 per cento ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso strumentale e del 90% delle altre spese amministrative (articolo 6, comma 4);
f) il valore della produzione netta delle società di partecipazione non finanziaria e assimilati è determinato aggiungendo al risultato derivante dall'applicazione dell'articolo 5 la differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati ed il 96 per cento degli interessi passivi e oneri assimilati (articolo 6, comma 9 decreto legislativo n. 446 del 1997);
g) il valore della produzione netta delle imprese di assicurazione è determinato apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni (voce 29) e del conto tecnico dei rami vita (voce 80) del conto economico le seguenti variazioni: (a) 90 per cento ammortamenti beni strumentali, ovunque classificati, e 90 per cento altre spese amministrative (voci 24 e 70), (b) 50 per cento dividendi (voce 33) e (b-bis) le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo (articolo 7 decreto legislativo n. 446 del 1997).
Gli articoli sopra richiamati prevedono espressamente delle voci di costo indeducibili e particolari modalità di deduzione di taluni costi (ad esempio, il costo sostenuto per l'acquisizione di marchi d'impresa e avviamento è deducibile in misura non superiore ad un diciottesimo del costo, indipendentemente dall'imputazione al conto economico). Il costo del personale assunto a tempo indeterminato è deducibile ai sensi dell'articolo 11 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997.
In linea generale, nella determinazione della base imponibile IRAP delle società di capitali, indipendentemente dal settore di attività svolta, assumono rilevanza i seguenti principi:
a) Principio di derivazione (o presa diretta) dal bilancio
La base imponibile IRAP (valore della produzione netta) è determinata considerando le voci del conto economico di bilancio espressamente richiamate dalla norma di riferimento.
b) Principio di correlazione
I componenti positivi e negativi classificati in voci del conto economico diverse da quelle ricomprese nella base contabile IRAP (voci c.d. "fuori base") concorrono alla formazione della base imponibile IRAP nella stessa misura dei componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta precedenti o successivi a cui sono correlati.
c) Principio di inerenza
Concorrono alla formazione della base imponibile solo i ricavi e costi inerenti all'esercizio dell'attività d'impresa.
Per quanto riguarda enti non commerciali ed amministrazioni pubbliche il valore della produzione è determinato in base alle retribuzioni del personale con alcune specificità indicate agli articoli 10 e 10-bis.
Si ricorda sinteticamente che il regime forfetario è stato introdotto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 54-89 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014) ed è destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni. Esso prevede rilevanti semplificazioni ai fini Iva e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un'unica imposta con aliquota al 15% sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap. Esso è inteso dal legislatore il regime naturale delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione. La sua applicazione, pertanto, è subordinata solo al verificarsi delle condizioni e al possesso dei requisiti prescritti dalla legge.
Si rinvia per una puntuale sintesi al sito dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 54 della legge di bilancio 2023 innalza a 85 mila euro (rispetto al precedente limite previsto a 65.000 euro) la soglia di ricavi e compensi che consente di applicare un'imposta forfetaria del 15 per cento sostitutiva di quelle ordinariamente previste. La disposizione prevede inoltre che tale agevolazione cessa immediatamente di avere applicazione per coloro che avranno maturato compensi o ricavi superiori ai 100 mila euro, senza aspettare l'anno fiscale seguente.
In precedenza si ricorda che la legge di bilancio 2020 (commi 691 e 692 della legge n. 160 del 2019):
L'Agenzia delle entrate, con la circolare 18/E, ha fornito le indicazioni in relazione alle modalità di applicazione del regime, individuando i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per usufruire del beneficio fiscale.
L'articolo 6 del cosiddetto decreto crescita (decreto n. 34 del 2019) stabilisce che anche i contribuenti che applicano il regime forfetario o che applicheranno, a partire dal 2020, il nuovo regime sostitutivo delle imposte sui redditi e dell'Irap, e che si avvalgono dell'impiego di dipendenti e collaboratori, devono effettuare le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Inoltre l'articolo 6-bis, relativo agli obblighi informativi posti a carico di coloro che intendono accedere al cd. regime forfetario (articolo 1, comma 73, legge n. 190 del 2014), prevede che tali oneri informativi non comprendano dati ed informazioni già presenti, alla data di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi, nelle banche dati a disposizione dell'Agenzia delle Entrate, ovvero che siano da comunicare o dichiarare alla stessa entro la data di presentazione dei medesimi modelli di dichiarazione dei redditi.
L'articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 132 del 2023 stabilisce che entro il termine del 30 novembre 2024 i contribuenti che applicano il regime forfetario devono adempiere, relativamente al periodo d'imposta 2021, agli specifici obblighi informativi previsti dalla legislazione vigente.
Secondo i dati delle statistiche fiscali dell'Osservatorio sulle partite Iva, nel 2022 sono stati 239.131 i soggetti hanno aderito al regime forfetario (anziché al regime fiscale ordinario), dato sostanzialmente identico al 2021; tali adesioni rappresentano il 47,7% del totale delle nuove aperture di partita Iva.
Dal 1° luglio 2022 l'obbligo di fatturazione elettronica è esteso anche ai titolari di partita Iva in regime forfetario per i soggetti che nell'anno precedente abbiano conseguito ricavi superiori a euro 25.000, e per tutti gli altri dal 1° gennaio 2024 (articolo 18 del decreto-legge n. 36 del 2022). Si rinvia al tema su Iva e fatturazione elettronica per dettagli.
L'articolo 3 del decreto legislativo n. 1 del 2024 esonera, a decorrere dall'anno d'imposta 2024, i sostituti d'imposta dall'obbligo di rilascio della certificazione unica per contribuenti che applicano il regime forfettario ovvero il regime fiscale di vantaggio.
L'articolo 1 del decreto legislativo n. 180 del 2024 introduce delle modifiche di coordinamento alle norme contenute nell'articolo 1, comma 57, lettera b), e comma 59 della legge n. 190 del 2014, in materia di regime forfetario, che prevedono l'applicazione, ai fini IVA, del c.d. "Regime transfrontaliero di franchigia" ai soggetti residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea che producono in Italia almeno il 75 per cento del reddito complessivo, nonché la possibilità per i soggetti forfetari di emettere la fattura, ove prevista, in modalità semplificata ex art. 21-bis del decreto IVA ancorché di ammontare complessivo superiore a 400 euro. Pertanto, con riguardo alla prima modifica, i soggetti stabiliti nell'Unione europea di cui al citato comma 57, lettera b), ai fini della tassazione del reddito continuano ad applicare il regime forfettario nazionale, mentre ai fini dell'imposta sul valore aggiunto applicano il regime IVA transfrontaliero di cui al nuovo titolo V-ter, sezione I, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Diversamente, i soggetti stabiliti in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo continuano ad applicare il regime forfettario di cui al citato articolo 1, commi 54 e seguenti ai fini sia della tassazione sui redditi, sia dell'imposta sul valore aggiunto.
La legge n.203 del 2024 (articolo 17) ha introdotto una specifica disciplina volta a regolamentare l'applicazione del regime forfetario nell'ipotesi di contratti misti disponendo che la causa di esclusione dalla possibilità di fruire del regime in questione prevista per coloro che esercitano la loro attività prevalentemente nei confronti di soggetti con i quali intrattengano (o abbiano intrattenuto nei due precedenti periodi di imposta) rapporti di lavoro non si applichi nei confronti delle persone fisiche iscritte in albi o registri professionali che esercitano attività libero-professionali in favore di datori di lavoro che occupano più di duecentocinquanta dipendenti, a seguito di contestuale assunzione mediante stipulazione di contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato, con un orario compreso tra il 40 per cento e il 50 per cento del tempo pieno previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, precisandone le condizioni.
Da ultimo, la legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 12) eleva, per l'anno 2025, da 30.000 euro a 35.000 euro, la soglia di reddito da lavoro dipendente (o redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente) superata la quale è precluso l'accesso al regime forfetario.
In attuazione della legge delega per la riforma del sistema fiscale italiano (legge n. 111 del 2024) è stato introdotto un nuovo regime fiscale di favore per i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo derivante dall'esercizio di arti o professioni denominato concordato preventivo biennale (disciplinato dal decreto legislativo n.13 del 2024).
L'obiettivo di questo nuovo regime è quello di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire l'adempimento spontaneo.
Ai fini dell'applicazione del concordato preventivo biennale l'Agenzia delle entrate formula una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall'esercizio d'impresa o dall'esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive (per l'anno 2024 ai contribuenti aderenti al regime forfetario l'applicazione del concordato è limitata, in via sperimentale, ad un solo anno).
L'Agenzia delle entrate, entro il 15 aprile di ciascun anno, mette a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l'utilizzo delle reti telematiche, appositi programmi informatici per l'acquisizione dei dati necessari per l'elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale. I dati da comunicare telematicamente all'Amministrazione finanziaria e le modalità di trasmissione dei medesimi sono individuate con un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate (per il 2024, primo anno di applicazione della citata normativa, la scadenza sopra indicata è stata posticipata).
A mezzo degli stessi programmi l'Agenzia delle entrate elabora e comunica la proposta.
Ai fini dell'elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale, l'Agenzia delle entrate utilizza le informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria, coerentemente con le dichiarazioni del contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, anche attraverso processi decisionali completamente automatizzati ,limitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi. Inoltre l'Agenzia delle entrate acquisisce ulteriori dati dalle banche dati nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria e di altri soggetti pubblici (ad eccezione dei dati personali trattati dalle autorità di prevenzione, indagine e accertamento dei reati).
La metodologia per la formulazione della proposta è approvata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali nel quale sono individuate le specifiche cautele e le garanzie per i diritti e le libertà dei contribuenti (con particolare riguardo al diritto dello stesso a non essere assoggettato ad una decisione derivante esclusivamente dal trattamento automatizzato di dati), nonché le eventuali tipologie di dati esclusi dal trattamento.
La proposta sia per i contribuenti cui si applicano gli Indici sintetici di affidabilità fiscale e sia per quelli aderenti al regime forfetario è formulata con riferimento a specifiche attività economiche tenendo conto:
- degli andamenti economici e dei mercati,
- delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale e delle risultanze della loro applicazione
- degli specifici limiti imposti dalla normativa in materia di tutela dei dati personali.
Per i contribuenti ISA i redditi da lavoro autonomo, i redditi d'impresa ed il valore della produzione ai fini dell'IRAP oggetto di concordato sono calcolati secondo le regole generali con alcune specifiche deroghe (indicate agli articol 15, 16 e 17).
Per i contribuenti che hanno optato per il regime forfetario i redditi sono determinati sulla base della procedura di elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale sopra descritta, prevedendosi tuttavia l'obbligo di dichiarazione di un reddito minimo di almeno duemila euro.
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I contribuenti che possono aderire al concordato prevnetivo biennale sono sia quelli ai quali si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale (contribuenti ISA), sia i contribuenti che abbiano optato per il regime forfetario.
Come chiarito dall'Agenzia delle entrate, con Circolare N.18/E del 17 settembre 2024, il concordato preventivo biennale (CPB) è stato introdotto per i contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo di minori dimensioni.
Tale platea di contribuenti è rappresentata, in linea generale, da:
- coloro che sono tenuti all'applicazione degli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50;
- coloro che aderiscono al Regime dei forfetari di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Non sono interessati dall'applicazione del CPB, ad esempio, coloro che applicano attività non rientrati negli ISA (come gli enti creditizi e finanziari) e non aderiscono al regime forfetario, nonché coloro che nei periodi d'imposta d'interesse dichiarano ricavi (articolo, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e) del TUIR) o compensi (articolo 54, comma 1, del TUIR) di ammontare superiore a Euro 5.164.569 (causa di esclusione ISA, il cui limite è stabilito con Decreto del 24/12/2019 - Min. Economia e Finanze).
Requisiti per i contribuenti ISA
I contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale possono accedere al concordato preventivo biennale se, con riferimento al periodo d'imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti per tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate o debiti contributivi definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. salvo che i medesimi contribuenti abbiano estinto i debiti sopra indicati entro il termine per l'adesione alla proposta di concordato preventivo biennale e se l'ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro (senza considerare i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici).
Non possono accedere alla proposta di concordato preventivo biennale i contribuenti ISA che:
a) non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d'imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell'obbligo a effettuare tale adempimento;
b) siano stati condannati (o abbiano patteggiato la pena) per reati tributari, per falsità nei documenti contabili, riciclaggio, impiego di denaro beni e utilità di provenienza illecita, ed autoriciclaggio, commessi negli ultimi tre periodi d'imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato.
b-bis) che abbiano conseguito redditi o quote di redditi in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40 per cento del reddito derivante dall'esercizio d'impresa o di arti e professioni;
b-ter) per il primo periodo d'imposta oggetto del concordato, aderenti al regime forfetario;
b-quater) per il primo anno cui si riferisce la proposta di concordato, qualora la società o l'ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione sia interessata da modifiche della compagine sociale.
Requisiti per i contribuenti aderenti al regime forfetario
Analogamente ai contribuenti ISA anche i contribuenti aderenti al regime forfetario possono accedere al concordato preventivo biennale se, con riferimento al periodo d'imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti per tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate o debiti contributivi definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. salvo che i medesimi contribuenti abbiano estinto i debiti sopra indicati entro il termine per l'adesione alla proposta di concordato preventivo biennale e se l'ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro (senza considerare i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici).
Non possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti aderenti al regime forfetario:
a) che hanno iniziato l'attività nel periodo d'imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta;
b) non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d'imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell'obbligo a effettuare tale adempimento;
c) siano stati condannati (o abbiano patteggiato la pena) per reati tributari, per falsità nei documenti contabili, riciclaggio, impiego di denaro beni e utilità di provenienza illecita, ed autoriciclaggio, commessi negli ultimi tre periodi d'imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato.
Da un punto di vista degli adempimenti contabili ed amministrativi i contribuenti soggetti agli ISA sono tenuti agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi e alla comunicazione dei dati mediante la presentazione dei modelli per l'applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale. I contribuenti che abbiano optato per il regime forfetario sono soggetti a tutti gli adempimenti previsti dal citato regime.
Decorso il biennio l'Agenzia delle entrate formula una nuova proposta di concordato al contribuente che può aderire qualora sussistano i requisiti (e non sussistano le cause di esclusione) precedentemente descritte.
Effetti dell'accettazione della proposta di concordato preventivo biennale
L'accettazione da parte del contribuente della proposta impegna il contribuente a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive relative ai periodi d'imposta oggetto di concordato. L'Agenzia delle entrate provvede al controllo automatizzato delle somme non versate, ferma restando l'applicazione delle disposizioni in materia di ravvedimento.
Gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi, o maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, nel periodo di vigenza del concordato, non rilevano ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, nonché dei contributi previdenziali obbligatori, salvo il caso in cui ricorrendo circostanze eccezionali, individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che determinano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi eccedenti la misura del 30 per cento rispetto a quelli oggetto del concordato, quest'ultimo cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si realizza.
Resta ferma la possibilità per il contribuente di versare i contributi sul reddito effettivo se di importo superiore a quello concordato.
Ai contribuenti ISA che aderiscono al concordato preventivo biennale sono inoltre riconosciuti i benefici previsti dal comma 11 dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, relativi all'esonero del visto di conformità per la compensazione di crediti di un determinato importo relativamente a IVA, IRAP e imposta sui redditi, all'esonero dalla prestazione di garanzia con riferimento ai rimborsi IVA, all'esclusione della disciplina riguardante le società non operative, all'esclusione di accertamenti basati su presunzioni semplici, l'esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo (ad eccezione del caso in cui questo ecceda di due terzi il reddito dichiarato) e l'anticipazione dei termini di decadenza dall'accertamento.
Per i periodi di imposta oggetto del concordato, gli accertamenti relativi ai redditi determinati sulla base delle scritture contabili (di cui all'articolo 39 del TUIR) non possono essere effettuati salvo che in esito all'attività istruttoria dell'Amministrazione finanziaria ricorrano le cause di decadenza dal concordato preventivo biennale.
Uleritori benefici connessi all'adesione al concordato preventivo biennale
Il decreto-legge n. 108 del 2024 ha previsto per i contribuenti ISA aderenti al concordato la possibilità di assoggettare la parte di reddito d'impresa o di lavoro autonomo derivante dall'adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d'imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta, rettificato secondo quanto disposto dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 13 del 2024 (che indicano come calcolare i redditi da lavoro autonomo e d'impresa rilevanti ai fini del concordato), a una imposta sostitutiva delle imposte sul reddito, addizionali comprese, applicando un'aliquota rispettivamente del 10, 12 e 15 per cento a seconda del livello di affidabilità fiscale (superiore ad 8, tra 6 e 8, inferiore a 6). L'aliquota più alta corrisponde al livello di affidabilità fiscale più basso.
Allo stesso modo per i contribuenti che hanno aderito al regime forfetario per i periodi d'imposta oggetto del concordato il medesimo decreto-legge ha previsto la possibilità di assoggettare la parte di reddito d'impresa o di lavoro autonomo derivante dall'adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d'imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta, a una imposta sostitutiva delle imposte sul reddito, addizionali comprese, pari al 10 per cento dell'eccedenza, ovvero del 3 per cento nel caso di nuove attività.
Il beneficio rileva nel caso di rinnovo del concordato, in quanto, in tal caso si assume quale parametro di riferimento, per l'individuazione dell'eccedenza di reddito da assoggettare a imposta sostitutiva, il reddito effettivo dichiarato nel periodo d'imposta antecedente a quelli del biennio di rinnovo del concordato (per i contribuenti ISA rettificato secondo quanto disposto dagli articoli 15 e 16).L'imposta sostitutiva è corrisposta entro il termine di versamento del saldo delle imposte sul reddito dovute per il periodo d'imposta in cui si è prodotta l'eccedenza.
L'adesione al concordato preventivo biennale non produce effetti ai fini dell'IVA la cui applicazione avviene secondo le regole ordinarie per i contribuenti ISA e secondo quelle previste per il regime forfetario per i contribuenti che abbiano aderito al medesimo regime. Inoltre il reddito previsto nell'ambito del concordato preventivo biennale non rileva ai fini ISEE, dovendosi in tal caso far riferimento al reddito effettivo e non a quello concordato. 113 del 2024
Successivamente il decreto-legge n.113 del 2024 ha introdotto (all'articolo 2-quater) una forma di ravvedimento speciale per i soggetti ISA che hanno aderito al concordato preventivo biennale entro il 31 ottobre 2024 prevedendo il pagamento di un'imposta sostitutiva con riferimento all'imposta sui redditi nonché alle relative addizionali e all'IRAP avente come base imponibile la differenza tra il reddito d'impresa o di lavoro automnomo imponibile già dichiarato e lo stesso reddito incrementato di una percentuale via via maggiore al decrescere del livello di fedeltà fiscale. Anche le aliquote risultano più alte a decrescere del livello di fedeltà fiscale del contribuente (10, 12 e 15 per cento).
Il decreto-legge n.155 del 2024 ha esteso tale forma di ravvedimento operoso ancheanche ai soggetti che negli anni 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022 nel caso in cui hanno dichiarato una causa di esclusione dall'applicazione degli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) a causa della diffusione della pandemia da COVID-19, oppure alla presenza di condizioni di non normale svolgimento della propria attività, di poter usufruire del ravvedimento speciale introdotto dall'articolo 2-quater del decreto-legge n. 113 del 2024. Il comma inoltre estende anche ai soggetti che negli anni 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022 hanno dichiarato una causa di esclusione dall'applicazione degli ISA correlata all'esercizio di due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale, laddove l'importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dagli ISA relativo all'attività prevalente superi il 30 per cento dell'ammontare totale dei ricavi, la possibilità di usufruire del ravvedimento speciale introdotto dall'art. 2-quater del decreto-legge n. 113 del 2024, escludendo, tuttavia, la possibilità di beneficiare della riduzione del 30 per cento prevista al comma 6-quater del citato articolo. Inoltre si consente che il versamento dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, relativamente a determinate categorie di soggetti, possa essere effettuato dalla società o dall'associazione in luogo dei singoli soci o associati.
Cessazione per i contribuenti ISA
Il concordato, con riferimento ai soggetti ISA, cessa di avere efficacia a partire dal periodo d'imposta nel quale si verifica una delle seguenti condizioni:
a) il contribuente modifica l'attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d'imposta precedente il biennio stesso (salvo che la nuova attività preveda l'applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale);
b) il contribuente cessa l'attività;
b-bis) il contribuente aderisce al regime forfetario;
b-ter) la società o l'ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione è interessata da modifiche della compagine sociale;
b-quater) il contribuente dichiara ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50 per cento.
Cessazione per i contribuenti aderenti al regime forfetario
Il concordato, con rierimento ai soggetti aderenti al regime forfetario, cessa di avere efficacia a partire dal periodo d'imposta in cui si verifica una delle seguenti condizioni:
a) il contribuente modifica l'attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d'imposta precedente il biennio stesso, a meno che tali attività rientrino in gruppi di settore ai quali si applicano i medesimi coefficienti di redditività previsti ai fini della determinazione del reddito per i contribuenti forfetari;
b) il contribuente cessa l'attività;
b-bis) il contribuente supera il limite di ricavi previsto dall'articolo 1, comma 71, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ad oggi pari a 100.000 euro, maggiorato del 50 per cento.
Si verifica la decadenza dal concordato preventivo biennale per entrambi i suoi periodi di imposta (sia con riferimento ai contribuenti ISA che nei confronti dei contribuenti che abbiano aderito al regime forfetario) nei seguenti casi in cui:
a) a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza o l'indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30 per cento dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità, salvo il caso in cui contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento e semprechè la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza;
b) a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l'accettazione della proposta di concordato;
c) sono indicati, nella dichiarazione dei redditi, dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato;
d) non sussistono le condizioni per aderire al concordato preventivo biennale (sopra descritte);
e) è omesso il versamento delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato effettuato dall'Agenzia delle entrate.
Nel caso di decadenza dal concordato restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti.
Il decreto-legge n.113 del 2024 ha previsto che quando è irrogata una sanzione amministrativa per violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale non accolta dal contribuente ovvero, in relazione a violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta, nei confronti di un contribuente decaduto dall'accordo di concordato preventivo biennale per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano, le soglie per l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste dal comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (pari a 50.000 e 100.000 euro) sono ridotte alla metà.
L'assoggettamento all'imposta sul reddito delle società - IRES dipende tra l'altro dalla residenza del soggetto passivo dell'imposta in Italia. Con il decreto legislativo n. 209 del 2023, emanato in attuazione della delega fiscale, (articolo 2) è stata modificata la normativa in materia di residenza delle società e degli enti prevista all'articolo 73 del Testo unico dell'imposta sui redditi. Si prevede che si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l'ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l'ente nel suo complesso.
Con Circolare n. 20/E del 4 novembre 2024, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in continuità con le previsioni della normativa previgente, rimane invariato il criterio formale della sede legale in Italia, mentre i criteri della sede dell'amministrazione (sostituito dai criteri di sede di direzione effettiva e di gestione ordinaria in via principale) e dell'oggetto principale (foriero di controversie e incertezze interpretative) sono stati eliminati. Restano altresì immutate, da un lato, la regola dell'alternatività dei tre criteri, essendo sufficiente la ricorrenza di uno solo di essi per configurare la residenza in Italia; dall'altro, la necessità che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d'imposta. Nel documento si precisa che le nuove regole di individuazione della residenza fiscale sono in vigore dal 1° gennaio 2024, per le società e gli enti aventi l'esercizio sociale coincidente con l'anno solare ovvero dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023, per le società e gli enti con esercizio sociale non coincidente con l'anno solare.
Nonostante la coerenza dei nuovi criteri con l'ordinamento internazionale, l'Agenzia delle Entrate non esclude che possano manifestarsi fenomeni di doppia residenza (con conseguente doppia imposizione). In tali casi, l'Agenzia segnala la presenza, nell'ambito delle Convenzioni concluse dall'Italia, di una regola di risoluzione dei conflitti che prevede l'attribuzione della residenza allo Stato contraente in cui è collocato il place of effective management.
Sotto un diverso profilo, al fine di individuare i redditi delle imprese non residenti in Italia che sono tuttavia tassati all'interno del Paese, rileva la nozione di stabile organizzazione, di cui all'articolo 162 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR (di cui al D.P.R. n. 917 del 1986).
Non è invece compreso nel concetto di stabile organizzazione:
Salvo prova contraria, si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato le società ed enti che detengono partecipazioni di controllo nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73 (vedi supra), se, in alternativa: a) sono controllati, anche indirettamenteda soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato. A tal fine rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia. Il controllo è individuato anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.
Ai fini della tassazione dei redditi d'impresa, la legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 255) ha introdotto nell'ordinamento italiano il cosiddetto Investment Management Exemption ossia alcune disposizioni volte a chiarire (integrando le previsioni dell'articolo 162 del TUIR) le condizioni secondo le quali non si configura una stabile organizzazione in Italia, da cui discende l'applicazione della normativa fiscale, di un veicolo d'investimento non residente che opera sul territorio nazionale tramite un soggetto indipendente che svolge, per suo conto, l'attività di gestione di investimenti (asset manager).
Il decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 (AG. 90) di recepimento della delega fiscale in materia di fiscalità internazionale reca un complesso di disposizioni che impattano su numerosi aspetti relativi alla fiscalità internazionale.
Con riferimento alla tassazione del settore produttivo, si rileva che esso ha anzitutto recepito la direttiva n. 2022/UE/2523 sulla global minimum tax, avente lo scopo di porre in essere meccanismi volti a garantire un'imposizione minima per le grandi imprese multinazionali. L'iniziativa introduce un sistema coordinato di regole rivolte ai grandi gruppi multinazionali finalizzate ad assicurare che gli stessi scontino un livello impositivo minimo di almeno il 15%, in relazione ai redditi prodotti in ogni Paese in cui operano, attraverso l'introduzione di regole sull'imposizione integrativa.
Sotto un diverso profilo, il provvedimento modifica le norme in materia di controlled foreign companies (Cfc), di cui all'articolo 167 del Tuir, in particolare intervenendo sui criteri di determinazione dell'imponibile assoggettato a tassazione in Italia, anche per coordinare la normativa nazionale alla predetta global minimum tax.
Per garantire un livello impositivo minimo dei gruppi multinazionali o nazionali di imprese si prevede un'imposizione integrativa prelevata, in Italia, attraverso:
Dal 2023 (articolo 1, commi 65-70 della legge di bilancio 2023, legge n. 197 del 2022) le imprese che esercitano attività del commercio al dettaglio di beni deducono le quote di ammortamento del costo dei fabbricati strumentali in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione di un coefficiente del 6 per cento al costo degli stessi fabbricati. Tale modalità riguarda le imprese che operano prevalentemente in alcuni settori del commercio al dettaglio e limitatamente ai fabbricati strumentali utilizzati per tale attività. Sono stabilite specifiche regole per le imprese il cui valore patrimoniale è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa: esse, ove aderiscano al regime di tassazione di gruppo, possono avvalersi della deduzione agevolata dei costi in relazione ai fabbricati concessi in locazione ad imprese che operano nei settori destinatari delle agevolazioni e aderenti al medesimo regime di tassazione di gruppo. La speciale deducibilità dei costi degli immobili strumentali delle imprese che esercitano il commercio di beni si applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023 e per i quattro successivi. Si veda anche il provvedimento attuativo del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 marzo 2023.
Il provvedimento costituisce un Fondo per l'attenuazione degli oneri fiscali connessi alla cessione gratuita, da parte di imprese di commercio di prodotti di consumo al dettaglio nell'ambito di manifestazioni a premi, di materiale informatico e didattico per le esigenze di istruzione delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e degli asili nido, nonché delle strutture di assistenza sociale in favore dei minori, gestiti da enti pubblici o privati nonché da enti religiosi, nel rispetto delle regole in tema di aiuti de minimis.
Il provvedimento inoltre dispone che l'estensione del criterio di cd. "derivazione rafforzata" alle poste contabilizzate a seguito della correzione di errori contabili per le micro imprese si applichi ai soli soggetti che sottopongono il proprio bilancio d'esercizio a revisione legale dei conti. Le norme in esame si applicano a partire dal periodo di imposta in corso alla data del 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2022) (commi 273-275).
Inoltre (comma 276) viene ampliato l'ambito operativo del regime di contabilità semplificata per imprese minori. Con le norme in esame le soglie di ricavi da non superare nell'anno per usufruire della contabilità semplificata sono elevate da 400.000 a 500.000 euro per le imprese che esercitano la prestazione di servizi e da 700.000 a 800.000 euro per le imprese aventi a oggetto altre attività.
Con riferimento alle misure per fronteggiare i rincari energetici, si ricorda inoltre che è stato introdotto per il 2022 il cd. contributo straordinario contro il caro bollette, ovvero l'imposta sugli extraprofitti a carico delle imprese operanti nel settore energetico (articolo 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, articolo 52 del decreto-legge 50 del 2022 e articolo 42 del decreto-legge n. 115 del 2022) dovuta in misura pari al 25 per cento dell'incremento del saldo tra operazioni attive e passive realizzato dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile marzo 2022, rispetto al medesimo periodo tra il 2020 e il 2021 (il cosiddetto "extraprofitto"). Sono esclusi i soggetti che conseguono un incremento del saldo fino a 5 milioni di euro o, comunque, inferiore al 10 per cento. La disciplina di tale contributo straordinario, con particolare riferimento alla base imponibile, è stata modificata dalla legge di bilancio 2023. Il provvedimento ha istituito un contributo di solidarietà straordinario sotto forma di prelievo temporaneo per l'anno 2023 per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi. Si rinvia al relativo tema sulle misure per fronteggiare i rincari energetici per ulteriori informazioni.
La legge di bilancio per il 2023 ha introdotto una specifica disciplina fiscale applicabile alle cripto-attività (commi 126-147), che vengono incluse nell'ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche in modo esplicito.
Viene a tal fine introdotta una nuova categoria di "redditi diversi" (articolo 67, comma 1, lettera c-sexies, TUIR) costituita dalle plusvalenze e dagli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d'imposta. Viene precisata la disciplina relativa alle plusvalenze su cripto-attività che si considerano realizzate, fino all'entrata in vigore del provvedimento in esame, secondo le norme generali di cui all'articolo 65 del TUIR (ossia a seguito di cessione). Si consente di portare in deduzione dalle plusvalenze le minusvalenze relative ad operazioni aventi ad oggetto cripto-attività realizzate fino alla data di entrata in vigore della disposizione in commento. Viene modificata la disciplina dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi, configurando i tre diversi regimi della "dichiarazione", quello cosiddetto del "risparmio amministrato" e quello del "risparmio gestito". Si novella la disciplina della rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, includendovi i riferimenti alle cripto-attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale. Le maggiori entrate derivanti dalla disciplina così introdotta sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale da istituire nello stato di previsione del MEF. Viene stabilito che i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Si consente di determinare, per il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze, il valore di acquisto delle cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023 a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 14 per cento. Anche le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'imposta sostitutiva sono destinate al citato Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Si consente ai contribuenti che non hanno indicato nella propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e i redditi derivati dalle stesse, di regolarizzare la propria posizione presentando un'apposita dichiarazione e versando la sanzione per l'omessa indicazione nonché, nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un'imposta sostitutiva in misura pari al 3,5 per cento del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo. Le norme chiariscono che il contribuente, ove intenda effettuare la regolarizzazione, debba presentare un'istanza di emersione secondo un modello approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate (e non una dichiarazione).
Infine, si applica l'imposta di bollo ai rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività nella misura del 2 per mille annui del relativo valore. Le modalità e i termini di versamento sono le stesse di quelle dell'imposta di bollo.
A decorrere dal 2023 si prevede l'applicazione di un'imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato le cui entrate sono anch'esse destinate al citato Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Con il decreto-legge n. 51 del 2023 (articolo 4, commi 3-quinquies-3-septies) e, successivamente, dal decreto-legge n. 132 del 2023 (articolo 2) sono state introdotte alcune modifiche al regime definito dalla legge di bilancio 2023. In particolare:
La legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 24-29) introduce, da ultimo, delle modifiche con riguardo alla tassazione delle cripto-attività.
Nello specifico, dal 1° gennaio 2025, viene eliminata la soglia di esenzione di 2.000 euro, precedentemente prevista ai fini della tassazione delle plusvalenze e degli altri proventi da operazioni in cripto-attività. Conseguentemente, viene soppressa la suddetta soglia anche ai fini della deducibilità dell'eccedenza delle minusvalenze rispetto alle plusvalenze. Pertanto, l'eccedenza delle minusvalenze rispetto alle plusvalenze - derivanti da operazioni in cripto-attività - è riportabile, indipendemente dal suo ammontare, integralmente in deduzione nei successivi 4 periodi d'imposta e previa indicazione della stessa in dichiarazione dei redditi.
A decorrere dal 1° gennaio 2026 l'aliquota della imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto-attività passa dal 26% al 33%.
Similmente a quanto previsto dalla legge di bilancio 2023, si riconosce la facoltà di assumere per ciascuna cripto-attività posseduta alla data del 1° gennaio 2025, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore esistente a tale data, determinato ai sensi dell'articolo 9 del TUIR, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 18 per cento. L'imposta sostitutiva è versata in un'unica soluzione entro il 30 novembre 2025 ovvero in 3 rate annuali, di pari importo, a decorrere dal l 30 novembre 2025 con interessi nella misura del 3% annuo sulle rate successive alla prima. Infine, si prevede che l'assunzione del valore esistente alla data del 1° gennaio 2025 preclude il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dell'articolo 68, comma 9-bis, del TUIR.
L'imposizione diretta è di competenza degli Stati membri, ma negli ultimi anni l'UE ha introdotto misure armonizzate, alcune delle quali modificate di recente, allo scopo di garantire un sistema fiscale equo e trasparente e contrastare l'evasione e l'elusione fiscali.
Tra queste figurano la direttiva (UE) 2016/1164 (cosiddetta direttiva antielusione), la direttiva 2011/16/UE sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, la direttiva (UE) n. 2018/822 recante nuove norme in materia di trasparenza per gli intermediari della pianificazione fiscale (come consulenti fiscali, contabili, banche e avvocati) e la direttiva 2013/34/UE sulla comunicazione delle informazioni sull'imposta sul reddito da parte di talune imprese e succursali.
Due sono tuttavia le questioni-chiave per il contrasto al dumping fiscale e alla concorrenza fiscale sleale su cui l'Unione si sta confrontando ormai da qualche anno.
In primo luogo, le differenze esistenti tra i regimi nazionali di imposta sulle società nell'UE creano le condizioni favorevoli per comportamenti opportunistici da parte delle imprese transnazionali attraverso una pianificazione fiscale che tende a trasferire i propri utili verso giurisdizioni a bassa imposizione. L'UE ha cercato di porvi rimedio presentato una proposta per l'introduzione di una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società sulla quale, tuttavia, i negoziati si sono arenati. La Commissione europea ha annunciato il ritiro della proposta e una sua sostituzione con un nuovo quadro per l'imposizione dei redditi delle imprese in Europa (Imprese in Europa: quadro per l'imposizione dei redditi, denominato anche BEFIT), che dovrebbe essere presentato entro la fine del 2023.
In secondo luogo, la necessità di introdurre un sistema equo di tassazione effettiva della cd. economia digitale alla luce del fatto che le maggiori imprese multinazionali del web hanno spesso sede legale al di fuori dall'Unione europea e che vi è difficoltà ad applicare nei loro confronti i principi ordinari della tassazione su base territoriale. Al riguardo, l'Unione ha preferito dare precedenza a una soluzione concordata a livello internazionale; ad ottobre 2021 in sede OCSE/G20 è stato raggiunto un accordo su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia.
Il primo pilastro intende garantire una più equa distribuzione dei profitti e dei diritti di tassazione fra i Paesi in cui operano le grandi imprese multinazionali, incluse le grandi aziende digitali, ripartendo il diritto di tassazione tra i Paesi in cui esse svolgono attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che vi abbiano o meno una presenza fisica.
A livello UE si sta lavorando affinché sia introdotta una nuova risorsa propria consistente nell'applicazione di un'aliquota uniforme di prelievo del 15% alla quota degli utili residui delle imprese multinazionali riassegnata agli Stati membri.
Il secondo pilastro cerca di contrastare il dumping fiscale attraverso l'introduzione di un'aliquota minima globale (global minimum tax) pari al 15% sulle società multinazionali, comprese quelle che operano nell'economia digitale, con ricavi superiori a 750 milioni di euro l'anno.
A livello UE sono in corso i negoziati su una proposta di direttiva, presentata dalla Commissione europea a dicembre 2021, che ricalca l'accordo sul secondo pilastro e determina le modalità tramite le quali i principi dell'aliquota fiscale effettiva del 15% saranno applicati nell'UE.
Con la legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 151 della legge n. 197 del 2022), al fine di apprestare misure di contrasto alle frodi IVA, sono stati imposti obblighi comunicativi, relativi ai dati dei fornitori e delle operazioni effettuate, a carico della piattaforma digitale che facilita la vendita on line ai consumatori finali di determinati beni (quali, ad esempio, telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop), successivamente individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che siano presenti nel territorio dello Stato.
La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, commi da 35 a 50) ha istituito un'imposta sui servizi digitali, che si applica ai soggetti che prestano tali servizi e che hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L'imposta si applica con un'aliquota del 3 per cento sui ricavi e viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre. Il provvedimento ha contestualmente abrogata l'imposta sulle transazioni digitali istituita dalla legge di bilancio 2018, che avrebbe dovuto applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2019.
La legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, comma 678) ha poi modificato la disciplina dell'imposta sui servizi digitali allo scopo di:
Si ricorda che l'abrogata imposta sulle transazioni digitali (di cui all'articolo 1, commi 1010-1016 della legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018) aveva introdotto una forma di tassazione per le imprese operanti nel settore del digitale, in particolare istituendo un'imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, con aliquota del 3 per cento applicata al valore della singola transazione, al netto dell'Iva.
Il decreto Sostegni (articolo 5 del decreto legge n. 41 del 2021) ha prorogato il termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali al 16 maggio dell'anno solare successivo a quello in cui sono prodotti i ricavi derivanti dai predetti servizi, nonché quello di presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo al 30 giugno del medesimo anno.
Si è disposto, in sede di prima applicazione, lo slittamento del termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali dal 16 marzo al 16 maggio 2021, con riferimento alle operazioni imponibili nel 2020, nonché lo spostamento del termine di presentazione della relativa dichiarazione dal 30 aprile al 30 giugno 2021.
A tale proposito si segnala che il provvedimento del 15 gennaio 2021 dell'Agenzia delle entrate definisce le regole operative per la prima applicazione della disciplina, in particolare individuando:
- l'ambito oggettivo dell'imposta istituita, con evidenziazione dei servizi digitali esclusi;
- le modalità di determinazione della base imponibile e dell'imposta sui servizi digitali;
- i criteri di collegamento con il territorio dello Stato;
- il versamento dell'imposta;
- gli adempimenti dichiarativi;
- gli obblighi strumentali ai fini dell'adempimento;
- gli obblighi contabili in capo ai soggetti passivi dell'imposta;
- la responsabilità solidale dei soggetti residenti per l'assolvimento degli obblighi di versamento dell'imposta sui servizi digitali da parte di soggetti passivi non residenti;
- i rimborsi per le eccedenze di versamento.
Nel corso della XIX legislatura, la legge di bilancio 2025 (legge 207 del 2024, articolo 1, commi da 21 a 22) ha modificato l'ambito soggettivo di applicazione dell'imposta sui servizi digitali e le modalità di versamento dell'imposta.
Nello specifico, si ricomprende nel novero dei soggetti passivi dell'imposta de qua gli esercenti attività d'impresa che:
Pertanto, rispetto alla disciplina previgente, viene eliminata la soglia minima di 5,5 milioni di euro con riguardo ai ricavi, conseguiti in Italia, derivanti dai suddetti servizi digitali.
Con riferimento alle modalità di versamento dell'imposta, in luogo del versamento in un'unica soluzione, si prevede un acconto, da versare entro il 30 novembre dell'anno solare in cui sorge il presupposto d'imposta, pari al 30 per cento dell'imposta dovuta per l'anno solare precedente. Conseguentemente, il versamento a saldo dell'imposta dovuta è effettuato entro il 16 maggio dell'anno solare successivo a quello di corresponsione dell'acconto.
Da ultimo, si segnala che, a partire dal 1° gennaio 2026, entreranno in vigore le nuove disposizioni in materia di imposta sui servizi digitali di cui agli articoli da 62 a 82 del decreto legislativo n. 174 del 2024 (Testo unico dei tributi erariali minori) che sostituiranno quelle attualmente vigenti di cui ai commi da 35 a 50 della legge n. 145 del 2018, le quali saranno conseguentemente abrogate a decorrere dalla data medesima. Conseguentemente, la legge di bilancio 2025 ha apportato analoghe modifiche anche al decreto legislativo n. 174 del 2024.
Per ulteriori approfondimenti su tale Testo unico, si rinvia al relativo dossier ed al dossier della legge di bilancio 2025.