Il diritto di asilo è riconosciuto dall'articolo 10, terzo comma, della Costituzione secondo il quale "lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
La riserva di legge affermata dal citato terzo comma dell'articolo 10 per il diritto all'asilo dello straniero non è stata seguita, ad oggi, da una specifica legge attuativa.
Peraltro la giurisprudenza (v. la sentenza n. 4674 del 1997 resa dalla Corte di cassazione a Sezioni unite) ha affermato il carattere precettivo e la conseguente immediata operatività della disposizione costituzionale, la quale con sufficiente chiarezza delinea la fattispecie che fa sorgere in capo allo straniero il diritto di asilo.
Anche se i due termini sono spesso usati come sinonimi, l'istituto del diritto di asilo non coincide con quello del riconoscimento dello
status di rifugiato. Per quest'ultimo non è sufficiente, per ottenere accoglienza in altro Paese, che nel Paese di origine siano generalmente represse le libertà fondamentali, ma occorre che il singolo richiedente abbia subito specifici atti di persecuzione. Il riconoscimento dello status di rifugiato è entrato nel nostro ordinamento con l'adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 (ratificata con la legge 722/1954) ed è regolato essenzialmente da fonti di rango UE. Il rifugiato è dunque un cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese. Può trattarsi anche di un apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni e non può o non vuole farvi ritorno.
Per lungo tempo l'Italia ha avuto una disciplina limitata al riconoscimento dello status di rifugiato, a seguito dell'adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che definisce appunto lo status di rifugiato (ratificata dalla legge n. 722 del 1954; solo con il decreto-legge n. 416 del 1989 veniva però meno la riserva geografica apposta al momento della ratifica). La Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 è intervenuta sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea (ratificata dalla legge n. 523 del 1992).
A dare impulso ad una maggiore articolazione della disciplina normativa interna è stata l'incidenza delle disposizioni comunitarie. L'asilo, infatti, nelle sue varie articolazioni, figura tra le materie di competenza dell'Unione europea, la quale vi persegue una "politica comune", mediante un "sistema europeo comune di asilo" (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
Il fondamento giuridico del sistema europeo di asilo è l'articolo 78 del Trattato di Lisbona che attribuisce all'Unione europea lo sviluppo di una politica comune in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea, finalizzata ad offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un Paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il principio di non respingimento; tale politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo 31 gennaio 1967 e agli altri trattati pertinenti.
Altre disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea concernono la gestione delle frontiere esterne (articolo 77) e la politica comune dell'immigrazione, «intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani» (articolo 79). E l'articolo 80 del Trattato prevede che le politiche dell'Unione relative ai controlli alle frontiere, all'asilo, all'immigrazione, «sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario».
Sotto il profilo delle competenze, spetta all'Unione - per quanto riguarda la migrazione legale - la competenza di definire le condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che entrano e soggiornano legalmente in uno degli Stati membri, anche a fini di ricongiungimento familiare. Gli Stati membri conservano la facoltà di stabilire i volumi di ammissione per le persone provenienti da paesi terzi in cerca di lavoro.
Da punto di vista dell'integrazione, l'Unione può fornire incentivi e sostegno a favore di misure adottate dagli Stati membri al fine di promuovere l'integrazione di cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nel paese; tuttavia, non è prevista alcuna armonizzazione degli ordinamenti e delle regolamentazioni degli Stati membri.
Quanto alla lotta all'immigrazione clandestina l'UE è tenuta a prevenire e ridurre l'immigrazione irregolare, in particolare attraverso un'efficace politica di rimpatrio, nel rispetto dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda gli Accordi di riammissione, l'UE ha la competenza di stipulare accordi con paesi terzi ai fini della riammissione nel paese di origine o di provenienza di cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno in uno degli Stati membri.
La normativa europea ha introdotto l'istituto della protezione internazionale, in base al quale al richiedente asilo può essere riconosciuto, in considerazione della condizione personale, lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria.
Si tratta principalmente della direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004 (c.d. direttiva qualifiche), recepita con il D.Lgs. n. 251/2007, che disciplina i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e il contenuto dello status medesimo. La direttiva è stata successivamente modificata dalla direttiva 2011/95/UE, a cui è stata data attuazione con il decreto-legislativo n. 18 del 2014.
Quanto alle procedure ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, la disciplina normativa è posta dal
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, di recepimento della
direttiva "procedure" n. 32 del 2013.
Il
D.Lgs. n. 142/2015, con le successive modificazioni ed integrazioni, ha provveduto ad attuare anche la c.d.
direttiva accoglienza (2013/33), recante le modalità di accoglienza, immediata e di più lungo periodo, dei richiedenti.
Il recepimento della direttiva 2011/51/UE, che interviene su un aspetto specifico, ossia l'estensione del diritto all'ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale, attraverso la modifica della direttiva 2003/109/CE, è stato effettuato con l'emanazione del
D.Lgs. n. 12/2014.
L'istituto della protezione internazionale è stato introdotto dalla normativa europea e comprende due distinte categorie giuridiche
- il riconoscimento dello status di rifugiato, disciplinato dalla Convenzione di Ginevra, è accordato a chi sia esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali (Convenzione di Ginevra del 1951, D.Lgs. 251/2007, artt. 7-8);
- la protezione sussidiaria, di cui possono beneficiare i cittadini stranieri privi dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ossia che non sono in grado di dimostrare di essere oggetto di specifici atti di persecuzione, ma che, tuttavia, se ritornassero nel Paese di origine, correrebbero il rischio effettivo di subire un grave danno e che non possono o (proprio in ragione di tale rischio) non vogliono avvalersi della protezione del Paese di origine D.Lgs. 251/2007, art. 14).
In relazione alla particolare condizione, dunque, può essere riconosciuto al cittadino straniero che ne faccia richiesta lo status di rifugiato o può essere accordata la misura di tutela di protezione sussidiaria. La differente tutela attiene ad una serie di parametri oggettivi e soggettivi, che si riferiscono alla storia personale dei richiedenti, alle ragioni delle richieste e al paese di provenienza.
Lo status di rifugiato e le forme di protezione sussidiaria sono riconosciute all'esito dell'istruttoria svolta dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.
In Italia, inoltre, è prevista anche una terza forma di protezione, complementare rispetto alla protezione internazionale, detta protezione speciale.
Qualora non ricorrano i presupposti per la concessione della protezione internazionale, è possibile accordare allo straniero la protezione speciale nel caso in cui non può essere espulso verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o qualora esistano fondati motivi di ritenere che esso rischi di essere sottoposto a tortura (D.Lgs. 286/1998, art. 19).
Una ulteriore fattispecie prevista dal diritto UE e recepita nel nostro ordinamento è la protezione temporanea che può essere concessa nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro Paese d'origine al fine di garantire una tutela immediata e temporanea, in particolare qualora sussista il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso. Tale protezione è stata attivata per la prima volta a livello europea in relazione ai profughi dall'Ucraina a seguito della crisi internazionale avviata nel 2022.
Lo straniero ha il diritto di presentare domanda protezione internazionale presso l'ufficio di polizia di frontiera all'atto dell'ingresso nel territorio nazionale o presso l'ufficio della questura competente in base al luogo di dimora.
Un primo esame è svolto dall'Unità Dublino, operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, che ha il compito di verificare quale Stato membro sia competente per l'esame della domanda (regolamento Dublino III (UE) n. 604/2013).
Successivamente, l'esame della domanda è affidato alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale insediate presso le prefetture.
Il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale.
Al richiedente viene rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta protezione internazionale valido per 6 mesi sul territorio italiano e rinnovabile fino alla decisione finale (D.lgs. 142/2015, art. 4).
La legge prevede una disciplina specifica per i minori stranieri non accompagnati che presentano domanda di protezione internazionale.