Il sistema dell'istruzione superiore, in Italia, comprende le università, le istituzioni di alta cultura e le accademie: l'art. 33 della Costituzione, oltre a riconoscerne il ruolo, assicura a esse il diritto di dotarsi di ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalla legge dello Stato, sul modello della c.d. "autonomia funzionale".
Università, istituzioni di alta cultura e accademie, oltre alle attività rientranti nell'ambito dell'istruzione superiore, sono anche, assieme agli enti pubblici di ricerca, ai centri di ricerca privati e alle imprese, i principali soggetti impegnati nella ricerca di base e applicata. Si ricorda che la ricerca scientifica e tecnica è espressamente richiamata dall'art. 9 Cost., che impegna la Repubblica a promuoverla.
Sotto il profilo del riparto delle competenze legislative, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi sono materie concorrenti ex art. 117, comma 3, Cost., spettando allo Stato la determinazione dei principi fondamentali della materia e alle Regioni l'adozione della disciplina di dettaglio.
Al settore, è preposto il Ministero dell'università e ricerca: durante la XVIII Legislatura, il D.L. 1/2020 ha soppresso l'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, distribuendone le funzioni fra i due neo-istituiti Ministero dell'istruzione e, appunto, Ministero dell'università e della ricerca.
La XIX Legislatura, al suo avvio, si trova a confrontarsi da subito, fra l'altro, con gli investimenti e le riforme previste dal PNRR, in parte già attuati.
In particolare, nel settore della ricerca e dell'università, il Piano individua una serie di criticità e disfunzioni che caratterizzano il nostro Paese, collocandolo al di sotto degli standard degli altri partner europei.
In questa prospettiva, rilevano, anzitutto, gli scarsi investimenti in R&S e la marginale integrazione dei prodotti della ricerca all'interno dei processi produttivi. Il dato si spiega, fra l'altro, con peculiarità sistemiche dell'Italia, legate alla prevalente specializzazione nei settori tradizionali (che rappresentano, peraltro, come rileva lo stesso PNRR, un vasto e inesplorato mercato potenziale per le innovazioni) e dalla struttura del tessuto industriale (costituito in prevalenza di PMI), da cui deriva una minore capacità di produrre economie di scala e una limitata propensione all'innovazione. Il ridotto tasso di osmosi e interscambio tra la base scientifica pubblica e il settore imprenditoriale privato costituisce, poi, un ulteriore ostacolo per la ricerca e innovazione. La stessa qualità del sistema della ricerca e dell'innovazione (stimata in base al numero di brevetti) è rimasta a livelli decisamente inferiori alla media UE.
Al riguardo, riforme e investimenti, oltre a promuovere un più effettivo trasferimento tecnologico nei settori cruciali, mirano a costruire reti d'investimento, ricerca e sviluppo sul territorio, composte da università, enti di ricerca e imprese, così da rafforzare il raccordo e la sinergia fra le due realtà. Nella logica in discorso, merita menzionare, fra i principali provvedimenti adottati nell'ultimo scorcio della XVIII Legislatura, la riforma degli ITS, di cui alla Legge 99/2022, recante "Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore".
Altra criticità si coglie, poi, nel numero ridotto di ricercatori e nel blocco dei percorsi di carriera, cui gli interventi previsti nel Piano contrappongono misure per incentivare l'ingresso di nuove figure nel mondo universitario, specie fra i giovani, e accentuarne l'internazionalizzazione, nell'ambito soprattutto della mobilità europea.