Ambiente e gestione del territorio

L’attività del Consiglio d'Europa e della NATO in materia di ambiente e cambiamenti climatici

L'attività del Consiglio d'Europa

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta sociale europea (ESC) non garantiscono espressamente il diritto a un ambiente sano. Tuttavia esse offrono indirettamente un certo grado di protezione in materia ambientale attraverso la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e del Comitato europeo per i diritti sociali, che hanno sottolineato la natura evolutiva di entrambi gli strumenti, i quali devono essere interpretati alla luce delle condizioni attuali e, pertanto, della crisi ambientale.

In particolare, la Corte EDU ha sottolineato che un grave danno all'ambiente può incidere sul benessere delle persone. Inoltre, gli Stati non sono solo obbligati ad astenersi da interferenze arbitrarie, ma hanno anche l'obbligo positivo di adottare misure ragionevoli e adeguate per proteggere i diritti dell'individuo. La Corte ha, quindi, rilevato che le questioni relative all'ambiente possono violare il diritto alla vita di un individuo (articolo 2), il divieto di tortura (articolo 3), il diritto a un processo equo e di accesso a un tribunale (articolo 6), il diritto al rispetto o alla vita privata e familiare nonché al domicilio (articolo 8), la libertà di espressione (articolo 10), la libertà di riunione e di associazione (articolo 11), il diritto a un ricorso effettivo (articolo 13) e il diritto al pacifico godimento dei propri beni (articolo 1 del Protocollo n. 1). Pertanto, la giurisprudenza della Corte ha gradualmente sviluppato una dimensione ambientale per alcuni diritti tutelati dalla Convenzione europea.

Anche l'Assemblea parlamentare è intervenuta a più ripresa per approfondire le conseguenze del deterioramento ambientale e dei cambiamenti climatici sui diritti umani. Negli ultimi anni l'Assemblea ha adottato numerose raccomandazioni sul diritto a un ambiente sano, sottolineando in particolare che ogni essere umano ha il diritto fondamentale ad un ambiente e condizioni di vita idonee a promuovere la buona salute, il benessere e il pieno sviluppo della sua personalità.

Già nel 2003, con la Racc. 1614  , l'Assemblea indicava che era giunto il momento, sia per lo sviluppo del diritto internazionale, sia in considerazione della giurisprudenza europea (in particolare della Corte europea dei diritti dell'uomo), per approdare a modalità giuridiche che consentano al sistema di protezione dei diritti umani di contribuire alla protezione dell'ambiente. Nel 2009, l'Assemblea ha raccomandato al Comitato dei Ministri ( Racc. 1885  ) di redigere un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo che riconosca espressamente il diritto all'ambiente "sano e vitale", basandosi su iniziative simili già assunte in passato. In questa Raccomandazione, l'Assemblea ribadiva che " vivere in un ambiente sano non è solo un diritto fondamentale dei cittadini, ma [anche] della società nel suo insieme e ogni individuo in particolare deve [...] trasmettere alle generazioni future un ambiente sano e sostenibile".

Nella risposta   alla Racc. 1885, il Comitato dei Ministri non ha dato corso alle richieste dell'Assemblea, rimandando al lavoro già svolto dal Consiglio d'Europa nel campo dell'ambiente, che ha portato all'adozione di importanti strumenti giuridici come la Convenzione sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei (STE n° 104  ), la Convenzione sulla responsabilità civile per i danni risultanti da attività pericolose per l'ambiente (STE n° 150  ) e la Convenzione sulla protezione penale dell'ambiente (STE n° 172  ).

L'Assemblea ha invece continuato a chiedere un'azione rafforzata da parte degli Stati membri per affrontare le sfide del cambiamento climatico, dei pericoli per la salute e delle migrazioni causate dai problemi ambientali.

Tra i testi adottati, si ricorda: la Raccomandazione 1863 (2009)   "Ambiente e salute: una migliore prevenzione dei rischi per la salute connessi ai problemi ambientali"; la Risoluzione 1976 (2014)   "Cambiamento climatico: un quadro per un accordo globale nel 2015"; la Risoluzione 2210 (2018)   "Cambiamento climatico e attuazione dell'Accordo di Parigi"; e la Risoluzione 2307 (2019)   "Uno status giuridico per i rifugiati climatici".

Da ultimo, nella sessione di settembre 2021, una giornata (29 settembre 2021) è stata interamente dedicata all'ambiente e alla sua stretta connessione con i diritti umani.

L'Assemblea ha infatti approvato 7 risoluzioni e raccomandazioni:

Politiche in materia di ricerca e protezione dell'ambiente   (Racc. 2215 e Ris. 2402; rel. Olivier Becht);

Clima e migrazione   (Ris. 2401, rel. Pierre Alain Fridez);

Combattere le diseguaglianze nel diritto a un ambiente sicuro, salubre e pulito   (Ris. 2400, rel. Edite Estrela);

Le crisi climatiche e lo Stato di diritto   (Racc. 2214 , Ris. 2399, rel. Edite Estrela);

Affrontare le questioni di responsabilità penale e civile nel contesto dei cambiamenti climatici   (Racc. 2213 e Ris. 2398, rel. Ziya Altuyaldiz);

Più democrazia partecipativa per contrastare i cambiamenti climatici   (Racc. 2212; Ris. 2397, rel. George Papandreu);

Radicare il diritto a un ambiente salubre: la necessità di un'azione rafforzata del Consiglio d'Europa   (Racc. 2211, Ris. 2396, rel. Simon Montquin).

In particolare, gli ultimi testi citati hanno sollecitato un nuovo ambizioso quadro giuridico, sia a livello nazionale che europeo, per "ancorare il diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile" - e ha presentato una bozza di un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea sulla Diritti Umani che renderebbero tale diritto applicabile (e giustiziabile) in tutti i paesi che lo hanno ratificato. Un tale testo giuridico darebbe finalmente alla Corte europea dei diritti dell'uomo "una base inconfutabile per le sentenze relative alle violazioni dei diritti umani derivanti da effetti negativi sulla salute, sulla dignità e sulla vita umana. Il rapporto ha sottolineato che circa la metà dei paesi del mondo ha riconosciuto il "diritto a un ambiente sano" nelle loro costituzioni, inclusi 32 Stati membri del Consiglio d'Europa.

Più in generale, i vari rapporti proponevano una maggiore regolamentazione del governo per rafforzare la responsabilità ambientale delle imprese, cambiamenti nella responsabilità penale e civile per dare maggiore protezione alla biosfera, rafforzare la democrazia partecipativa in relazione alle questioni ambientali, utilizzare al meglio gli strumenti predisposti dallo stato di diritto per affrontare la crisi climatica. Ulteriori aspetti affrontati riguardano la lotta alle disuguaglianze per garantire il diritto ad un ambiente sicuro, sano e pulito, i riflessi dei cambiamenti climatici sulle migrazioni e le politiche di ricerca "ecologiche".

L'Assemblea parlamentare ha quindi raccomandato al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa di elaborare un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (STE n. 5), nonché uno alla Carta sociale europea (STE nn. 35 e 163), sul diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile. Inoltre, dovrebbe essere avviata la preparazione di uno studio di fattibilità per una convenzione "5P" sulle minacce ambientali e i rischi tecnologici che mettono a repentaglio la salute, la dignità e la vita umana, e occorrerebbe rivedere la raccomandazione CM/Rec (2016)3 sui diritti umani e le imprese al fine di rafforzare la responsabilità ambientale di queste ultime.

Nella stessa giornata si è svolta altresì una riunione di alto livello, che ha visto anche il lancio di una "campagna hashtag" per sollecitare un'azione urgente per introdurre questo diritto. L'evento è stato aperto dal presidente dell'APCE e dalla segretaria generale del Consiglio d'Europa, seguiti da un videomessaggio di sostegno del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Il Presidente dell'Apce – che ha ospitato l'evento – ha letto anche estratti di una lettera di sostegno di Sua Santità Papa Francesco. Al Panel ha preso parte, tra gli altri, il Presidente della Camera dei deputati italiana.

L'attività della NATO

L'assemblea parlamentare della NATO sta dedicando parte dei suoi lavori a valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla sicurezza globale. Del resto, il Nuovo Concetto strategico della NATO, varato dal Summit di Madrid (30 giugno 2022) ha espressamente inserito tale sfida ambientale al punto 19:
"Il cambiamento climatico è una sfida determinante del nostro tempo, con un profondo impatto sulla Sicurezza alleata. È un moltiplicatore di crisi e minacce. Può esacerbare conflitti, fragilità e competizione geopolitica. L'aumento delle temperature provoca l'innalzamento del livello del mare, incendi ed eventi meteorologici più frequenti ed estremi, che sconvolgono le nostre società, minando la nostra sicurezza e minacciando la vita e i mezzi di sussistenza dei nostri cittadini. Il cambiamento climatico influisce anche sul modo in cui operano le nostre forze armate. Le nostre infrastrutture, beni e basi sono vulnerabili ai suoi effetti. Le nostre forze devono operare in condizioni climatiche sempre più estreme e i nostri militari sono più frequentemente chiamati a intervenire/assistere nei soccorsi in caso di calamità".

Si ricorda che l'Assemblea parlamentare della NATO si occupa del cambiamento climatico come questione di sicurezza sin dagli anni Ottanta. La Risoluzione 427   del 2015 dell'Assemblea, presentata dalla Commissione Scienza e tecnologia, aveva già definito il cambiamento climatico un moltiplicatore di minacce. Più recentemente, l'Assemblea parlamentare ha formulato raccomandazioni specifiche sul cambiamento climatico rivolte alla NATO, nell'ambito dei suoi contributi al progetto NATO 2030 del Segretario generale dell'Alleanza   e all'aggiornamento del Concetto strategico della NATO  .

Nell'ambito della Sessione primaverile di Vilnius (28-30 maggio 2022), la Commissione Scienza e tecnologia dell'Assemblea ha esaminato il Rapporto speciale su La mitigazione del cambiamento climatico e l'adattamento ai suoi effetti: il ruolo della tecnologia [024 STC 22 E], Relatore speciale Sven Clement (Lussemburgo);

Il rapporto richiama la relazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicato nel marzo scorso, e il Global Risk Assessment 2022 del World Economic Forum (WEF) che evidenziano come il cambiamento climatico sia parzialmente irreversibile e rappresenti la minaccia più pericolosa a lungo termine. Gli eventi meteorologici estremi e la perdita di biodiversità associati al cambiamento climatico hanno già avuto pesanti impatti finanziari e hanno portato a massicci spostamenti di popolazione. Il cambiamento climatico è quindi anche una sfida reale e crescente per la sicurezza internazionale, come evidenzia anche il rapporto della Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2022. In combinazione con la scarsità di risorse e la crescita demografica, il cambiamento climatico potrebbe generare instabilità in tutto il mondo, con i Paesi vulnerabili che saranno i più colpiti. Inoltre, il cambiamento climatico sta già avendo un impatto sulla pianificazione e sulla conduzione delle operazioni militari. Provoca danni alle basi e alle infrastrutture militari e mette a dura prova le risorse militari quando si tratta di rispondere ai disastri legati al clima.
La NATO ha quindi bisogno di un processo che consenta di adeguare costantemente la valutazione del rischio. A tal fine è necessario puntare sul progresso tecnologico, attraverso le attività di ricerca della STO [ Science and Technology Organization, Organizzazione per la scienza e la tecnologia] della NATO e il DIANA [ Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic], l'acceleratore di innovazioni per la difesa, attualmente in via di costituzione da parte degli alleati. Entrambi gli organismi devono sviluppare una stretta collaborazione per far sì che le future capacità militari siano adeguate alle sfide del cambiamento climatico. La politica dell'Alleanza in materia di cambiamento climatico non deve indebolire le capacità degli Stati membri di assolvere i loro compiti fondamentali di deterrenza e difesa collettiva. È quindi necessario un approccio realistico e graduale. Ciò evidenzia la necessità di un solido piano di transizione energetica.  

Durante la medesima sessione, la Commissione Democrazia e Sicurezza ha esaminato il Rapporto speciale Capire i cambiamenti climatici per adattarsi ad essi e attenuarne l'impatto sulla sicurezza civile degli Alleati [012 CDS 22 E  ], Relatrice speciale Linda SANCHEZ (USA).

La relatrice ha evidenziato che il cambiamento climatico è una minaccia importante per l'Alleanza, non solo dal punto di vista militare, ma anche dal punto di vista della sicurezza civile. Ha inoltre affermato che gli sforzi per contrastare l'impatto del cambiamento climatico devono essere pienamente integrati nei tre compiti fondamentali della NATO: difesa collettiva, gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Infine, ha avvertito che il cambiamento climatico sta producendo "effetti devastanti" sulla sicurezza, rendendo vulnerabili le infrastrutture critiche, innescando migrazioni forzate, ampliando le disuguaglianze e alimentando i conflitti. La parlamentare statunitense ha quindi invitato i governi alleati a stanziare adeguate risorse umane e finanziarie per raggiungere gli obiettivi del cambiamento climatico, a potenziare la ricerca sulla tecnologia climatica e a condurre frequenti valutazioni della vulnerabilità delle infrastrutture critiche alle condizioni meteorologiche estreme.

Entrambi i rapporti saranno discussi durante la sessione annuale (Madrid, 18/21 Novembre 2022).