tema 28 maggio 2025
Studi - Finanze
La fiscalità degli enti non commerciali

In tale tema si dà conto del regime fiscale riguardante gli enti non commerciali in generale nonché il regime specifico concernente gli enti del terzo settore e delle società sportive dilettantistiche.

Si dà altresì conto del regime fiscale delle imprese sociali.

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Nel corso della XIX legislatura, sono divenute applicabili alcune disposizioni in materia di tassazione di favore per gli enti del Terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017 (c.d. "Codice del Terzo Settore - CTS"), con il quale si è provveduto al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti.

Con la Comfort Letter del 7 marzo 2025, la Commissione europea ha infatti autorizzato l'Italia ad applicare le disposizioni contenute negli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 del Codice del Terzo Settore relative alla tassazione dei redditi, giacché "non appaiono selettive e, pertanto, non sembrerebbero costituire aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea".

Si ricorda che, secondo l'articolo 101comma 10, del Codice del Terzo Settore, l'efficacia di talune disposizioni fiscali ivi contenute è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

In particolare si fa riferimento:

  • alla disciplina dei titoli di solidarietà (articolo 77);
  • alla disposizione che qualifica "non commerciali", ai fini delle imposte sui redditi, le attività di interesse generale di cui all'articolo 5, qualora i ricavi non superino di oltre il 6 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre tre periodi d'imposta consecutivi (articolo 79comma 2-bis);
  • al regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali (articolo 80);
  • al regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato (articolo 86).

In tal senso, l'articolo 104comma 2, del decreto legislativo n. 117 del 2017, stabilisce che le disposizioni del Titolo X, fatto salvo quanto previsto in via transitoria al comma 1 del medesimo articolo, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea (di cui al citato articolo 101, comma 10) e, comunque, non prima del periodo d'imposta successivo di operatività del predetto Registro.

Pertanto, ai sensi dell'articolo 101, comma 10 e dell'articolo 104, comma 2, e in ragione della citata Comfort Letter del 7 marzo 2025, le disposizioni contenute negli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 del Codice del Terzo Settore si rendono applicabili, a decorrere dal 1° gennaio 2026, agli enti del Terzo settore iscritti al RUNTS

Diversamente, ai fini della piena operatività delle disposizioni di cui all'articolo 77 del Codice del Terzo Settore, si è ancora in attesa dell'autorizzazione della Commissione europea.

 

Per quanto concerne il  regime transitorio disciplinato dall'articolo 104, comma 1, le disposizioni di  78 (regime fiscale  social lending),  81 ( social bonus), articolo  82 (in materia di imposte indirette e tributi locali),  83 (detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali),  84comma 2 (esenzione IRES immobili istituzionali delle organizzazioni di volontariato),  85comma 7 (esenzione IRES immobili istituzionali delle associazioni di promozione sociale) e  102comma 1lettere e), f) e g) (abrogazione di alcune disposizioni del TUIR: articolo 100, comma 2, lettera  l), afferente gli oneri di utilità sociale; articolo 15, comma 1, lettere  i-bis) e  i-quater), afferenti le detrazioni per oneri),  si applicano:
a)       dal 1° gennaio 2018 e fino all'entrata in vigore delle disposizioni di cui al  Titolo X, ai seguenti soggetti:
  • organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, iscritte negli appositi registri (Onlus);
  • organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge n. 266 del 1991;
  • associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano di cui all'articolo 7 della legge n. 383 del 2000.
b)       a decorrere dall'operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore - "RUNTS", agli  enti del Terzo settore ivi iscritti
La  disciplina applicativa della previsione codicistica circa l'istituzione del Registro unico nazionale del Terzo Settore è stata, inoltre, emanata con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 106 del  15 settembre 2020 ( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del  21 ottobre 2020).
Ai sensi dell'articolo 53 del del decreto legislativo n. 117 del 2017, il  decreto de quo disciplina:
a) le procedure per l'iscrizione e per la cancellazione degli enti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, nonché i documenti da presentare ai fini dell'iscrizione, al fine di garantire l'uniformità di trattamento degli ETS sull'intero territorio nazionale;
b) le modalità di deposito;
c) le regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro unico;
d) le modalità di comunicazione dei dati tra il Registro imprese e il Registro unico con riferimento agli enti del Terzo settore iscritti nel Registro delle imprese.

Ulteriori modifiche intervenute nel corso della legislatura sono state introdotte dalla legge n. 104 del 2024 ed attengono alla disciplina generale degli enti del Terzo settore (in particolare, si fa riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 4 relative agli enti del Terzo settore iscritti al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche - si veda il relativo dossier di documentazione), mentre la disciplina fiscale ha formato oggetto di modica nella precedente legislatura. 

ultimo aggiornamento: 28 maggio 2025

Si definiscono enti non commerciali, ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES), gli enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo e principale l'esercizio di attività commericali (articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR).

Reddito complessivo degli enti non commerciali residenti

Le regole di determinazione della base imponibile IRES sono definite al Capo III (articoli da 143 a 150) del Titolo II del TUIR.

In particolare, il reddito complessivo degli enti non commerciali residenti è formato dalla somma dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva.

Per espressa previsione normativa:

  • non si considerano attività commerciali, le prestazioni di servizi non rientranti dell'articolo 2195 del codice civile (attività commerciali) rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione;
  • non concorrono alla formazione del reddito complessivo, (a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; (b) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'articolo 8, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi.

I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria, in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Pertanto, se non diversamente stabilito, si applicano le disposizioni relative a ciascuna categoria reddituale. 

Con specifico riferimento agli immobili di interesse storico o artistico ex articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il reddito medio ordinario è ridotto del 50 per cento e non si applica l'articolo 41 del TUIR (che dispone l'aumento di un terzo del reddito delle unità immobiliari non locate).

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 37, comma 1, del TUIR, il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.

Per i redditi derivanti da immobili locati non relativi all'impresa si applicano comunque le disposizioni dell'articolo 90, comma 1, quarto e quinto periodo, del TUIR; pertanto laddove il canone di locazione ridotto fino ad un massimo del 15 per cento (35 per cento per gli immobili di interesse storico o artistico) risulti superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari al canone di locazione al netto di tale riduzione.

 

Per l'attività commerciale esercitata da tali enti si ha l'obbligo di tenuta della contabilità separata ed i beni riferibili a tale attività sono individuati ai sensi dell'articolo 65, commi 1 e 3-bis, del TUIR. Le spese e gli altri componenti negativi di reddito relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Per gli immobili ad uso promiscuo, la rendita catastale o il canone di locazione è deducibile per un importo corrispondente a tale rapporto. 

Per le Onlus, l'articolo 150 del TUIR stabilisce che non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale; conseguentemente, i proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile. La medesima disposizione è stata, tuttavia, abrogata dall'articolo 102, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore) a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10 (per maggiori approfondimenti si veda il paragrafo afferente la riforma degli enti del Terzo settore).

 

Enti di tipo associativo

Per gli enti di tipo associativo sono stabilite delle disposizioni ad hoc ai sensi dell'articolo 148 del TUIR.

In linea generale, per le associazioni, i consorzi e gli altri enti non commerciali di tipo associativo non si considera commerciale l'attività svolta, in conformità alle finalità istituzionali, nei confronti degli associati o partecipanti. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

Si considerano, invece, effettuate nell'esercizio di attività commerciali  le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto; conseguentemente tali corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti di reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano, rispettivamente, carattere di abitualità o di occasionalità.

Subordinatamente all'operatività del Registro degli enti del terzo settore, per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali:

  • le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali; nonché
  • le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

Tale disposizione non si applica alle cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, alle somministrazioni di pasti, alle erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, alle prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito ed alle prestazioni di servizi portuali e aeroportuali, né alle prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: (a) gestione di spacci aziendali e di mense; (b)  organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; (c)  gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; (d)  pubblicità commerciale; (e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

 

Regime forfetario degli enti non commerciali

Ai sensi dell'articolo 145 del TUIR, gli enti non commerciali ammessi ammessi alla contabilità semplificata possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, mediante applicazione all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali di determinati coefficienti di redditività scaglionati per importo di reddito e tipologia di attività (dal 15 per cento al 25 per cento, per le attività di prestazioni di servizi e dal 10 per cento al 15 per cento, per le altre attività). L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. 

 E' fatta salva l'applicazione del regime forfetario previsto per le associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge n. 398 del 1991. 

Oneri deducibili

Dal reddito complessivo si deducono, a condizione che non siano deducibili nella determinazione del reddito d'impresa che concorrono a formarlo, i seguenti oneri:

  • canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della Pubblica Amministrazione ed esclusi i contributi agricoli unificati (articolo 10, comma 1, lettera a) del TUIR);
  • somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 119 del d.P.R. n. 361 del 1957 e dell'articolo 1 della legge n. 178 del 1981 (articolo 10, comma 1, lettera f) del TUIR);
  • contributi, donazioni e oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 49 del 1987, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato (articolo 10, comma 1, lettera g) del TUIR).

In caso di rimborso degli oneri di cui sopra, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta in cui l'ente consegue il rimborso.

Oneri detraibili

Dall'imposta lorda si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri (a condizione che gli stessi non siano già deducibili nella determinazione delle singole categorie reddituali):

  • interessi passivi e relativi oneri accessori pagati a soggetti residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati (articolo 15, comma 1, lettera a), del TUIR);
  • spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e del d.P.R. n. 1409 del 1963, nella misura effettivamente rimasta a carico (articolo 15, comma 1, lettera g), del TUIR);
  • erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali (articolo 15, comma 1, lettera h), del TUIR);
  • costo specifico o, in mancanza, valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad un'apposita convenzione, ai soggetti e per le attività di cui al punto precedente (articolo 15, comma 1, lettera h-bis), del TUIR);
  • erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo (articolo 15, comma 1, lettera i), del TUIR);
  • erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge n. 62 del 2000, a condizione il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento tracciabili (articolo 15, comma 1, lettera i-octies), del TUIR);

In caso di rimborso degli oneri di cui sopra per i quali l'ente ha fruito della detrazione d'imposta, l'imposta dovuta per il periodo di imposta di conseguimento del rimborso è aumentata di un importo pari al 19 per cento dell'onere rimborsato. 

Perdita della qualifica di ente non commerciale

Ai sensi dell'articolo 149 del TUIR, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale - indipendentemente dalle previsioni statutarie - qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo di imposta.

La norma definisce i seguenti parametri ai fini della qualificazione commerciale dell'ente:

  1. prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività;
  2. prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali;
  3. prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative;
  4. prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività commerciale rispetto alle restanti spese.

L'ente è obbligato ad iscrivere tutti i beni facenti parte del suo patrimonio nell'inventario, di cui all'articolo 15 del d.P.R. n. 600 del 1973, entro 60 giorni dall'inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento della qualifica.

Tali disposizioni non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili ed alle associazioni sportive dilettantistiche.

 

Aliquota IRES ridotta alla metà e detassazione utili al 50 per cento

L'articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 individua determinate categorie di enti non commerciali - diversi da quelli iscritti nel Registro Unico del Terzo Settore - per i quali l'aliquota IRES è ridotta alla metà (12 per cento, anziché 24 per cento).

Sebbene tale disposizione sia stata abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 51, della legge n. 145 del 2018), l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, allo stato attuale, la stessa deve ritenersi in vigore (Circolare n. 35/E del 28 dicembre 2023). In tal senso, il successivo comma 52, della legge di bilancio 2019,  dispone che l'abrogazione dell'articolo 6 ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al comma 52-bis, il quale rimette a successivi provvedimenti legislativi l'individuazione di misure di favore, compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali nel rispetto dei principi di solidarietà e sussidiarietà.

Con la legge di bilancio 2021 è stata, invece, introdotta la detassazione al 50 per cento degli utili degli enti non commerciali, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali enti esercitino, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (commi 44-47 della legge n. 178 del 2020).

Nell'ambito della citata circolare n. 35/E del 2023, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che la misura agevolativa, di cui alla legge di bilancio 2021, non rientra tra le «misure di favore» cui fa riferimento il comma 52-bis dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, la cui entrata in vigore comporterà l'abrogazione del citato articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 nella sua interezza. Pertanto, in linea di principio, i due regimi agevolativi possono applicarsi congiuntamente. 

Determinazione base imponibile IRAP degli enti non commerciali privati 

Per gli enti che svolgono, in via esclusivaattività non commerciali la base imponibile IRAP è determinata, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997,  secondo il c.d. metodo "retributivo" e, pertanto, in misura pari alla somma delle seguenti componenti:

  • retribuzioni spettanti al personale dipendente;
  • redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all'articolo 47 del TUIR (utili da partecipazione);
  • compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR;
  • compensi erogati per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente di cui all'articolo 81, comma 1, lettera l), del TUIR.

Per gli enti che svolgono anche attività commerciale, si applica il c.d. metodo "misto"; pertanto:

  1. la base imponibile riferibile all'eventuale attività commerciale dell'ente è determinata secondo le disposizioni applicabili alle imprese che svolgono attività industriali (articolo 5 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997), computando i costi deducibili ivi indicati non specificamente riferibili alle attività commerciali per un importo corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi considerati dalle predette disposizioni e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi;
  2. la base imponibile riferibile all'attività istituzionale è determinata secondo il metodo "retributivo", ma l'ammontare degli emolumenti è ridotto dell'importo specificamente riferibile alle attività commerciali; se non specificato, l'ammontare degli stessi è ridotto di un importo imputabile alle attività commerciali sulla base al citato rapporto calcolato sull'ammontare complessivo dei ricavi e proventi.

Nella determinazione della base imponibile, sono ammessi in deduzione i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro sostenuti per i soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (articolo 11 decreto legislativo n. 446 del 1997). Tale deduzione spetta solo in relazione ai dipendenti impiegati nell'eventuale attività commerciale, giacché gli enti che svolgono esclusivamente l'attività istituzionale, determinando il valore della produzione con il metodo "retributivo", considerano già le retribuzioni e i redditi di cui sopra al netto dei contributi assicurativi.

In caso di dipendenti impiegati sia nell'attività istituzionale sia in quella commerciale, l'importo della deduzione spettante va ridotto dell'importo forfetariamente imputabile all'attività istituzionale determinato in base al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi relativi all'attività istituzionale rilevanti, ai fini IRAP, e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Per maggiori approfondimenti, si veda il paragrafo del tema dedicato all'IRAP.

ultimo aggiornamento: 28 maggio 2025

Il decreto legislativo n. 36 del 2021 reca il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, in attuazione dell'articolo 5 della legge n. 86 del 2019.

Per associazione o società sportiva dilettantistica si intende, ai sensi dell'articolo 2 del suddetto decreto, il soggetto giuridico affiliato ad una Federazione Sportiva Nazionale, a una Disciplina Sportiva Associata o a un Ente di Promozione Sportiva, anche paralimpico, e comunque iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo n. 39 del 2021 che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica.

Le associazioni e le società sportive dilettantistiche indicano nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica. Gli enti sportivi dilettantistici possono adottare le seguenti forme giuridiche:

  • associazione sportiva senza personalità giuridica;
  • associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato;
  • società di capitali e cooperative;
  • enti del terzo settore costituiti ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, iscritti al Registro unico nazionale del terzo settore e che esercitano, come attività di interesse generale, l'organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche e sono iscritti al registro delle attività sportive dilettantistiche.

L'articolo 12 del decreto sopra citato reca disposizioni tributarie in materia di associazioni e società sportive dilettantistiche, stabilendo che:

  • sui contributi erogati dal CONI, dalle Federazioni Sportive Nazionali e dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, alle società e associazioni sportive dilettantistiche non si applica la ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto;
  • gli atti costitutivi e di trasformazione delle associazioni e società sportive dilettantistiche, nonché delle Federazioni Sportive Nazionali e degli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo svolgimento dell'attività sportiva, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa;
  • le modifiche statutarie adottate entro il 30 giugno 2024 (originariamente 31 dicembre 2023, successivamente esteso al 30 giugno 2024 dall'articolo 16, comma 2-bis, lettera b), del decreto legislativo n. 145 del 2023) sono esenti dall'imposta di registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni necessarie a conformare gli statuti alle disposizioni del decreto legislativo n. 36 del 2021;
  • il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni e gruppi sportivi scolastici che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni Sportive Nazionali o da Enti di Promozione Sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200 mila euro, spesa di pubblicità.

L'articolo 13, comma 1, del  decreto-legge n. 176 del 2022 (c.d. aiuti  quater), al fine di sostenere le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva e le  associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche con domicilio fiscale, sede legale o operativa in Italia e operanti nell'ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento,  aveva prorogato al 22 dicembre 2022 il termine per l'effettuazione di una serie di  versamenti tributari e contributivi, comprensivi delle addizionali regionali e comunali, già precedentemente sospesi dall'articolo 1, comma 923, lettere  a) ,  b) ,  c) e  d) , della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), dall'articolo 7, comma 3- bis, del decreto-legge n. 17 del 2022 e, in ultimo, dall'articolo 39, comma 1- bis, del decreto-legge n. 50 del 2022. Nello specifico, si trattava dei versamenti relativi a:
  • ritenute alla fonte operate dai soggetti in qualità di sostituti d'imposta;
  • adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria;
  • IVA;
  • imposte sui redditi.

Le associazioni sportive dilettantistiche rientrano nella categoria degli enti diversi dalle società. Tali associazioni, qualora si caratterizzino per lo svolgimento in via esclusiva o principale di attività non commerciale, sono riconducibili, quali soggetti passivi IRES, tra gli enti non commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR. Per quanto concerne, invece, le società sportive dilettantistiche, le stesse, ancorché non perseguano scopo di lucro, mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell'ambito dei soggetti passivi IRES di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, con la conseguenza che il loro è determinato secondo le disposizioni del Tuir relative alle società e agli enti commerciali.

La legge n. 398 del 1991 disciplina uno specifico regime fiscale agevolato per cui possono optare le associazioni sportive dilettantistiche e, secondo quando disposto dall'articolo 90, comma 1, della legge n. 289 del 2002, le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente abbiano conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 400 mila euro.

Tale regime prevede una modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell'IVA, nonché delle previsioni di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi. L'opzione per il regime ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è esercitata, fino a quando non è revocata e, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 544 del 1999, è vincolante per un quinquennio. Gli enti predetti decadono automaticamente dal regime agevolato in caso di superamento del limite di 400 mila euro, con effetto dal mese successivo a quello di superamento.

Nello specifico, ai sensi dell'articolo 2 della legge suddetta, il regime in oggetto prevede:

  • l'esonero dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili di cui agli articoli 14 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, dagli obblighi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (in particolare, dall'obbligo di fatturazione e di registrazione), dall'obbligo di certificazione mediante scontrini e ricevute fiscali, nonché dall'obbligo di dichiarazione ai fini IVA;
  • l'obbligo di conservazione e numerazione progressiva delle fatture di acquisto, di annotazione, anche con una unica registrazione, entro il giorno 15 del mese successivo, dell'ammontare dei corrispettivi e di qualsiasi provento conseguiti nell'esercizio di attività commerciali, con riferimento al mese precedente, di versamento trimestrale dell'IVA entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre di riferimento, nonché di annotazione distintamente nel modello di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997 dei proventi di cui all'articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999, che non costituiscono reddito imponibile, le plusvalenze patrimoniali, nonché le operazioni intracomunitarie (articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 544 del 1999);
  • la determinazione del reddito imponibile ai fini IRES mediante l'applicazione del coefficiente di redditività del 3 per cento all'ammontare dei proventi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali, aggiungendovi anche l'intero importo delle plusvalenze patrimoniali;
  • l'applicazione per tutti i proventi conseguiti nell'esercizio delle attività commerciali, connesse agli scopi istituzionali, delle disposizioni previste dall'articolo 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (secondo cui, agli effetti della determinazione dell'IVA, la detrazione di cui all'articolo 19 del decreto medesimo è forfettizzata con l'applicazione di una detrazione, in via generale, pari al 50 per cento dell'imposta relativa alle operazioni imponibili).

Infine, sempre con riguardo alle associazioni sportive dilettantistiche, l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 202 del 2024 (si rinvia al relativo dossier) ha posticipato al 1° gennaio 2026 l'operatività del nuovo regime di esenzione IVA, in luogo dell'attuale regime di esclusione, con riferimento alle prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport, inclusi soci e tesserati. Tale regime di esenzione è stato introdotto dall'articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, la cui applicazione, inizialmente differita al 1° gennaio 2024 dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 683), era stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall'articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.

A tale proposito, l'articolo 3 del decreto-legge n. 113 del 2024 ha disposto che fino alla data di applicazione delle disposizioni di cui al citato articolo 5, comma 15-quater (ovvero il 1° gennaio 2026), le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche possono continuare a porre in essere fuori campo IVA le prestazioni indicate dal medesimo comma 15-quater, in base a quanto disposto dall'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (nel testo previgente all'entrata in vigore dell'articolo 5, comma 15-quater).

Per ulteriori approfondimenti sulle questioni fiscali di interesse delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, si rinvia alla circolare n. 18/E del 2018 dell'Agenzia delle entrate.

ultimo aggiornamento: 7 aprile 2025

L'impresa sociale è qualificazione che può essere assunta da soggetti aventi qualsiasi forma giuridica, ad alcune fondamentali condizioni secondo la disciplina previgente che operi in settori considerati di utilità sociale e che, secondo le previsioni contenute nel D. Lgs. n. 112 del 2017, può distribuire dividendi ai soci entro limiti definiti. La disciplina vigente prevede alcuni incentivi fiscali (per capitale investito in imprese sociali sorte da non oltre tre anni, o per utili ed avanzi di gestione mantenuti nella riserva indivisibile o nel capitale dell'impresa). Altri profili riguardano i controlli interni e il coinvolgimento di lavoratori, utenti e altri interessati.

Successivamente è stato introdotto l'obbligo, anziché la mera facoltà prevista precedentemente, per le imprese sociali di destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni, nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Tali versamenti sono deducibili ai fini dell'imposta sui redditi dell'impresa sociale erogante (articolo 26 , comma 2, del decreto legge n. 73 del 2022 che modifica il decreto legislativo n. 112 del 2017). Si prevede inoltre che fino al quinto periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea, alcune agevolazioni fiscali (detrazione di un importo pari al trenta per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni di cui all'articolo 18, comma 3 e deduzione dal reddito dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società del trenta per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni di cui all'articolo 18, comma 4) si applicano anche alle somme investite nel capitale delle società che hanno acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 112 del 2017.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 18comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2017, non concorrono a formare il reddito imponibile delle imprese sociali: (i) le somme destinate al versamento del contributo per l'attività ispettiva di cui all'articolo 15, nonché (ii) le somme destinate ad apposite riserve legalmente vincolate alla realizzazione di attività di interesse generale ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2. L'utilizzo delle riserve a copertura perdite non comporta la decadenza dal beneficio, a condizione che non si distribuiscano utili fino a quando le riserve non siano state ricostituite.

Il comma 9 del medesimo articolo 18 subordina l'efficacia delle disposizioni ivi previste ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

A tale riguardo, con la Comfort letter del 7 marzo 2025, la Commissione europea ha autorizzato l'Italia ad applicare le disposizioni di cui al citato articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2017, giacché "non appaiono selettive e, pertanto, non sembrerebbero costituire aiuto di Stato ai sensi dell'articolo  107, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea". Conseguentemente, dal 1° gennaio 2026, le imprese sociali potranno benificiare della totale detassazione degli utili reinvestiti per lo svolgimento dell'attività statuaria o per l'incremento del patrimonio netto.

L'applicazione delle altre agevolazioni fiscali riconosciute agli investitori delle imprese sociali di cui all'articolo 18, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo n. 112 del 2017, è tuttavia ancora sospesa in ragione dell'assenza della citata autorizzazione della Commissione europea

ultimo aggiornamento: 7 aprile 2025

Nel corso della legislatura, in continuità con quanto già avvenuto nella legislatura precedente è stato più volte differita l'entrata in vigore del nuovo regime IVA per gli enti del terzo settore.

Da ultimo con l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 202 del 2024, la nuova diciplina avrà effetto a decorrere dal 1° gennaio 2026.

In precedenza l'applicazione di tale regime, differita al 1° gennaio 2024 dal predetto comma 683 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021, è stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall'articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.

 

La nuova disciplina IVA degli enti del terzo settore

Gli articoli 4 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come modificati dall'articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 riconducono nel campo di applicazione dell'IVA, seppur in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti non profit di tipo associativo nei confronti dei propri associati e partecipanti, in precedenza rientranti nel regime di esclusione IVA e, dunque, non soggette a imposta.

In particolare si tratta delle cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Inoltre, vengono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati.

Inoltre determinate operazioni rese da enti non profit, fino a quel momento considerate fuori campo IVA, sono state ricomprese nel regime di esenzione. Precisamente, si tratta di:

  •  prestazioni di servizi e cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
  • prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
  • cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al primo punto del presente elenco, organizzate a loro esclusivo profitto;
  • somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività.

Tale intervento si era reso necessario per il superamento di una procedura d'infrazione europea.

Con la procedura di infrazione 2008/2010, attualmente allo stato di messa in mora complementare (C (2019) 4849 final 2019 del 25 luglio 2019), è stato infatti contestato il non corretto recepimento nell'ordinamento italiano delle esenzioni di pubblico interesse, di cui all'articolo 132 della Direttiva 2006/112/CE; la Commissione europea ha eccepito allo Stato italiano l'impossibilità di considerare escluse dal campo di applicazione dell'IVA le operazioni degli enti non commerciali a favore dei loro associati a fronte dell'aumento della quota associativa o dietro corrispettivo specifico. Conseguentemente, ai fini dell'archiviazione della citata procedura d'infrazione, si è proceduto all'adeguamento della normativa nazionale mediante l'articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies, del decreto-legge n. 146 del 2021 che rende la disciplina IVA delle operazioni effettuate da enti non commerciali a carattere associativo (enti non profit) conforme alle indicazioni dell'articolo 132 della direttiva IVA, prevedendo che tali operazioni siano rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto sebbene in regime di esenzione.

ultimo aggiornamento: 6 marzo 2025
 
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