tema 6 ottobre 2022
Studi - Istituzioni Organizzazione delle PA e procedimento amministrativo

Nel corso della XVIII legislatura, l'emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 e la necessità di rispondere alla crisi economica e sociale, anche attraverso l'attuazione del PNRR, hanno indotto il legislatore ad intervenire nel campo dell'attività della pubblica amministrazione, al fine di renderla più efficiente ed efficace con singoli interventi mirati nell'ottica della semplificazione dei rapporti con il privato cittadino e le imprese.

In tale ambito, numerose novità, alcune delle quali dapprima introdotte in via temporanea in relazione al superamento dell'emergenza pandemica (con il c.d. decreto-legge rilancio - D.L. 34/2020), sono state stabilizzate con il D.L. n. 76 del 2020 (c.d. decreto-semplificazioni) e con il D.L. n. 77 del 2021, apportando diverse modifiche alla disciplina del procedimento amministrativo e alla legge di riferimento n. 241 del 1990. Le novità hanno riguardato in particolare il rispetto dei termini procedimentali e le misure volte ad accelerare alcune procedure, la disciplina del potere sostitutivo e del silenzio-assenso, i correttivi alle previsioni in materia di c.d. preavviso di rigetto e di annullamento d'ufficio. Tra le novità di rilievo, vi è anche l'aggiornamento della normativa in materia di autocertificazione ed il rafforzamento dell'uso degli strumenti digitali e della telematica.

Per quanto riguarda l'organizzazione delle PA, con il D.L. 80/2021 è stato introdotto un documento unico di programmazione e governance per le pubbliche amministrazioni, che intende superare la frammentazione degli strumenti finora in uso: è il PIAO, il Piano integrato di attività e organizzazione, che accorpa tra gli altri i piani della performance, dei fabbisogni del personale, della parità di genere, del lavoro agile e dell'anticorruzione. 

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Tra le novità previste dal c.d. decreto semplificazioni (D.L. 76/2020), sono apportate alcune integrazioni all'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che disciplina i termini di conclusione del procedimento amministrativo.

Con una prima disposizione è stato aggiunto all'articolo 2 un comma 4-bis, che obbliga le pubbliche amministrazioni a misurare e rendere pubblici i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente. A tale riguardo viene specificato che la pubblicità dei tempi è garantita dalle amministrazioni mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale, nella sezione "Amministrazione trasparente". 

Il nuovo comma 4-bis rinvia ad un d.p.c.m., da adottare su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e previa intesa in Conferenza unificata, per la definizione delle modalità e dei criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti. Con il citato d.p.c.m. sono stabilite altresì le ulteriori misure di pubblicazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti, oltre quelle già previste al primo periodo (pubblicazione sul sito istituzionale).

In connessione con tali modifiche è stato altresì previsto l'inserimento delle disposizioni relative all'obbligo per le amministrazioni di misurare i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti tra quelle che, ai sensi dell'articolo 29, co. 2-bis, della legge sul procedimento, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lett. m), Cost.

 

Il D.L. 76/2020 ha anche introdotto all'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, un nuovo comma 8-bis, che stabilisce l'inefficacia dei provvedimenti adottati dall'amministrazione fuori termine in alcuni casi in cui sono previsti meccanismi di silenzio-assenso. 

Tale disposizione intende rimediare ai casi in cui, successivamente alla formazione del silenzio, l'Amministrazione rimasta inerte provveda.  E pertanto, al fine di incentivare il rispetto dei termini procedimentali ed evitare l'adozione di "atti tardivi", rendendo effettivo il meccanismo del silenzio-assenso, la nuova disciplina stabilisce l'inefficacia, una volta decorso il termine per provvedere e formatosi il silenzio, per l'eventuale atto postumo. 

L'inefficacia è prevista solo per alcuni provvedimenti adottati fuori termine, ovvero per:

  • le determinazioni amministrative rese in conferenza di servizi semplificata oltre i termini stabiliti dagli articoli 14-bis, comma 2 lettera c) e 14-ter, comma 2, in cui l'Amministrazione portatrice degli interessi sensibili e/o qualificati rende la propria determinazione al di là dei 45 giorni per interessi semplici e 90 giorni per interessi sensibili:
  • gli atti amministrativi emessi in violazione del c.d. silenzio endo-procedimentale tra amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 17-bis, commi 1 e 3, della l. n. 241 del 1990, ovverosia decorsi 30 giorni o 90 dal ricevimento dello schema di provvedimento;
  • nei procedimenti a istanza di parte, i provvedimenti della Amministrazione resi oltre i termini del procedimento nei casi in cui l'ordinamento dispone la formazione del c.d. silenzio assenso, ai sensi dell'articolo 20 comma 1;
  • le determinazioni adottate successivamente all'ultima riunione di cui all'art. 14-ter, comma 7, relativo ai lavori della conferenza di servizi simultanea, che si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla prima riunione o 90 giorni nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili.

In tutti i casi finora elencati, l'inefficacia del provvedimento è pertanto funzionale a garantire la piena operatività delle norme che già qualificano il silenzio come assenso.

 

A tale riguardo, si ricorda che con una disposizione transitoria, il  D.L. 34 del 2020 (c.d. decreto rilancio)  aveva introdotto alcune disposizioni tese ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi avviati in relazione all'emergenza COVID-19. Tra queste, si prevedeva fino al 31 dicembre 2020  l'obbligo di adottare entro trenta giorni il provvedimento conclusivo del procedimento nei casi di formazione del silenzio endoprocedimentale tra amministrazioni (art. 264, comma 1, lett.  e)). La norma era stata motivata osservando che "nella prassi accade di frequente che la formazione del silenzio non "sblocchi" il procedimento ma si attenda ugualmente l'assunzione di un atto da parte dell'amministrazione coinvolta".

 

Il nuovo comma 8-bis prevede peraltro anche una diversa ipotesi, in cui l'inefficacia è prevista per i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di cui all'articolo 19, commi 3 e 6-bis, "primo periodo" della L. 241 del 1990 in caso di applicazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti.

 

Si ricorda che la PA può intervenire, con  poteri inibitori, repressivi e conformativi, sulle  attività avviate sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). In particolare, ai sensi dell' art. 19, co. 3 e 6-bis, L. 241/1990, l'amministrazione entro 60 giorni dalla segnalazione (30 per la SCIA edilizia), ove accerti la carenza di requisiti o presupposti per l'esercizio dell'attività, ne inibisce la prosecuzione e ne rimuove gli eventuali effetti dannosi.
Qualora vi sia la possibilità di regolarizzazione, l'amministrazione competente invita il privato a conformare l'attività intrapresa alla normativa vigente, qualora sia possibile, mediante un atto motivato, con il quale sono prescritte le misure necessarie, ovvero sospende l'attività in caso di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale. Il termine per provvedere alla regolarizzazione dell'attività non può essere inferiore a 30 giorni. Decorso il termine senza che le misure siano state adottate, l'attività s'intende vietata.
L'atto motivato dell'amministrazione interrompe il termine di 60 giorni dalla segnalazione (30 per la SCIA edilizia) che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l'adozione delle misure richieste.
Sul punto, merita sottolineare che attualmente la legge n. 241 del 1990 stabilisce che,  decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di inibitoria, l'amministrazione può comunque intervenire, vietando la prosecuzione dell'attività, rimuovendone gli effetti, ovvero chiedendo al privato di conformarsi alla normativa vigente,  purché ricorrano i presupposti per l'annullamento d'ufficio ai sensi dell'art. 21- nonies della legge (art. 19, co. 4). Si ritiene che in virtù di questo rinvio tali poteri sono esercitabili  entro i successivi diciotto mesi.

 

Contestualmente alla previsione dell'inefficacia degli atti tardivi in tutti i casi descritti, il nuovo comma 8-bis ha introdotto un'eccezione generale, che fa salvo il potere di annullamento d'ufficio previsto dall'articolo 21-nonies, della legge n. 241 del 1990, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.

L' annullamento d'ufficio rimuove il provvedimento di primo grado. Secondo la giurisprudenza consolidata, recepita nella legge 241/1990, i presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, che ha effetti  ex tunc, sono:  a) l'illegittimità originaria del provvedimento,  ex art. 21- octies della legge 241/1990;  b) l'interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità e  c) l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è espressione di discrezionalità che non esime l'amministrazione dal dare conto, sia pure in modo sintetico, della sussistenza dei menzionati presupposti.
Ai sensi dell'art. 21- nonies, co. 1, della L. 241 del 1990 l'annullamento d'ufficio va adottato « entro un termine ragionevole». Tale termine  non deve essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione del provvedimento di primo grado per i casi di  annullamento d'ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.

 

ultimo aggiornamento: 29 settembre 2022

Come è noto, l'annullamento d'ufficio di un provvedimento amministrativo va adottato «entro un termine ragionevole», decorso il quale l'amministrazione decade dal potere (art. 21-novies, L. n . 241/1990).

Per eliminare incertezze nei rapporti giuridici rispetto alla valutazione discrezionale della ragionevolezza del termine, la legge n. 124/2015 aveva specificato che tale termine non deve essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione del provvedimento di primo grado per i casi di annullamento d'ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.

Secondo la giurisprudenza consolidata, che è stata recepita nella legge n. 241/1990 con la riforma del 2005, i presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, che ha effetti ex tunc, sono:
a) l'illegittimità originaria del provvedimento, ex art. 21-octies comma 1 della legge 241/1990, ossia nei casi classici di provvedimento illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza;
b) l'interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità;
c) l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. Ne risulta che l'annullamento è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l'interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti.
L'esercizio di questo potere discrezionale non esime l'amministrazione dal dare conto della sussistenza dei menzionati presupposti.

Nel corso della XVIII legislatura, il D.L. 77/2021 (articolo 63) è intervenuto a modificare l'art. 21-nonies della legge 241/1990 riducendo da diciotto a dodici mesi il termine massimo entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all'annullamento di ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. La motivazione di tale correzione, come emersa dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione in Parlamento, è che un termine più breve sia funzionale a "consentire un più efficace bilanciamento tra la tutela del legittimo affidamento del privato interessato e l'interesse pubblico".

ultimo aggiornamento: 3 ottobre 2022

Nell'ambito delle semplificazioni procedimentali volte a fronteggiare gli effetti negativi derivanti dall'emergenza sanitaria correlata al Covid-19, il D.L. 76 del 2020 (articolo 13) ha stabilito la possibilità per le amministrazioni di seguire una procedura di conferenza di servizi straordinaria, utilizzabile fino al 31 dicembre 2021, termine successivamente prorogato al 30 giugno 2023. 

In questo tempo determinato, le pubbliche amministrazioni hanno facoltà, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria, di procedere mediante una conferenza semplificata in modalità asincrona, che prevede una tempistica più rapida per la conclusione del procedimento.

correttivi al modello definito dalla L. 241 del 1990 sono essenzialmente tre:

  1. in via temporanea, è possibile ricorrere alla conferenza semplificata in tutti i casi di conferenza dei servizi decisoria, ossia anche laddove la L. 241/1990 prevede la conferenza simultanea (commi 6 e 7 art. 14-bis);
  2. tutte le amministrazioni coinvolte rilasciano le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di sessanta giorni. Rispetto alla disciplina ordinaria, tale prescrizione comporta un termine unico per tutte le amministrazioni, ivi incluse le amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, tutela della salute e della pubblica incolumità), per le cui determinazioni è previsto in via ordinaria un termine più lungo, pari a novanta giorni (art. 14-bis, co. 2, lett. c));
  3. in caso di passaggio alla forma simultanea, ossia allorché l'amministrazione procedente ha acquisito atti di dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale che la stessa ritiene possibile superare mediante esame contestuale degli interessi coinvolti, ne è prevista una forma accelerata: infatti, l'amministrazione procedente potrà svolgere, entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, una sola riunione telematica di tutte le amministrazioni coinvolte nella quale prende atto delle rispettive posizioni e procede senza ritardo alla stesura della determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi. Restano ferme, in caso di mancata espressione del parere o mancata partecipazione alla riunione, le disposizioni in materia di silenzio assenso, nonché quelle relative alla procedura di opposizione alla determina conclusiva.

ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

Con il D.L. 77/2021 (articolo 61), il legislatore è nuovamente intervenuto sulla legge generale sul procedimento amministrativo al fine di rafforzare il potere sostitutivo già previsto dalla legge in caso di inerzia dell'amministrazione a provvedere (art. 2, commi 9-bis e 9-ter della legge 241/1990).

La legge stabilisce che qualora il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, l'interessato può rivolgersi ad una figura interna all'amministrazione, titolare del potere sostitutivo, che appunto si sostituisce al
dirigente o al funzionario inadempiente e conclude il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario. In ogni caso, il provvedimento finale deve essere adottato entro un termine pari alla
metà di quello originariamente previsto.

Il decreto-legge 77/2021 ha apportato a tale disciplina due correttivi:

1) è introdotta la facoltà per l'organo di governo di individuare, ai fini dell'attribuzione del potere sostitutivo, "un'unità organizzativa", in luogo di una figura apicale dell'amministrazione;

2) è introdotta la possibilità, che decorso il termine, il potere sostitutivo possa essere attivato anche d'ufficio e non più, come finora, solo su istanza del privato interessato

ultimo aggiornamento: 3 ottobre 2022

Il decreto-legge n. 77 del 2021 (articolo 62) ha introdotto, nei casi di formazione del silenzio assenso, l'obbligo per l'amministrazione di rilasciare in via telematica, su richiesta del privato, un'attestazione dell'intervenuto accoglimento della domanda entro dieci giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente il termine, l'attestazione dell'amministrazione può essere sostituita da una autodichiarazione del privato.

La finalità della norma è "consentire la piena operatività e il rafforzamento dell'efficacia del silenzio assenso" riconoscendo il diritto dell'interessato ad un'attestazione che ne dimostri l'avvenuta formazione.

A tal fine è introdotto un nuovo comma 2-bis all'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 che include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa, generalizzando il ricorso all'istituto.

Si ricorda che tale norma stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte, esclusi quelli per i quali opera la SCIA-segnalazione certificata di inizio attività, volti al rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all'interessato, nel termine per provvedere (indicato ai sensi dell'art. 2, co. 2 e 3 della medesima L. 241), il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall'istanza, non indice una conferenza di servizi. I termini per la formazione del silenzio assenso decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato. Nei casi in cui equivale ad accoglimento della domanda, il silenzio ha valore di provvedimento e, pertanto, l'amministrazione può, in via di autotutela, annullare o revocare l'atto implicito di assenso (art. 20, comma 3, L. 241 del 1990).
La disciplina del silenzio assenso opera dunque attualmente in sostanza come un incentivo a provvedere, ma non offre totale certezza al privato in merito alla valutazione compiuta da parte dell'amministrazione sull'istanza presentata dall'interessato.

Con il nuovo comma 2-bis si intende ridurre i profili di incertezza riconoscendo in capo all'istante la possibilità di richiedere all'amministrazione una attestazione telematica del silenzio assenso, che dichiari l'intervenuto accoglimento della domanda. In base alla disposizione, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l'attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell'art. 47 del dPR 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico sulla documentazione ammnistrativa).

ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

Il D.L. n. 76 del 2020 (art. 12) ha introdotto alcune modifiche alla disciplina posta dall'art. 10-bis dalla L. 241 del 1990 ai sensi del quale nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda (c.d. preavviso di rigetto).

Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. La legge esclude che l'amministrazione possa addurre tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all'amministrazione.
Le disposizioni sul preavviso non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. 
Tale istituto, introdotto nell'ordinamento con la legge n. 15 del 2005, ha segnato l'ingresso di una modalità di partecipazione, con la quale si è voluta "anticipare" l'esplicitazione delle ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo di consentire una difesa ancora migliore all'interessato, mirata a rendere possibile il confronto con l'amministrazione sulle ragioni da essa ritenute ostative all'accoglimento della sua istanza, ancor prima della decisione finale. Al contempo, il preavviso ha lo scopo di far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell'interessato, che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo, determinando così una possibile riduzione del contenzioso fra le parti.

In primo luogo, è stato modificato il regime degli effetti del preavviso di rigetto sui termini del procedimento, stabilendo che la comunicazione sospende, invece che interrompere (come fino ad allora previsto), i termini di conclusione del procedimento, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine per presentare le osservazioni. Con un'ulteriore specificazione, si prevede che la motivazione dell'eventuale provvedimento finale di diniego indica "i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni".

In terzo luogo, è aggiunta una disposizione in base alla quale, in caso di annullamento in giudizio del provvedimento di rigetto dell'istanza, l'amministrazione, nell'esercitare nuovamente il suo potere, "non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall'istruttoria del provvedimento annullato". In base a quanto emerso nel corso dell'istruttoria parlamentare, la finalità della disposizione è di evitare che l'annullamento conseguente al mancato accoglimento delle osservazioni del privato a seguito del preavviso di diniego determini "plurime reiterazioni dello stesso esito sfavorevole con motivazioni ogni volta diverse, tutte ostative". L'intento è dunque di ricondurre l'intera vicenda ad un'unica impugnazione giurisdizionale, "evitando che il privato sia costretto a proporre tanti ricorsi quante sono le ragioni del diniego", non comunicate nel medesimo provvedimento.

A tali modifiche se ne aggiunge un'altra in materia di annullabilità del provvedimento amministrativo, in virtù della quale al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10-bis sul preavviso di diniego non si applica la norma di cui all'art. 21-octies, co. 2, secondo periodo, della L. 241 del 1990, che esclude l'annullabilità in caso in mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. 

Ai sensi dell'articolo 21-octies, comma 1, della legge 241/1990, il provvedimento amministrativo è annullabile nei casi ‘classici' di illegittimità per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza. Ai sensi del successivo comma 2, non sono annullabili quei provvedimenti che presentino vizi cd. formali (violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti) o quelli relativi alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, qualora dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

Nella XVIII legislatura, nell'ambito degli interventi legislativi sull'attività amministrativa, sono state adottate alcune disposizioni tese a rendere sistematico l'uso degli strumenti digitali e della telematica. 

In particolare, l'articolo 3-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto con la riforma del 2005, nella sua versione originaria richiedeva alle amministrazioni di incentivare l'uso della telematica nei rapporti tra amministrazioni e tra queste e i privati per conseguire maggiore efficienza nell'attività amministrativa. In linea con il processo di trasformazione tecnologica dell'amministrazione, a seguito di una modifica introdotta dal D.L. 76 del 2020 (art. 12, co. 1, lett. b)), l'utilizzo di strumenti telematici e informatici non è più indicato quale obiettivo, ma quale modalità ordinaria di lavoro e di comunicazione delle Amministrazioni, al loro interno così come nei rapporti con altre Amministrazioni e con i privati.

In secondo luogo, a seguito dell'intervento del D.L. 76/2020 (art. 12, co. 1, lett. c) e d)), tra i contenuti necessari nella comunicazione di avvio del procedimento (art. 8, L. 241 del 1990) si inserisce sia il domicilio digitale dell'amministrazione nell'ottica di snellire e agevolare le modalità di partecipazione al procedimento, sia le modalità telematiche con le quali è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico di cui all'articolo 41 del CAD ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla legge.

L' articolo 41 del CAD stabilisce che i procedimenti amministrativi sono gestiti dalle pubbliche amministrazioni "utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione". A tale fine gli atti, i documenti e i dati del procedimento sono raccolti nel  fascicolo informatico . All'atto della comunicazione dell'avvio del procedimento, l'amministrazione comunica agli interessati le modalità per esercitare in via telematica i diritti di partecipazione al procedimento (visione degli atti e presentazione di memorie e documenti). Il CAD stabilisce esplicitamente che le modalità di costituzione del fascicolo informatico garantiscano l'esercizio in via telematica dei diritti previsti dalla legge n. 2 41  del 1990 (in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013 (accesso civico). Le Linee guida per la costituzione, l'identificazione, l'accessibilità attraverso i suddetti servizi e l'utilizzo del fascicolo sono dettate dall'AgID.

Tra le modalità con cui si potrà accedere agli atti la disposizione richiama il punto di accesso telematico di cui all'articolo 64-bis del CAD (nuova lettera d) dell'art. 8, co. 2, della L. 241 del 1990). Resta obbligatorio continuare a comunicare anche l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti, ma solo in via subordinata, ossia ove gli atti non siano disponibili o accessibili mediante modalità telematiche (nuova lettera d-bis) dell'art. 8, co. 2, della L. 241 del 1990).

 

Il  punto telematico di accesso ai servizi pubblici, introdotto con il correttivo del Codice dell'amministrazione digitale di cui al D.Lgs. 179/2016, rappresenta l'interfaccia universale attraverso la quale cittadini e imprese interagiscono con le pubbliche amministrazioni, i gestori di servizi pubblici per i profili di pubblico interesse e talune società a controllo pubblico (cioè i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, del CAD).
Questi ultimi devono rendere fruibili tutti i propri servizi in rete attraverso tale punto unico di accesso telematico, in conformità alle modalità tecnico-operative individuate dall'AgID.
A tal fine le p.a., i fornitori di identità digitali e i prestatori dei servizi fiduciari qualificati, devono progettare e sviluppare i propri sistemi e servizi in modo da garantirne l'integrazione e l'interoperabilità, nonché a esporre per ogni servizio le relative interfacce applicative. Inoltre, al fine di garantire la verifica degli standard e livelli qualitativi definiti dal CAD, i soggetti summenzionati adottano gli strumenti di analisi individuati dalle linee guida AgID.

Si prevede inoltre l'obbligo di comunicare il domicilio digitale del responsabile del procedimento, oltre che l'unità organizzativa responsabile e il nominativo del responsabile (come attualmente stabilito dalla norma) ai soggetti interessati e controinteressati al provvedimento finale, ai quali è inviata la comunicazione di avvio del procedimento, nonché, su richiesta, a chiunque vi abbia interesse. 

ultimo aggiornamento: 30 settembre 2020

In materia di attività consultiva delle pubbliche amministrazioni, il decreto-legge 76/2020 (art. 12, co. 1, lettera f)), con una modifica al comma 2 dell'articolo 16 della legge 241 del 1990, ha previsto, con una chiara finalità di speditezza del procedimento, che in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere, ancorché si tratti di un parere obbligatorio, o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l'amministrazione richiedente procede indipendentemente dall'espressione del parere.

In precedenza, invece, l'articolo 16 operava una distinzione stabilendo che in caso di inutile decorrenza del termine, l'amministrazione richiedente, ove si tratti di parere facoltativo, doveva senz'altro procedere indipendentemente da esso. Altrimenti, ossia in caso di parere obbligatorio, si prevedeva la sola facoltà di procedere.

Inoltre, nell'ambito delle misure di semplificazione disposte dal D.L. 76/2020 sono state introdotte alcune modifiche all'articolo 17-bis della legge sul procedimento, che disciplina in via generale il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche.

In virtù dell' articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito. 
Il termine di trenta giorni è suscettibile di una sola interruzione qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso faccia presenti esigenze istruttorie o presenti richieste di modifica, che devono essere motivate e formulate in modo puntuale entro il termine stesso. In seguito all'interruzione del termine, l'assenso, il concerto  o il nulla-osta sono resi nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. In caso di conflitto tra amministrazioni statali coinvolte, spetta al Presidente del Consiglio decidere sulle modifiche da apportare al provvedimento, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Si applica il silenzio assenso decorsi novanta giorni anche per i pareri e i nulla osta di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini. L'unica eccezione prevista all'applicazione del silenzio assenso è rappresentata dai casi in cui l'adozione di un provvedimento espresso sia richiesta da disposizioni del diritto dell'Unione europea.

Con le modifiche introdotte dal D.L. 76 del 2020 si disciplina in modo analogo l'ipotesi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi sia prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l'atto. In tal caso, la proposta deve essere trasmessa entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta (ad eccezione dei casi in cui la proposta riguardi amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili). 

Qualora l'amministrazione proponente rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale, la proposta è resa nei 30 giorni successivi dalla ricezione degli elementi istruttori. 

Qualora, invece, la proposta non sia trasmessa nei terminil'amministrazione competente ha facoltà di procedere. In tal caso, l'inerzia dell'amministrazione proponente comporta che lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, sia trasmesso alla stessa al fine di acquisirne l'assenso (espresso o tacito), al quale si applica la disciplina di cui al medesimo art. 17-bis.

ultimo aggiornamento: 24 settembre 2020

Il D.L. n. 76/2020 è intervenuto in materia di autocertificazione per aggiornare la normativa e valorizzarne l'applicazione mediante alcune modifiche dell'articolo 18 della legge sul procedimento amministrativo.

Per incentivare la sostituibilità delle certezze pubbliche mediante atti privati, nel 1990 la legge n. 241 aveva introdotto un rinvio espresso all'obbligo delle pubbliche amministrazioni di adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge misure organizzative in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti (art. 18, comma 1).  
Per la parte restante l' articolo 18 della legge n. 241 del 1990 dispone che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti (comma 2). Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare (comma 3).

In particolare, è stata introdotta una nuova disposizione, ai sensi della quale nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l'erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni da parte di pubbliche amministrazioni, ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento (nuovo comma 3-bis dell'articolo 18). 

La disposizione conferma il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, escludendo pertanto che l'uso dell'autocertificazione possa derogare a quanto previsto dalla normativa richiamata.

Analoghe disposizioni, ma di natura transitoria, erano state introdotte con il D.L. 34 del 2020 (c.d. decreto rilancio) al fine di ampliare  fino al 31 dicembre 2020 la possibilità per cittadini ed imprese di utilizzare le dichiarazioni sostitutive per comprovare tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti a corredo delle istanze di erogazione di benefici economici comunque denominati da parte di pubbliche amministrazioni , in relazione all'emergenza COVID-19, anche in deroga alla legislazione vigente in materia. Tale decreto ha inoltre disposto, con modifiche del Testo unico, un incremento dei controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed un inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci (art. 264, co. 1, lett. a) e co. 2, lett. a)).

  

Le novità in materia di autocertificazione sono da porre in relazione alle disposizioni dell'articolo 12, co. 3, del medesimo D.L. n. 76/2020, che autorizza gli enti locali a gestire in forma associata in ambito provinciale o metropolitano l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 18 della legge 241/1990. Le province e le città metropolitane definiscono, nelle assemblee dei sindaci delle province e nelle conferenze metropolitane, appositi protocolli per organizzare lo svolgimento delle funzioni conoscitive, strumentali e di controllo, connesse all'attuazione delle norme di semplificazione della documentazione e dei procedimenti amministrativi.

 

ultimo aggiornamento: 3 ottobre 2022

Il D.L. n. 76 del 2020 (art. 12, co. 1, lett. i-bis) ha introdotto un nuovo articolo 21-decies alla legge n. 241/1990, finalizzato a disciplinare la riemissione di provvedimenti annullati dal giudice per vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione ovvero di valutazione di impatto ambientale. In tal caso il proponente può richiedere all'amministrazione procedente (e, in caso di progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, all'autorità competente ai sensi del D.Lgs. 152/2006) l'attivazione di un procedimento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati.

In particolare viene disciplinato il caso in cui non sono necessarie modifiche al progetto. In tal caso, fermi restando tutti gli atti e provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento, l'amministrazione o l'ente che abbia adottato l'atto ritenuto viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza stessa. A tal fine:

  • entro 15 giorni dalla ricezione dell'istanza del proponente, l'amministrazione procedente provvede alla trasmissione dell'istanza all'amministrazione o all'ente che ha emanato l'atto da riemettere;
  • entro 30 giorni l'ente o l'amministrazione provvede alla riemissione;
  • entro i 30 giorni successivi al ricevimento dell'atto (o alla decorrenza del termine per l'adozione dell'atto stesso) l'amministrazione riemette il decreto di autorizzazione o di VIA, in attuazione, ove necessario, degli articoli 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero della disciplina per l'adozione del provvedimento di VIA recata dall'art. 25, commi 2 e 2-bis, del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).
ultimo aggiornamento: 3 ottobre 2022

L'articolo 6 del decreto-legge 9 giugno 2021 n. 80 ha prescritto l'adozione del Piano integrato di attività e organizzazione alle pubbliche amministrazioni con più di cinquanta dipendenti, ad esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative (comma 1). Per individuare il novero delle PA si fa riferimento alla definizione di cui al Testo unico in materia di impiego alle dipendenze delle PA (art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001). 

Per le amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti, il decreto ministeriale recante il "piano tipo" dovrà definire modalità semplificate per l'adozione del Piano (art. 6, comma 6).

Il PIAO è di durata triennale, con aggiornamento annuale, ed è chiamato a definire più profili (comma 2), nel rispetto - precisa la disposizione - delle vigenti discipline di settore. In proposito sono richiamati, in particolare le discipline di cui al decreto legislativo n. 150/2009 che ha introdotto il sistema di misurazione e valutazione della performance nonché della legge n. 190 del 2012, che ha dettato norme in materia di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. 

Ai sensi del comma 2 dell'articolo 6, i profili da inserire nel nuovo Piano integrato sono i seguenti:

a) gli obiettivi programmatici e strategici della performance, stabilendo il il "necessario collegamento" della performance individuale con i risultati di quella organizzativa complessiva;

b) la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo; gli obiettivi formativi annuali e pluriennali finalizzati ai processi della pianificazione secondo le logiche del project management. Quanto agli obiettivi formativi, essi sono da declinare secondo alcune finalità: completa alfabetizzazione digitale; sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali; accrescimento culturale e dei titoli di studio, correlati all'ambito d'impiego e alla progressione di carriera del personale.

c) strumenti e obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne. È posta una clausola di compatibilità finanziaria, rispetto alle risorse riconducibili al Piano triennale dei fabbisogni del personale (previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001). Per quanto concerne la valorizzazione delle risorse interne, il Piano è tenuto a prevedere (nei limiti posti dalla legge) la percentuale di posizioni disponibili per le progressioni di carriera del personale, anche tra aree diverse, e le modalità di valorizzazione, a tal fine, dell'esperienza professionale maturata nonché dell'accrescimento culturale conseguito.

d) la strumentazione per giungere alla piena trasparenza dei risultati dell'attività e dell'organizzazione amministrative, nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anti-corruzione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia (L. n. 190 del 2012) ed in conformità agli indirizzi adottati dall'Autorità nazionale anticorruzione con il Piano nazionale anticorruzione;

e) l'elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti; la pianificazione delle attività, inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure, effettuata attraverso strumenti automatizzati.

f) modalità ed azioni mirate per la piena accessibilità fisica e digitale alle amministrazioni, per i cittadini con più di sessantacinque anni di età e per i disabili;

g) modalità ed azioni per la piena parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

 

Spetta infine al Piano di definire le modalità di monitoraggio degli "esiti", con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti (comma 3).

Le pubbliche amministrazioni tenute alla sua adozione pubblicano il Piano e i relativi aggiornamenti entro il 31 gennaio di ogni anno nel proprio sito internet istituzionale. Sono tenute inoltre a trasmetterli al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, per la pubblicazione sul relativo portale (comma 4). In sede di prima applicazione, il termine per l'adozione del Piano da parte delle pubbliche amministrazioni è stabilito al 30 giugno 2022 (termine più volto prorogato), in luogo del 31 gennaio, come previsto a regime.  La mancata adozione del Piano è oggetto di sanzioni indicate dalla legge (comma 7).

In particolare, trovano applicazione  le sanzioni previste:
- dall' articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 150 del 2009 in ossia il divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultino avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell'adempimento dei propri compiti. Né l'amministrazione può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati. Nei casi poi in cui la mancata adozione del Piano dipenda da omissione o inerzia dell'organo di indirizzo politico-amministrativo della singola amministrazione, l'erogazione dei trattamenti incentivanti e delle premialità è fonte di responsabilità amministrativa del titolare dell'organo che ne abbia dato disposizione e che abbia concorso alla mancata adozione del Piano;
- dall' articolo 19, comma 5, lettera b) del decreto-legge n. 90 del 2014, il quale dispone l'applicazione - salvo che il fatto costituisca reato - di una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a 1.000 euro e non superiore nel massimo a 10.000 euro, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l'adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione e di trasparenza.
Contestualmente, ed in relazione alla prima applicazione della riforma, è disposta la  non applicazione -  fino al 30 giugno 2022 - di un novero di  disposizioni sanzionatorie previste dalla normativa vigente in caso di mancata adozione di alcuni piani, un tempo previsti ed ora 'assorbiti' dal Piano integrato di attività e organizzazione, nel quale essi confluiscono. 

Per l'attuazione delle nuove disposizioni è stato demandato ad uno o più regolamenti governativi, da adottare (entro il 31 marzo 2022) previa intesa in sede di Conferenza unificata, l'individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai piani assorbiti dal novello Piano integrato di attività e di organizzazione (cfr. comma 5 del citato articolo 6 del decreto-legge n. 80 del 2021 e articolo 1, co. 12, lettera a), DL n. 228 del 2021).

Entro il medesimo termine si prevede altresì l'adozione di un Piano tipo, quale strumento di supporto alle amministrazioni. Nel Piano tipo sono definite modalità semplificate, per l'adozione del Piano integrato di attività e di organizzazione da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti.

Il 2 dicembre 2021 è stata sancita l' intesa in sede di Conferenza unificata sullo schema di decreto del Ministro per la pubblica amministrazione concernente la definizione del contenuto del piano tipo.
Lo schema regolamento recante individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione ( A.G. n. 369) è stato presentato alle Camere il 7 marzo 2022, successivamente all'intesa sancita il 9 febbraio 2022 in sede di Conferenza unificata. Si veda, al riguardo, il  dossier dei servizi studi di Camera e Senato. La 1° Commissione del Senato ha espresso il proprio  parere favorevole con osservazioni e condizioni sullo schema di decreto nella seduta n. 333 del  6 aprile 2022. Nella  stessa data, la I Commissione della Camera dei deputati ha espresso il proprio  parere favorevole con osservazioni e condizioni.

I relativi atti di attuazione sono stati adottati con il d.P.R. 24 giugno 2022, n. 81, che ha individuato gli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione.

In particolare, sono soppressi, in quanto assorbiti nelle apposite sezioni del PIAO, gli adempimenti inerenti i seguenti atti di pianificazione:

  • Piano dei fabbisogni del personale e Piano delle azioni concrete;
  • Piano per razionalizzare l'utilizzo delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;
  • Piano della performance;
  • Piano di prevenzione della corruzione;
  • Piano organizzativo per il lavoro agile;
  • Piano delle azioni positive.

Contestualmente è stato adottato con D.M. 30 giugno 2022, n. 132 il regolamento che definisce il contenuto del PIAO.  Con quest'ultimo decreto sono state definite anche modalità semplificate per l'adozione del Piano da parte delle amministrazioni con meno di 50 dipendenti.

ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

Per far fronte all'emergenza da COVID-19 sono state adottate alcune misure che hanno riguardato le pubbliche amministrazioni, tra cui: la sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego in una prima fase e, successivamente, la semplificazione delle procedure, attraverso l'uso della tecnologia digitale e il decentramento delle sedi e la previsione che per il periodo dell'emergenza il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni (su cui si rinvia al tema Gli interventi in materia di lavoro per fronteggiare l'emergenza da Covid-19). 

Altri interventi hanno riguardato: la sospensione temporanea dei procedimenti amministrativi e disciplinari; misure di semplificazione per i procedimenti amministrativi avviati in relazione all'emergenza, in particolare quelli aventi ad oggetto i benefici economici: l'estensione della validità di permessi, autorizzazioni e concessioni; l'estensione della validità dei documenti di riconoscimento e di identità. Di seguito se ne offre una rapida sintesi.

Nell'ambito delle misure per prevenire e contrastare l'emergenza epidemiologica da nuovo COVID-19, il decreto-legge n. 18 del 2020 (art. 103, co. 1), come modificato dal successivo decreto-legge 23/2020, aveva disposto la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, per il periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 maggio 2020.

La disposizione ha avuto portata generale, con le sole eccezioni dei termini stabiliti da specifiche disposizioni dei decreti-legge sull'emergenza in corso e dei relativi decreti di attuazione, nonché dei termini relativi a pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni, emolumenti per prestazioni a qualsiasi titolo, indennità da prestazioni assistenziali o sociali comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese. Rientrano nella sospensione, tra gli altri, anche i termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali.

Con la medesima finalità sono stati prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell'amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall'ordinamento, ossia le ipotesi di silenzio-assenso e silenzio-diniego disciplinate dalla legge n. 241 del 1990 e da numerose leggi di settore.

La ratio della sospensione generalizzata era diretta ad evitare che le pubbliche amministrazioni nel periodo di riorganizzazione dell'attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorresse in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo.

Con le medesime disposizioni è stata stabilita anche la sospensione fino alla data del 15 maggio 2020 dei termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusi quelli del personale in regime di diritto pubblico (art. 3, D.Lgs. 165/2001), pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.

Il decreto-legge Cura Italia (art. 103, comma 2, D.L.  n. 18/2020) ha inoltre disposto la proroga della validità di tutti i certificatiattestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 (termine originario della cessazione dello stato di emergenza), per i successivi 90 giorni dalla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La misura è estesa esplicitamente anche alle segnalazioni certificate di inizio attività - SCIA, alle segnalazioni certificate di agibilità, alle autorizzazioni paesaggistiche e ambientali e al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. Gli effetti della disposizione sono stati ulteriormente estesi dal D.L. n. 125/2020 (art. 3-bis, co. 1) fino alla data di dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 2021. 

Al fine di evitare l'aggregazione di persone negli spazi degli uffici aperti al pubblico che non consentono di rispettare agevolmente una adeguata distanza interpersonale, e dunque con l'effetto di ridurre l'esposizione al rischio di contagio, il D.L. 18/2020 ha altresì disposto la proroga della validità dei documenti di riconoscimento e di identità con scadenza dal 31 gennaio 2020. La data di efficacia ultima è stata più volte prorogata e, da ultimo, è stata estesa fino al 30 settembre 2021 (art. 2,co. 1, D.L. 56/2021). Resta ferma, invece, la data di scadenza indicata nel documento ai fini dell'espatrio (art. 104).

Ulteriori disposizioni hanno esteso la validità dei permessi di soggiorno di cittadini di Paesi terzi fino al 30 aprile 2021, nonché hanno prorogato alcuni termini in materia di immigrazione (art. 103, co. 2-quater e 2-quinquies, D.L. n. 18/2020; art. 3-bis, co. 3, D.L. n. 125/2020, art. 5, D.L. n. 2/2021), per i quali si rinvia allo specifico tema nell'area Cittadinanza e immigrazione.

In relazione all'attività delle pubbliche amministrazioni, il D.L. 34 del 2020 (c.d. decreto rilancio) ha previsto alcune disposizioni tese ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi, in particolare quelli aventi ad oggetto l'erogazione di benefici economici, avviati in relazione all'emergenza COVID-19 (art. 264).

In particolare, tra l'altro, si è previsto fino al 31 dicembre 2020:

  • l'ampliamento della possibilità di presentare dichiarazioni sostitutive, in tutti i procedimenti che hanno ad oggetto erogazioni di denaro comunque qualificate ovvero prestiti e finanziamenti da parte della pubblica amministrazione;
  • una riduzione dei termini per l'esercizio dell'autotutela da parte delle Amministrazioni e la sospensione, salvo che per eccezionali ragioni, della possibilità per l'Amministrazione di revocare in via di autotutela il provvedimento, con riguardo ai procedimenti sopra citati;
  • semplificazioni per gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l'ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all'emergenza sanitaria COVID-19.

Con la medesima finalità, sono state introdotte a regime:

  • modifiche al dPR 445 del 2000 che rafforzano i controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed determinano inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci presentate dagli interessati ai benefici;
  • modifiche al Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 82 del 2005) in materia di fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e di gestione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati;
  • disposizioni in base alle quali nell'ambito di verifiche, ispezioni e controlli sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione "non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione". È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso delle PA.

ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2022

Nella prima parte della XVIII legislatura, l'azione di riforma del settore pubblico si è concentrata nella individuazione di soluzioni concrete per garantire un aumento dell'efficienza nell'operato delle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli di governo, nonché il miglioramento dell'organizzazione amministrativa e l'incremento della qualità dei servizi erogati dalle stesse amministrazioni. 

Con tali finalità il Governo Conte I ha assunto tre principali iniziative legislative.

Un primo provvedimento, approvato dal Parlamento (legge 56 del 2019) contiene misure per il miglioramento dell'efficienza della P.A., nonché nuovi strumenti di verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro dei dipendenti pubblici con la finalità di prevenire il fenomeno dell'assenteismo. In particolare, tra le novità, si prevede la creazione presso il Dipartimento della funzione pubblica di un nuovo ufficio, chiamato Nucleo della concretezza, composto da 53 unità di personale e preposto alla verifica della realizzazione delle azioni concrete da determinarsi in un apposito piano triennale per il miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione. L'attività del Nucleo si esplica attraverso sopralluoghi e visite, e ricomprende la possibilità di proporre misure correttive. Al Nucleo deve inoltre essere comunicata l'avvenuta attuazione delle misure correttive richieste. L'inosservanza del termine, oltre a rilevare ai fini della responsabilità disciplinare e dirigenziale, comporta l'inserimento in un elenco delle PA inadempienti riportato sul sito del Dipartimento della funzione pubblica e nella relazione annuale trasmessa al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, alla Corte dei conti e alle Camere.

Il provvedimento prevede inoltre l'introduzione di sistemi di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai fini della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro e reca un principio generale sullo svolgimento della prestazione nella sede di lavoro da parte dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche. Si interviene anche in materia di facoltà assunzionali delle amministrazioni statali, nonché in ambito di concorsi pubblici, di personale in disponibilità e assunzioni delle categorie protette, di  mobilità tra pubblico e privato.

 

Le altre due iniziative governative riguardavano la riforma del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il cui esame era stato avviato al Senato (S. 1122), e un disegno di legge delega recante deleghe al Governo in materia di semplificazione e di codificazione (A.C. 1812) , il cui esame era alla Camera e sul quale era stato espresso parere negativo da parte della Conferenza unificata, con l'obiettivo di potenziare la qualità e l'efficienza dell'azione amministrativa, di assicurare maggiore certezza dei rapporti giuridici e chiarezza del diritto, nonché di ridurre gli oneri regolatori gravanti su cittadini e imprese e di accrescere la competitività del Paese.

In particolare, il disegno di legge di riforma del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ( S. 1122) conteneva alcune deleghe per :
  • la revisione delle modalità di accesso al pubblico impiego, ivi inclusa la dirigenza ed anche mediante la riduzione dei tempi e dei costi delle procedure concorsuali;
  • la ridefinizione della vigente disciplina in materia di misurazione e valutazione della performance delle amministrazioni pubbliche, anche con riflessi differenziati ai fini delle progressioni di carriera e del riconoscimento della retribuzione accessoria, assicurando la riduzione degli oneri amministrativi, l'oggettività e la trasparenza dei procedimenti di valutazione, il coinvolgimento dell'utenza, laddove esistente, e di soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche;
  • la razionalizzazione e semplificazione della disciplina della mobilità del personale pubblico, nonché della tipologia degli incarichi ad esso conferibili;
  • ridefinire gli ambiti di intervento delle norme legislative e della contrattazione, collettiva e individuale, nella disciplina del rapporto di lavoro del personale;
  • il riordino dei procedimenti disciplinari.
Alla Camera, il disegno di legge  1812 prevedeva innanzitutto alcune deleghe finalizzate al riordino degli organismi pubblici posti a presidio di tale finalità mediante l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio di una  Commissione per l'attuazione delle misure di semplificazione, nonché il riordino dell'Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione.
Inoltre il provvedimento delegava il Governo ad adottare  decreti legislativi per la semplificazione e la codificazione entro 2 anni in diversi ambiti di materie, quali le attività economiche, l'energia, l'edilizia e il governo del territorio, l'ambiente, l'acquisto di beni e servizi dalle p.a., l'innovazione digitale, il servizio civile e il soccorso alpino, la prevenzione della corruzione e la trasparenza nelle p.a., la giustizia tributaria e il sistema tributario e contabile dello Stato, l'ordinamento e il funzionamento del servizio sanitario.
 Sono previsti criteri e principi generali volti, in gran parte, a dare attuazione a finalità di coordinamento, razionalizzazione, ricognizione, semplificazione, ampliamento dell'ambito delle attività liberamente esercitabili, monitoraggio del rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti. Sono dettati poi alcuni criteri specifici in materia di edilizia; governo del territorio; sportello unico delle attività produttive; acquisto di beni e servizi da parte delle p.a.; cittadinanza e innovazione digitale.
In diversi settori, ritenuti strategici dal Governo per le esigenze economiche e sociali nazionali, è prevista la  redazione di codici, anche al solo scopo di operare un riordino della legislazione vigente.
Si prevedeva di assegnare il coordinamento delle attività di semplificazione e di codificazione ad un neo istituito Comitato interministeriale che si avvale di una Cabina di regia da istituire presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio.
L'esame del provvedimento era stato avviato presso la I Commissione della Camera. Sul provvedimento è stato espresso parere negativo da parte della Conferenza unificata.
ultimo aggiornamento: 17 marzo 2020
 
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