tema 10 novembre 2022
Studi - Istituzioni Il dialogo tra Parlamento e Corte costituzionale

A partire dal 2018 la Corte costituzionale ha fatto ricorso alla tecnica decisoria delle ordinanze di "incostituzionalità differita", vale a dire ad ordinanze che rinviano il giudizio di costituzionalità chiedendo nelle more al Parlamento di legificare nella materia oggetto del giudizio. Questa tipologia di ordinanze si affianca alle pronunce con le quale la Corte richiede al legislatore di intervenire su una determinata materia (cd. pronunce monito).

In molti casi, alle ordinanze di "incostituzionalità differita" e ai moniti ha fatto seguito un'attività parlamentare. In un caso (sull'ordinanza di incostituzionalità differita relativa al cd. ergastolo ostativo) è anche intervenuto un decreto-legge, il decreto-legge n. 162 del 2022.

Per altri elementi su questi aspetti si rinvia alla periodica rassegna di giurisprudenza costituzionale.

Dal 2019, inoltre, la Corte ha adottato ordinanze innovative con riferimento alla possibilità per i singoli parlamentari e per i gruppi parlamentari di sollevare conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato.

Nel corso della XVIII legislatura, la Corte ha infine confermato la sua giurisprudenza in materia di riparto di competenze tra Stato e regioni, in particolare con riferimento all'esigenza del rispetto del principio di leale collaborazione, anche attraverso la previsione di adeguate forme di coinvolgimento del sistema delle conferenze (Conferenza Stato-regioni, Conferenza Stato-città, Conferenza unificata).

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L'ordinanza n. 207 del 2018 della Corte costituzionale ha per la prima volta utilizzato la tecnica decisoria dell'"incostituzionalità differita". L'ordinanza infatti rinviava di un anno, all'udienza del 24 settembre 2019, il seguito del giudizio in ordine alla questione di costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale che prevede il reato di istigazione e aiuto al suicidio. In proposito, l'ordinanza rileva l'esigenza di un attento bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti, bilanciamento da affidare necessariamente al legislatore e segnala che questa esigenza aveva fin lì condotto, in circostanze analoghe, ad una decisione di inammissibilità della questione, accompagnando la pronuncia con un monito al legislatore ad intervenire. Si segnalava che tuttavia questa tecnica decisoria aveva l'effetto di lasciare in vita una normativa comunque ritenuta non conforme a Costituzione e quindi si adottava invece la tecnica dell'"incostituzionalità differita" per impedire che tale normativa continuasse a produrre effetti. Il Parlamento non è intervenuto nell'anno del rinvio dell'udienza e l'articolo 580 del codice penale è stato quindi oggetto di una pronuncia di incostituzionalità parziale con la sentenza n. 242 del 25 settembre 2019. La Camera ha quindi approvato in materia il testo unificato dei progetti di legge C. 2  e abbinate che trasmesso al Senato (S. 2553) non è stato poi definitivamente approvato prima della fine della XVIII legislatura (si rinvia per questi aspetti all'apposito tema).

Merita inoltre segnalare le seguenti ordinanze di "incostituzionalità differita":

  • ordinanza n. 132 del 2020, con la quale la Corte, chiamata in via incidentale a giudicare sulla disciplina sanzionatoria in materia di diffamazione a mezzo stampa, ha rilevato l'esigenza di rimeditare il bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale, un bilanciamento che però può essere compiuto solo dal legislatore; l'ordinanza segnala anche che risultavano all'esame delle Camere vari progetti di legge di revisione della disciplina; l'udienza era quindi rinviata di un anno, al 22 giugno 2021; in materia il Parlamento ha esaminato S. 812, senza tuttavia giungere alla sua approvazione definitiva entro il termine del rinvio disposto dall'ordinanza; la Corte ha quindi, con la sentenza n. 150 del 12 luglio 2021, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13 della legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948) che prevede la necessaria applicazione della reclusione da uno a sei anni per il reato di diffamazione commessa a mezzo della stampa e consistente nell'attribuzione di un fatto determinato;
  • ordinanza n. 97 del 2021, con la quale la Corte ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo per un reato ostativo, per accedere alla liberazione condizionale, demandando però al legislatore il compito di operare scelte di politica criminale tali da contemperare le esigenze di prevenzione generale e sicurezza collettiva con il rispetto del principio di rieducazione della pena affermato dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione; l'udienza è stata quindi rinviata al 10 maggio 2022; in materia la Camera ha quindi approvato, nella seduta del 31 marzo 2022, il progetto di legge C. 1951 trasmesso al Senato (S. 2574); alla luce di tale circostanza, la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 122 del 2022 ha ulteriormente rinviato di sei mesi l'udienza, fino all'8 novembre 2022; il progetto di legge non è stato definitivamente approvato prima della fine della XVIII legislatura e all'inizio della XIX legislatura è stato adottato il decreto-legge n. 162 del 31 ottobre 2022 (S. 274) che, tra le altre cose, riproduce, con due modifiche, il contenuto del progetto di legge S. 2574; a seguito dell'udienza dell'8 novembre 2022, la Corte costituzionale ha rilevato che le disposizioni del decreto-legge "incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all'ergastolo) per reati cosiddetti ostativi, che non hanno collaborato con la giustizia. Costoro sono ora ammessi a chiedere i benefici sebbene in presenza di nuovi stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo"; la Corte costituzionale ha quindi restituito gli atti alla Corte di cassazione che aveva sollevato la questione di costituzionalità e a "cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza" (così nel comunicato-stampa della Corte emesso in attesa del deposito della sentenza).
ultimo aggiornamento: 10 novembre 2022

Tra i recenti moniti rivolti dalla Corte costituzionale al Parlamento, merita segnalare, rinviando per una trattazione più specifica agli appositi temi:

  • la sentenza n. 32 del 2021 in materia di tutela dei minori nati da fecondazione eterologa in coppie dello stesso sesso; il legislatore è invitato ad intervenire per colmare il vuoto di tutela rispetto all'interesse del minore a beneficiare di relazioni e contatto continuativo con entrambi i genitori, pur in assenza di un legame biologico;
  • la sentenza n. 33 del 2021 in materia di surrogazione di maternità; la Corte segnala che spetta a legislatore il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata, nel contesto del difficile bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso a questa pratica e l'imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori; si ricorda che in materia di maternità surrogata la Commissione giustizia della Camera ha svolto, senza tuttavia concluderlo prima della fine della legislatura, l'esame congiunto delle proposte di legge C. 306 e C. 2599 volte a perseguire il reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano;
  • la sentenza n. 48 del 2021 in materia di procedimento elettorale preparatorio relativo alle elezioni politiche e di giudice competente; la Corte invita il legislatore ad intervenire per sanare la "zona franca della giustizia costituzionale e della giustizia tout-court" rappresentata dall'assenza di un procedimento giurisdizionale sulle controversie sul procedimento elettorale preparatorio; in materia, la proposta di legge S. 2390, nel testo approvato dal Senato (C. 3489), introduce, a seguito del monito, un apposito giudizio presso il giudice amministrativo sulle controversie relative agli atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche, concernenti i contrassegni, le liste, i candidati, i collegamenti, inclusi gli atti di accertametno dell'incandidabilità conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi; dopo l'approvazione del Senato, la Commissione Affari costituzionali della Camera ne ha avviato l'esame nella seduta del 27 aprile 2022, senza tuttavia concluderlo prima della fine della XVIII legislatura;
  • la sentenza n. 220 del 2021 sul finanziamento e riparto del fondo di solidarietà comunale e sull'esigenza di individuare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP); la Corte ha valutato negativamente  il perdurante ritardo nella definizione dei LEP, i quali, una volta individuati, indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale";
  • la sentenza n. 240 del 2021 in materia di elezione del sindaco della città metropolitana; la Corte ha invitato il legislatore ad intervenire sulle disposizioni della legge n. 56 del 2014 che non prevedono l'elettività diretta o indiretta del sindaco metropolitano, attribuendo tale carica automaticamente al sindaco del comune capoluogo;
  • la sentenza n. 22 del 2022 sull'applicazione concreta delle norme vigenti in materia di residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS, le strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari); la Corte ha invitato il legislatore a provvedere a dotare di un'adeguata base legislativa la procedura di assegnazione alla REMS che infatti continua a configurarsi come una misura di sicurezza disposta dal giudice penale non solo a scopo terapeutico ma anche per contenere la pericolosità sociale di una persona che ha commesso un reato e a provvedere alla realizzazione di un numero sufficiente di REMS sul territorio nazionale, prevedendo altresì un adeguato monitoraggio da parte del Ministero della giustizia; in materia, il decreto-legge n. 17 del 2022 ha recato un finanziamento per il funzionamento di due specifiche REMS (Genova-Prà e Calice al Cornoviglio, La Spezia);
  • la sentenza n. 131 del 2022 in materia di cognome dei figli; la sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 262, primo comma, del Codice civile nella parta in cui non prevede, con riguardo all'ipotesi di riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; insieme la Corte ha invitato il legislatore intervento per impedire che l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome nonché a valutare l'interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle; in materia la Commissione giustizia del Senato ha avviato, il 15 febbraio 2022, l'esame delle proposte di legge S. 170 e abbinate, senza tuttavia concluderlo prima della fine della legislatura.

Per questi aspetti, come anche per gli altri moniti rivolti al legislatore e per le ordinanze di incostituzionalità differita, si rinvia alla Rassegna di giurisprudenza costituzionale, curata dai servizi studi di Camera e Senato.

ultimo aggiornamento: 3 novembre 2022

Con l'ordinanza n. 17 del 2019, la Corte ha affrontato il tema della possibilità per i singoli parlamentari di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato da parte di singoli parlamentari. Nello specifico, l'ordinanza ha rigettato il ricorso sollevato da 37 senatori e relativo all'iter di approvazione al Senato della legge di bilancio per il 2019; la Corte ha però affermato anche che il singolo parlamentare è titolare di una serie di prerogative costituzionali distinte da quelle che gli spettano n quanto componente dell'Assemblea - quali il diritto di parola, di proposta e di voto che può esercitare in modo autonomo e indipendente e che può tutelare davanti alla Corte costituzionale con lo strumento del conflitto di attribuzioni. Però, per superare il vaglio preliminare di ammissibilità, occorre che la violazione di queste prerogative sia rilevabile immediatamente e in maniera evidente.

All'ordinanza n. 17 hanno fatto seguito ulteriori ordinanze in materia; tra queste merita segnalare che:

  • le ordinanze n. 274 e n. 275 del 2019 hanno affrontato il ricorso sollevato da singoli deputati in seguito all'approvazione di un emendamento asseritamente eterogeneo rispetto al testo originario di un decreto-legge; la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, argomentando che la palese estraneità, rispetto al contenuto originario di un decreto-legge, di emendamenti introdotti in sede di conversione può giustificare il ricorso di un deputato o di un senatore alla Corte costituzionale purché costituisca - circostanza nello specifico non dimostrata dai ricorrenti - fin dalla sua prospettazione, un vizio così grave da menomare le prerogative costituzionali dei parlamentari;
  • l'ordinanza n. 60 del 2020 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da alcuni gruppi parlamentari e relativo all'iter di approvazione della legge di bilancio per il 2020, segnalando che le argomentazioni dei ricorsi non facevano emergere un "irragionevole squilibrio fra le esigenze in gioco nelle procedure parlamentari e quindi un vulnus nelle attibuzioni dei parlamentari grave e manifesto; in proposito si ricordava anche che "le procedure legislative, finalizzate originariamente alla valorizzazione del contraddittorio, col passare degli anni hanno dovuto altresì farsi carico dell'efficienza e tempestività delle decisioni parlamentari, primieramente in materia economica e di bilancio, in ragione di fini, essi stessi desunti dalla Costituzione ovvero imposti dai vincoli europei, che hanno portato a un necessario bilanciamento con le ragioni del contraddittorio";
  • l'ordinanza n. 176 del 2020 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un singolo senatore eletto all'estero e relativo all'approvazione della riforma costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari; il ricorso sosteneva che la riduzione del numero dei parlamentari arrecava un pregiudizio al diritto alla rappresentanza democratica in Parlamento, in particolare per gli italiani residenti all'estero; nel dichiarare l'inammissibilità la Corte rilevava che il ricorso non specificava puntualmente la menomazione delle prerogative del parlamentare; con la medesima motivazione l'ordinanza n. 197 del 2020 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un singolo senatore in relazione all'iter del decreto-legge n. 26 del 2020 in materia di rinvio di scadenze elettorali a causa dell'emergenza COVID-19;
  • le ordinanze n. 66 e n. 67 del 2021 hanno dichiarato inammissibili i distinti ricorsi sollevati da due deputati in ordine all'iter di conversione del decreto-legge n. 6 del 2020 in materia di COVID-19; la Corte ha argomentato che se - come è avvenuto - i ricorrenti hanno avuto la possibilità di intervenire nel corso del dibattito e di votare contro la conversione in legge del d.l. n. 6/2020, non si può dire che sussista un'evidente violazione delle loro prerogative costituzionali, tra le quali indubbiamente rientra la facoltà di partecipare alle discussioni e alle deliberazioni esprimendo opinioni e voti (art. 68 Cost.); quanto all'"espropriazione" della funzione legislativa da parte del Governo, in supposta violazione degli artt. 76 e 77 Cost., in questo caso il soggetto titolare delle attribuzioni costituzionali di cui si lamenta la violazione non è il singolo parlamentare, ma piuttosto la Camera di appartenenza;
  • l'ordinanza n. 188 del 2021 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un singolo deputato contro la decisione del Presidente della Camera di non ammettere un suo progetto di legge; in materia l'ordinanza argomenta che, in forza del principio di autonomia delle Camere, l'estensione del potere presidenziale e le concrete modalità del suo esercizio possono essere oggetto di valutazione ad opera della stessa solo in presenza di manifesta menomazione delle attribuzioni costituzionali del parlamentare, mentre nel caso di specie dalla prospettazione del ricorrente non emerge che la valutazione di inammissibilità del progetto di legge, accompagnata dall'esposizione dei relativi motivi, abbia prodotto, di per sé, l'evidente menomazione del potere di iniziativa legislativa; con motivazioni analoghe l'ordinanza n. 193 del 2021 ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia di esercizio del sindacato ispettivo; l'ordinanza n. 254 del 2021 ha invece dichiarato inammissibile un ricorso in materia di mancato esame di una petizione presentata alle Camere ricordando che "la presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti";
  • le ordinanze n. 255 e n. 256 del 2021 hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da singoli parlamentari contro le deliberazioni interne di Senato e Camera in ordine all'obbigo di possedere la cd certificazione verde per la partecipazione ai lavori parlamentari; l'inammissibilità è motivata dal difetto di prospettazione di violazioni manifeste delle prerogative del singolo parlamentare; si argomenta inoltre che le Camere hanno mantenuto una libera valutazione di opportunità della Camera in ordine all'an, al quando e al quomodo del processo di adeguamento alla normativa esterna in materia di cerficazione verde;

Per ulteriori elementi in materia si rinvia ai capitoli relativi alla giurisprudenza costituzionale presenti nei rapporti sulla legislazione 2019-2020, 2021 e 2022, quest'ultimo di prossima pubblicazione.

ultimo aggiornamento: 3 novembre 2022

Nella recente giurisprudenza costituzionale in materia di rapporti fra Stato e Regioni trovano conferma gli orientamenti consolidati per i quali è il principio di leale collaborazione a presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni. Per la Corte, nei casi di intersezione e sovrapposizione tra competenze statali e competenze regionali per la definizione di una disciplina, può essere richiesta la previa intesa in sede di Conferenza unificata o di Conferenza Stato-regioni, al fine di garantire un contemperamento tra potestà statali e prerogative regionali, in presenza di prevalenza di una materia di legislazione concorrente o di residuale competenza regionale. In altri casi di minore impatto sulle competenze regionali, la giurisprudenza della Corte continua a ritenere sufficiente l'acquisizione di un parere della Conferenza.

Tra le sentenze più recenti che si sono soffermate sulle ipotesi di intreccio di competenze legislative tra Stato e Regioni, si segnala:

  • la sentenza n. 169 del 2020, che riguarda l'applicazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni nell'attuazione della delega legislativa: chiamata a pronunciarsi sulla delega al Governo per la riforma delle camere di commercio, la Corte, riprendendo in parte la sentenza n. 251 del 2016, ha precisato che, «[n]el seguire le cadenze temporali entro cui esercita la delega, […] il Governo può fare ricorso a tutti gli strumenti che reputa, di volta in volta, idonei al raggiungimento dell'obiettivo finale [...] consiste[nte] nel vagliare la coerenza dell'intero procedimento di attuazione della delega, senza sottrarlo alla collaborazione con le Regioni». Nel caso di specie ciò ha portato la Corte ad affermare che la leale collaborazione è garantita in ragione della previsione, da parte del decreto legislativo (e non della legge delega), di un'intesa fra Stato e Regioni per l'approvazione del decreto ministeriale di attuazione, sebbene l'intesa non sia stata effettivamente raggiunta;
  • le sentenze n. 114 e n. 123 del 2022  con le quali la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), nella parte in cui non prevedono che i decreti ministeriali ivi previsti siano adottati previa intesa con la Conferenza Stato - Regioni ovvero con le singole Regioni e Province autonome interessate. Nella sentenza n. 114 la Corte conferma che quando vi è un'inscindibile sovrapposizione o intreccio di competenze (nel caso di specie tra competenza esclusiva statale nella materia «ordinamento civile» ex art. 117, secondo comma, lett. l) Cost. e concorrente nella materia «tutela della salute»), che non può essere composto facendo ricorso al criterio della prevalenza, risulta fondata la richiesta un coinvolgimento regionale tramite l'intesa. Nella sentenza n. 123 del 2022 si conferma, con riferimento alla definizione delle modalità di riparto di un fondo statale nelle materie di competenza materie di competenza concorrente «tutela della salute» e «ordinamento sportivo», la costante giurisprudenza secondo la quale la sede più appropriata di coinvolgimento regionale va individuata nella Conferenza Stato-Regioni, attraverso lo strumento dell'intesa sulle modalità di utilizzo e di gestione del fondo in questione.
  • la sentenza n. 179 del 2022 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 1, comma 202, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) nella parte in cui non prevede l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni a fini dell'adozione del decreto attuativo di riparto di contributi alle imprese non industriali con sede nei comuni nei quali si siano verificati, nel 2020, interruzioni di viabilità dovute a crolli di infrastrutture stradali; la Corte ha infatti argomentato che "l'ampiezza della formula utilizzata dal legislatore ("imprese non industriali") per indicare le imprese beneficiarie del fondo è tale da intercettare anche ambiti materiali di sicura competenza regionale (ad es. commercio e agricoltura)"; in proposito si ricorda che, in precedenza, in sede parlamentare analoghi interventi di sostegno ad imprese di cui non fosse specificato il settore di operatività erano stati invece prevalentemente ricondotti alla competenza esclusiva statale in materia di "tutela della concorrenza"; ciò sulla base di un precedente orientamento della Corte volto ad ascrivere a tale competenza gli strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo del Paese (così nella sentenza n. 14 del 2004, si veda ad esempio il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali del 23 giugno 2021 sul disegno di legge C. 3132 di conversione del decreto-legge n. 73 del 2021); nella medesima sentenza la Corte ha anche dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 649, della medesima legge di bilancio per il 2021 nell parte in cui non prevede che - limitatamente alle risorse destinate al trasporto pubblico locale, il decreto  attuativo previsto dalla norma sia adottata previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni;

Infine, con riferimento all'emergenza COVID-19, sotto il profilo dei rapporti tra Stato e Regioni, la sentenza n. 37 del 2021 ha ricondotto ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria, ovvero a prevenirla, nella materia della «profilassi internazionale» (art. 117, secondo comma, lettera q), Cost.),e perciò affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Per la Corte, le autonomie regionali, ordinarie e speciali, non sono estranee alla gestione delle crisi emergenziali in materia sanitaria, in ragione delle attribuzioni loro spettanti nelle materie "concorrenti" della tutela della salute e della protezione civile, ma "nei limiti in cui esse si inseriscono armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale, stante il grave pericolo per l'incolumità pubblica". 

Per ulteriori elementi si rinvia al dossier Il riparto delle competenze legislative nel Titolo V (luglio 2022).

ultimo aggiornamento: 3 novembre 2022
 
temi di Costituzione, diritti e libertà