E' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 26 giugno 2024, n. 86 recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Il provvedimento fa seguito ad un'ampia discussione sull'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che si è svolta a partire dalla fine della XVII legislatura, dopo le iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017.
Per approfondimenti si veda il dossier a cura dei Servizi studi di Camera e Senato.
Sulla legge è poi intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024.
La legge reca disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost. In particolare, il provvedimento, modificato nel corso dell'esame parlamentare, provvede alla definizione dei principi generali per l'attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e per la modifica e la revoca delle stesse. Provvede altresì in merito alle modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.
La Corte costituzionale è intervenuta sulla legge con la sentenza n. 192 del 2024. La Consulta, considerando non fondata la questione di costituzionalità dell'intera legge, ha ritenuto invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. La Corte ha poi interpretato in modo costituzionalmente orientato altre disposizioni della legge.
Si darà conto di seguito del contenuto della legge n. 86 del 2024, evidenziando gli effetti su di essa intervenuti per via della sentenza della Corte costituzionale.
Il provvedimento si compone di 11 articoli. In premessa, sono individuate le finalità dell'intervento legislativo (articolo 1), tra cui si richiamano: il rispetto dell'unità nazionale e il fine di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio; il rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all'insularità, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia; l'attuazione del principio di decentramento amministrativo; il fine di favorire la semplificazione e l'accelerazione delle procedure, la responsabilità, la trasparenza e la distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione, nonché del principio solidaristico di cui agli articoli 2 e 5 della Costituzione.
Inoltre, si stabilisce in principio che l'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione (LEP), ivi inclusi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali, e nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 119 della Costituzione. Tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale.
Secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale (punto 8.4 considerato in diritto), "l'art. 116, terzo comma, Cost., richiede che il trasferimento riguardi specifiche funzioni, di natura legislativa e/o amministrativa, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un'idonea istruttoria, alla stregua del principio di sussidiarietà. La ripartizione delle funzioni deve corrispondere al modo migliore per realizzare i principi costituzionali. L'adeguatezza dell'attribuzione della funzione ad un determinato livello territoriale di governo va valutata con riguardo ai criteri di efficacia ed efficienza, di equità e di responsabilità dell'autorità pubblica". La Consulta ha quindi dichiarato incostituzionale l'articolo 1, comma 2, della legge n. 86/2024 nella parte in cui prevede «[l]'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […]», anziché «[l]'attribuzione di specifiche funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […]». In particolare, la Corte ha precisato che tale disposizione, insieme ad altre di cui si darà conto nel prosieguo, è costituzionalmente illegittima in quanto allude "a un trasferimento anche di tutte le funzioni (amministrative e/o legislative) rientranti in una materia, senza prescrivere che le richieste di intesa siano giustificate in relazione alla situazione della regione richiedente".
La legge disciplina il procedimento di approvazione delle "intese" (articolo 2), che la Costituzione, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, richiede per l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. In proposito, si stabilisce che l'atto di iniziativa sia preso dalla regione interessata, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell'ambito della propria autonomia statutaria. La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della previsione anzidetta nella parte in cui non prescrive che l'iniziativa regionale sia giustificata alla luce del principio di sussidiarietà (punto 8.4 considerato in diritto).
A seguito dell'iniziativa regionale, si instaura il negoziato tra il Governo e la Regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare. Più in dettaglio, la richiesta deve essere trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il quale, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell'economia, ed in ogni caso entro i successivi sessanta giorni, avvia il negoziato con la Regione richiedente. Per le ragioni già individuate nel paragrafo "le finalità del provvedimento" (illegittimità delle disposizioni riguardanti il trasferimento anche di tutte le funzioni rientranti in una materia, senza prescrivere che le richieste di intesa siano giustificate in relazione alla situazione della regione richiedente), la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disposizione (articolo 2, comma 1) che stabilisce che il negoziato, «con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai livelli essenziali delle prestazioni […], è svolto per ciascuna singola materia o ambito di materia», anziché stabilire che il negoziato, «con riguardo a specifiche funzioni riferibili ai livelli essenziali delle prestazioni […], è svolto con riferimento a ciascuna funzione o gruppo di funzioni».
Ai fini dell'avvio del negoziato, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie debbono tenere conto del quadro finanziario della Regione interessata. Prima di avviare il negoziato le Camere devono essere informate dal Governo dell'atto di iniziativa.
Lo schema d'intesa preliminare tra Stato e Regione, corredato di una relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri: sullo stesso deve essere acquisito il parere della Conferenza unificata da rendere entro sessanta giorni. Trascorso tale termine, lo schema preliminare viene comunque trasmesso alle Camere per l'esame da parte dei competenti organi parlamentari: questi si esprimono al riguardo "con atti di indirizzo", secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.
Alla luce del parere e degli atti di indirizzo, il Presidente del Consiglio o il Ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, ove necessario al termine di un ulteriore eventuale negoziato e comunque una volta decorso il termine di novanta giorni. Nel corso dell'esame al Senato è stato aggiunto che, laddove il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di non conformarsi, in tutto o in parte, agli atti di indirizzo, riferisce alle Camere con apposita relazione, nella quale fornisce adeguata motivazione della scelta effettuata.
Per le fasi successive, si prevede l'approvazione dell'intesa definitiva da parte della Regione, assicurando la consultazione degli enti locali interessati, e la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri dell'intesa definitiva e del disegno di legge di approvazione dell'intesa che è allegata al disegno di legge. Alla seduta del Consiglio dei Ministri per l'esame dello schema di disegno di legge e dello schema di intesa definitivo partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata. La Corte costituzionale ha stabilito che a quest'ultima previsione (articolo 2, comma 6) "va attribuito lo scopo di garantire la prosecuzione della procedura ad opera del Governo, senza però precludere che, in caso di inerzia governativa, l'iniziativa legislativa sia assunta dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 121, secondo comma, Cost." (punto 10, considerato in diritto). L'iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa, quindi, come riservata unicamente al Governo.
Il disegno di legge di approvazione dell'intesa e la medesima intesa allegata sono immediatamente trasmessi alle Camere per la deliberazione, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il quale configura quella in questione come una legge rinforzata, prescrivendo che ciascuna Camera la approvi a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. Tale previsione (art. 2, comma 8), secondo quanto stabilito dalla sentenza della Consulta, può essere intesa in senso conforme a Costituzione e quindi nel senso di rinviare alla deliberazione delle Camere come regolata dalle fonti competenti (ossia dall'art. 116, terzo comma, Cost. – che presupporrebbe un ordinario iter legislativo, comprendente il potere di emendamento – e dai regolamenti parlamentari, qualora integrino in futuro la suddetta norma costituzionale). La legge di differenziazione, quindi, non è di mera approvazione dell'intesa ma implica il potere di emendamento delle Camere. Occorre precisare che, essendo tale legge caratterizzata da una "condizionalità" derivante dall'intesa, "qualora le Camere intendano apportare modifiche sostanziali all'accordo concluso, esso dovrà essere rinegoziato tra il Governo e la regione richiedente, il cui consenso è elemento essenziale della procedura" (punto 11.2 considerato in diritto).
Le intese devono anche indicare la loro durata (articolo 7), che non può comunque essere superiore a dieci anni. Alla scadenza del termine, l'intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza. Ciascuna intesa individua, in un apposito allegato, le disposizioni di legge statale che cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, con l'entrata in vigore delle leggi regionali attuative dell'intesa.
Con le medesime modalità previste per la loro conclusione, le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi Regolamenti. Ciascuna intesa potrà inoltre prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Inoltre, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, la cessazione dell'intesa può essere sempre deliberata – sempre con legge a maggioranza assoluta delle Camere – in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato qualora ricorrano motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione, dell'obbligo di garantire i LEP.
L'attribuzione alle Regioni ordinarie delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, nelle materie di cui all'art. 116, comma 3, Cost., è stata espressamente subordinata alla previa determinazione dei relativi LEP, la cui opera di definizione si configura, pertanto, quale passaggio necessario affinché si possa procedere alla stipula delle intese tra lo Stato e le singole Regioni per la realizzazione della loro autonomia differenziata. Il principio, già sancito nella legge di bilancio 2023 (commi 791-801-bis della legge n. 197 del 2022, dichiarati incostituzionali in via consequenziale a partire dall'entrata in vigore della legge n. 86/2024 secondo quanto stabilito dalla sentenza della Consulta), è ribadito nella stessa legge 86/2024, che a tal fine, come modificato nel corso dell'esame al Senato (articolo 3), conteneva una delega al Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per l'individuazione dei LEP, sulla base dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di bilancio 2023, i cui schemi sarebbero stati trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro il termine di 45 giorni. La sentenza della Corte costituzionale (punto 9.2 considerato in diritto) ha, tuttavia, dichiarato l'illegittimità costituzionale della previsione contenente la delega al Governo per l'adozione dei decreti legislativi per l'individuazione dei LEP (articolo 3, comma 1). In particolare, la Consulta ha precisato che il vizio alla base della disposizione stava nella pretesa di dettare contemporaneamente criteri direttivi con riferimento a numerose e variegate materie. Proseguendo nel ragionamento, la Corte ha statuito che "poiché ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti, una determinazione plurisettoriale di criteri direttivi per la fissazione dei LEP, che non moduli tali criteri in relazione ai diversi settori, risulta inevitabilmente destinata alla genericità" (punto 9.2 considerato in diritto).
La legge individua altresì le materie o ambiti di materie – tra quelle suscettibili di attribuzione alle Regioni in attuazione dell'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, Cost. – in riferimento alle quali si provvederà alla determinazione dei LEP (articolo 3, comma 3). In proposito, la Consulta (punto 8.4 considerato in diritto) ha dichiarato incostituzionale tale disposizione nella parte in cui prevede che «i LEP sono determinati nelle materie o negli ambiti di materie […]», anziché prevedere «i LEP sono determinati per le specifiche funzioni concernenti le materie […]». Si rinvia a quanto già esposto nel paragrafo "le finalità del provvedimento" (illegittimità delle disposizioni riguardanti il trasferimento anche di tutte le funzioni rientranti in una materia, senza prescrivere che le richieste di intesa siano giustificate in relazione alla situazione della regione richiedente). La Corte ha inoltre precisato (punto 15.2 considerato in diritto) che, alla luce della necessità di determinare il relativo LEP (e costo standard) – qualora si trasferisca una funzione attinente ad un diritto civile o sociale – nel momento in cui il legislatore qualifica una materia come "no-LEP", i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Se, invece, lo Stato intende accogliere una richiesta regionale relativa a una funzione rientrante in una materia "no-LEP" e incidente su un diritto civile o sociale, occorrerà la previa determinazione del relativo LEP (e costo standard).
Come anticipato, la Consulta, data la dichiarazione di incostituzionalità delle disposizioni contenenti la delega per l'adozione dei decreti legislativi in materia di individuazione dei LEP, ha consequenzialmente dichiarato incostituzionali le disposizioni della legge 86/2024 relative a: procedimento di adozione dei decreti legislativi (articolo 3, comma 2); affidamento ai decreti legislativi della disciplina del monitoraggio sulla garanzia dell'erogazione dei LEP (articolo 3, comma 4); adempimenti successivi allo stesso monitoraggio (articolo 3, commi 5 e 6).
Era previsto, altresì, l'aggiornamento periodico dei LEP con d.P.C.m., in coerenza e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, anche al fine di tenere conto della necessità di adeguamenti tecnici conseguenti al mutamento del contesto socioeconomico o dell'evoluzione della tecnologia. L'aggiornamento era demandato a decreti del presidente del Consiglio dei ministri (d.P.C.m.) sui cui relativi schemi dovevano essere acquisiti i pareri della Conferenza unificata, nonché delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari (entro trenta giorni). Si segnala che la sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione in commento (articolo 3, comma 7) per violazione dell'articolo 3 Cost. in quanto prevedeva contraddittoriamente che un futuro atto avente forza di legge potesse essere modificato con un atto sub-legislativo. Secondo quanto precisato dalla Corte, "ad abundantiam, si può rilevare che la norma impugnata finisce anche per porsi in contrasto, da un lato, con il principio secondo il quale una fonte primaria non può creare una fonte con sé concorrenziale (sentenze n. 198 del 2021 e n. 361 del 2010), dall'altro con l'art. 76 Cost., perché, attribuendo al Presidente del Consiglio il potere di aggiornare i LEP fissati con decreto legislativo, in sostanza conferisce un'altra delega ad un organo diverso dall'unico cui la delega legislativa può essere data (il Governo nella sua interezza), in base all'art. 76 Cost." (punto 13.2 considerato in diritto).
Nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi, la legge prevedeva che continuassero ad applicarsi, ai fini della determinazione dei LEP nelle materie suscettibili di autonomia differenziata, le citate disposizioni previste dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 791 a 801-bis). Il comma 9 dell'articolo 3, contenente il meccanismo anzidetto, è stato dichiarato incostituzionale dalla sentenza della Consulta (punto 13.3 considerato in diritto), giacché teneva ferma la procedura di determinazione dei LEP con d.P.C.m. prevista dalla legge di bilancio del 2023, determinando una anomala convivenza tra il percorso di determinazione mediante decreti legislativi (articolo 3, comma 1, legge 86/2024), e quello previsto dalla già richiamata legge di bilancio 2023.
La legge, inoltre, prevede che, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, secondo le modalità di cui all'articolo 1, commi 793 e 796, della legge di bilancio 2023, i costi e fabbisogni standard siano determinati e aggiornati con cadenza almeno triennale con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Si segnala che tale disposizione è stata dichiarata incostituzionale in via consequenziale in relazione all'inciso «secondo le modalità di cui all'articolo 1, commi 793 e 796, della legge 29 dicembre 2022, n. 197,». Infatti, una volta venuta meno l'applicabilità dei commi da 791 a 801-bis dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022, risulta incongrua la previsione che la Commissione tecnica per i fabbisogni standard debba rispettare la procedura delineata da quelle norme legislative. Peraltro, come già ricordato, l'incostituzionalità del meccanismo di determinazione dei LEP fino all'entrata in vigore dei decreti legislativi ha determinato l'illegittimità costituzionale in via consequenziale – sopravvenuta a partire dall'entrata in vigore della legge sull'autonomia differenziata – delle norme la cui applicazione è tenuta ferma, cioè dei commi da 791 a 801-bis dell'art. 1 della legge di bilancio 2023 (punto 13.3 considerato in diritto).
La legge prevede che il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP (art. 4), con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, possa avvenire, soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, al trasferimento delle funzioni si potrà procedere soltanto successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle necessarie risorse finanziarie. La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, primo periodo, nella parte in cui menziona «materie o ambiti di materie riferibili ai LEP», anziché «specifiche funzioni riferibili ai LEP» (punto 8.4 considerato in diritto). Si rinvia a quanto già esposto in merito all'illegittimità delle disposizioni riguardanti il trasferimento anche di tutte le funzioni rientranti in una materia, senza prescrivere che le richieste di intesa siano giustificate in relazione alla situazione della regione richiedente.
Per le funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai LEP, la legge prevede che il trasferimento possa essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
Le funzioni trasferite alla Regione possono essere attribuite, nel rispetto del principio di leale collaborazione, a Comuni, Province e Città metropolitane dalla medesima Regione, in conformità all'articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie (art. 6).
Per l'individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l'esercizio da parte della Regione delle condizioni particolari di autonomia oggetto di conferimento si dispone l'istituzione di una Commissione paritetica Stato–Regione-Autonomie locali, che ha il compito di formulare proposte in merito. I criteri di determinazione di tali beni e risorse, così come le modalità di finanziamento delle funzioni dovranno essere definiti nell'ambito dell'intesa tra Stato e Regione disciplinata dall'articolo 2 della legge. Il finanziamento dovrà, comunque, essere basato sulla compartecipazione regionale ad uno o più tributi erariali (articolo 5). Alla Commissione sono attribuiti anche compiti di monitoraggio: in particolare, questa procede annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall'esercizio delle funzioni e dall'erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
La legge dispone che spetta alla Corte dei Conti riferire annualmente alle Camere sui controlli effettuati, con riferimento in particolare alla verifica della congruità degli oneri finanziari conseguenti al trasferimento di competenze nell'ambito del regionalismo differenziato rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione (articolo 8, comma 3).
Sotto il profilo finanziario, la legge (articolo 9) reca la clausola di invarianza finanziaria con riferimento all'attuazione della medesima e di ciascuna intesa che ne derivi. La Corte costituzionale ha precisato che per garantire l'armonico inserimento del regionalismo asimmetrico nel sistema costituzionale, le intese dovranno anche tener conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari, anche alla luce del nuovo sistema di governance europea (punto 22.1 considerato in diritto).
La legge dispone, inoltre, che il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard sia attuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio. La Consulta ha stabilito che, poiché l'art. 116, terzo comma, Cost. presuppone che la regione richiedente possa esercitare in modo più efficiente rispetto allo Stato le funzioni trasferite, è necessario che le risorse occorrenti per il loro esercizio siano individuate con un criterio che assuma come parametro la gestione efficiente. Questo criterio, in linea di principio, esclude il riferimento alla spesa storica per il finanziamento delle funzioni trasferite, richiedendo la rimozione delle eventuali inefficienze che si annidano nella stessa, e costituisce il parametro per valutare oggettivamente se la devoluzione realizzi la migliore allocazione delle funzioni interessate, assicurando i vantaggi in termini di efficienza, che costituiscono un aspetto significativo del principio di sussidiarietà (punto 22.1 considerato in diritto).
La legge garantisce, per le singole Regioni che non siano parte delle intese, l'invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all'articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione.
Si segnala che la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 9, comma 4, della legge, nella parte in cui prevede la facoltatività del concorso delle regioni differenziate agli obiettivi di finanza pubblica, anziché la doverosità su un piano di parità rispetto alle altre regioni (punto 28.2 considerato in diritto).
La legge stabilisce, inoltre, che lo Stato adotti misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione, della solidarietà sociale individuando anche alcune fonti per le relative risorse, precisando che trova comunque applicazione la normativa volta ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, anche nel quadro dell'attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale (articolo 10).
Il provvedimento (articolo 11) prevede che la legge trovi applicazione nei confronti delle regioni che abbiano già avviato il negoziato per il riconoscimento dell'autonomia differenziata.
È stata, infine, dichiarata l'incostituzionalità della previsione (articolo 11, comma 2) contenente l'estensione applicativa della legge alle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. La Corte costituzionale ha, infatti, precisato che "nel contesto delle regioni speciali, l'ulteriore specializzazione e il rafforzamento dell'autonomia devono scorrere sui binari della revisione statutaria e, entro certi limiti, delle norme di attuazione degli statuti speciali" (punto 6, considerato in diritto).
Dopo la pubblicazione della legge 86 del 2024, sono state presentate alcune richieste di referendum abrogativo, ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione.
Una di queste richieste, finalizzata alla raccolta delle 500.000 firme necessarie per attivare il procedimento referendario, riguarda l'abrogazione totale della legge sull'autonomia differenziata (si veda l'annuncio pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2024, n. 157).
Anche alcuni consigli regionali hanno deliberato in ordine alla richiesta di referendum abrogativo.
Il Consiglio della Regione Campania, nella seduta dell'8 luglio 2024, ha approvato due delibere (la n. 1 e la n. 2 del 2024) riguardanti rispettivamente una richiesta di referendum per l'abrogazione totale e una per l'abrogazione parziale della legge 86/2024.
In seguito i consigli regionali di altre quattro regioni hanno approvato richieste analoghe:
Le due iniziative referendarie, di origine rispettivamente popolare e regionale, concernenti l'abrogazione totale della legge n. 86/2024 sono state unificate con ordinanza interlocutoria dell'Ufficio centrale per il referendum del 2 dicembre 2024, in quanto relative a identico quesito (articolo 32, comma 4, legge n. 352/1970).
Con ordinanza del 12 dicembre 2024, la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta di referendum abrogativo sull'abrogazione totale della legge n. 86/2024 con il seguente quesito unificato: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Cost., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 192/2024"?».
Con la medesima ordinanza, la Corte di cassazione ha dichiarato non conforme a legge la richiesta di referendum sul quesito relativo all'abrogazione parziale della stessa legge n. 192/2024, presentata dai consigli regionali.
La Corte costituzionale, con decisione assunta in camera di consiglio in data 20 gennaio 2025, ha ritenuto inammissibile il quesito referendario riguardante l'abrogazione totale della legge n. 86/2024. In particolare, la Corte ha rilevato che l'oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari, pregiudicando la possibilità di una scelta consapevole da parte dell'elettore. Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull'autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull'art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale (cfr. il comunicato della Corte costituzionale del 20 gennaio 2025).
Con riferimento all'attuazione della legge 26 giugno 2024, n. 86, si segnala che, nella riunione del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2024, il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, senatore Roberto Calderoli, ha svolto una informativa in proposito, comunicando l'avvenuta trasmissione al Governo delle richieste di avvio del negoziato da parte delle Regioni Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia.
Il Ministro ha inoltre informato, in merito agli atti di iniziativa regionale appena richiamati, la Conferenza Stato-Regioni, la quale ne ha preso atto nella seduta del 12 settembre 2024. Analoga informativa è stata inoltre trasmessa alle Camere (si veda l'allegato A del resoconto della seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 27 settembre 2024, nonché l'allegato B del resoconto della seduta dell'Assemblea del Senato della Repubblica del 30 settembre 2024).
I negoziati tra il Governo e le Regioni Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria per l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia, così come previsto dalla Legge 86/2024, sono stati avviati in data 3 ottobre 2024.