Il regime fiscale dei confidi è definito nei commi da 45 a 51 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, nonché dai chiarimenti resi dall'Agenzia delle entrate con Circolare n. 28/E del 21 giugno 2004 e successivi documenti di prassi amministrativa.
Inoltre, ai fini IRES ed IRAP, l'articolo 162-bis del TUIR, qualifica come intermediari finanziari sia i confidi minori di cui all'elenco dell'articolo 112-bis del TUB, sia i confidi maggiori iscritti all'albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del TUB.
Ai fini delle imposte sui redditi, i confidi, comunque costituiti, si considerano enti commerciali (articolo 13, comma 45).
Come chiarito dall'Agenzia delle entrate, indipendentemente dalla veste giuridica assunta (es. consorzi), i confidi assumono la qualifica di enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del TUIR (soggetti passivi IRES). Conseguentemente, i confidi sono assoggettati al relativo regime sia sotto il profilo del trattamento tributario (ed in particolare delle modalità di determinazione del reddito complessivo), sia degli adempimenti formali.
Pertanto, il reddito complessivo dei confidi è considerato reddito d'impresa cui si rendono applicabili le disposizioni di cui al Titolo II del TUIR, fatte salve le disposizioni ad hoc contenute nei successivi commi del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003.
In tal senso, rispetto alla disposizione generale, di cui all'articolo 83, comma 1, del TUIR, secondo la quale il reddito imponibile è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico le variazioni in aumento e in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni del TUIR, sono previste le seguenti deroghe:
1) Gli avanzi di gestione accantonati nelle riserve e nei fondi costituenti il patrimonio netto dei confidi concorrono alla formazione del reddito nell'esercizio in cui la riserva o il fondo sia utilizzato per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio o dall'aumento del fondo consortile o del capitale sociale (articolo 13, comma 46).
Poiché, ai sensi del comma 18 dell'articolo 13, i confidi non possono distribuire avanzi di gestione di ogni genere e sotto qualsiasi forma alle imprese consorziate o socie, e ciò anche in caso di scioglimento del consorzio, della cooperativa o della società consortile, ovvero di recesso, decadenza o esclusione o morte del consorziato o del socio, salvo le ipotesi contemplate dal comma 46, l'avanzo di gestione non concorre alla formazione della base imponibile IRES (si rende necessario operare, in dichiarazione, una variazione in diminuzione).
2) Il reddito d'impresa è determinato senza apportare al risultato netto del conto economico le eventuali variazioni in aumento conseguenti all'applicazione dei criteri del TUIR (articolo 13, comma 46). Conseguentemente, per i confidi non assumono rilevanza gli imponibili derivanti dalle variazioni fiscali in aumento apportate al risultato dell'esercizio previste dal TUIR (accantonamenti non deducibili, quote di ammortamento eccedenti quelle fiscalmente riconosciute, etc.).
Tuttavia, come chiarito dall'Agenzia delle entrate con Risoluzione n.151/E del 15 dicembre 2004, devono essere apportate le variazioni in aumento per l'IRAP e l'IMU imputati a conto economico, giacché l'indeducibilità di tali oneri dal reddito d'impresa è disposta da norme non ricomprese nel TUIR.
3) I contributi destinati ai fondi di garanzia interconsortile o al fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 sono ammessi in deduzione dal reddito dei confidi nell'esercizio di competenza (articolo 13, comma 24).
4) Sui proventi dei titoli obbligazionari e dei titoli similari disciplinati dal decreto legislativo n. 239 del 1996 percepiti dai confidi non si applica l'imposta sostitutiva ivi prevista (Circolare n. 61/E del 31 dicembre 2003). Più precisamente, secondo i chiarimenti resi dall'Agenzia delle entrate, i confidi rientrano tra i soggetti "lordisti", ai fini dell'imposta sostitutiva di cui al citato decreto legislativo n. 239 del 1996, e le ritenute alla fonte previste dall'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 si applicano a titolo di acconto (Risoluzione n. 43/E del 2 luglio 2013).
5) Poiché i confidi si qualificano come intermediari finanziari, si rende applicabile l'addizionale IRES del 3,5 per cento prevista per tali soggetti.
1) I confidi, comunque costituiti, determinano il valore della produzione netta secondo il metodo "retributivo" di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (articolo 13, comma 47). Pertanto, la base imponibile IRAP è costituita dalle retribuzioni spettanti al personale dipendente, dai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, dai compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa, nonché dai compensi erogati per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente.
2) Sebbene i confidi si qualifichino, ai fini IRAP, come enti non commerciali, l'Agenzia delle entrate ha evidenziato che il riferimento espresso al solo comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997 esclude l'applicabilità ai confidi del regime c.d. "misto" riservato agli enti privati non commerciali che svolgono anche attività commerciale ai sensi del comma 2 del citato articolo 10 (che applicano, invece, le regole proprie delle società limitatamente alle attività commerciali da questi esercitate).
3) Secondo i chiarimenti resi dall'Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 5/E del 19 gennaio 2015), i confidi, che determinano la base imponibile col "metodo retributivo", non devono applicare la maggiorazione di aliquota prevista per i soggetti di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (l'aliquota base per banche ed intermediari finanziari è pari al 4,65 per cento). Pertanto si applica l'aliquota ordinaria IRAP (l'aliquota base è del 3,9 per cento).
1) Ai fini IVA non si considera effettuata nell'esercizio di imprese l'attività di garanzia collettiva dei fidi (articolo 13, comma 48).
2) Come evidenziato dall'Agenzia delle entrate nella citata Circolare n. 28/E del 2004, per espressa previsione normativa, la non rilevanza ai fini dell'IVA concerne soltanto l'attività di garanzia collettiva dei fidi. Non rientrano, invece, nella previsione di cui al comma 48 dell'articolo 13 le eventuali ulteriori e diverse attività poste in essere dai confidi, come individuate dal comma 2 dell'articolo 13 medesimo, cioè i servizi connessi o strumentali a tale attività, e dal comma 29, riguardante l'esercizio dell'attività bancaria da parte dei confidi.
1) I confidi possono trasformarsi in uno dei tipi associativi indicati nell'articolo 13 e nelle banche di cui all'articolo 28 del TUB che esercitano, in base al proprio statuto, prevalentemente l'attività di garanzia collettiva dei fidi a favore dei soci (di cui ai commi 29, 30 e 31 dell'articolo 13) anche qualora siano costituiti sotto forma di società cooperativa a mutualità prevalente o abbiano ricevuto contributi pubblici o privati di terzi (articolo 13 comma 38).
2) I confidi possono fondersi con altri confidi comunque costituiti. Alle fusioni possono partecipare società, associazioni, anche non riconosciute, fondazioni e consorzi diversi dai confidi, purché il consorzio o la società incorporante o che risulta dalla fusione sia un confidi o una banca di cui al comma 29 (articolo 13, comma 39).
3) I fondi in sospensione d'imposta dei confidi che hanno effettuato la trasformazione o partecipato alla fusione, di cu sopra, non danno in ogni caso luogo a tassazione, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 172, comma 5, del TUIR (articolo 13, comma 50). Pertanto, non sussiste in capo al confidi alcun obbligo di ricostituzione delle riserve in sospensione d'imposta risultanti dall'ultimo bilancio delle società fuse o incorporate, né è tassabile la distribuzione dell'avanzo di fusione. In altre parole, come chiarito dall'Agenzia delle entrate nella citata Circolare n. 28/E del 2004, le vicende relative ai fondi in sospensione d'imposta non determinano in nessun caso un recupero a tassazione di materia imponibile.
4) Le fusioni sono soggette all'imposta di registro in misura fissa attualmente pari a 200 euro (articolo 13, comma 51). Come chiarito dall'Agenzia delle entrate nella citata Circolare n. 28/E del 2004, tale previsione non trova applicazione alle altre operazioni previste dall'articolo 13 del decreto, che restano, pertanto, assoggettate a tassazione secondo le ordinarie previsioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 e Tariffa allegata.