tema 9 marzo 2023
Studi - Bilancio Le risorse e le misure di sostegno al Sud

Le politiche nazionali per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali vengono attuate principalmente a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC)

Nella precedente legislatura, per il sostegno allo sviluppo produttivo del Mezzogiorno e per il riequilibrio territoriale del Paese sono state approntate una serie di misure espressamente dedicate al Sud, alle quali si aggiungono ulteriori rilevanti interventi più trasversali sul piano territoriale, che prevedono apposite riserve o condizioni di accesso più agevolate a favore, in particolare, delle imprese del Mezzogiorno.

Rientra tra le misure di politica di coesione, la "Strategia Nazionale per le Aree Interne" (SNAI), diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese.

Al riequilibrio territoriale sono altresì destinati molti degli interventi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) , il quale prevede l'assegnazione di almeno il 40 per cento circa delle sue risorse complessive al Mezzogiorno, per un importo stimato pari a circa 86 miliardi, a testimonianza dell'attenzione al principio della coesione sociale e del riequilibrio territoriale, che costituisce uno dei pilastri del PNRR.

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Il principale strumento finanziario attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali è rappresentato, nell'ordinamento italiano, congiuntamente ai Fondi strutturali europei e al relativo cofinanziamento nazionale, dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), disciplinato dal decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88. Il Fondo:

  • ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea,
  • è destinato a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto: 80% nelle aree del Mezzogiorno; 20% nelle aree del Centro-Nord.
  • Le sue risorse sono aggiuntive, nel senso che non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato, in coerenza e nel rispetto del principio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea. 

 

Riguardo alle disponibilità finanziarie, nel bilancio di previsione per il triennio 2023-2025 (legge n. 197/2022 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2022 di ripartizione delle dotazioni dei singoli programmi di spesa in capitoli), il Fondo Sviluppo e Coesione - iscritto al capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia - presenta una dotazione per il triennio pari a 9,6 miliardi nel 2023, a 13,8 miliardi nel 2024 e a 15,4 miliardi nel 2025.

Tale dotazione è riferita alle risorse autorizzate per i due cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2017, rispettivamente, dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 6, L. 147/2013) e dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 178, L. n. 178/20202). Considerati gli importi complessivamente autorizzati dalle citate autorizzazioni di spesa, che verranno iscritte in bilancio negli anni successivi (in tutto, circa 45,3 miliardi fino al 2031), si raggiunge una dotazione complessiva del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione di circa 84,3 miliardi di euro.

MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
Programma: Sostegno alle politiche per lo sviluppo e la coesione economica
Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (cap. 8000/MEF)
(milioni di euro) 2023 2024 2025 2026 e succ. TOTALE
Risorse ciclo 2014-2020 6.638,4 5.251,3 5.186,3 0 17.076,0
Risorse ciclo 2021-2027 2.941,1 8.577,3 10.230,3 45.437,5 67.186,2
TOTALE 9.579,5  13.828,6  15.416,6 45.437,5  84.262,2 

Va peraltro segnalata la difficoltà nella capacità di spesa delle Amministrazioni delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la coesione, evidenziata dall'entità dei residui di bilancio. Infatti, al 1° gennaio 2023 risultano stimati sul capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sul quale sono allocate le disponibilità del FSC, ben 46,2 miliardi di euro in conto residui (a seguito dell'accertamento effettuato in sede di rendiconto 2021, al 1° gennaio 2022, erano stati accertati residui per 35,5 miliardi).

Per una analisi dell'utilizzo delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la coesione del ciclo 2014-2020, si rinvia al relativo  paragrafo del Tema "Il Fondo per lo sviluppo e la Coesione". Con riferimento al nuovo ciclo 2021-2027, si rinvia al seguente paragrafo.
ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2022

Per il sostegno allo sviluppo produttivo del Mezzogiorno e per il riequilibrio territoriale del Paese sono attualmente vigenti nell'ordinamento una serie di misure dedicate al Sud.

Ulteriori interventi di carattere trasversale sul piano territoriale prevedono poi apposite riserve o condizioni di accesso più agevolate a favore delle imprese del Mezzogiorno. Si rammenta, al riguardo, che la normativa europea, attraverso la politica di sviluppo regionale, autorizza intensità di aiuto più elevate per le regioni a minore sviluppo economico (cfr. Carta degli aiuti a finalità regionale) e destina ad esse la maggior parte delle risorse economiche dei Fondi Strutturali (sui quali, si rinvia al sito della Commissione UE).

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra le riforme programmate, indica la semplificazione delle norme sugli investimenti e gli interventi nel Mezzogiorno. L'intervento riformatore, che rientra nelle riforme abilitanti del Piano, viene collegato al riordino normativo di tutte le incentivazioni alle imprese, che richiede un apposito provvedimento legislativo.

Nei successivi paragrafi si dà conto dei principali incentivi previsti a legislazione vigente.

Le agevolazioni per investimenti nel Mezzogiorno

- Il credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi 

 Tra le principali misure per la coesione territoriale ed il Mezzogiorno rivestono particolare rilievo quelle rivolte al sostegno e allo sviluppo delle imprese operanti al Sud, attuate in questi ultimi anni sia attraverso la proroga ed il rifinanziamento di misure già operanti da tempo nell'ordinamento (ad es. il rifinanziamento del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno), sia mediante la definizione di nuovi strumenti di intervento.

Sotto questo profilo, una disposizione di rilievo è quella introdotta dalla legge n. 208 del 2015 (legge di bilancio 2016, commi da 98 a 108), che ha autorizzato un credito d'imposta per il periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019 per l'acquisto di beni strumentali nuovi (macchinari, impianti e attrezzature varie) destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo). La misura è stata poi di anno in anno prorogata, al 31 dicembre 2022 dall'articolo 1, comma 171, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020).

La successiva legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), all'art. 1, co. 175, al fine di adeguare l'individuazione dei territori destinatari della misura agevolativa a quanto previsto dalla nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 approvata dalla Commissione europea il 2 dicembre 2021 e alla conseguente rideterminazione del perimetro di applicazione della misura, consente nella regione Molise l'applicazione agli investimenti di un'intensità del credito superiore rispetto al regime precedente.

Da ultimo, l'art. 1, comma 266, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022) ha prorogato dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 il credito di imposta per l'acquisto di nuovi beni strumentali nel Mezzogiorno. 

- La c.d. nuova Sabatini per gli investimenti innovativi "industria 4.0" nel Mezzogiorno

Un secondo strumento di intervento per favorire gli investimenti è quello previsto dall'articolo 1, comma 226, della legge di bilancio 2020 a valere sulle ulteriori risorse assegnate – fino al 2025 – alla nuova legge Sabatini (articolo 2, comma 8, del decreto-legge n. 69 del 2013), che ha elevato la maggiorazione del contributo statale dal 30 per cento al 100 per cento per le micro e piccole imprese che effettuano investimenti innovativi "Industria 4.0" nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia nel limite complessivo di 60 milioni. In aggiunta al predetto stanziamento di 60 milioni di euro, l'art 39, comma 2, del D.L. n. 76/2020 ha stabilito che l'intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei.

A seguito dell'emergenza determinata dalla pandemia di Covid-19, il D.L. n. 34/2020 ha introdotto, all'articolo 244, una maggiorazione dell'aliquota del credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo (già previsto dall'art. 1, co. 198 e ss. della legge di bilancio 2020) destinato alle imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, anche al fine di agevolare l'attività di ricerca in ambito Covid-19. La maggiorazione del credito d'imposta è stata estesa alle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

Da ultimo, l'articolo 1, commi 185-187, della legge di bilancio 2021 ha prorogato tale credito di imposta per le annualità 2021 e 2022.

- Credito di imposta ricerca e sviluppo potenziato nel Mezzogiorno

La legge di bilancio 2020 (commi 185-187) ha prorogato per le annualità 2021 e 2022 il credito d'imposta per le spese in investimenti in attività di ricerca e sviluppo in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

Nei confronti delle imprese operanti nelle predette regioni il credito di imposta spetta nelle seguenti misure:

  • 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;
  • 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni;   
  • 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni (imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003).

Da ultimo, l'art. 1, commi 268-269, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022) ha esteso anche al 2023 il credito di imposta ricerca e sviluppo potenziato nel Mezzogiorno.

La misura "Resto al Sud"

Tra gli strumenti innovativi espressamene dedicati al Mezzogiorno, rileva la misura denominata "Resto al Sud", introdotta dal decreto-legge n. 91/2017, e finanziata mediante utilizzo delle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, per un importo complessivo fino a 1.250 milioni.

La misura costituisce una delle principali forme di sostegno per lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali del Mezzogiorno. Finalizzata a promuovere la costituzione di nuove imprese nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, è rivolta ai giovani, residenti al momento della presentazione della domanda nelle Regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza nei termini di legge, e che mantengano nelle stesse Regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento (inizialmente pari a 50.000 euro), consistente, in parte, in erogazioni a fondo perduto, e, per la restante parte in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento. Sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, ivi compresi i servizi turistici. La legge di bilancio 2019 ha ricompreso nella misura anche i liberi professionisti, rimasti inizialmente esclusi. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

La misura è stata successivamente estesa quanto al suo ambito soggettivo e, a seguito della crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19, potenziata in termini di entità del sostegno a fondo perduto che può essere concesso a valere su di essa.

Inizialmente limitata ai soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, la misura è stata estesa ai soggetti di età compresa tra i 36 e i 45 anni di età l'articolo 1, comma 601, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018). Con la legge di bilancio per il 2021 l'età massima dei potenziali beneficiari è stata portata a 55 anni (L. n. 178/2020, art. 1, comma 170).

La misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 (terremoti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria), anche in deroga ai limiti di età nel caso di comuni con più del 50 per cento di edifici inagibili, (nuovo comma 1-bis inserito nell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 dall'art. 5 del D.L. 123/2019), nonché ai comuni delle isole minori del Centro-Nord nonché alle isole minori lagunari e lacustre (Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia, Giglio, Marciana, Marciana Marina, Ponza, Porto Azzurro, Portoferraio, Portovenere, Rio, Ventotene) (D.L. n. 121/2021, art. 13).

 A seguito della pandemia, con l'articolo 245-bis del D.L. n. 34/2020 è stata disposta una rimodulazione della misura "Resto al Sud" – con un aumento da 50.000 a 60.000 euro del finanziamento massimo erogabile ed un incremento dal 35 al 50 per cento della quota di finanziamento erogabile nella forma del contributo a fondo perduto – al fine di sostenere il rilancio produttivo del Mezzogiorno e di promuovere la costituzione di nuove start-up nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

 Attualmente, il beneficio concesso – dopo le modifiche introdotte nel 2020 a seguito della pandemia - consiste in un finanziamento, fino a un massimo di 60 mila euro (200 mila per le società, anche cooperative), costituito per il 50 per cento da una erogazione a fondo perduto e per il restante 50 per cento da un prestito (bancario) a tasso zero da rimborsare in otto anni. Il prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, gestore della misura, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. La garanzia è fornita dal Fondo di garanzia PMI, presso il quale opera una apposita sezione speciale.

I beneficiari devono mantenere la residenza o la sede legale e operativa nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento.

Sono finanziate le attività di produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

Il decreto-legge n. 34/2020 (articolo 245) ha poi previsto l'ulteriore concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei beneficiari della misura, a copertura del fabbisogno di circolante, a valere sulle risorse ancora disponibili ad essa assegnate: 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e 10.000 euro per ciascun socio dell'impresa beneficiaria (fino ad un massimo di 40.000 euro), per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19.

 Le modalità di attuazione della misura "Resto al Sud" sono contenute nel regolamento di cui al D.M. 9 novembre 2017, n. 174, come successivamente modificato dal D.M. 5 agosto 2019, n. 134.

Quanto alle risorse finanziarie, la misura è stata finanziata per un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020. Il CIPE ha provveduto alla ripartizione in annualità degli importi (CIPE delibera n. 74 del 7 agosto 2017, per 715 milioni di euro, e delibera n. 102 del 22 dicembre 2017, per gli ulteriori 535 milioni di euro).

Come rilevato dal Governo, in ragione delle lunghe e articolate fasi del procedimento di ammissione al finanziamento, la misura è entrata a pieno regime solo all'inizio del 2019 (cfr. DEF 2020, pag. 101). Circa i dati attuativi aggiornati, si rinvia al sito istituzionale di INVITALIA.

La misura "Cresci al Sud"

Al fine di rafforzare ed ampliare il sostegno al tessuto economico-produttivo delle regioni del Mezzogiorno, la legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 321-326, L. n. 160/2019) ha istituito il «Fondo Cresci al Sud», della durata di 12 anni (quindi fino al 2031), a sostegno della competitività e della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese aventi sede legale e attività produttiva nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una dotazione iniziale di 150 milioni per il 2020 e di 100 milioni per il 2021, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020.

Il Fondo "Cresci al Sud" opera attraverso l'acquisizione di partecipazioni, prevalentemente di minoranza, nel capitale di rischio delle PMI aventi sede legale e operativa nelle suddette regioni del Mezzogiorno.

 Il Fondo è gestito (fuori bilancio) da Invitalia S.p.A., tramite apposita convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri, titolare della misura. Quote aggiuntive del Fondo possono essere sottoscritte anche da investitori istituzionali, pubblici e privati, individuati da Invitalia S.p.A., da Cassa depositi e prestiti, dalla Banca europea per gli investimenti e dal Fondo europeo per gli investimenti.

Il Fondo opera investendo nel capitale delle imprese, unitamente e contestualmente a investitori privati indipendenti, secondo le modalità definite nel regolamento di gestione del Fondo medesimo.

Il ticket delle operazioni di investimento è indicativamente compreso in un range di 1 e 10 milioni di euro, fermo restando il limite per cui l'importo di ciascun investimento non potrà essere superiore al 15% della dotazione del Fondo. La durata degli investimenti diretti è indicativamente pari a 5 anni, anche al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi previsti dal piano di sviluppo condiviso. Il Fondo è divenuto operativo a fine luglio 2020, con la registrazione da parte della Corte dei Conti della Convenzione che regola i rapporti tra Invitalia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la coesione.

Il Fondo imprese Sud

Analogo al fondo "Cresci al Sud" è il fondo denominato "Fondo imprese Sud", istituito dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, commi 897-903, L. n. 205/2017), anch'esso finalizzato al sostegno della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese aventi sede legale e attività produttiva nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Il Fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni, finanziata a valere sulle disponibilità relative all'annualità 2017 delle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014- 2020, ha una durata di 12 anni (quindi fino al 2029), e la relativa gestione - che opera investendo nel capitale delle piccole e medie imprese, nonché in fondi privati di investimento mobiliare chiuso (OICR), che realizzano investimenti nelle piccole e medie imprese territorialmente beneficiarie dell'intervento - è affidata a Invitalia S.p.A., che può a tal fine avvalersi anche della Banca del Mezzogiorno. A tal fine Invitalia stipula una apposita convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo ha natura contabile di "gestione fuori bilancio" ed è assoggettata al controllo della Corte dei conti.

Con riferimento alla partecipazione di soggetti terzi al Fondo, si prevede che quote aggiuntive del Fondo stesso possano essere sottoscritte anche da investitori istituzionali, pubblici e privati, inclusi la Banca del Mezzogiorno, la Cassa depositi e prestiti S.p.A., la Banca Europea per gli Investimenti e il Fondo Europeo per gli Investimenti, individuati dalla medesima Agenzia.

Il Fondo opera investendo nel capitale delle piccole e medie imprese, unitamente e contestualmente a investitori privati indipendenti. L'investimento nel capitale di ciascuna impresa target deve essere finanziato, per almeno il 50 per cento, da risorse apportate dai predetti investitori privati indipendenti, individuati attraverso una procedura aperta e trasparente.

Decontribuzione per il Mezzogiorno

Nel corso dell'emergenza epidemiologica è stata introdotta un'agevolazione contributiva per favorire l'occupazione in aree svantaggiate (cosiddetta decontribuzione Sud) che riconosce, per il periodo dal 1° ottobre 2020 a tutto il 2029, un esonero contributivo parziale dei contributi previdenziali dovuti da parte dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise,  Puglia, Sardegna, Sicilia, ossia le regioni che, con riferimento al 2018, presentano un PIL pro capite non superiore al 90 per cento di quello medio dei 27 Paesi attualmente facenti parte dell'UE e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale, vale a dire (art. 27 del D.L. 104/2020,  e art. 1, co. 161, della L. 178/2020).

La misura del predetto esonero è modulata in modo diverso a seconda degli anni di riferimento (pari al 30 per cento dei contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025, al 20 per cento per gli anni 2026 e 2027 e al 10 per cento per gli anni 2028 e 2029).

La Commissione europea, con la Decisione C(2021)1220 final del 18 febbraio 2021, ha autorizzato l'agevolazione contributiva in questione, non sollevando obiezioni in relazione al riconoscimento della stessa.

Sgravi contributivi in favore dell'occupazione giovanile

La legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 10-15, L. n. 178/2020) ha modificato la disciplina sulla riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati per le assunzioni (esclusi i dirigenti e i lavoratori domestici) con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato di soggetti di età inferiore a determinati limiti e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

 In favore dei giovani, è riconosciuto un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro privati, per un periodo massimo di 48 mesi, per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022 di soggetti fino a 36 anni di età nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

Dal 2023, la misura di tale esonero sarà pari al 50 per cento dei contributi previdenziali e per un massimo di 36 mesi (come attualmente previsto per le restanti regioni), con riferimento, su tutto il territorio nazionale, alle assunzioni di soggetti fino a 30 anni di età.

 In favore delle donne, è riconosciuto un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro privati, per le assunzioni, tra l'altro, di donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, effettuate nel biennio 2021-2022.

Tale esonero è riconosciuto nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui per un periodo di dodici mesi, elevati a diciotto se la suddetta assunzione è a tempo indeterminato o se vi è una trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato.

Le zone economiche speciali (ZES)

Il Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

Le Zone economiche speciali (ZES), istituite a valere sulle risorse Fondo sviluppo e coesione, sono concentrate nelle aree portuali e nelle aree ad esse economicamente collegate, nelle regioni meridionali, definite dalla normativa europea per la programmazione 2014-2020 come "meno sviluppate" (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania) o "in transizione" (Sardegna, Abruzzo e Molise).

Lo scopo delle ZES è quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES, e beneficiano di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa;

La Zona economica speciale è definita come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).

In Italia - nelle regioni in cui possono essere istituite le ZES - sono porti della rete centrale: Palermo, Augusta, Gioia Tauro, Cagliari, Taranto, Bari, Napoli. Tra i porti della rete globale rientrano, tra gli altri, Catania, Messina, Milazzo, Siracusa, Trapani, Gela, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Brindisi, Salerno, Olbia, Porto Torres.

Le regioni che presentino tali condizioni possono presentare una proposta di istituzione di ZES nel proprio territorio, o al massimo due proposte ove siano presenti più aree portuali che abbiano le caratteristiche stabilite dal regolamento europeo, accompagnata da un piano di sviluppo strategico. Inoltre, anche le regioni che non posseggano aree portuali possono presentare istanza di istituzione di una ZES, ma solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale avente le caratteristiche richieste.

In particolare, le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES usufruiscono di benefici fiscali, nonché di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente, che sono definiti nell'articolo 5 del D.L. n. 91/2017.

Il Regolamento sull'istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) è recato dal DPCM 25 gennaio 2018, n. 12.

 Misure di semplificazione e di concessione di ulteriori agevolazioni fiscali per le Zone economiche speciali sono state introdotte dal D.L. n. 135 del 2018 (art. 3-ter), dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 316, L. n. 160/2019), dal D.L. n. 76 del 2020 (art. 46), dal D.L. n. 77 del 2021 (art. 57), dal D.L. n. 152 del 2021 (art. 11), dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 173-176, L. n. 178/2020) e dal D.L. n. 36 del 2022 (art. 37).

 La legge di bilancio 2021 (commi 173-176 della legge n. 178/2020) ha previsto, per le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica nelle ZES, la riduzione dell'imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella zona economica speciale del 50% (dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi).

Per ottenere l'agevolazione occorre il rispetto di condizioni riguardanti il mantenimento dell'attività nell'area ZES per almeno dieci anni e la conservazione dei posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno dieci anni. L'agevolazione spetta nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regime de minimis, anche per il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura.

 Per gli investimenti effettuati nelle ZES il D.L. n. 91/2017 prevede inoltre che le imprese possano usufruire del credito d'imposta (si tratta di quello già previsto per gli investimenti in beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno nella misura stabilita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale). La fruizione del beneficio - a seguito delle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2020 e poi dal D.L. n. 77 del 2021 - è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro ed esteso all'acquisto di immobili strumentali agli investimenti. Le imprese devono mantenere la loro attività nell'area ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell'investimento oggetto delle agevolazioni e non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

Da ultimo,  l'art. 1, comma 267, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022) ha esteso anche al 2023 il credito di imposta  per gli investimenti effettuati nelle ZES.

Si ricorda, peraltro, che il PNRR destina 630 milioni di euro allo sviluppo delle ZES.

Il decreto legge n. 77/2021 ha previsto che il Commissario straordinario del governo, che presiede il Comitato di indirizzo, organo di gestione della ZES, possa assumere le funzioni di stazione appaltante fino al 31/12/2026 e operare con poteri straordinari in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici. Inoltre, le Regioni devono adeguare la propria programmazione o la riprogrammazione dei fondi strutturali alle esigenze di funzionamento e sviluppo della ZES, nonché concordare le relative linee strategiche con il Commissario, garantendo la massima sinergia delle risorse materiali e strumentali approntate per la piena realizzazione del piano strategico di sviluppo.

In materia di semplificazioni amministrative e termini dei procedimenti per le attività nelle ZES, il decreto legge n. 77 ha introdotto il nuovo procedimento di autorizzazione unica e ridotto alla metà i termini relativi alla disciplina il silenzio e all'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici e stabilito che siano da considerarsi perentori i termini  previsti per il rilascio di autorizzazioni, approvazioni, intese, concerti, pareri, concessioni, accertamenti di conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, nulla osta ed atti di assenso, comunque denominati, degli enti locali, regionali, delle amministrazioni centrali nonché di tutti gli altri competenti enti e agenzie e che decorsi inutilmente tali termini, gli atti si intendano resi in senso favorevole.

Il Contratto di Sviluppo

Il Contratto di Sviluppo per il sostegno ai grandi progetti di investimento nei settori industriale, turistico, commerciale e della tutela ambientale, introdotto nell'ordinamento dall'art. 43 del decreto-legge n. 112/2008 e divenuto operativo dal 2011, negli ultimi anni è stato considerevolmente potenziato quanto a risorse finanziarie ad esso dedicate e ad ambito di intervento. Esso costituisce il principale regime di aiuto a programmi di investimento e di industrializzazione, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.

In tal senso rientra a pieno titolo tra gli strumenti di politica di coesione economica, essendo, i contratti di sviluppo, per buona parte, finanziati attraverso le risorse dei Fondi strutturali europei, PON Competitività, e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, con i relativi vincoli territoriali per esse previsti (80% Mezzogiorno e 20% Centro-Nord).

Le agevolazioni concesse attraverso i contratti di sviluppo assumono diverse forme, anche in combinazione tra loro: contributi in conto impianti; finanziamenti agevolati, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributi in conto interessi; contributi diretti alla spesa. L'entità delle agevolazioni, nel rispetto della disciplina in materia di aiuti di Stato, è determinata sulla base della tipologia di progetto, dalla localizzazione dell'iniziativa e dalla dimensione di impresa, nell'ambito della fase di negoziazione. I beneficiari delle agevolazioni sono: l'impresa proponente, che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo; le altre imprese che realizzano progetti di investimento nell'ambito del programma di sviluppo.

Per una ricostruzione di dettaglio si rinvia al sito istituzionale dei MISE e al sito di Invitalia S.p.A., soggetto gestore per conto del MISE.

Con il fine di rilanciare il settore turistico, particolarmente colpito dalla crisi pandemica, la legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020, articolo 1, commi da 85 a 87), ha introdotto una disciplina di accesso agevolata ai contratti di sviluppo aventi ad oggetto la realizzazione di programmi in grado di ridurre il divario socio-economico tra le aree territoriali del Paese e di contribuire ad un utilizzo efficiente del patrimonio immobiliare nazionale.

In particolare, la soglia di accesso per i programmi di sviluppo di attività turistiche, ordinariamente pari a 20 milioni di euro, è stata ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l'importo minimo dei progetti d'investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro.

Inoltre, i programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l'attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all'ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all'accoglienza dell'utente, finalizzati all'erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Per le finalità sopra indicate, sono stati stanziati 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 30 milioni di euro per l'anno 2022.

La misura è stata attuata con la Direttiva del Ministro dello sviluppo economico del 19 marzo 2021 e con la pubblicazione dell'elenco dei comuni rientranti nelle aree interne del Paese.

Il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS)

Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) - istituito dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011 - costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione. In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturalifunzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese.

Con i CIS, in sostanza, le risorse sono concentrate per la realizzazione di un'unica grande infrastruttura a valenza nazionale o interregionale (salve eccezioni dettate da specificità territoriali), superando i tradizionali limiti regionali verso una logica per macroaree. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti.

Per valorizzare i contratti istituzionali di sviluppo, il D.L. n. 91/2017, all'articolo 7, ha previsto che, per accelerare l'attuazione di interventi complessi, definiti dalla norma come "aventi natura di grandi progetti" ovvero di "investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedano un approccio integrato e l'impiego di fondi strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse nazionali e europee", sia il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno ad individuare gli interventi per i quali si procede alla sottoscrizione di appositi Contratti istituzionali di sviluppo, su richiesta delle amministrazioni interessate.

Il decreto-legge n. 77/2021 (art. 14) ha inoltre esteso anche ai CIS le norme di accelerazione e semplificazione introdotte nell'ordinamento per l'attuazione del PNRR.

Per quanto riguarda interventi infrastrutturali sono attualmente operativi i Contratti istituzionali di sviluppo relativi alle seguenti opere ferroviarie: CIS Napoli-Bari-Lecce/Taranto; CIS Messina-Catania-Palermo; CIS Salerno-Reggio Calabria, nonché il CIS per l'adeguamento della strada statale Sassari-Olbia.

Ad essi si aggiungono i CIS riferiti ad uno specifico territorio: CIS Taranto; CIS Capitanata (Foggia); CIS Molise, CIS Matera e CIS Ventotene (recupero ex carcere borbonico).

Sono stati poi sottoscritti il CIS per i Comuni del Cratere sismico del 2016 (14 settembre 2021), il CIS Terra dei Fuochi (27 gennaio 2022), il CIS per l'area Vesuvio-Pompei-Napoli (17 maggio 2022), il CIS regione Calabria (21 giugno 2022), il CIS Brindisi-Lecce-Costa Adriatica (28 giugno 2022), il CIS Roma (6 luglio 2022).

Sono stati avviati i percorsi per il CIS "la Grande Salerno" e per il CIS nazionale "Acqua Bene Comune", mentre il CIS Volare - Aeroporti di Calabria è in fase di sottoscrizione.

Vanno infine aggiunti i CIS riservati alla rigenerazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale che si trova nei centri storici delle città di Cosenza, Napoli e Palermo, il cui Tavolo interistituzionale è presieduto dal Ministero della Cultura.

La c.d. regola del 34 per cento nella assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale

Con le leggi di bilancio per il 2019 e 2020 si è ridefinita la cosiddetta regola del 34% ai fini della destinazione alle regioni del Mezzogiorno delle risorse ordinarie in conto capitale, in proporzione alla popolazione di riferimento.

La regola, introdotta in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 243 del 2016, con l'inserimento nel testo dell'articolo 7-bis, è stata oggetto di numerose modifiche, ad opera dell'articolo 1, commi 597 e 598, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), quindi ridefinita dall'articolo 1, comma 310, dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019) e, da ultimo, integrata dall'articolo 30 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (decreto Mille proroghe).

In sostanza, la disposizione introduce, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore degli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, disponendo che le Amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare all'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, 34% degli stanziamenti).

La legge di bilancio per il 2020 (art. 1, comma 310, L. n. 160/2019) è, in particolare, intervenuta sulla disciplina indicando come unico criterio di riferimento per l'assegnazione differenziale delle risorse in favore del Mezzogiorno quello della popolazione.

Per quanto riguarda le risorse oggetto di ripartizione differenziale, la nuova formulazione introdotta dalla legge n. 160/2019 considera le risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, da assegnare sull'intero territorio nazionale, per i quali non si abbiano criteri o indicatori di attribuzione già individuati.

Tale formulazione conferma l'esclusione, dalla regola del 34%, delle risorse nazionali aggiuntive iscritte sul Fondo sviluppo e coesione (FSC).

Il Ministro per il Sud e la coesione territoriale aveva svolto alla Camera il 6 maggio 2020 una informativa urgente sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di una quota di investimenti dello Stato e sulle difficoltà della sua applicazione.

Con il D.P.C.M. 21 gennaio 2021 è stata finalmente definita la modalità di verifica della regola del 34 per cento (aggiornando il precedente D.P.C.M. 10 maggio 2019). Entro il 30 giugno di ogni anno le amministrazioni centrali trasmettono al Ministro per il Sud e la coesione territoriale e al Ministro dell'economia e delle finanze, con apposita comunicazione, l'elenco dei programmi di spesa per opere pubbliche finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull'intero territorio nazionale, indicando, per i singoli programmi di spesa se l'obiettivo che si prefiggono costituisce il riparto di una quota degli stanziamenti proporzionale alla popolazione residente ovvero una quota maggiore, nonché gli ulteriori criteri di ripartizione che si intendono adottare. Entro il 30 giugno dell'anno successivo, le amministrazioni centrali trasmettono al Ministro per il sud e la coesione territoriale e al Ministro dell'economia e delle finanze una comunicazione riportante ogni informazione utile, ai fini della verifica dell'obiettivo di destinare agli interventi nel territorio composto dalle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione residente e al monitoraggio della spesa erogata.

ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2022

Al riequilibrio territoriale sono altresì destinati molti degli interventi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che costituisce un'occasione per il rilancio del Mezzogiorno e per la ripresa del processo di convergenza con le aree più sviluppate del Paese. La coesione sociale e territoriale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero PNRR.

Secondo quanto espressamente indicato nel PNRR, il Piano mette a disposizione del Sud un complesso di risorse pari a non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili del PNRR (pari a circa 82 miliardi, incluso il Fondo complementare), per le otto regioni del Mezzogiorno, a fronte – si sottolinea nel Piano - del 34 per cento previsto dalla attuale normativa vigente in favore del Sud per la ripartizione degli investimenti ordinari destinati su tutto il territorio nazionale.

Si rinvia, al riguardo, al relativo tema: Il Mezzogiorno e PNRR.

ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2022

Rientra tra le misure di politica di coesione, la "Strategia Nazionale per le Aree Interne" (SNAI), che rappresenta una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell'ambito dell'Accordo di Partenariato, diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, e che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana. La Strategia ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari.

Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne - sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR) sia da risorse nazionali - il legislatore ha stanziato risorse nazionali per complessivi 591,2 milioni fino al 2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie.

L'articolo 58 del D.L. n. 77/2021 (c.d. semplificazioni) ha introdotto norme di semplificazione, prevedendo che all'attuazione degli interventi della SNAI si provveda mediante nuove modalità che saranno individuate da una apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), anziché mediante lo strumento dell'Accordo di programma quadro, come previsto dalla normativa previgente.

 La SNAI 2014-2020 interessa 72 aree, composte da 1.060 Comuni, da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale. Come illustrato nell'ultima Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree interne, del Dipartimento Politiche di coesione, nel primo semestre 2021 è stato completato il processo di approvazione delle strategie di tutte le 72 aree della Strategia del ciclo 2014-2020, a ciascuna delle quali vengono assegnati 3,7 milioni. Al 31 dicembre 2021 risultano sottoscritti 46 Accordi di programma quadro. Nella Relazione si riporta che gli interventi programmati nelle 72 strategie di area ammontano a circa 1,2 miliardi di euro, di cui 720 milioni coperti da Fondi Strutturali e di Investimento Europei e la restante parte dal bilancio dello Stato o, in minima parte, da altre fonti finanziarie.

 L'attenzione per le Aree interne è confermata nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede investimenti per 825 milioni di euro per potenziare servizi e infrastrutture sociali e realizzare farmacie rurali nei Comuni con meno di tremila abitanti, presenti in aree sprovviste dei servizi sanitari di prossimità, nonché nell'ambito del Fondo complementare al PNRR, istituito con il D.L. n. 59/2021, che destina 300 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 alla Strategia Nazionale Aree interne, con riferimento specifico al finanziamento del programma per il miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade, finalizzato ad interventi di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della rete viaria, anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico. Tale finanziamento è stato incrementato di 50 milioni, di cui 20 milioni per l'anno 2023 e di 30 milioni per l'anno 2024, dall'articolo 1, comma 418, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021).

Infine il D.L. n. 120/2021 ha disposto l'utilizzo di quota parte delle risorse non utilizzate già assegnate alla SNAI alla prevenzione degli incendi boschivi nelle aree interne, nell'importo di 20 milioni per l'anno 2021 e di 40 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Le risorse 2021 e 2022 sono state assegnate con la delibera CIPESS n. 8 del 14 aprile 2022 (per complessivi 60 milioni di euro).

Nel 2022 è stata avviata la procedura per l'individuazione delle aree rientranti nella SNAI 2021-2027, sulla base di quanto definito nell'Accordo di Partenariato italiano, che assegna alle singole Regioni/Province autonome la decisione motivata su quali aree SNAI 2014-2020 continuare o meno a sostenere con i programmi 2021-2027, e l'iniziativa per la proposta di "nuove aree" da candidare. Gli interventi saranno sostenuti dai Fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027, ma anche da risorse nazionali legate principalmente al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.

Sull'istruttoria relativa alla Mappatura delle aree interne 2021-2027, si rinvia al documento del Dipartimento per le politiche di coesione - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Criteri per la selezione delle nuove Aree Interne da sostenere nel ciclo 2021-2027, di gennaio 2022).

La delibera CIPESS n. 41 del 2 agosto 2022 ha assegnato 172 milioni alle 43 nuove aree interne che sono state individuate nell'ambito della SNAI 2021-2027 (4 milioni ad area) e ne ha definito la governance.

ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2022

Nell'ambito della Strategia Nazionale per lo sviluppo delle Aree Interne, è stato istituito dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 313, lett. d), della legge n. 160 del 2019), presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, un apposito Fondo di sostegno alle attività economicheartigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022.

A seguito dell'emergenza sanitaria da Covid-19, il D.L. n. 34/2020 ne ha previsto il rifinanziamento, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, allo scopo di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell'epidemia da Covid-19, nonché nella misura di ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati. Le risorse di tale fondo sono reperite a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC).

La legge di bilancio 2021 (articolo 1, commi 196-200) ha ridenominato il predetto Fondo in "Fondo di sostegno ai comuni marginali", destinandone le risorse al finanziamento di interventi a supporto della coesione sociale e dello sviluppo economico nelle aree del paese maggiormente colpite dal fenomeno dello spopolamento e con limitata offerta di servizi alle persone e alle attività economiche.

Il nuovo Fondo è stato quindi integrato di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 a valere sulle disponibilità del FSC 2021-2027. La medesima legge di bilancio ha ulteriormente rifinanziato il Fondo, nell'importo di 48 milioni per il 2021, di 43 milioni per il 2022 e di 45 milioni per il 2023, per la realizzazione, in comuni di specifici territori, di interventi di sostegno alle attività economiche finalizzati al contrasto dei fenomeni di deindustrializzazione e impoverimento del tessuto produttivo, di cui 15 milioni a valere sulle risorse del FSC 2021-2027. Da ultimo, il D.L. n. 73/2021 (c.d. Sostegni-bis) è intervenuto a precisare che le risorse del Fondo di sostegno ai comuni marginali destinate a specifici territori per contrastare fenomeni di industrializzazione, sono assegnate, in pari misura, ai consorzi industriali ricadenti nei territori beneficiari, e non già agli enti comunali.

ultimo aggiornamento: 25 ottobre 2022
 
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