La normativa in materia risponde ad una logica di incentivo e tutela della c.d. filiera corta, che si ritiene essere una delle modalità più idonee per mantenere il livello della redditività delle imprese agricole a livelli accettabili.
Invero, si ritiene che il passaggio da una filiera lunga a una filiera corta debba essere incentivato ai fini di assicurare un equo compenso agli agricoltori. Al riguardo, si evidenzia che uno dei nodi della questione è il numero di intermediari nella filiera ortofrutticola tra agricoltore e consumatore, che rende i piccoli produttori fragili di fronte a logiche distributive nazionali.
Infatti, il prezzo al quale i piccoli produttori riescono a cedere i propri prodotti sul mercato di larga scala molte volte è appena sufficiente a tenerli indenni dai costi di produzione. Perciò, accorciare la filiera, limitando il numero di transazioni tra il produttore e il consumatore diviene di primaria importanza.
In questo senso, già nella XVIII Legislatura è stata approvata la L. n. 61/2022, recante "Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari proveniente da filiera corta, a chilometri zero o utile".
La finalità della normativa si può riassumere nella volontà di valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, di favorirne il consumo, anche garantendo una adeguata informazione. La normativa in esame si compone di 8 articoli.
L'articolo 1 definisce le finalità, ossia la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, oltre a quelli provenienti da filiera corta, favorendo il consumo dei predetti prodotti; garantendo un'adeguata informazione al consumatore sulla loro origine e specificità. Inoltre, il comma 2 del citato articolo prevede che le regioni e gli enti locali potranno adottare le iniziative di loro competenza per la valorizzazione di detti prodotti.
L'articolo 2 definisce i prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero rinviando, per la concreta individuazione, a quelli elencati nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, mentre, per i prodotti alimentari, fa riferimento a quanto previsto dall'articolo 2 del regolamento (CE) n.178/2002.
Ciò posto, per "alimento" si intende qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito da esseri umani. In tale definizione sono comprese: le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, in quanto incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Non risultano invece compresi i mangimi; gli animali vivi, (salvo il caso in cui siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano); i vegetali prima della raccolta; i medicinali; i cosmetici; il tabacco; le sostanze stupefacenti o psicotrope; i residui e contaminanti. Tali prodotti si considerano a chilometro zero quando provengono da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima agricola (o delle materie prime agricole primarie) posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita, dal luogo di consumo in caso di servizi di ristorazione. Sono compresi anche i prodotti della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, purché catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli Uffici marittimi delle Capitanerie di Porto competenti per i punti di sbarco e da imprenditori ittici iscritti nel registro delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti.
Ai sensi del comma 1 lettera b), sono prodotti agricoli e alimentari nazionali provenienti da filiera corta i prodotti la cui commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario tra produttore e consumatore finale.
La normativa, all'articolo 3, consente allo Stato, alle regioni e agli enti locali di approntare misure per favorire l'incontro diretto tra i produttori e i soggetti gestori, pubblici e privati, della ristorazione collettiva.
E' inoltre disciplinata, all'articolo 4, la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta. Si è stabilito che i comuni debbano riservare almeno il 30 per cento del totale dell'area destinata al mercato (e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco) agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o a filiera corta. Si prevede, in aggiunta, che, in caso di apertura di mercati agricoli di vendita diretta, i comuni possano riservare agli imprenditori agricoli che vendono prodotti a chilometro zero o a filiera corta appositi spazi all'interno delle aree del mercato. Peraltro, è riconosciuto agli stessi imprenditori agricoli la possibilità di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta dei prodotti agricoli di cui sopra. Il comma 3 specifica che le regioni e gli enti locali, previa intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione, possono favorire la destinazione di particolari aree all'interno dei supermercati destinate alla vendita di tali prodotti.
Nella stessa ottica, l'articolo 5 prevede l'istituzione dei loghi "chilometro zero" e "filiera corta". In particolare, è demandato ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con quello dello Sviluppo Economico e sentita la Conferenza Unificata) l'istituzione del logo "chilometro zero" e il logo "filiera corta". Spetta allo stesso decreto definire le condizioni e le modalità di attribuzione del logo, le modalità di verifica e attestazione della provenienza territoriale, gli adempimenti relativi alla tracciabilità, nonché le modalità con cui fornire una corretta informazione al consumatore.
Il suddetto logo è esposto nei luoghi di vendita diretta, nei mercati, negli esercizi commerciali o di ristorazione o di somministrazione e all'interno dei locali, in spazi espositivi appositamente dedicati. Può essere pubblicato anche in piattaforme informatiche di acquisto o distribuzione. Tuttavia, si precisa che il logo non può essere apposto sui prodotti, sulle loro confezioni e su qualsiasi imballaggio utilizzato per la vendita.
La disciplina della promozione dei prodotti a chilometro zero e provenienti da filiera corta nella ristorazione collettiva è contenuta nell'articolo 6. A tale fine si interviene sull'articolo 144 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), sostituendone il primo comma. Viene previsto, quindi, che per i servizi di ristorazione la valutazione dell'offerta tiene conto, della qualità dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali e di prodotti a denominazione protetta e indicazione geografica tipica, del rispetto delle disposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti, della qualità della formazione degli operatori e della provenienza da operatori dell'agricoltura biologica e sociale.
L'articolo 7 prevede le sanzioni. Nel dettaglio, il comma 1, statuisce che, chiunque utilizzi le definizioni previste all'articolo 2 della presente proposta di legge o i loghi di cui all'articolo 5 in maniera non conforme alla legge è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro. I successivi commi da 2 a 5 introducono ulteriori disposizioni volte a disciplinare le sanzioni. In particolare, il comma 2 affida alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano le funzioni di controllo e di irrogazione delle stesse sanzioni. Si stabilisce, poi, che, limitatamente ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura, la competenza per le attività di controllo e accertamento delle infrazioni spetta al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che si avvale, a tal fine, del Corpo delle capitanerie di porto.
Nell'ottica di una maggior tutela dei produttori agroalimentari e del consumatore, occorre menzionare la recente proposta di legge C-851, approvata dalla Camera e trasmessa al Senato in data 10 aprile 2024 (ove è in corso il suo esame in sede referente presso la 9° Commissione industria commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare) recante "Modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, in materia di considerazione dei costi di produzione per la fissazione dei prezzi nei contratti di cessione dei prodotti agroalimentari, e delega al Governo per la disciplina delle filiere di qualità nel sistema di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari".
La proposta di legge sembra finalizzata a valorizzare, per la determinazione dei prezzi dei prodotti agroalimentari nell'ambito dei contratti di cessione, i costi di produzione. Inoltre, è prevista una delega al Governo per la disciplina delle filiere di qualità nel sistema di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari. Infine, sono previste campagne informative-istituzionali per la sensibilizzazione del consumatore.
In particolare, è prevista la riforma dell'articolo 2, comma 1, del D. Lgs. n. 198/2021, introducendo la lettera o-bis), la quale definisce "costi di produzione", quei "costi, sostenuti dal fornitore, elaborati sulla base del costo delle materie prime, dei servizi connessi al processo produttivo ed alla commercializzazione, del costo dei mezzi tecnici e dei prodotti energetici, del differente costo della manodopera negli areali produttivi nonché del ciclo delle colture, della loro collocazione geografica, delle tecniche di produzione, dei periodi di commercializzazione diversi, della vulnerabilità dei prodotti e dei volumi di produzione rispetto alle influenze delle condizioni di natura climatica e degli eventi atmosferici eccezionali". Si prevede, inoltre, che tali costi vengano tenuti in considerazione sia nella definizione dei prezzi stabiliti nel contratto di cessione tra il fornitore e l'acquirente, che nelle condizioni contrattuali definite nell'ambito di accordi quadro aventi ad oggetto la fornitura dei prodotti agricoli e alimentari stipulati dalle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Infine è disposto che l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), nel chiedere agli acquirenti e ai fornitori di rendere disponibili tutte le informazioni necessarie al fine di condurre indagini sulle eventuali pratiche commerciali vietate, provveda anche all'acquisizione dei documenti contabili relativi alle attività di vendita e dei relativi servizi.