In tale tema si dà conto del regime fiscale riguardante gli enti non commerciali in generale nonché il regime specifico concernente gli enti del terzo settore e delle società sportive dilettantistiche.
Si dà altresì conto del regime fiscale delle imprese sociali.
Nel corso della XIX legislatura, sono divenute applicabili alcune disposizioni in materia di tassazione di favore per gli enti del Terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017 (c.d. "Codice del Terzo Settore - CTS"), con il quale si è provveduto al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti.
Con la Comfort Letter del 7 marzo 2025, la Commissione europea ha infatti autorizzato l'Italia ad applicare le disposizioni contenute negli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 del Codice del Terzo Settore relative alla tassazione dei redditi, giacché "non appaiono selettive e, pertanto, non sembrerebbero costituire aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea".
Si ricorda che, secondo l'articolo 101, comma 10, del Codice del Terzo Settore, l'efficacia di talune disposizioni fiscali ivi contenute è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In particolare si fa riferimento:
In tal senso, l'articolo 104, comma 2, del decreto legislativo n. 117 del 2017, stabilisce che le disposizioni del Titolo X, fatto salvo quanto previsto in via transitoria al comma 1 del medesimo articolo, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea (di cui al citato articolo 101, comma 10) e, comunque, non prima del periodo d'imposta successivo di operatività del predetto Registro.
Pertanto, ai sensi dell'articolo 101, comma 10 e dell'articolo 104, comma 2, e in ragione della citata Comfort Letter del 7 marzo 2025, le disposizioni contenute negli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 del Codice del Terzo Settore si rendono applicabili, a decorrere dal 1° gennaio 2026, agli enti del Terzo settore iscritti al RUNTS.
Diversamente, ai fini della piena operatività delle disposizioni di cui all'articolo 77 del Codice del Terzo Settore, si è ancora in attesa dell'autorizzazione della Commissione europea.
Ulteriori modifiche intervenute nel corso della legislatura sono state introdotte dalla legge n. 104 del 2024 ed attengono alla disciplina generale degli enti del Terzo settore (in particolare, si fa riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 4 relative agli enti del Terzo settore iscritti al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche - si veda il relativo dossier di documentazione), mentre la disciplina fiscale ha formato oggetto di modica nella precedente legislatura.
Si definiscono enti non commerciali, ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES), gli enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo e principale l'esercizio di attività commericali (articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR).
Le regole di determinazione della base imponibile IRES sono definite al Capo III (articoli da 143 a 150) del Titolo II del TUIR.
In particolare, il reddito complessivo degli enti non commerciali residenti è formato dalla somma dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva.
Per espressa previsione normativa:
I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria, in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Pertanto, se non diversamente stabilito, si applicano le disposizioni relative a ciascuna categoria reddituale.
Con specifico riferimento agli immobili di interesse storico o artistico ex articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il reddito medio ordinario è ridotto del 50 per cento e non si applica l'articolo 41 del TUIR (che dispone l'aumento di un terzo del reddito delle unità immobiliari non locate).
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 37, comma 1, del TUIR, il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.
Per i redditi derivanti da immobili locati non relativi all'impresa si applicano comunque le disposizioni dell'articolo 90, comma 1, quarto e quinto periodo, del TUIR; pertanto laddove il canone di locazione ridotto fino ad un massimo del 15 per cento (35 per cento per gli immobili di interesse storico o artistico) risulti superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari al canone di locazione al netto di tale riduzione.
Per l'attività commerciale esercitata da tali enti si ha l'obbligo di tenuta della contabilità separata ed i beni riferibili a tale attività sono individuati ai sensi dell'articolo 65, commi 1 e 3-bis, del TUIR. Le spese e gli altri componenti negativi di reddito relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Per gli immobili ad uso promiscuo, la rendita catastale o il canone di locazione è deducibile per un importo corrispondente a tale rapporto.
Per le Onlus, l'articolo 150 del TUIR stabilisce che non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale; conseguentemente, i proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile. La medesima disposizione è stata, tuttavia, abrogata dall'articolo 102, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore) a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10 (per maggiori approfondimenti si veda il paragrafo afferente la riforma degli enti del Terzo settore).
Per gli enti di tipo associativo sono stabilite delle disposizioni ad hoc ai sensi dell'articolo 148 del TUIR.
In linea generale, per le associazioni, i consorzi e gli altri enti non commerciali di tipo associativo non si considera commerciale l'attività svolta, in conformità alle finalità istituzionali, nei confronti degli associati o partecipanti. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
Si considerano, invece, effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto; conseguentemente tali corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti di reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano, rispettivamente, carattere di abitualità o di occasionalità.
Subordinatamente all'operatività del Registro degli enti del terzo settore, per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali:
Tale disposizione non si applica alle cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, alle somministrazioni di pasti, alle erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, alle prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito ed alle prestazioni di servizi portuali e aeroportuali, né alle prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: (a) gestione di spacci aziendali e di mense; (b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; (c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; (d) pubblicità commerciale; (e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
Ai sensi dell'articolo 145 del TUIR, gli enti non commerciali ammessi ammessi alla contabilità semplificata possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, mediante applicazione all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali di determinati coefficienti di redditività scaglionati per importo di reddito e tipologia di attività (dal 15 per cento al 25 per cento, per le attività di prestazioni di servizi e dal 10 per cento al 15 per cento, per le altre attività). L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio.
E' fatta salva l'applicazione del regime forfetario previsto per le associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge n. 398 del 1991.
Dal reddito complessivo si deducono, a condizione che non siano deducibili nella determinazione del reddito d'impresa che concorrono a formarlo, i seguenti oneri:
In caso di rimborso degli oneri di cui sopra, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta in cui l'ente consegue il rimborso.
Dall'imposta lorda si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri (a condizione che gli stessi non siano già deducibili nella determinazione delle singole categorie reddituali):
In caso di rimborso degli oneri di cui sopra per i quali l'ente ha fruito della detrazione d'imposta, l'imposta dovuta per il periodo di imposta di conseguimento del rimborso è aumentata di un importo pari al 19 per cento dell'onere rimborsato.
Ai sensi dell'articolo 149 del TUIR, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale - indipendentemente dalle previsioni statutarie - qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo di imposta.
La norma definisce i seguenti parametri ai fini della qualificazione commerciale dell'ente:
L'ente è obbligato ad iscrivere tutti i beni facenti parte del suo patrimonio nell'inventario, di cui all'articolo 15 del d.P.R. n. 600 del 1973, entro 60 giorni dall'inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento della qualifica.
Tali disposizioni non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili ed alle associazioni sportive dilettantistiche.
L'articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 individua determinate categorie di enti non commerciali - diversi da quelli iscritti nel Registro Unico del Terzo Settore - per i quali l'aliquota IRES è ridotta alla metà (12 per cento, anziché 24 per cento).
Sebbene tale disposizione sia stata abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 51, della legge n. 145 del 2018), l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, allo stato attuale, la stessa deve ritenersi in vigore (Circolare n. 35/E del 28 dicembre 2023). In tal senso, il successivo comma 52, della legge di bilancio 2019, dispone che l'abrogazione dell'articolo 6 ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al comma 52-bis, il quale rimette a successivi provvedimenti legislativi l'individuazione di misure di favore, compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali nel rispetto dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
Con la legge di bilancio 2021 è stata, invece, introdotta la detassazione al 50 per cento degli utili degli enti non commerciali, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali enti esercitino, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (commi 44-47 della legge n. 178 del 2020).
Nell'ambito della citata circolare n. 35/E del 2023, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che la misura agevolativa, di cui alla legge di bilancio 2021, non rientra tra le «misure di favore» cui fa riferimento il comma 52-bis dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, la cui entrata in vigore comporterà l'abrogazione del citato articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 nella sua interezza. Pertanto, in linea di principio, i due regimi agevolativi possono applicarsi congiuntamente.
Per gli enti che svolgono, in via esclusiva, attività non commerciali la base imponibile IRAP è determinata, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997, secondo il c.d. metodo "retributivo" e, pertanto, in misura pari alla somma delle seguenti componenti:
Per gli enti che svolgono anche attività commerciale, si applica il c.d. metodo "misto"; pertanto:
Nella determinazione della base imponibile, sono ammessi in deduzione i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro sostenuti per i soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (articolo 11 decreto legislativo n. 446 del 1997). Tale deduzione spetta solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'eventuale attività commerciale, giacché gli enti che svolgono esclusivamente l'attività istituzionale, determinando il valore della produzione con il metodo "retributivo", considerano già le retribuzioni e i redditi di cui sopra al netto dei contributi assicurativi.
In caso di dipendenti impiegati sia nell'attività istituzionale sia in quella commerciale, l'importo della deduzione spettante va ridotto dell'importo forfetariamente imputabile all'attività istituzionale determinato in base al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi relativi all'attività istituzionale rilevanti, ai fini IRAP, e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Per maggiori approfondimenti, si veda il paragrafo del tema dedicato all'IRAP.
Il decreto legislativo n. 36 del 2021 reca il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, in attuazione dell'articolo 5 della legge n. 86 del 2019.
Per associazione o società sportiva dilettantistica si intende, ai sensi dell'articolo 2 del suddetto decreto, il soggetto giuridico affiliato ad una Federazione Sportiva Nazionale, a una Disciplina Sportiva Associata o a un Ente di Promozione Sportiva, anche paralimpico, e comunque iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo n. 39 del 2021 che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica.
Le associazioni e le società sportive dilettantistiche indicano nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica. Gli enti sportivi dilettantistici possono adottare le seguenti forme giuridiche:
L'articolo 12 del decreto sopra citato reca disposizioni tributarie in materia di associazioni e società sportive dilettantistiche, stabilendo che:
Le associazioni sportive dilettantistiche rientrano nella categoria degli enti diversi dalle società. Tali associazioni, qualora si caratterizzino per lo svolgimento in via esclusiva o principale di attività non commerciale, sono riconducibili, quali soggetti passivi IRES, tra gli enti non commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR. Per quanto concerne, invece, le società sportive dilettantistiche, le stesse, ancorché non perseguano scopo di lucro, mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell'ambito dei soggetti passivi IRES di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, con la conseguenza che il loro è determinato secondo le disposizioni del Tuir relative alle società e agli enti commerciali.
La legge n. 398 del 1991 disciplina uno specifico regime fiscale agevolato per cui possono optare le associazioni sportive dilettantistiche e, secondo quando disposto dall'articolo 90, comma 1, della legge n. 289 del 2002, le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente abbiano conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 400 mila euro.
Tale regime prevede una modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell'IVA, nonché delle previsioni di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi. L'opzione per il regime ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è esercitata, fino a quando non è revocata e, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 544 del 1999, è vincolante per un quinquennio. Gli enti predetti decadono automaticamente dal regime agevolato in caso di superamento del limite di 400 mila euro, con effetto dal mese successivo a quello di superamento.
Nello specifico, ai sensi dell'articolo 2 della legge suddetta, il regime in oggetto prevede:
Infine, sempre con riguardo alle associazioni sportive dilettantistiche, l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 202 del 2024 (si rinvia al relativo dossier) ha posticipato al 1° gennaio 2026 l'operatività del nuovo regime di esenzione IVA, in luogo dell'attuale regime di esclusione, con riferimento alle prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport, inclusi soci e tesserati. Tale regime di esenzione è stato introdotto dall'articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, la cui applicazione, inizialmente differita al 1° gennaio 2024 dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 683), era stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall'articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.
A tale proposito, l'articolo 3 del decreto-legge n. 113 del 2024 ha disposto che fino alla data di applicazione delle disposizioni di cui al citato articolo 5, comma 15-quater (ovvero il 1° gennaio 2026), le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche possono continuare a porre in essere fuori campo IVA le prestazioni indicate dal medesimo comma 15-quater, in base a quanto disposto dall'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (nel testo previgente all'entrata in vigore dell'articolo 5, comma 15-quater).
Per ulteriori approfondimenti sulle questioni fiscali di interesse delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, si rinvia alla circolare n. 18/E del 2018 dell'Agenzia delle entrate.
L'impresa sociale è qualificazione che può essere assunta da soggetti aventi qualsiasi forma giuridica, ad alcune fondamentali condizioni secondo la disciplina previgente che operi in settori considerati di utilità sociale e che, secondo le previsioni contenute nel D. Lgs. n. 112 del 2017, può distribuire dividendi ai soci entro limiti definiti. La disciplina vigente prevede alcuni incentivi fiscali (per capitale investito in imprese sociali sorte da non oltre tre anni, o per utili ed avanzi di gestione mantenuti nella riserva indivisibile o nel capitale dell'impresa). Altri profili riguardano i controlli interni e il coinvolgimento di lavoratori, utenti e altri interessati.
Successivamente è stato introdotto l'obbligo, anziché la mera facoltà prevista precedentemente, per le imprese sociali di destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni, nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Tali versamenti sono deducibili ai fini dell'imposta sui redditi dell'impresa sociale erogante (articolo 26 , comma 2, del decreto legge n. 73 del 2022 che modifica il decreto legislativo n. 112 del 2017). Si prevede inoltre che fino al quinto periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea, alcune agevolazioni fiscali (detrazione di un importo pari al trenta per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni di cui all'articolo 18, comma 3 e deduzione dal reddito dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società del trenta per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni di cui all'articolo 18, comma 4) si applicano anche alle somme investite nel capitale delle società che hanno acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 112 del 2017.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2017, non concorrono a formare il reddito imponibile delle imprese sociali: (i) le somme destinate al versamento del contributo per l'attività ispettiva di cui all'articolo 15, nonché (ii) le somme destinate ad apposite riserve legalmente vincolate alla realizzazione di attività di interesse generale ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2. L'utilizzo delle riserve a copertura perdite non comporta la decadenza dal beneficio, a condizione che non si distribuiscano utili fino a quando le riserve non siano state ricostituite.
Il comma 9 del medesimo articolo 18 subordina l'efficacia delle disposizioni ivi previste ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
A tale riguardo, con la Comfort letter del 7 marzo 2025, la Commissione europea ha autorizzato l'Italia ad applicare le disposizioni di cui al citato articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2017, giacché "non appaiono selettive e, pertanto, non sembrerebbero costituire aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea". Conseguentemente, dal 1° gennaio 2026, le imprese sociali potranno benificiare della totale detassazione degli utili reinvestiti per lo svolgimento dell'attività statuaria o per l'incremento del patrimonio netto.
L'applicazione delle altre agevolazioni fiscali riconosciute agli investitori delle imprese sociali di cui all'articolo 18, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo n. 112 del 2017, è tuttavia ancora sospesa in ragione dell'assenza della citata autorizzazione della Commissione europea
Nel corso della legislatura, in continuità con quanto già avvenuto nella legislatura precedente è stato più volte differita l'entrata in vigore del nuovo regime IVA per gli enti del terzo settore.
Da ultimo con l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 202 del 2024, la nuova diciplina avrà effetto a decorrere dal 1° gennaio 2026.
In precedenza l'applicazione di tale regime, differita al 1° gennaio 2024 dal predetto comma 683 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021, è stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall'articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.
Gli articoli 4 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come modificati dall'articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 , riconducono nel campo di applicazione dell'IVA, seppur in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti non profit di tipo associativo nei confronti dei propri associati e partecipanti, in precedenza rientranti nel regime di esclusione IVA e, dunque, non soggette a imposta.
In particolare si tratta delle cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Inoltre, vengono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati.
Inoltre determinate operazioni rese da enti non profit, fino a quel momento considerate fuori campo IVA, sono state ricomprese nel regime di esenzione. Precisamente, si tratta di:
Tale intervento si era reso necessario per il superamento di una procedura d'infrazione europea.