tema 15 settembre 2022
Studi - Affari sociali Le misure a sostegno della famiglia e i fondi per le politiche sociali

Nel corso della XVIII Legislatura è proseguito il processo di individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) ed il contemporaneo rafforzamento del sistema dei servizi sociali , a cui hanno contribuito l'intervento operato dalla legge di bilancio 2021 con l'assegnazione di risorse dedicate all'assunzione di assistenti sociali e l'incremento delle risorse dedicate alle politiche sociali. Sono stati infatti aumentate, e rese strutturali, le dotazioni dei Fondi già esistenti e sono stati istituiti nuovi Fondi, funzionali alle misure approvate nel corso della Legislatura, quali l'Assegno unico e universale, a regime dal marzo 2022. Attendono invece di essere precisate dai decreti delegati le misure contenute nel c.d. Family act (legge delega n. 32 del 2022).

Nel corso dell'emergenza sanitaria da COVID-19 sono state poi intraprese misure specifiche per contrastare la povertà educativa, un fenomeno le cui dimensioni sono state rese ancor più critiche dalla situazione pandemica.

Nelle azioni di rafforzamento dei servizi sociali e nelle misure per contrastare la povertà educativa è inoltre venuto in rilievo il ruolo del Terzo settore, il cui rapporto con le amministrazioni pubbliche è stato precisato da atti normativi e da sentenze della Corte costituzionale.

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In Italia, l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o perfino del comune di riferimento, anche perché le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di governo (Stato, Regioni e Comuni), secondo le dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci.

La legge quadro sull'assistenza (legge 328/2000) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Più precisamente, l'art. 22 individua l'area del bisogno (per esempio: povertà, disagio minorile, responsabilità familiare, dipendenze, disabilità) e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi. Nonostante la legge 328/2000, non si è però successivamente provveduto né a disegnare una programmazione nazionale dei servizi e degli interventi, né a fissare risorse certe e strutturali per i Fondi rivolti alle politiche sociali, tali da rendere possibile il finanziamento dei diritti soggettivi, anche se, con la revisione del Titolo V del 2001, è stata nuovamente sottolineata l'urgenza di garantire un principio di uniformità nelle prestazioni connesse ai diritti fondamentali dei cittadini, prevedendo che tutti gli enti territoriali debbano disporre delle risorse necessarie a finanziare integralmente le funzioni concernenti i diritti civili e sociali dei cittadini con servizi non inferiori ai LEPS.

Solo con l'introduzione della misura nazionale di contrasto alla povertà (avviata dalla legge n. 33 del 2016 e successivamente identificata con il Reddito di inclusione come delineato dal D. Lgs. n.147 del 2017, poi sostituito dal Reddito di cittadinanza di cui al decreto legge n. 4 del 2019) sono stati definiti i primi livelli essenziali delle prestazioni, non solo per quanto riguarda il beneficio economico associato alle prestazioni sociali di contrasto alla povertà, ma anche nelle componenti di queste ultime relative ai profili di inclusione sociale e politiche attive del lavoro. La legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 794-804, della legge n. 178 del 2021) ha inoltre inteso potenziare il sistema dei servizi sociali comunali rafforzando contestualmente gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà nella prospettiva del raggiungimento di un livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali definito da un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 5.000 in ogni ambito territoriale, e dell'ulteriore obiettivo di servizio di un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 4.000. A tal fine sono state stanziate risorse puntuali, con un intervento di tipo strutturale.

Da parte sua, la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) ha fornito, ai commi da 159 a 171, la prima definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS), e qualificato gli ambiti territoriali sociali (ATS) quale sede necessaria in cui programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS nonché a garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell'offerta integrata dei LEPS sul territorio. Precisando, inoltre, che gli ATS concorrono alla piena attuazione degli interventi previsti dal PNRR nell'ambito delle politiche per l'inclusione e la coesione sociale.

L'attuazione degli interventi, insieme all'adozione dei necessari atti di programmazione integrata, non è però stata definita nel dettaglio rimandandone la definizione a linee guida da approvare, con intesa, in sede di Conferenza Unificata. I commi da 162 a 168 della legge di bilancio 2022 hanno poi circoscritto i servizi socioassistenziali rivolti agli anziani non autosufficienti, demandone comunque (comma 167) la definizione nel dettaglio a uno o più decreti del Presidente del Consiglio. Allo stesso modo, il comma 169 dispone che, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, siano definiti i LEPS, negli altri ambiti del sociale, diversi dalla non autosufficienza, con riferimento alle aree di intervento e ai servizi già individuati dall'articolo 22, commi 2 e 4, della legge quadro n. 328 del 2000. Infine, il comma 170, in sede di prima applicazione indica i LEPS ritenuti prioritari dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 (pronto intervento sociale; supervisione del personale dei servizi sociali; servizi sociali per le dimissioni protette; prevenzione dell'allontanamento familiare; servizi per la residenza fittizia; progetti per il dopo di noi e per la vita indipendente), al cui finanziamento concorrono le risorse nazionali già destinate per le stesse finalità dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 unitamente alle risorse dei fondi comunitari e del PNRR destinate a tali scopi.

La determinazione dei LEPS si intreccia con il processo di definizione dei fabbisogni standard che, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del  2009, ha previsto che agli enti locali siano attribuite, oltre alle risorse di carattere tributario, anche risorse perequative finanziate dalla fiscalità generale, dedicate alla perequazione integrale delle funzioni fondamentali dei Comuni (rifiuti; amministrazione, gestione e controllo; viabilità e territorio; sociale; istruzione; polizia locale; asili nido; trasporto pubblico locale). Nell'ambito delle funzioni fondamentali dei Comuni sono infatti presenti numerosi servizi, di solito a domanda individuale, per i quali il quadro normativo concede un'ampia discrezionalità nell'attivazione e nel livello di fornitura. La gran parte di queste prestazioni riguardano l'assistenza, l'istruzione e il trasporto pubblico locale e sono strettamente correlate ai diritti civili e sociali. La standardizzazione del fabbisogno in questi casi avviene prendendo come riferimento i LEP.

Nel quadro del federalismo fiscale è importante sottolineare che la definizione dei LEPS non si traduce necessariamente nella previsione di un livello di uniforme di servizi sia dal punto di vista delle modalità di erogazione che dal punto di vista del numero degli utenti. Una volta garantita la possibilità di accesso ai servizi, infatti, la partecipazione effettiva potrà variare in funzione delle preferenze e dei bisogni determinati dalle condizioni socio economiche di ogni singola realtà locale (sul punto Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard  sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, 6 ottobre 2021). Sul punto si rammenta inoltre che nel 2020 si è proceduto a modificare la metodologia dei fabbisogni per la funzione "servizi sociali" collegando il fabbisogno standard di ciascun Comune ai livelli di servizi (in termini di utenti presi in carico e ore di assistenza erogate) realizzati negli Enti più virtuosi (per approfondire si rinvia all' intervento del 20 ottobre 2021 del Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio Alberto Zanardi presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).


In questo ambito si segnala ancora il d.P.C.M. 1° luglio 2021, "Obiettivi di servizio e modalità di monitoraggio per definire il livello dei servizi offerti e l'utilizzo delle risorse da destinare al finanziamento e allo sviluppo dei Servizi sociali", che, ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 449, della Legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), disciplina le modalità di riparto del "Fondo di solidarietà comunale", prevedendo alla lett. d-quinquies, che il "Fondo di solidarietà comunale" sia destinato, per le quote stanziate per gli anni dal 2021 in poi, al finanziamento e allo sviluppo dei Servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai Comuni delle Regioni a statuto ordinario.

Più precisamente, la legge di bilancio 2017 prevede che il Fondo di solidarietà comunale indirizzi ai servizi sociali 254.923.000 euro per il 2022,  299. 923.000 euro per il 2023, 345.923.000 euro per il 2024, 390.923.000 euro per il 2025,  442.923.000 euro per il 2026, 501.923.000 euro per il 2027, 559.923.000 euro per il 2028, 618.923.000 euro per il 2029 e  650.923.000 euro annui a decorrere dal 2030.

A questo proposito è utile ricordare che la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, comma 792, legge n. 178/2020) ha previsto un importante incremento della dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, specificamente destinato a finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario. Le risorse aggiuntiva per il 2021 sono pari a 215,9 milioni di euro con un incremento progressivo fino a 650,9 mln di euro nel 2030.  Il d.P.C.M 25 marzo 2021, recante criteri di formazione e di riparto del "Fondo di solidarietà comunale 2021", ha effettuato il riparto dell'importo di 215,9 mln di euro di competenza per il 2021.

D'altra parte, il decreto del 1 luglio 2021 ha stabilito che i comuni, nel 2021, sono tenuti a destinare  una spesa per la funzione sociale, al netto del servizio di asili nido, almeno pari al fabbisogno standard monetario riportato nella nota tecnica allegata, nel limite delle risorse aggiuntive effettivamente assegnate e riportate nel medesimo allegato. Inoltre, ai sensi dell'art. 1, commi 791-792, della legge n. 178 del 2020,  tutti gli enti sono sottoposti a monitoraggio e sono tenuti a riportare (nella relativa scheda) i servizi offerti in termini di utenti serviti per le diverse tipologie di servizio e le eventuali liste di attesa. Il raggiungimento dell'obiettivo di servizio deve essere certificato attraverso la compilazione della scheda di monitoraggio da allegare al rendiconto annuale dell'ente e da trasmettere a SOSE S.p.a. entro il 31 maggio 2022, in modalità esclusivamente telematica.

La "Nota tecnica" specifica che i Comuni che non raggiungono l'Obiettivo di servizio 2021 potranno rendicontare l'impegno delle risorse anche destinandoli ad interventi per un significativo miglioramento dei Servizi sociali (servizi aggiuntivi o intensificazione di servizi esistenti) relativamente a:

  • azioni di sostegno in favore di anziani auto non autosufficienti, al fine di favorirne la permanenza nel proprio domicilio;
  • azioni di sostegno ai minori e alla genitorialità fragile;
  • azioni di sostegno in favore dei disabili.

Per approfondimenti sul FSC si rinvia al tema "Le risorse per i comuni: il Fondo di solidarietà comunale e il Fondo per l'esercizio delle funzioni degli enti locali".

Dal 2014 ai finanziamenti nazionali si sono aggiunti  i fondi europei o fondi nazionali collegati alla programmazione europea.

Accanto ai fondi sociali nazionali (che vengono illustrati nei paragrafi di questo tema web), si affiancano infatti anche le risorse comunitarie. Come sottolineato da Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023, il PON Inclusione (servizi sociali) e il FEAD (principalmente dedicato al sostegno alimentare) della programmazione 2014-2020, per un totale di 1,2 e 0,8 miliardi rispettivamente, hanno ancora una coda residuale (circa 0,4 miliardi) da impiegare entro il 2023 e vedranno una conferma nella programmazione 2021-2026 verosimilmente dentro un unico programma PON Inclusione, di cui si è avviata la programmazione, con una dotazione significativamente superiore alla somma dei due programmi precedenti. A questi si aggiungono le somme di REACT-EU, inserite nella coda della programmazione PON Inclusione e FEAD 2014-2020, per un ammontare pari a 90 e 190 milioni rispettivamente. Completano il quadro le risorse (circa 300 milioni) del POC Inclusione, il Piano operativo complementare  finanziato con le risorse derivanti dall'aumento del cofinanziamento europeo e dall'utilizzo di circa 250 milioni del PON per spese legate al Covid, e il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha stanziato 1,45 miliardi per tre specifici interventi sul sociale  a regia nazionale concernenti interventi in ambito socio-sanitario, interventi di sostegno alle persone con disabilità e intervento di contrasto alla povertà estrema.
ultimo aggiornamento: 21 settembre 2022

La legge 33/2017 "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali" ha previsto, all'art. 1, comma 4, lettere a) e b), l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), di un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida specifiche per gli interventi sociali previsti.

Il D. Lgs. 147/2017, attuativo della delega e istitutivo del Reddito di inclusione (REI - la misura nazionale di contrasto alla povertà), ha conseguentemente previsto, all'articolo 21, la costituzione, presso il MLPS, della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, con il compito di predisporre specifici Piani triennali (con possibili aggiornamenti annuali), quali strumenti programmatici per l'utilizzo delle risorse dei fondi statali dedicati alle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali, Fondo nazionale per le non autosufficienze, "Quota servizi del Fondo povertà).

La Rete della protezione e dell'inclusione sociale, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è composta dai rappresentanti dell'autorità centrale (Ministeri dell'economia e delle finanze, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri), dalle Regioni (un componente per ciascuna delle Giunte regionali e delle Province autonome, designato dal Presidente) dei Comuni (20 componenti designati dall'Associazione nazionale dei Comuni d'Italia - ANCI) e dell'INPS.

Nel disegno del legislatore, i Piani, programmati su un orizzonte temporale triennale con eventuali aggiornamenti annuali, devono individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l'obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale. Ma, più  in generale, al di là della specifica "specializzazione" dei fondi nazionali a finanziamento dei servizi territoriali, i Piani hanno come priorità  imprescindibile l'adozione di un approccio il più  possibile integrato nella programmazione dei servizi territoriali (afferenti al sistema sanitario, al sistema delle politiche del lavoro, al sistema di educazione e istruzione, al sistema della formazione e delle politiche abitative). Tale integrazione, si sottolinea, appare sempre più necessaria per servizi "cerniera" come i servizi sociali, per la loro potenzialità  – a fronte delle particolari fragilità e dei peculiari bisogni di cui si fanno carico – di attivare il complesso delle risorse e dei servizi territoriali necessari ad una appropriata progettazione personalizzata degli interventi.

Con riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, i Piani devono individuare: - le priorità di finanziamento; - l'articolazione delle risorse dei fondi tra le diverse linee di intervento; - i flussi informativi e gli indicatori finalizzati a specificare le politiche finanziate e a determinare eventuali target (obiettivi) quantitativi di riferimento.

Finora sono stati elaborati il Piano sociale nazionale 2018-2020, il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2018-2020, il Piano per la non autosufficienza 2019-2021. Tutti e tre i piani trovano aggiornamento nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023.

Adozione dei Piani per il triennio 2021-2023

Il Decreto 22 ottobre 2021 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha adottato i capitoli I (La strutturalizzazione del sistema dei servizi sociali) e il capitolo II (Piano sociale nazionale 2021-2023) del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 e ha ripartito le risorse del Fondo nazionale politiche sociali. Il Piano nazionale sociale 2021-2023 costituisce l'atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali e individua, nel limite di tali risorse, lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per la progressiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire su tutto il territorio nazionale. Le risorse complessivamente afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali nel triennio 2021-2023 sono pari a euro 390.925.678,00 per ognuna delle annualità 2021-2022-2023. Il decreto specifica che le regioni possono eventualmente destinare una quota non superiore all'1% del Fondo in via sperimentale per ciascuna annualità per realizzare azioni di sistema, a valenza regionale, da rendicontare in maniera specifica. Inoltre, le regioni, nel rispetto dei modelli organizzativi regionali e di confronto con le autonomie locali, programmano, per il triennio 2021-2023, gli impieghi delle risorse complessivamente loro destinate
in coerenza con il Piano sociale nazionale relativo al triennio 2021-2023.  La programmazione è inserita, entro sessanta giorni dall'emanazione del decreto 22 ottobre 2021, nella specifica sezione del Sistema informativo dell'offerta dei servizi sociali. In particolare, devono essere inserite le informazioni relative:
a) alla ripartizione delle risorse tra macroattività, di cui all'allegato C al decreto;
b) alle risorse, per un totale complessivo di non meno di 3.937.500,00 euro, e agli ambiti territoriali coinvolti nell'implementazione delle linee di indirizzo sull'intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità (P.I.P.P.I.) all'allegato D. Il decreto fornisce anche indicazioni circa l'erogazione delle risorse di ciascuna annualità, che rimane condizionata alla rendicontazione, nella specifica sezione del Sistema informativo dell'offerta dei servizi sociali, da parte degli ambiti territoriali dell'effettivo utilizzo di almeno il 75%, su base regionale, delle risorse ripartite nel secondo anno precedente, secondo le modalità di cui all'Allegato E del decreto, fatta salva la facoltà della regione di curare direttamente la raccolta delle informazioni e alimentare direttamente il SIOSS per conto degli ambiti. Eventuali somme non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.  Altresì, in ragione delle esigenze legate all'epidemia coronavirus ed in attuazione di quanto previsto dall'art. 89, comma 2, del decreto legge n. 34 del 2020, in sede di rendicontazione delle spese sostenute nell'anno 2021, laddove le amministrazioni destinatarie abbiano sostenuto specifiche spese legate all'emergenza COVID-19, anche finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi, relativi a prestazioni sociali erogate sotto forma di servizi effettivamente erogati, possono includerle nella rendicontazione, indipendentemente dall'annualità di riferimento. In tal caso, la documentazione è integrata con una relazione che specifichi l'ammontare delle somme utilizzate, il periodo cui la spesa fa riferimento, gli estremi dei relativi atti di autorizzazione e la specifica tipologia delle spese considerate. Il mancato utilizzo delle risorse da parte degli enti destinatari comporta la revoca dei finanziamenti, i quali sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo stesso.

Il Decreto 30 dicembre 2021 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha poi approvato il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà per il 2021-2023 e ripartito il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale relativo al medesimo triennio. Il Piano costituisce il capitolo III del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023, approvato dalla Rete nella seduta del 28 luglio 2021. L'art. 3 del decreto stabilisce l'ammontare delle risorse destinate al Fondo Povertà e la loro ripartizione per ciascun anno. In particolare, al Fondo andranno complessivamente 619 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021 - 2023.  Tenuto conto delle Risorse destinate agli ambiti territoriali riservate al Contributo assistenti sociali le risorse del Fondo povertà oggetto del riparto sono pari a 619.000.000 euro per il 2021, 552.094.934 euro per il 2022 e 439.000.000 euro per il 2023". Il Piano definisce le seguenti priorità:

- Potenziamento Servizio Sociale Professionale a conferma dell'intervento operato dalla legge di bilancio 2021 (legge n.178 del 2020) che fissa il LEPS di un assistente sociale ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito nel rapporto di un assistente sociale ogni 4.000 abitanti. Viene previsto, inoltre che una quota massima di 180 milioni di euro annui del Fondo Povertà sia riservata all'erogazione di contributi economici agli Ambiti territoriali Sociali in relazione al numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente;

- Rafforzamento dei servizi e dei sostegni previsti per il Patto di inclusione sociale per le famiglie beneficiarie del Reddito di cittadinanza come risultanti dalla valutazione multidimensionale;

- Servizi per la povertà e la marginalità estrema;

- Sostegno careleavers (maggiorenni in uscita da un percorso di presa in carico a seguito di allontanamento dalla famiglia di origine).

Con un comunicato pubblicato il 10 settembre 2022 sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stata annunciata l'avvenuta approvazione della proposta di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di adozione del nuovo Piano nazionale per la non autosufficienza, relativo al triennio 2022-2024 (PNNA 2022-2024). Sullo schema di decreto, la Conferenza Unificata ha sancito Intesa il 3 agosto 2022. Il Decreto è stato trasmesso per la firma alla Presidenza del Consiglio e ai ministri Disabilità/Salute ed Economia.

ultimo aggiornamento: 17 gennaio 2022

​L'Ambito Territoriale rappresenta la sede principale della programmazione locale, concertazione e coordinamento degli interventi dei servizi sociali e delle altre prestazioni integrate, attive a livello locale. L'Ambito è individuato dalle Regioni, ai sensi della legge quadro n. 328 del 2000. In particolare, in base all'articolo 8, comma 3 lettera a), tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, spetta alle Regioni la determinazione degli Ambiti Territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei sevizi sociali a rete. Le Regioni esercitano, quindi, la funzione di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, garantendone l'adeguamento alle esigenze delle comunità locali, nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale.

L'articolo 23 del D.Lgs. n. 147 del 2017  indica alle regioni e alle province autonome di adottare "ambiti territoriali di programmazione omogenei per il comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro, prevedendo che gli ambiti territoriali sociali trovino coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi con le delimitazioni territoriali dei distretti sanitari e dei centri per l'impiego". Il registro degli Ambiti è disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. I fondi sociali nazionali vengono destinati agli ambiti, direttamente o per il tramite delle regioni, mentre i fondi europei vengono allocati su progetti che hanno quasi sempre l'ambito come riferimento, direttamente o, di nuovo, per il tramite delle regioni e province autonome. Le stesse risorse destinate al finanziamento dell'assunzione di assistenti sociali dalla legge di bilancio 2021 (si veda il paragrafo Assunzioni di assistenti sociali negli ambiti territoriali e nei comuni) sono riconosciute non ai singoli comuni, bensì all'Ambito.

Il D. Lgs. n. 147 del  2017, nell'introdurre il Reddito di Inclusione (REI) quale misura nazionale di contrasto alla povertà, ha previsto l'istituzione del Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS). Più precisamente, l'art. 24 del D.Lgs 147 ha definito il quadro di riferimento nazionale del SIUSS, mentre l'art. 6 del deceto legge n. 4 del 2019  ha definito le componenti del sistema informativo del Reddito di cittadinanza (RdC). Il Sistema informativo dell'offerta dei servizi sociali (SIOSS) rappresenta la componente più innovativa del Sistema informativo unitario dei servizi sociali, interamente gestita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e composta da due distinte banche dati: la banca dati dei servizi attivati e la banca dati delle professioni e degli operatori sociali. L'ambito territoriale è l'unità di rilevazione del SIOSS che assicura una compiuta conoscenza della tipologia, dell'organizzazione e delle caratteristiche dei servizi attivati, inclusi i servizi per l'accesso e la presa in carico, i servizi per favorire la permanenza a domicilio, i servizi territoriali comunitari e i servizi territoriali residenziali per le fragilità, anche nella forma di accreditamento e autorizzazione, nonché delle caratteristiche quantitative e qualitative del lavoro professionale impiegato.

Il SIOSS raccoglie anche i dati sugli Assistenti sociali a tempo indeterminato - Legge n. 178/2020 (Legge di Bilancio 2021), articolo 1, commi 797-804.

 

ultimo aggiornamento: 27 settembre 2021

La legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 794-804, della legge n. 178 del 2021) ha inteso potenziare il sistema dei servizi sociali comunali rafforzando gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà nella prospettiva del raggiungimento di un livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali definito da un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 5.000 in ogni ambito territoriale, e dell'ulteriore obiettivo di servizio di un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 4.000. A tal fine sono state stanziate risorse puntuali, con un intervento di tipo strutturale. Per quanto detto, a favore di detti ambiti è attribuito:

a) un contributo pari a 40.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dall'ambito, ovvero dai comuni che ne fanno parte, in termini di equivalente a tempo pieno, in numero eccedente il rapporto di 1 a 6.500 e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 5.000;

b) un bonus pari a 20.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dall'ambito, ovvero dai comuni che ne fanno parte, in termini di equivalente a tempo pieno, in numero eccedente il rapporto di 1 a 5.000 e fino al raggiungimento del rapporto di uno a 4.000.

Le risorse sono state individuate in una quota massima pari a 180 milioni di euro a valere sul Fondo povertà, il cui stanziamento complessivo per il 2022 è pari a 552 milioni di euro.

Dal punto di vista della procedura, ciascun ambito territoriale è tenuto ad inviare al Ministero del lavoro  e delle politiche sociali, entro il 28 febbraio di ogni anno, un prospetto riassuntivo indicante, per il complesso dell'ambito e per ciascun comune, con riferimento all'anno precedente e alle previsioni per l'anno corrente, numero medio di assistenti sociali in servizio nell'anno precedente assunti dai comuni che fanno parte dell'ambito o direttamente dall'ambito e la suddivisione dell'impiego degli assistenti sociali per area di attività. Le somme necessarie all'attribuzione dei contributi sono determinate (sulla base dei prospetti da presentare entro il 28 febbraio di ogni anno e nel rispetto della quota massima di 180 milioni di euro del Fondo povertà) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro il 30 giugno di ciascun anno. Le modalità in base alle quali il contributo attribuito all'Ambito territoriale è da questo suddiviso assegnandolo ai Comuni che ne fanno parte ed eventualmente all'Ambito stesso sono state definite con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 4 febbraio 2021, n. 15. Successivamente, acquisiti i prospetti presentati dagli ambiti relativamente alla previsione degli assistenti sociali in servizio nel 2021 in termini di equivalenti a tempo pieno, in numero eccedente il rapporto di 1 ogni 6.500 abitanti e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 4.000, il decreto ministeriale del 25 giugno 2021 ha suddiviso tra i medesimi ambiti sociali, ovvero fra i comuni che ne fanno parte, il contributo per l'assunzione di assistenti sociali secondo la tabella allegata al decreto, per un totale di euro 66.905.066.

Le risorse, di natura strutturale e a valere sul Fondo povertà, per una quota massima, come già detto, di 180 milioni di euro annui non coprono tuttavia tutte le assunzioni ma solo quelle che portano ad eccedere il rapporto di 1 a 6.500 abitanti, livello che gli Ambiti Territoriali Sociali dovrebbero raggiungere attingendo alle risorse ordinarie destinate alla funzione sociale nell'ambito del federalismo fiscale, in primo luogo la capacità fiscale standard e le assegnazioni del Fondo di solidarietà comunale (Fsc). Coerentemente questa possibilità è esplicitamente prevista fra le azioni richieste per il raggiungimento degli obiettivi di servizio proposti dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard e fissati dal già ricordato D.P.C.M. 1 luglio 2021 Obiettivi di servizio e modalità di monitoraggio per definire il livello dei servizi offerti e l'utilizzo delle risorse da destinare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali.

 L'utilizzo delle risorse per i servizi sociali è stato precisato dalla legge di bilancio 2022 (art.1, comma 735, della legge n. 234 del 2021) prevedendo che lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle RSO (finalità di cui al comma 792 della legge n. 178 del 2020) nonché le assunzioni di assistenti sociali negli ambiti territoriali e nei comuni (finalità di cui al comma 797 della legge n. 178 del 2020), siano a valere sulle risorse del Fondo povertà per una quota massima di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 e sulle quote incrementali del Fondo di solidarietà comunale destinate ai servizi sociali. La legge di bilancio 2022, al comma 734, ha inciso sui criteri di riparto di tali risorse, precedentemente ripartite fra le regioni a statuto ordinario in proporzione del rispettivo coefficiente di riparto del fabbisogno standard calcolato per la funzione "Servizi sociali" e approvato dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Attualmente, il riparto è effettuato "anche in osservanza del livello essenziale delle prestazioni fissato dall'art. 1 comma 797, primo capoverso della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), in modo che venga gradualmente raggiunto entro il 2026, alla luce dell'istruttoria condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, l'obiettivo di servizio di un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1-a 6.500".

ultimo aggiornamento: 20 gennaio 2022

Il Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 386, della legge di bilancio 2016 – legge n. 208 del 2015) originariamente con una dotazione strutturale di 1 miliardo di euro l'anno, finalizzata all'attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà e al finanziamento della misura di contrasto alla povertà denominata SIA - Sostegno per l'inclusione attiva, poi sostituita dal REI - Reddito di inclusione. A seguito dell'introduzione del Reddito di cittadinanza, con la legge di bilancio per il 2019 è stato istituito il Fondo per il Reddito di cittadinanza destinato al finanziamento del sostegno economico in favore dei beneficiari della misura. Il Fondo povertà, pertanto, è stato ridotto e finalizzato al solo finanziamento degli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà e, in particolare, l'accompagnamento e il rafforzamento dei servizi e degli interventi attivati nei Patti per l'inclusione sociale sottoscritti dai beneficiari del Reddito di cittadinanza, che acquisiscono la natura di livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili.

Più precisamente, l'art. 4, del decreto legge n. 4 del 2019, istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), stabilisce che "Il Patto per il lavoro e il Patto per l'inclusione sociale e i sostegni in essi previsti, nonché la valutazione multidimensionale che eventualmente li precede, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente", non senza specificare che "Il Patto per l'inclusione sociale, ove non diversamente specificato, assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 147 del 2017 e, conseguentemente, ai fini del Rdc e ad ogni altro fine, il progetto personalizzato medesimo ne assume la denominazione".

Il cap. 3550 Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali reca uno stanziamento pari a 622 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023. Nell'ambito di tale quota, dal 2018, un ammontare pari a 20 milioni è finalizzato ad interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora. Inoltre, una quota del fondo è destinato ai cosiddetti careleavers: ai sensi dell'art. 1, comma 335, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020) la quota del Fondo povertà è integrata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 da destinare agli interventi, in via sperimentale, volti a prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale e permettere di completare il percorso di crescita verso l'autonomia a coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Una parte rilevante del Fondo, pari a 180 milioni a decorrere dal 2022, è infine dedicata al potenziamento del servizio sociale professionale, segnatamente all'assunzione di assistenti sociali di cui alla legge di bilancio per il 2021, che,  all'art. 1, co. 797 e seguenti, ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4.000 abitanti, prevedendo al contempo l'erogazione di un contributo economico a favore degli Ambiti sociali territoriali (ATS) in ragione del numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente. Il contributo ha la duplice finalità di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, gestiti in forma singola o associata, e i servizi rivolti ai beneficiari del Rdc.

ultimo aggiornamento: 27 settembre 2022

Nel Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), istituito dalla legge 449/1997 (legge finanziaria per il 1998), sono contenute le risorse che lo Stato stanzia annualmente con la legge di bilancio per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale indicati dalla legge quadro 328/2000. Le risorse del FNPS, ripartite annualmente, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, fra  regioni, province autonome, comuni e  Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono assegnate con decreto interministeriale (sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono pubblicati i decreti di riparto dal 2005 al 2020). Con riferimento agli indicatori e ai relativi criteri di riparto del FNPS tra le Regioni essi sono rimasti immutati sin dalla sua istituzione. A partire dal 2010 le somme riferite alle Province Autonome di Trento e Bolzano, pur essendo calcolate ai fini del riparto, sono rese indisponibili (articolo 2, comma 109,  della legge 191/2009 finanziaria 2010).

In conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha determinato lo spostamento della materia dell'assistenza sociale dall'area della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni a quella della potestà legislativa esclusiva delle Regioni (Sentenza Corte costituzionale n. 423/2004), il FNPS è un fondo indistinto, pertanto le risorse non possono essere vincolate ad una specifica destinazione individuata a livello nazionale.

Gli interventi finanziati a valere sul FNPS sono stati rimodulati nel tempo da alcuni provvedimenti normativi. In particolare, le risorse del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, limitatamente alla parte dedicata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie, dal 2008 sono determinate annualmente in Tabella C della legge di stabilità e allocate direttamente nel Fondo per l'infanzia e l'adolescenza. Le risorse per gli interventi su tutto il territorio nazionale da dedicare all'infanzia e all'adolescenza, invece, dal 2008 confluiscono nel FNPS indistintamente, senza essere quantificate.

La  legge di bilancio 2021 (Sezione II della legge 178/2020) ha previsto, per ciascun anno del triennio 2020-2022, un finanziamento di circa 392 milioni di euro.

Si ricorda che il D. Lgs. n. 147 del 2017, istitutivo del Reddito di inclusione (ReI), ha previsto che l'utilizzo delle risorse  del FNPS sia oggetto di una programmazione per mezzo di un Piano sociale nazionale, della cui elaborazione è responsabile la Rete della protezione e dell'inclusione sociale. Finora è stato elaborato il Piano nazionale sociale 2018-2020, che ha trovato il suo aggiornamento nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 che ha fornito la programmazione, su un orizzonte triennale, delle politiche in ambito sociale, aggiornando al contempo   il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2018-2020 e il Piano per la non autosufficienza 2019-2021.

Le risorse complessivamente afferenti al FNPS nel triennio 2021-2023 sono pari a circa 391 milioni di euro per ognuna delle annualità 2021-2022-2023, di cui il 50 per cento vincolato al rafforzamento degli interventi e dei servizi nell'area infanzia e adolescenza (come previsto dal Piano nazionale sociale 2018-2020) .

ultimo aggiornamento: 22 settembre 2022

Il decreto-legge 112/2008 ha istituito la Carta acquisti ordinaria: un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici che li collocano nella fascia di bisogno assoluto. Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell'Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. I negozi convenzionati, che supportano il programma, accordano ai titolari della Carta uno sconto del 5%. Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l'uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti (decreto n. 89030 del 16 settembre 2008). La gestione della Carta acquisti è centralizzata. L'Inps procede all'accredito delle somme sulla carta elettronica, dopo aver ricevuto le domande e verificato i dati dei richiedenti.

La Carta acquisti è cumulabile con il Reddito di cittadinanza.

A partire dall'1 gennaio 2021, il limite massimo del valore dell'indicatore ISEE e dell'importo complessivo dei redditi comunque percepiti sono rispettivamente così determinati:

- per i cittadini nella fascia di età dei minori di anni 3, valore massimo dell'indicatore ISEE pari a euro 7.001,37;

- per i cittadini di età compresa tra i 65 e i 70, valore massimo dell'indicatore ISEE pari a euro 7.001,37 e importo complessivo dei redditi percepiti non superiore a euro 7.001,37;

- per i cittadini nella fascia di età superiore agli anni 70, valore massimo dell'indicatore ISEE pari a euro 7.001,37 e importo complessivo dei redditi percepiti non superiore a euro 9.335,16

Come indicato dal Appendice statistica al XIX Rapporto annuale INPS, circa 517mila i beneficiari della Carta Acquisti nel 2019 (nel 2017 erano stati 571.639, nel 2018 556mila) per una spesa complessiva di 180,6 milioni di euro. Il 19,6% dei beneficiari risiede in Campania, il 19,1% in Sicilia, il 10,6%in Lombardia,  l'8,4 in Puglia, l'8,1% nel Lazio e il 5,9% in Calabria.

ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2021

Attualmente, esistono due Fondi per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, entrambi con la stessa denominazione. Il primo è stato istituito dalla legge di bilancio 2018; il secondo dalla legge di bilancio 2021.

La legge di bilancio 2018 (commi 254-256 della legge 205/2017) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze,  un Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del caregiver familiare con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020. La legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 483-484, della legge 145/2018) ha disposto l'incremento del Fondo  di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021. Le somme residue e non impiegate del Fondo, al termine di ciascun esercizio finanziario, sono state versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo. La Sezione II della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), ha dotato il fondo, per il 2021, di risorse pari a circa 23,7 milioni di euro.

Inizialmente il Fondo era finalizzato a sostenere gli interventi legislativi per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare; il decreto legge 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ne ha successivamente disposto il trasferimento dallo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri e ha previsto che la dotazione del Fondo fosse destinata ad interventi in materia, adottati secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio, ovvero del Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata. Recentemente, il decreto di riparto 27 ottobre 2020 ha previsto che le risorse del Fondo (pari a cica 68,3 milioni per gli anni 2018, 2019 e 2020) siano destinate alle Regioni per interventi di sollievo e sostegno destinati al caregiver familiare, secondo i seguenti criteri e priorità:

  • ai caregiver di persone in condizione di disabilità gravissima (ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA), così come definita dall'art. 3 del decreto 26 settembre 2016 recante «Riparto delle risorse finanziarie del "Fondo nazionale per le non autosufficienze, anno 2016", tenendo anche conto dei fenomeni di insorgenza anticipata delle condizioni previste dall'art. 3, del medesimo decreto;
  • ai caregiver di coloro che non hanno avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative emergenziali, comprovata da idonea documentazione;
  • a programmi di accompagnamento finalizzati alla deistituzionalizzazione e al ricongiungimento del caregiver con la persona assistita.

Il Dipartimento per le politiche della famiglia provvede a monitorare la realizzazione degli interventi finanziati.

Le risorse per il 2021, pari complessivamente, a  22.801.496 euro, sono state ripartite dal Decreto 28 dicembre 2021 con gli stessi criteri e modalità applicati per il riparto 2020. L'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri trasferisce alle regioni le risorse secondo gli importi indicati nella tabella 1 allegata al decreto; le regioni poi si occupano del successivo trasferimento agli ambiti territoriali, che le utilizzano per interventi di sollievo e sostegno destinati ai caregiver familiari.

Il secondo Fondo - istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 334, della legge n. 178 del 2021) con una dotazione di 30 milioni per ciascun anno del triennio di programmazione di bilancio 2021-2023 -, è destinato alla copertura finanziaria degli interventi legislativi per il riconoscimento dell'attività non professionale del prestatore di cure familiare, come definita dall'articolo 1, comma 255, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017). ll Fondo è stato rifinanziato di 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2022-2024 ad opera della II Sezione della legge di bilancio 2022 ( legge n. 234 del 2021). Pertanto nel 2022 la dotazione del Fondo è pari a 80 milioni di euro.

Resta ferma la nozione di caregiver familiare posta dall'art. 1, comma 255, della legge di bilancio 2018 ( legge 205/2017).  Più precisamente, la norma definisce il caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 76/2016, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, in presenza di un handicap grave, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sè, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata , o sia titolare di indennità di accompagnamento.
ultimo aggiornamento: 15 settembre 2022

La legge 28 agosto 1997, n. 285 ha sollecitato e sostenuto la progettualità orientata alla tutela e alla promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza suddiviso tra le Regioni (70%) e 15 Città riservatarie (30%), chiamando gli enti locali e il terzo settore a programmare insieme e a diffondere una cultura di progettazione concertata e di collaborazione interistituzionale.

In seguito, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha disposto, all'art. 1, co. 1258, che la dotazione del Fondo fosse completamente destinata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie e che le restanti risorse destinate all'infanzia e all'adolescenza confluissero, indistintamente, nel Fondo nazionale per le politiche sociali.

Oggi le 15 Città riservatarie - Bari, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Taranto, Torino, Venezia - costituiscono una sorta di nucleo fondante per le politiche della legge 285 e rappresentano un laboratorio di sperimentazione in materia di infanzia e adolescenza. Il trasferimento delle risorse avviene con vincolo di destinazione, quindi i finanziamenti della legge 285 sono collegati alla progettazione dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza. Tra gli strumenti promossi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la buona riuscita della sperimentazione 285, vi è il Tavolo di coordinamento tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Città riservatarie e la Banca dati dei progetti.

La dotazione del Fondo per il 2022 è pari a 28,8 milioni di euro.

La stabilità 2013 ( legge 228/2012) ha destinato al Fondo, per il 2013, 39,6 milioni di euro.
La stabilità 2014 ( legge 147/2013) ha disposto, per il 2014, una dotazione pari a 30,6 milioni di euro.
Dal 2015, la dotazione annuale del Fondo è pari a circa 28,8 milioni di euro.

ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2021

Il 21 maggio 2021, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza ha approvato il 5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.

I contenuti del Piano si integrano con i diritti e le strategie internazionali ed europee per i minori di età, in particolare: la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, gli Obiettivi Onu di sviluppo sostenibile – Agenda 2030, la Strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori 2021-2024 e il Sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili (European Child Guarantee).

Il Piano è strutturato in 3 aree d'intervento: Educazione, Equità, Empowerment, composte ciascuna da 4 obiettivi generali e azioni specifiche, per un totale di 12 obiettivi generali e 31 azioni.

Tramite la sezione "Quadro di realtà", il Piano offre inoltre una sintesi della condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia, analizzando gli interventi esistenti e le azioni che necessitano di nuovi interventi migliorativi, anche tramite l'analisi di dati statistici. Si tratta quindi di un piano contestualizzato, in cui decisori pubblici e società civile possono individuare gli elementi che necessitano di nuove soluzioni, innovative e più efficaci.

Il Piano promuove azioni innovative e di rafforzamento a favore dei minori di età ed è coerente con i contenuti delle altre azioni a favore dei nuclei familiari e dei bambini e adolescenti, tramite gli organismi di coordinamento nazionale, quali l'Osservatorio nazionale sulla famiglia e l'Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e pornografia minorile.

Così come previsto dall'articolo 1, comma 5, del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 103, per l'adozione definitiva del Piano sono necessari ulteriori passaggi formali. In particolare, il 5° Piano dovrà essere sottoposto al parere dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza (art. 3, lett. f), legge n. 112 del 2011), a quello della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, della Conferenza unificata e alla deliberazione in Consiglio dei ministri, per terminare con l'adozione con decreto del Presidente della Repubblica.

Diapositive 5° Piano Nazionale Onia

ultimo aggiornamento: 16 giugno 2021

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006  (legge finanziaria 2007).

L'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero all'Autorità delegata Ministro per la famiglia, le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Le conseguenti modifiche all'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio è avvenuto con l'adozione del DPCM 21 ottobre 2019. Più in particolare, il decreto legge 86/2018 ha attribuito al Ministro per la famiglia e la disabilità le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali e relazionali, nonché le funzioni di competenza statale precedentemente attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di coordinamento delle politiche volte alla tutela dei diritti e alla promozione del benessere della famiglia, di interventi per il sostegno della maternità e della paternità (anche al fine del contrasto della crisi demografica), di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, con riassegnazione della gestione delle risorse afferenti al Fondo sostegno alla natalità e della funzioni concernenti la Carta famiglia. Infine, in materia di adozioni il decreto legge 86/2018 ha attribuito al Ministro per la famiglia e la disabilità le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di adozioni, anche internazionali, di minori italiani e stranieri, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del regolamento di cui al D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108, in ordine alla presidenza della Commissione per le adozioni internazionali da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano: interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata); percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori;  interventi in materia di adozione e affidamenti. Le risorse del Fondo saranno ripartite con due distinti decreti del Ministro della famiglia e della disabilità. Il primo decreto, adottato dal medesimo Ministro, dovrà ripartire le risorse destinate al funzionamento degli Osservatori (Osservatorio nazionale sulla famiglia e Osservatorio nazionale per l'infanzia) la cui attività è sostenuta con le risorse del Fondo nonché ripartire le risorse per il finanziamento delle campagne istituzionali sui temi della famiglia. Il secondo decreto, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata, dovrà invece ripartire le risorse per le restanti finalità del Fondo, come ridisciplinato.

Dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro.

 Per il 2022, gli stanziamenti del Fondo sono pari a circa 104 milioni di euro, ai quali devono essere sottratti 48 milioni di euro, indirizzati, dall'art. 39 del decreto legge n. 73 del 2022, all'attuazione di misure per favorire il benessere dei minorenni e per il contrasto alla povertà educativa tramite il finanziamento di iniziative dei comuni da attuare nel periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 2022 (sul punto si veda il paragrafo di questo tema dedicato alla Povertà educativa). Il decreto 19 luglio 2022 ha ripartito fra le regioni le risorse del fondo per il 2022 ammontanti complessivamente a circa 44 milioni di euro, indirizzandole ai seguenti settori di intervento:
1. compiti ed attività di competenza statale: circa 14 milioni di euro;
2. attività di competenza regionale e degli enti locali: circa 30 milioni di euro.

Nel 2010, le risorse del Fondo erano pari a circa 185 milioni di euro.
Dal 2011, il Fondo ha subito un forte ridimensionamento, con riduzione dei trasferimenti di risorse al sistema delle autonomie (la consistenza effettiva del Fondo nel 2011,è risultata pari a circa 50 milioni di euro, di cui 25 milioni alle autonomie). Nel 2012, l'importo del Fondo, pari a circa 32 milioni di euro, è stato incrementato, arrivando a circa 56 milioni di euro. Nel biennio 2013-2014, il Fondo ha subito una fortissima contrazione, attestandosi sui 17 milioni euro.
Per il 2015, la previsione del Fondo si è attestata a circa 18,3 milioni di euro, anche se la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 131,  legge 190/2014) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione di  112 milioni di euro per iniziative a favore delle famiglie (di cui 100 mln per servizi socio educativi per la prima infanzia e 12 mln per i programmi di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti) e ha disposto (art. 1, comma 132, legge 190/2014), a partire dal 2015, uno stanziamento a regime a favore del Fondo per le politiche della famiglia, pari a 5 milioni di euro, finalizzato al sostegno delle adozioni internazionali e al pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali
La legge di bilancio 2019 (Sezione II della legge 145/2018) ha incrementato il finanziamento del Fondo di circa 99,8 milioni di euro, che ha così raggiunto la previsione integrata, sempre per ciascun anno del triennio 2019-2021, di circa 107,9 milioni di euro. Come rilevabile dall'Allegato alla Relazione Tecnica del disegno di legge di bilancio il rifinanziamento di 100 milioni è da considerarsi a regime.
Per un panorama puntuale delle risorse assegnate al Fondo per le politiche della famiglia dal 2007 al 2019 si rinvia alla Tabella a cura Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020 è pari a 74,5 milioni di euro (la Sezione II della legge 160/2019 ha infatti operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019). Nel periodo emergenziale da COVID-19, l'art. 105 del Decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020) ha incrementato di 150 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo, allo scopo di destinare una quota di risorse ai Comuni per il potenziamento, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i bambini di età compresa tra zero e 16 anni (modifica approvata durante l'esame referente alla Camera, aumentando il range d'età originariamente previsto tra i 3 ed i 14 anni), nonché allo scopo di contrastare con iniziative mirate la povertà educativa.L'incremento è stato ripartito per 135 milioni con Intesa sul finanziamento a 6.147 Comuni per il potenziamento dei centri estivi (v. tabella del riparto regionale), mentre i restanti 15 miloni saranno assegnati tramite bando, per progetti di contrasto alla povertà educativa. Sucessivamente l'art. 19 del decreto legge n. 183 del 2020 di proroga termini (inserendo il comma 3-bis nel corpo dell'art. 105 del Decreto rilancio) ha espressamente previsto che le risorse non utilizzate, iscritte sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, nel limite di 15 milioni di euro, possono essere spese fino a giugno 2021.
Il Fondo, per il 2021, ha raggiunto una dotazione finale pari a 155,9 milioni di euro grazie all'incremento di 50 milioni previsto dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 23, della legge n. 178 del 2020) per sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia. Più in particolare, tali risorse sono da destinare al sostegno e alla valorizzazione delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle lavoratrici madri dopo il parto. Le modalità di attribuzione dei 50 milioni sono demandate ad decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Inoltre l'art. 1, comma 26, della medesima legge di bilancio 2021 ha inserito un'ulteriore finalizzazione al Fondo per il 2021, stanziando 500mila euro da destinare al finanziamento delle associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica o psicosociologica a favore dei genitori che subiscono gravi disagi sociali e psicologici in conseguenza della morte del figlio. Pertanto, le risorse del Fondo indirizzate espressamente alle politiche della famiglia per l'anno 2021 ammontano complessivamente a circa 96,7 milioni di euro e sono destinate alla realizzazione di attività di competenza statale, regionale e degli enti locali. Il decreto di ripartizione del 24 giugno 2021 indirizza tali risorse, nella misura di 71 milioni circa, alla prosecuzione e avvio di iniziative volte a realizzare interventi in ambito educativo dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica e al disagio minorile, tenuto anche conto degli effetti della pandemia da COVID-19, e per interventi che diffondano e valorizzino le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni, al fine di agevolare il mutuo scambio, la condivisione e il sostegno di esperienze virtuose e di buone pratiche. Lo stesso decreto destina, invece, circa 25,6 milioni di euro alla realizzazione di interventi di competenza regionale e degli enti locali volti alla prosecuzione di iniziative volte a favorire la natalità e la genitorialità, anche tenuto conto dei nuovi bisogni legati all'emergenza del COVID-19. Gli interventi potranno altresì riguardare il supporto delle attività a sostegno della natalità e della genitorialità svolte dai Centri per le famiglie e, nell'ambito delle competenze sociali, dai consultori familiari.

ultimo aggiornamento: 15 settembre 2022

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 338, della legge 205/2017) ha istituito, per il triennio 2018-2020, un Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, con una dotazione di un milione di euro annui per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 5 milioni di euro per l'anno 2020.

La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 329, legge n. 178 del 2020) ha operato, a decorrere dal 2021, il rifinanziamento del Fondo con risorse pari a 5 milioni di euro annui. L'art, 4, comma 8-quater, del decreto legge n. 183 del 2020 di proroga termini ha incrementato per l'anno 2021 da 5 a 7 milioni di euro la dotazione del Fondo. Per il 2022, il predetto stanziamento di cinque milioni di euro è stato incrementato di due milioni di euro in attuazione dell'articolo 4, comma 8-undecies del decreto legge n. 228 del 2021 (legge n. 25 febbraio del 2022).

 

Al fondo possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie. Il 10 febbraio 2020 è stato pubblicato in G.U. il Decreto 9 ottobre 2019, n. 175 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che reca il regolamento, previsto dal medesimo comma 338, sulla disciplina delle modalità di utilizzo del contributo a valere sul Fondo. Ai sensi del decreto, la nozione di bambino viene ripresa dall'art. 1 della Convenzione d sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 che così qualifica "ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni". Ai sensi dell'art. 3 del decreto, il Fondo è destinato a sostenere, attraverso l'erogazione di contributi finanziari, lo svolgimento delle attività e dei progetti promossi dalle associazioni che svolgono, in conformità alle proprie finalità statutarie, attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria in favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie. I progetti finanziabili con il fondo, che non possono avere una durata inferiore a 12 mesi e superiore a 18 mesi, devono prevedere lo svolgimento di una o più delle seguenti azioni: a) segretariato sociale in favore dei nuclei familiari; b) attività strutturate di sostegno psicologico sia ai bambini che ai loro familiari; c) accoglienza integrata temporanea per i periodi di cura; d) accompagnamento verso e dai luoghi di cura; e) attività di ludoterapia e clownterapia presso i reparti ospedalieri onco-ematologici pediatrici; f) riabilitazione psicomotoria dei bambini; g) attività ludiche e didattiche presso le strutture di accoglienza, compreso il sostegno scolastico; h) sostegno al reinserimento sociale dei bambini e dei loro familiari.

Il Decreto Direttoriale n. 159 del 19 aprile 2021 e l'allegato Avviso 1/2021, hanno individuato - in attuazione dell'art. 8, comma 1 del D.M. 175/2019 -  i termini e le modalità di presentazione delle domande di finanziamento concernenti lo svolgimento di attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie ai sensi dall'articolo 1, comma 338, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205.

Anche per il 2022, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 8, comma 1 del D.M. n. 175 del 2019, il Decreto direttoriale 16 marzo 2022 e l'Avviso n.1/2022 individua i termini e le modalità di presentazione delle domande di finanziamento per il 2022 e definisce al contempo la modulistica da utilizzare a tal fine.

ultimo aggiornamento: 20 aprile 2022

Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le Regioni e gli Enti Locali. La legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 459, della legge 145/2018) ha incrementato con uno stanziamento strutturale di 30 milioni, a decorrere dal 2019, le risorse del Fondo per le politiche giovanili.

Nel 2021, le risorse del Fondo, pari a 35 milioni, sono state ripartite con decreto (qui il comunicato del Dipartimento politiche giovanili e il decreto di riparto). Successivamente, l'art. 64, commi 12-14, del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegni bis) ha incrementato il Fondo di ulteriori 35 milioni. L'incremento di risorse è stato destinato  alle politiche di prevenzione e contrasto ai fenomeni di disagio giovanile e comportamenti a rischio, compresi quelli dovuti all'uso non consapevole delle piattaforme digitali, anche attraverso attività di assistenza e supporto psicologico, azioni volte a favorire l'inclusione e l'innovazione sociale nonché lo sviluppo individuale, la promozione di attività sportive per i giovani di età inferiore ai 35 anni.  Le risorse sono state ripartite con decreto del 13 agosto 2021.

Nel 2022, le risorse del Fondo pari a circa 82 milioni di euro, sono state ripartite con decreto 17 giugno 2022 che ha destinato:

- alle misure, azioni e progetti di rilevanza nazionale una quota del Fondo pari al 49%, quantificata in euro 39.613.752,00;

- alle regioni e alle province autonome una quota del Fondo nella misura del 26%, quantificata in euro 21.765.116,00;

- ai Comuni, tramite bandi Anci, 18,4 milioni di euro.

Si ricorda inoltre che la legge di bilancio 2019 ha istituito  (art.1, commi da 470 a 477) il Consiglio Nazionale dei Giovani quale organo consultivo e di rappresentanza, con funzioni volte ad incoraggiare la partecipazione dei giovani allo sviluppo politico, sociale, economico e culturale dell'Italia. Tra le funzioni in capo al Consiglio, si segnalano: la promozione del dialogo tra istituzioni ed organizzazioni giovanili, la formazione e lo sviluppo di organismi consultivi dei giovani a livello locale, l'espressione di pareri e proposte su atti normativi di iniziativa del Governo che interessano i giovani nonché la partecipazione ai forum associativi, europei ed internazionali. Il Consiglio è composto dalle associazioni giovanili maggiormente rappresentative e dai soggetti indicati nel proprio statuto. La prima Assemblea generale del Consiglio, a cui partecipano le associazioni aderenti al Forum Nazionale dei Giovani, ha stabilito modalità e funzionamento del Consiglio Nazionale dei Giovani e ne ha approvatoè  lo Statuto e i regolamenti. A decorrere dalla data di adozione dello Statuto, il Consiglio Nazionale dei Giovani, è subentrato al Forum nazionale dei Giovani nella rappresentanza presso il Forum Europeo della Gioventù. Contestualmente, la legge di bilancio 2019 ha istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del MEF, con una dotazione di 200mila euro per il 2019. La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 278, legge 160/2019) ha rifinanziato il Fondo con 200mila euro per ciascun anno del triennio 2020-2022. La dotazione per il 2021 è stata incrementata di 400mila euro dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 572, della legge n. 178 del 2020) che ai commi 910-913 ha anche autorizzato l'Agenzia nazionale per i giovani a bandire, nel corso del 2021, procedure concorsuali pubbliche e ad effettuare conferimenti di incarichi al fine di incrementare la propria dotazione organica in modo da poter assicurare la piena operatività della stessa Agenzia in qualità di responsabile della gestione in Italia del Corpo europeo di solidarietà (per il 2021, l'autorizzazione di spesa è pari a euro 259.065, a regime, a decorrere dal 2022, a euro 1.036.258).

ultimo aggiornamento: 23 settembre 2022

  La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 335, della legge n. 178 del 2020) ha rinnovato per il triennio 2021-2023 una misura sperimentale introdotta dalla legge di bilancio 2018 (commi 250 e 251 della legge 205/2017) in favore dei care leavers, giovani che, al compimento dei 18 anni, in base ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria, vivono fuori dalla propria famiglia di origine. La misura, finanziata nuovamente per 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio, è riservata, in via sperimentale, a interventi (da effettuare anche in un numero limitato di ambiti territoriali) volti al completamento del percorso di crescita verso l'autonomia garantendo la continuità dell'assistenza nei confronti degli interessati, fino al compimento del ventunesimo anno d'età.

Come nel triennio 2018-2020, la misura  è finanziata mediante quote riservate, che vanno ad integrare il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

La definizione delle modalità di attuazione è stata demandata ad un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito il MIUR, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Per il 2018, i criteri di riparto del Fondo sono stati indicati all'interno del decreto del 18 maggio 2018 di riparto del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Inoltre, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto il documento   Interventi in via sperimentale in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivano fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, per affiancare gli operatori dei servizi sociali, nonché degli altri servizi territoriali che con essi collaborano, nella predisposizione dei progetti individualizzati di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, da definire con l'attiva partecipazione del ragazzo/ragazza. La definizione del progetto, che prevede specifici impegni da parte del beneficiario e sostegni da parte dei servizi territoriali, richiede sia svolta preventivamente una valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del ragazzo che lascia la presa in carico da parte dei servizi, tenuto conto delle risorse e dei fattori di vulnerabilità, nonché dei fattori ambientali e di supporto presenti.
L'art. 67- bis del Decreto Rilancio (decreto legge 34/2020) ha inserito i care leavers fra i soggetti beneficiari delle assunzioni obbligatorie gravanti sulla quota di riserva di cui all'art. 18, comma 2, della legge 68/1999.
Il Report sperimentazione care leavers prima annualità; la prima coorte descrive le attività svolte nel corso della prima annualità del progetto sperimentale, concentrandosi sulla prima coorte. In continuità con la prima edizio, il secondo Report, edito nel gennaio 2022, descrive le attività svolte nel corso del 2021, . 
Si rammenta inoltre che l'art. 56- quater, comma 1, del decreto legge n. 73 del 2021 ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di un fondo, con una dotazione per il 2021 di 3 milioni di euro, finalizzato a contribuire alle spese sostenute dai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti per l'assistenza ai minori per i quali sia stato disposto l'allontanamento dalla casa familiare con provvedimento dell'autorità giudiziaria. Le risorse, a valere sul Fondo per le esigenze indifferibili, sono state ripartite con il decreto del Ministero dell'interno 12 ottobre 2021. Per definire le modalità di concessione del contributo sono stati utilizzati i parametri previsti dal comma 3 dell'articolo 56- quater:
1. numero dei minori interessati in rapporto alla popolazione residente del comune;
2. costo dell'intervento socio-assistenziale in relazione alla durata dell'intervento;
3. costo dell'intervento socio-assistenziale in relazione all'età del minore.
Sono risultati assegnatari del contributo n. 492 comuni, per un totale di n. 856 minori assisiti.
Per saperne di  più si rinvia al Focus Rassegna giuridica 2/2022 " Care leavers: un quadro normativo" sul sito minori.it
ultimo aggiornamento: 23 maggio 2022

L'art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 ha istituito il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, con una dotazione inizialmente pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità, c.d. bonus bebè (410 milioni per il 2021) e del Bonus asilo nido (200 milioni per il 2021). Per il 2021 anche il rifinanziamento del congedo di paternità (106,1 milioni di euro) è a valere sul Fondo. La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 7, della legge n. 178 del 2020) ha incrementato il Fondo di 3.012,1 milioni di euro per il 2021. Si ricorda inoltre che, al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale, la manovra di bilancio 2021 (art. 1, co. 2, della legge n. 178 del 2020) ha istituito il Fondo per l'attuazione della delega fiscale con una dotazione di 8.000 milioni di euro per il 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia (art. 1, comma 2 della legge n. 178 del 2020).

Infine, a decorrere dal 2022, l'articolo 17, comma 1, del decreto legge n. 146 del 2021 ( A.C. 3395) ha incrementato di 6.000 milioni di euro annui il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia. Conseguentemente, a decorrere dal 2022, è ridotto di 6.000 milioni di euro annui il Fondo per l'attuazione della delega fiscale.

In ultimo, si ricorda che il 30 marzo 2021, l'Assemblea del Senato ha approvato all'unanimità e in via definitiva il Disegno di legge delega relativo al riordino, semplificazione e potenziamento delle misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'istituzione dell'assegno unico e universale - AUU (legge n. 46 del 2021, qui il Dossier del Servizio studi del Senato). La legge delega è stata attuata dal D.Lgs. 230 del 2021 che ha introdotto l'AUU nel nostro ordinamento.

ultimo aggiornamento: 16 febbraio 2022

La legge n. 46 del 2021 (A.C. 687 ed abb.) ha conferito una delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'introduzione dell'Assegno unico e universale (AUU). Con l'approvazione del D. Lgs. n. 230 del 2021, il Governo ha dato attuazione alla Legge delega introducendo l'AUU nel nostro ordinamento.

L'assegno unico e universale (AUU) può essere richiesto all'INPS dal mese di gennaio 2022, ma è erogato dal mese di marzo 2022 (FAQ INPS su Assegno unico e universale e Circolare INPS 9 febbraio 2022).

Il D. Lgs. 21 dicembre 2021, n. 230, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1 aprile 2021, n. 46, ha stabilito che l'assegno è riconosciuto mensilmente:

- per ciascun figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo all'importo dell'assegno viene applicata una maggiorazione;
- per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento del ventunesimo anno di età, con possibilità di corresponsione dell'importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l'autonomia (assegno mensile, di importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni). L'assegno ai figli maggiorenni (18-21 anni) è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un'agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile universale.

L'assegno è concesso nella forma di credito d'imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro.
L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito con criteri di progressività a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia (per il 2021 sono stati previsti 3 miliardi di euro, in quanto si stima che la misura sarà a regime dal luglio 2021) e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti stimate in 14 miliardi di euro circa) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle misure ora vigenti per il sostegno dei figli a carico (vedi ante).

La domanda per l'assegno dovrà essere inoltrata ogni anno. Ma chi percepisce il reddito di cittadinanza non dovrà inoltrarla, in quanto l'assegno unico verrà pagato d'ufficio dall'Inps.

Come stabilito dal decreto delegato, l'importo dell'assegno unico e universale è parametrato ai diversi livelli ISEE e alle diverse tipologie di nucleo familiare. Il valore massimo dell'assegno è pari a 175 euro al mese per ciascun figlio minorenne nelle famiglie con ISEE inferiore o pari a 15.000 euro. Tale importo si riduce gradualmente a seconda dei livelli ISEE fino a raggiungere un valore minimo e costante (pari a 50 euro) in corrispondenza di ISEE pari o superiore a 40.000 euro. Pertanto, gli importi mensili per ciascun figlio minorenne variano dalla misura piena di 175 euro ad un minimo di 50 euro. Ugualmente, l'importo dell'assegno diminuisce al crescere della condizione economica anche per ciascun figlio maggiorenne (anche se disabile) dai 18 ai 21 anni; in questi casi gli importi variano da 85 a 25 euro mensili. Nel caso di assenza di ISEE (dati autodichiarati dal richiedente l'assegno) spettano gli importi minimi previsti per ISEE pari o superiore a 40.000 euro e le maggiorazioni fisse e variabili (queste ultime negli importi minimi previsti).

Sono poi previste una serie di maggiorazioni dell'importo dell'assegno:
- per ciascun figlio successivo al secondo: maggiorazione d'importo variabile compresa tra 85 e 15 euro mensili (a seconda dei livelli ISEE);
- per ciascun figlio minorenne con disabilità: maggiorazione fissa differenziata sulla base della condizione di disabilità come definita ai fini ISEE, da applicare agli importi dell'assegno per i figli minorenni o per i figli successivi al secondo, pari a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, a 95 euro mensili in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità media;
- per le madri di età inferiore a 21 anni: maggiorazione fissa pari a 20 euro mensili per ciascun figlio;
- per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro: maggiorazione variabile per ciascun figlio minore (30 euro mensili in misura piena in corrispondenza di un ISEE inferiore o pari a 15.000 euro che si riducono gradualmente fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari a 40.000 euro);

- per i nuclei familiari con quattro o più figli: una maggiorazione forfettaria pari a 100 euro mensili;

- per ciascun figlio con disabilità dai 18 ai 21 anni: una maggiorazione fissa pari a 50 euro mensili. Dopo il compimento del ventunesimo anno di età, anche se il figlio con disabilità risulti ancora a carico, non sono previste maggiorazioni. Si segnala che il decreto legge n. 73 del 2022 ha apportato modifiche a quanto stabilito dal D. Lgs. n. 230 del 2021 circa l'importo dell'assegno per i figli disabili maggiorenni. Per le modifiche, previste soltanto per il 2022, sono state finalizzate risorse pari a 136,2 milioni di euro, alle quali si provvede con corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità. Il decreto legge n. 73 chiarisce anche l'importo spettante ai nuclei familiari orfanili, composti da almeno un orfano maggiorenne, con disabilità grave e già titolare di un trattamento pensionistico in favore dei superstiti.

Più analiticamente, il decreto legge n. 73 del 2022 equipara, solo per il 2022, la misura base dell'AUU per ciascun figlio disabile maggiorenne a carico a quella generale prevista per ciascun figlio minorenne a carico (175 euro mensili qualora l'ISEE del nucleo familiare sia pari o inferiore a 15.000 euro; per livelli di ISEE superiori, la misura si riduce gradualmente fino ad un valore pari a 50 euro);a decorrere dal 2023, la misura di base per ciascun figlio disabile maggiorenne a carico torna ad essere pari a 85 euro mensili in caso di ISEE pari o inferiore a 15.000 euro, con una riduzione graduale per livelli di ISEE superiori, fino ad un valore pari a 25 euro. Inoltre, sempre per il 2022, la maggiorazione dell'AUU prevista per ciascun figlio disabile minorenne a carico viene estesa anche ai figli disabili maggiorenni a carico di età inferiore a ventuno anni (la maggiorazione è pari a 85, 95 o 105 euro mensili, a seconda che la disabilità sia media o grave o consista in una condizione di non autosufficienza; a decorrere dal 2023, torna ad essere applicabile la maggiorazione specifica, prevista dalla normativa già vigente, per ciascun figlio maggiorenne a carico, disabile e di età inferiore a ventuno anni, pari a 80 euro mensili). Sempre con riferimento al 2022, si prevede infine un importo aggiuntivo pari a 120 euro per i nuclei familiari con almeno un figlio a carico co disabilità.

Al fine di consentire la graduale transizione alla nuova misura e di garantire il rispetto della progressività, si prevede, per le prime tre annualità, una maggiorazione transitoria mensile dell'assegno unico riconosciuta in favore dei nuclei familiari con valore ISEE non superiore a 25.000 euro, che, in presenza di figli minori - da parte del richiedente o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente - abbiano effettivamente percepito nel corso del 2021 l'assegno per il nucleo familiare (ANF). In tale ambito, la maggiorazione è riconosciuta, nel periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022, per intero e, nel periodo 1° gennaio 2023-28 febbraio 2025, secondo una percentuale decrescente nel tempo.

A regime, l'assegno unico e universale per i figli al di sotto dei 21 anni andrà a sostituire le seguenti misure attualmente in vigore: detrazioni fiscali per i figli a carico under 21; Assegno per il nucleo familiare - ANF; bonus bebé; premio alla nascita; assegno per il nucleo familiare dei Comuni. Dalla soppressione di questi strumenti (le detrazioni per figli a carico sono state soppresse con riferimento ai figli con età non superiore a 21 anni e gli ANF con riferimento ai nuclei con figli) derivano risorse impiegabili per l'AUU per quasi 13 miliardi che si sommano ai 6 miliardi aggiuntivi stanziati dalla Legge di bilancio per il 2021 e confermati anche per il 2022.

Per approfondimenti:

Dossier n. 484 dei Servizi Studi Camera e Senato,  Istituzione dell'assegno unico e universale per i figli a carico. Atto del Governo 333, 9 dicembre 2021;

INPS, Assegno unico e universale.

ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2022

Sulla G.U. n. 97 del 27 aprile 2022 è stata pubblicata la legge n. 32 del 7 aprile 2022, la cui entrata in vigore è fissata al 12 maggio 2022.  

Il 30 luglio 2020, la Commissione XII della Camera ha iniziato l'esame, in sede referente, del disegno di legge "Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia" (C. 2561) c.d. Family act  (qui le schede di approfondimento del Servizio studi della Camera; qui i video e le memorie depositate nel corso delle Audizioni informali svolte dalla Commisssione XII per l'esame del ddl). Il 18 novembre 2021 l'Assemblea della Camera ha approvato il provvedimento con una amplissima maggioranza (Dossier del Servizio studi per l'Assemblea). Il provvedimento è stato approvato definitivamente dal Senato (A.S. 2459) il 6 aprile 2022.

Il disegno di legge delega, collegato alla legge di bilancio 2020, incide su materie e ambiti diversi, quali: 

  • sostegno all'occupazione femminile  (esercizio della delega entro ventiquattro mesi). Più in particolare, si prevede di estendere la disciplina dei congedi parentali anche ai lavoratori autonomi (tenendo conto della specificità delle diverse attività professionali); di stabilire un periodo minimo (non inferiore ai due mesi) di congedo parentale non cedibile all'altro genitore; di introdurre modalità di lavoro flessibile nonché di estendere la possibilità di usufruire, previo preavviso, di un permesso retribuito di durata non inferiore alle cinque ore per anno, per consentire ai genitori lavoratori di partecipare ai colloqui scolastici. Con riferimento ai congedi di paternità, si intende stabilire il princìpio che tale diritto sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore, non sia subordinato a una determinata anzianità lavorativa e di servizio e che sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nei primi mesi dalla nascita del figlio, viene previsto per il padre un periodo di congedo obbligatorio non inferiore a dieci giorni lavorativi. Nel corso dell'esame in sede referente è stata inoltre prevista la possibilità di usufruire dei congedi parentali fino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio; il riferimento alle famiglie monogenitoriali, di cui tenere conto nell'ambito dell'introduzione di modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali; la previsione di permessi per il coniuge, il convivente o il parente che accompagni la donna in occasione delle visite specialistiche durante la maternità. Per quanto riguarda la conciliazione dei tempi vita/lavoro si intende prevedere, tenendo conto dell'ISEE del nucleo familiare, una percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per addetti ai servizi domestici e all'assistenza di familiari, nonché una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli. Al fine di sostenere l'applicazione di modalità flessibili di lavoro, si prevede l'introduzione di incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti nazionali in materia. Infine, si riserva una quota del Fondo di garanzia per le piccole e le medie imprese all'avvio di nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per due anni;
  • importanza del valore sociale delle attività educative e di apprendimento formale e non formale dei figli (delega da esercitare entro 12 mesi) tramite il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall'imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo. A tal fine, si intende razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo anche nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l'educazione formale (acquisto dei libri scolastici, di beni e servizi informatici per i figli a carico che non beneficiano di altre forme di sostegno) e l'educazione non formale dei figli (iscrizione/abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte e di musica; biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali). D'altra parte, si intende intervenire per garantire in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l'istituzione e il sostegno dei servizi socio-educativi e dei servizi educativi per l'infanzia, e, al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità; per la crescita dei figli, si prevedono contributi destinati a coprire, anche per l'intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi e delle scuole per l'infanzia. Per i figli affetti da patologie fisiche e non fisiche, comprese la diagnosi e la cura di disturbi specifici dell'apprendimento, la delega indica la necessità di introdurre misure di sostegno, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado (art. 3);
  • sostegno dell'autonomia finanziaria dei giovani (delega da esercitare entro 24 mesi) attraverso detrazioni e agevolazioni per spese documentate per la locazione di abitazioni per figli maggiorenni iscritti a corsi universitari e in favore di giovani coppie (meno di trentacinque anni);
  • misure organizzative, di comunicazione e di semplificazione che favoriscano l'accesso delle famiglie ai servizi offerti e l'individuazione dei medesimi;
  • responsabilità familiari (delega da esercitare entro 12 mesi) diffusione di attività informative e formative volte a fornire la conoscenza dei diritti e dei doveri dei genitori, nonché la diffusione di centri e servizi di supporto nelle diverse fasi della vita familiare e di sostegno delle scelte dei genitori, anche tramite attività di mediazione familiare, come quelle svolte proprio dai consultori familiari.

ultimo aggiornamento: 28 aprile 2022

La Legge di Stabilità per il 2016 (Legge n. 208 del 2015) ha previsto, ai commi 392-395, l'istituzione del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con l'obiettivo di sostenere l'infanzia svantaggiata. Il Fondo è alimentato dai versamenti delle Fondazioni di origine bancaria, alle quali è stato riconosciuto un contributo, pari a 100 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2016-2018, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75 per cento dei versamenti effettuati al medesimo Fondo. Successivamente, la legge di bilancio 2019 (Legge n.145 del 2018, art. 1, commi 478-480) ha confermato il Fondo per il successivo triennio 2019-2021, mettendo a disposizione 55 milioni di euro annui di credito di imposta a favore delle Fondazioni di origine bancaria che possono usufruirne per il 65% degli importi versati. L'operatività del Fondo è stata prorogata per il 2022 dall'art. 63, comma 5, del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegno bis). Pertanto, per il 2022 viene rifinanziato il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 % dei versamenti effettuati dalle stesse Fondazioni al Fondo. Inoltre si incrementa l'ammontare del contributo nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così da 55 a 100 milioni) e di 55 milioni di euro nel 2022. Da ultimo, i commi 135 e 136 della Legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021) hanno prorogato per il 2024 gli effetti delle agevolazioni fiscali riconosciute alle fondazioni bancarie sotto forma di un credito d'imposta pari al 75% dei contributi versati al Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa minorile istituito dalla legge di stabilità per il 2016. Allo scopo, viene prevista una copertura con risorse pari a 45 milioni con riferimento all'anno 2023 e di 25 milioni per il 2024.

Nel triennio 2016-2018 le Fondazioni hanno alimentato il Fondo con circa 360 milioni di euro.

Il Fondo è disciplinato dal Protocollo d'Intesa siglato da Acri, Presidenza del Consiglio dei Ministri, MEF e Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il soggetto attuatore è stato individuato nella Fondazione con il Sud, attraverso l'impresa sociale "Con i Bambini", appositamente costituita per lo scopo, al fine di garantire maggiore trasparenza e tracciabilità della gestione del Fondo. Le risorse vengono assegnate tramite bandi, mentre le scelte di indirizzo strategico vengono definite da un apposito Comitato di indirizzo composto pariteticamente da Fondazioni di origine bancaria, Governo, organizzazioni del Terzo Settore e rappresentanti di ISFOL e EIEF – Istituto Einaudi per l'economia e la finanza. 

La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, ha poi attribuito all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale. E' stato così definito l'IPE – Indice di Povertà Educativa (riferito ad un target di giovani tra i 15 e i 29 anni) attraverso quattro dimensioni riferibili a: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita.

Con i Bambini ha pubblicato ad oggi undici bandi ( Prima Infanzia (0-6 anni), Adolescenza (11-17 anni), Nuove Generazioni 5-14 anni, Un passo avanti, Ricucire i sogni, Cambio rotta, A braccia aperte, Un domani possibile , Non uno di meno, Comincio da zero, Bando per le comunità educanti). Nella gestione dei bandi, è stato introdotto l'elemento della valutazione di impatto.

Nel periodo emergenziale, l'art. 105 del decreto legge n. 34 del 2020 (c.d. Decreto rilancio) ha stanziato 150 milioni di euro, di cui 135 milioni destinati ai comuni per le iniziative dei centri estivi e 15 milioni destinati a progetti di contrasto della povertà educativa. Lo stesso decreto, all'art. 246, ha autorizzato contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Veneto nell'importo di 100 milioni per l'anno 2020, di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa, e di 20 milioni per l'anno 2021, con la finalità di rafforzare l'azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020. In proposito, l'Agenzia per la coesione territoriale ha reso nota - con un avviso pubblicato in Gazzetta ufficiale del 16 novembre 2020 sul proprio sito istituzionale (www.agenziacoesione.gov.it) - la pubblicazione dei testi integrali di due avvisi pubblici rivolti ad enti del Terzo settore riservati, rispettivamente, alle regioni del Mezzogiorno ed alle Regioni Lombardia e Veneto, con i relativi allegati (qui un approfondimento). La misura ha avuto un notevole successo, dimostrato dall'adesione dei Comuni, nel 2021, pari al 95% (n. 7.146 comuni beneficiari) con una potenziale popolazione beneficiaria 0-17 anni pari a 9.154.724.

In analogia a quanto avvenuto per gli anni 2020 e 2021, l'art. 39 del decreto legge n. 73 del 2022 ha indirizzato un finanziamento statale pari a 58 milioni di euro per iniziative a favore dei Comuni da attuare nel periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 2022, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, di promozione e di potenziamento delle seguenti attività:
- attività rivolte a contrastare e favorire il recupero rispetto alle criticità emerse per l'impatto dello stress pandemico sul benessere psico-fisico e sui percorsi di sviluppo e crescita dei minori;
- attività finalizzate alla promozione, tra i bambini e le bambine, dello studio delle materie STEM (Science, Technology, Engineering & Mathematics, vale a dire materie di carattere scientifico e tecnologico), da svolgere presso i centri estivi, i servizi socioeducativi territoriali e i centri con funzione educativa e ricreativa per i minori.

L'approvazione dell'elenco dei Comuni beneficiari è demandata ad un decreto del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia, con il concerto del MEF e Interno, e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città. Il decreto dovrà stabilire anche gli importi spettanti ai singoli Comuni beneficiari sulla base dei dati ISTAT relativi alla popolazione minorenne di cui all'ultimo censimento della popolazione residente, individuando le modalità di monitoraggio dell'attuazione degli interventi finanziati e quelle di recupero delle somme attribuite in caso di mancata o inadeguata realizzazione.

ultimo aggiornamento: 23 giugno 2022

A partire da marzo 2022, la misura è sostituita dall'Assegno unico e universale per i figli a carico.

 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Si tratta di un assegno una tantum, il cui maggior onere è stato stimato, al momento della sua istituzione, in 392 milioni di euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione.

Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

La prestazione è rivolta alle donne in gravidanza o alle madri per uno dei seguenti eventi verificatisi dal 1° gennaio 2017:

  • compimento del settimo mese di gravidanza;
  • parto, anche se antecedente all'inizio dell'ottavo mese di gravidanza;
  • adozione nazionale o internazionale del minore, disposta con sentenza divenuta definitiva ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;
  • affidamento preadottivo nazionale disposto con ordinanza ai sensi dell'art. 22, c. 6, l. 184/1983 o affidamento preadottivo internazionale ai sensi dell'art. 34, l. 184/1983.

Il beneficio è concesso in un'unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato.

Il Messaggio INPS n. 4252 del 13 novembre 2020 ha fornito chiarimenti sulle modalità di presentazione della domanda nei casi di gravidanze plurime e di affidamento o adozioni plurimi.

Dal febbraio 2018, come reso noto dall'INPS con il Messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018, il beneficio è stato esteso alle donne straniere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (di cui all'art. 9 del D. Lgs. 286/1998), della carta di soggiorno o carta di soggiorno permanente (di cui agli articoli 10 e 17 del D. Lgs. 30/2007).
ultimo aggiornamento: 16 febbraio 2022

A partire da marzo 2022, la misura è sostituita dall'Assegno unico e universale per i figli a carico.

La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 362, della legge n. 178 del 2020) ha rinnovato l'assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 con le modalità previste dal comma 340 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), ovvero esclusivamente fino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione.

La prestazione è stata rimodulata dalla legge di bilancio 2020 con nuove soglie di ISEE e spetta, in applicazione del principio dell'accesso universale, nei limiti di un importo minimo, anche per ISEE superiori alla soglia di 40.000 euro o anche in assenza dell'indicatore ISEE. Più precisamente, l'importo dell'assegno annuo è così modulato:

a)   1.920 euro (160 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui;

b)   1.440 euro (120 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni compreso fra le soglie ISEE di 7.000 e  40.000 euro;

c)   960 euro (80 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore a 40.000 euro;

d)   in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021, l'importo dell'assegno di cui alle lettere a), b) e c) è aumentato del 20 per cento.

Il Bonus bebè, istituito dalla legge di stabilità 2015 (commi 125-129 della legge 190/2014) per un periodo di tre anni a favore dei nati o dei minori adottati nel triennio 2015-2017, è stato in seguito riconosciuto soltanto per la durata di un anno anche per i nati o adottati nel 2018 (art. 1, commi 248-249 della legge 205/2017). Successivamente, è stato esteso (art. 23- quater, commi da 1 a 3 del decreto legge 119/2018) anche ai nati o adottati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, fino al compimento del primo anno di età o di ingresso nel nucleo familiare. L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il decreto legge 119/2018 ha anche previsto una maggiorazione del 20 per cento dell'importo dell'assegno per le nascite e adozioni relativamente ai figli successivi al primo.
Fino al 2019, l'importo del Bonus bebè dipendeva dal valore dell'ISEE minorenni: con ISEE uguale o inferiore a 25.000 euro annui (soglia ISEE di accesso), ammontava a 80 euro al mese per un massimo di 12 mesi (960 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 1.152 euro annui); con un valore ISEE non superiore a 7.000 euro annui, ammontava a 160 euro al mese per un massimo di 12 mesi (1.920 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 2.304 euro annui). Con la circolare INPS 7 giugno 2019, n. 85, l'Istituto ha fornito chiarimenti sui requisiti, sugli importi e sulle modalità di accesso per il 2019. La legge di bilancio 2019 (legge 145/2018) ha fissato i limiti di spesa a 204 milioni di euro per il 2019.
L'art. 1, comma 249, della legge n. 205/2017 ha introdotto obbligo di monitoraggio da parte dell'INPS mediante relazioni mensili al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dell'Economia e delle finanze e al Ministro per la Famiglia e le disabilità, al fine di segnalare rischi di scostamento dai limiti di spesa.
In materia si segnala l' ordinanza 182/2020 della Corte costituzionale, relativa alle questioni sollevate dalla Corte di cassazione sulla disciplina dell'assegno di natalità e di quello di maternità, là dove richiede il permesso di soggiorno UE di lungo periodo per il riconoscimento agli stranieri extracomunitari di entrambe le misure. Con l'ordinanza, la Corte riunisce i giudizi e li sospende, per sottoporre alla Corte di Giustizia dell'Unione europea un quesito pregiudiziale alla decisione definitiva. Le questioni sono tornate all'attenzione dei giudici costituzionali dopo la pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2021 (C-350/20), che ha risposto ai quesiti posti il 30 luglio 2020 dalla Consulta con l'ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 182. La Corte di Lussemburgo ha affermato che la normativa italiana non è compatibile né con l'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, né con l'articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri.
In attesa del deposito della sentenza, con un comunicato del 12 gennaio 2022, la Corte costituzionale anticipando i contenuti della sentenza, ha precisato di aver dichiarato incostituzionali le norme che escludono dalla concessione dei due assegni i cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi e quelli ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi. È stata dichiarata incostituzionale anche la medesima esclusione contenuta nelle proroghe del "bonus bebè". La Corte costituzionale ha infatti ritenuto che le disposizioni censurate siano in contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
ultimo aggiornamento: 16 febbraio 2022

La legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 343 e 344, della legge 160/2019) ha modificato la normativa relativa al Bonus asilo nido e forme di supporto presso la propria abitazione (c.d. Bonus asilo nido), istituito dalla legge di bilancio 2017. A decorrere dal 2020, il Bonus di 1.500 euro è stato rimodulato e incrementato in base a soglie ISEE differenziate: rimane pari a 1.500 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni superiore a 40.000 euro; è incrementato di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro (raggiungendo l'importo di 2.500 euro); è incrementato di ulteriori 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro, (raggiungendo così l'importo di 3.000 euro). Il buono è corrisposto dall'INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione attestante l'iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private. Nel 2022, il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di  541 milioni di euro

Per il 2021, il messaggio INPS n. 802 del 24 febbraio 2021 indica gli importi del contributo, calcolati in base all' ISEE del richiedente, e le modalità di erogazione.

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legg 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa 90,9 euro mensili, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche.
Il buono è riferito ai nuovi nati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni.
La legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 488, della legge 145/2018) ha portato il buono da 1.000 a 1.500 euro su base annua e lo ha esteso a ciascun anno del triennio 2019-2021. A decorrere dal 2022, il buono è determinato con DPCM, da adottare entro il 30 settembre 2021, nel rispetto del limite di spesa programmato, e comunque per un importo non inferiore a 1.000 euro su base annua, tenuto conto degli esiti del monitoraggio previsto per la misura.
Le modalità di attuazione sono state stabilite  dal D.p.c.m. 17 febbraio 2017 Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) - Agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati, pubblicato sulla G. U. n.90 del 18 aprile 2017 che ha specificato che:
  • il genitore richiedente deve essere in possesso della cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'UE oppure, in caso di cittadino di Stato extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia;
  • per accedere al beneficio,  il genitore richiedente presenta domanda all'INPS tramite i canali telematici, indicando, al momento della domanda stessa, a quale fattispecie (pagamento retta asilo o supporto presso la propria abitazione)  intende accedere;
  • i benefici sono cumulabili con i voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero con il contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati;
  • per ciascun anno, a decorrere dal 2017, le domande possono essere presentate entro il 31 dicembre e il beneficio è erogato, secondo l'ordine di presentazione telematica delle domande, nel limite di spesa previsto. Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 520 milioni di euro per l'anno 2020, 530 milioni di euro per l'anno 2021 e 541 milioni di euro per l'anno 2022, 552 milioni di euro per l'anno 2023, 563 milioni di euro per l'anno 2024, 574 milioni di euro per l'anno 2025, 585 milioni di euro per l'anno 2026, 597 milioni di euro per l'anno 2027, 609 milioni di euro per l'anno 2028, 621 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2029. Superato il limite di spesa non verranno prese in considerazione ulteriori domande.
ultimo aggiornamento: 6 aprile 2021

Gli asili nido rientrano nel nuovo Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni nell'ambito del Ministero dell'Istruzione . Il Sistema intende garantire pari opportunità di sviluppo dell potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento dei bambini fino a 6 anni allo scopo di superare disuguaglianze economiche, territoriali e culturali, in base a quanto previsto dal D. Lgs. n. 65 del 2017.

Gli asili nido sono rivolti ai bambini fino ai 36 mesi e fanno parte dei servizi educativi per l'infanzia, gestiti prevalentemente dai Comuni, anche mediante la stipula di convenzioni, o da altri enti pubblici locali o dai privati. Sono articolati in:

  • nidi e micronidi, che accolgono i bambini anche molto piccoli (minimo 3 mesi e fino ai 36 mesi), con orari di apertura, capacità ricettiva, modalità di funzionamento, costi delle rette molto variabili, anche se generalmente tendono ad assicurare il pasto e il riposo;
  • sezioni primavera, che accolgono i bambini tra i 24 e i 36 mesi, aggregate alle scuole dell'infanzia statali o paritarie ovvero ai nidi;
  • servizi integrativi per l'infanzia, con un'organizzazione molto flessibile e diversificata, come:
    • spazi gioco per bambini da 12 a 36 mesi, privi di servizio mensa, con frequenza flessibile fino a un massimo di 5 ore giornaliere;
    • centri per bambini e famiglie che accolgono bambini dai primi mesi di vita insieme ad un adulto accompagnatore, privi di servizio mensa, con frequenza flessibile;
    • servizi educativi in contesto domiciliare per un numero ridotto di bambini da 3 a 36 mesi.

Per garantire l'uniformità a livello nazionale di questo tipo di prestazioni, che rientrano nei diritti civili e sociali, si deve fare riferimento ai LEP (livelli essenziali delle prestazioni) che tuttavia non sono stati ancora codificati a livello normativo. Attualmente, fino alla definizione dei LEP, il livello di riferimento del rapporto è dato dalla media relativa alla fascia demografica del comune individuata dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard contestualmente all'approvazione dei fabbisogni standard per la funzione "Asili nido".

Le risorse corrispondenti al finanziamento di questa funzione sono individuate nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale, su proposta della citata Commissione tecnica, tenendo conto, ove disponibili, dei fabbisogni standard approvati dalla stessa Commissione. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione tecnica, entro entro il 31 marzo 2022, dovranno essere previste e disciplinate le modalità di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse assegnate dal Fondo, secondo quanto previsto dall'articolo 30, comma 6, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (cd. Sostegni). 

Le quote già definite dalla legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020) destinate al potenziamento degli asili nido dei comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni a statuto speciale della Sicilia e della Sardegna, ammontano a 100 milioni di euro per l'anno 2022, 150 milioni di euro per l'anno 2023, 200 milioni di euro per l'anno 2024, 250 milioni di euro per l'anno 2025 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026. Anche il Piano nazionale di Riforma e Resilienza (PNRR) ha previsto la destinazione di risorse al Piano Asili Nido e servizi integrati, nell'ambito degli obiettivi della componente 1 della missione 4 (Potenziamento delle competenze e diritto allo studio), per 3,6 miliari di euro a valere sul programma Next Generation EU (NGEU) e per 300 milioni di euro mediante riprogrammazione di risorse appostate nei bilanci per il sessennio 2021-2026.

La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 59, L. n. 160/2019) ha inoltre istituito per il finanziamento degli interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno denominato fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia», con una dotazione pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034.

Il 23 marzo 2021 il Dipartimento per le politiche della famiglia ha pubblicato l'avviso che consente ai comuni di accedere ai primi 700 milioni di euro del Fondo asilini nido e scuole dell'infanzia per il finanziamento degli interventi relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati a nidi, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alle famiglie, come stabilito dal DPCM 30 dicembre 2020, con il concerto dei Ministri dell'Interno, dell'economia e finanze, della famiglia e dell'istruzione.

ultimo aggiornamento: 29 marzo 2021

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per il 2019, 13 milioni di euro il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Il decreto legge 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro per la famiglia e le disabilità, la gestione delle risorse del Fondo.

Il fondo è diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di età ovvero entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea è individuata fra i nuclei familiari che abbiano la residenza in Italia e cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'Unione europea oppure, in caso di cittadino extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.

ultimo aggiornamento: 14 gennaio 2020

1. Congedi parentali e indennità di maternità

Tra le principali misure attualmente vigenti in materia di congedi parentali, introdotte con successivi interventi normativi (D.Lgs. 80/2015, L. 81/2017, L. 205/2017, L. 145/2018, L. 160/2019, L. 178/2020 e L. 234/2020), si segnalano in particolare:

  • l'ampliamento dell'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
  • il riconoscimento del congedo di paternità anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
  • l'estensione del congedo parentale dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino, con fruizione anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
  • alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS viene riconosciuta:
    • l'indennità di maternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni) e anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia);
    • la possibilità di fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
    • il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
    • l'applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo
  • per le lavoratrici autonome, l'estensione dell'indennità di maternità ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
  • l'inserimento, tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, della lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
  • per le donne che esercitano la professione forense, la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto;
  • la sospensione, dal 2018, dei contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria;
  • per le donne vittime di violenza di genere, il riconoscimento di un congedo retribuito per un periodo massimo di tre mesi;
  • la messa a regime, dal 2022, del congedo obbligatorio e facoltativo per il padre lavoratore dipendente, di durata pari a, rispettivamente, dieci giorni e un giorno. Si ricorda che nel congedo facoltativo il padre può astenersi per un ulteriore giorno in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima e che entrambi tali congedi, obbligatorio e facoltativo, possono essere goduti anche nei casi di morte perinatale;
  • il riconoscimento alle lavoratrici della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino;
  • la previsione di un contributo mensile, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 fino ad un massimo di 500 euro netti, in favore delle madri disoccupate o monoreddito che fanno parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento;
  • il riconoscimento in favore delle lavoratrici iscritte alla gestione separata non iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza, alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici agricole, nonché alle libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza, dell'indennità di maternità per ulteriori tre mesi a seguire dalla fine del periodo di maternità. Ai fini di tale riconoscimento, le lavoratrici devono aver dichiarato, nell'anno precedente l'inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro, incrementato del 100 per cento dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati;

2. Congedo obbligatorio e facoltativo di paternità

In tema di congedi, la legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 134, L. 234/2021) rende strutturale, dal 2022, il congedo di paternità - di cui all'articolo 4, comma 24, lett. a), della L. 92/2012, come prorogato da successivi provvedimenti - sia obbligatorio che facoltativo, confermandone la durata prevista già per il 2021, pari, rispettivamente, a 10 giorni e ad un giorno ,

Sul punto, si ricorda che la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 25, L. 178/2020) ha altresì esteso il congedo obbligatorio e facoltativo di paternità ai casi di morte perinatale. La Circolare INPS n. 42 dell'11 marzo 2021 ha specificato che la tutela in questione deve essere garantita in caso di morte perinatale avvenuta nei primi dieci giorni di vita del minore. Pertanto, il congedo può essere fruito, entro i cinque mesi successivi alla nascita ( e non al decesso) del figlio, anche nel caso di figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione o di decesso del figlio nei dieci giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita). 

3. Svolgimento dell'attività lavorativa

3.1 Trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall'articolo 8, commi 5 e 7, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act), secondo cui:

  • in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
  • il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

Si ricorda che anche la lavoratrice che usufruisce del congedo per violenza di genere ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

3.2 Passaggio di personale tra amministrazioni e lavoro agile

Anche la legge delega di Riforma della P.A. (L. 124/2015) ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro. In particolare, in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse, dispone che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.

Anche la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

In tema di cure parentali, la medesima legge 124 del 2015 dispone che le amministrazioni pubbliche stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglo del 1° giugno 2017, sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).

La legge di bilancio 2019 ha inoltre previsto l'obbligo, per i datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working), di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.

3.3 Rientro al lavoro delle madri lavoratrici

La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 23, L. 178/2020) ha disposto un incremento di 50 mln di euro per il 2021 del Fondo per le politiche della famiglia da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto.

Il Dipartimento per le politiche della famiglia, il 6 giugno 2022, ha emanato l'Avviso  "#RiParto" volto a promuovere la realizzazione di progetti di welfare aziendale, con il fine di sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e di favorire l'armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia. L'Avviso prevede tre mesi di tempo per costruire il progetto che dovrà essere inoltrato dalle imprese entro le ore 12 del 5 settembre 2022.

3.4 Fondo parità salariale

La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 276, L. 178/2020) ha istituto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, per interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro.

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 138, L. 234/2021) incrementa di 50 milioni di euro a decorrere dal 2023 la dotazione del suddetto Fondo ed estende le finalità dello stesso, prevedendo che sia destinato anche alla copertura finanziaria di interventi volti al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure per l'acquisizione di una certificazione della parità di genere a cui siano connessi benefici contributivi a favore del datore di lavoro.

3.5 Decontribuzione a favore delle lavoratrici madri e sospensione adempimenti tributari

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 137, L. 234/2021) ha introdotto in via sperimentale, per l'anno 2022, una riduzione del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato. Tale riduzione opera per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità.

 Il suddetto esonero spetta, pertanto, alla madre:

  • lavoratrice dipendente del settore privato;
  • nella misura del 50 per cento dei contributi previdenziali a suo carico;
  • a decorrere dal rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per la durata massima di un anno da tale rientro.

La medesima legge di bilancio 2022 prevede, inoltre, la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti tributari a carico della libera professionista in caso di parto prematuro (con sospensione a decorrere dal giorno del ricovero per il parto fino al trentesimo giorno successivo) o di interruzione della gravidanza avvenuta oltre il terzo mese dall'inizio della stessa (con sospensione fino al trentesimo giorno successivo all'interruzione della gravidanza).

4. Certificazione parità di genere

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 139-147,L. 234/2021) prevede l'adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere, con l'obiettivo, tra l'altro, di realizzare un sistema nazionale di certificazione della parità di genere - che rientra anche negli obiettivi previsti dalla Missione 5, componete 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza - e istituisce un Fondo per le attività di formazione propedeutiche all'ottenimento della certificazione della parità di genere, con una dotazione di 3 mln di euro per il 2022 (art. 1, c. 660, L. 234/2021). 

Analogamente, la legge 5 novembre 2021, n. 162 - che reca disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo – prevede l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della  certificazione della parità di genere, al fine di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Al possesso di tale certificazione è collegata la concessione di un apposito sgravio contributivo parziale.

Sul punto, lo scorso marzo è stata delineata la prassi di riferimento Uni/PdR 125:2022 che definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere, prevedendo sei criteri (driver) necessari per stabilire la concessione della certificazione.

Inoltre, con i Decreti del Dip.to Pari opportunità del 27 gennaio 2022 e del 22 febbraio 2022 sono stati istituiti, rispettivamente, la Cabina di regia interistituzionale per la parità di genere e l'Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere.

Infine, con il Decreto del Dipartimento delle pari opportunità del 5 aprile 2022 è stato istituito il Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione di genere alle imprese.

Per approfondimenti sul Sistema di certificazione della parità di genere previsto dal PNRR si rinvia all'apposito tema web.

5. Rapporto sulla situazione del personale

La legge n. 162 del 2021 ha esteso l'obbligo di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (in luogo degli oltre 100 precedentemente previsti).

Si ricorda, inoltre, che l'art. 7 del D.L. 77/2021 dispone per le aziende, anche di piccole dimensioni (con almeno 15 dipendenti), che partecipano alle gare di appalto relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR (o che risultano affidatarie dei relativi contratti) l'obbligo di consegnare, a pena di esclusione, una relazione sulla situazione del personale maschile e femminile.

A tal proposito, il 29 marzo 2022 è stato firmato dai Ministri del Lavoro e per le Pari opportunità il decreto che definisce le modalità per la redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile da parte delle aziende pubbliche e private che contano più di 50 dipendenti

6. Voucher baby-sitting

Nell'ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientrava anche il cosiddetto voucher babysitting, ossia una misura sperimentale (introdotta dall'art. 4, c. 24, della L. 92/2012 per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 e successivamente per il 2017 e 2018) che riconosceva alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, alla madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, nonché alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, la possibilità di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi), in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).

Una particolare ipotesi di voucher babysitting è stata introdotta dalla normativa adottata in seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19, per la quale si rimanda all'apposito tema.

 

Per una sintesi delle principali misure di conciliazione vita-lavoro vigenti si rimanda all'apposita tabella.

ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2022

L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal D. Lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti (vedi Tipologie di ISEE sul sito Inps). L'indicatore fa riferimento al reddito dell'ultima dichiarazione, che a sua volta si riferisce all'anno precedente.

L'ISEE è stato revisionato dal D.P.C.M. 159/2013, ma la riforma è entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2015, dopo l'emanazione del Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE. Il nuovo ISEE ha introdotto criteri di valutazione del reddito e del patrimonio più puntuali, insieme a nuove modalità di raccolta dei dati utili per il calcolo dell'ISEE (i dati fiscali più importanti, quali il reddito complessivo e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall'INPS sono compilati direttamente dall'Istituto tramite interrogazioni degli archivi propri e di quelli dell'Agenzia delle Entrate) e al rafforzamento dei controlli. Sul punto, si ricorda  che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

A partire dal 1° gennaio 2020, l'articolo 4-sexies del decreto legge 34/2019 (il c.d. Decreto Crescita, convertito con legge 58/2019) che è intervenuto sull'art. 10 del D.Lgs. 147/2017, istitutivo del Reddito di inclusione (ReI), nella parte dedicata all'ISEE, ha modificato durata e validità della DSU e conseguentemente dell'ISEE. A decorrere dal 1° gennaio 2020, la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre in ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente. 

In presenza di variazioni del reddito superiori al 25% dovute ad eventi avversi (risoluzione, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori a tempo indeterminato; mancato rinnovo contratto di lavoro a tempo determinato o contratti di lavoro atipico; cessazione di attività per i lavoratori autonomi), la Riforma del 2013 ha introdotto l'ISEE corrente riferito ai redditi degli ultimi dodici mesi (anche solo degli ultimi due mesi in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa). L'ISEE corrente ha una validità di sei mesi, con l'obbligo del cittadino di  aggiornarlo entro due mesi per eventuali variazioni nella situazione occupazionale di componenti del nucleo, o nella loro fruizione di trattamenti assistenziali.

In ultimo, il decreto 5 luglio 2021 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali/MEF Modalità estensive dell'ISEE corrente ha ampliato la possibilità di aggiornare all'anno precedente il patrimonio riportato nella DSU ordinaria, prevedendo che si possa presentare un ISEE corrente anche quando sia diminuita la disponibilità non dei redditi ma dei patrimoni (mobiliari e/o immobiliari). In particolare, l'art. 2 del decreto interministeriale stabilisce che, a decorrere dal 1° aprile di ciascun anno, l'ISEE corrente, in presenza di un ISEE in corso di validità, può essere presentato anche in caso l'Indicatore della situazione patrimoniale calcolato prendendo a riferimento l'anno precedente a quello di presentazione della DSU differisca per più del 20% rispetto al medesimo indicatore calcolato in via ordinaria.

Il decreto del 2021 introduce pertanto una differenziazione tra la validità dell'ISEE corrente richiesto per  l'aggiornamento dei redditi (durata prevista di 6 mesi) e l'ISEE corrente richiesto per l'aggiornamento dei soli patrimoni, oppure sia dei redditi che dei patrimoni, con validità sino al 31 dicembre dell'anno di presentazione della DSU (per un approfondimento si rinvia al Messaggio INPS n° 3155 del 21 settembre 2021).

Sul l'aggiornabilità dell'ISEE, la Corte dei conti (nel Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica) ha sottolineato che "La gestione del Reddito di cittadinanza e di emergenza (RdC e REM) prima e durante la pandemia hanno ulteriormente evidenziato l'importanza di un affidabile indicatore delle condizioni economiche delle famiglie e, dunque, in Italia, dell'ISEE. Affinché allo strumento possano essere assegnati anche compiti di misurazione dello stato della situazione economica delle famiglie ai fini di interventi temporanei a carattere emergenziale resta cruciale la possibilità che l'indicatore sia rapidamente aggiornabile. Sforzi ulteriori devono essere fatti affinché esso divenga metro delle effettive condizioni di bisogno. Anche su tale fronte l'esperienza delle dichiarazioni precompilate può essere di giovamento".
Per un quadro di sintesi sull'attuazione della disciplina dell'Indicatore con cui si misurano le condizioni economiche dei cittadini ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate si rinvia a: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Report monitoraggio ISEE 2020, febbraio 2022

ultimo aggiornamento: 14 febbraio 2022

L'articolo 1, c. 182-189, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha reintrodotto, in via permanente, una tassazione sostitutiva per i premi di produttività e per le somme erogate a titolo di partecipazione agli utili dell'azienda consistente in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF con aliquota al 10%, fino ad un valore massimo di 2.000 euro (2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro).

 Il nuovo regime tributario si applica:

  • alle somme ed ai valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali;
  • ai titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro (salva rinuncia espressa).

Al fine di dare impulso allo sviluppo del welfare aziendale, viene inoltrre prevista la possibilità di convertire i premi in denaro in prestazioni di welfare aziendale (possibilità che deve essere contemplata dal contratto collettivo aziendale o territoriale), escluse dall'imposizione IRPEF, come, in particolare:

  • servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti;
  • frequenza di asili nido;
  • servizi di educazione ed istruzione (compresi i servizi integrativi e di mensa connessi con le prestazioni educative) non necessariamente inerenti alla frequenza di asili nido;
  • frequenza di ludoteche, centri estivi e invernali

 Con riferimento alla detassazione dei servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti, l'Agenzia delle entrate, con la circolare 28/E/2016, ricorda che, ai fini della normativa in esame, i soggetti non autosufficienti (il cui stato deve risultare da certificazione medica) sono coloro che non sono in grado di compiere gli atti della vita quotidiana o che necessitano di sorveglianza continuativa. Si specifica, inoltre, che "l'esenzione dal reddito non compete per la fruizione dei servizi di assistenza a beneficio di soggetti come i bambini, salvo i casi in cui la non autosufficienza si ricolleghi all'esistenza di patologie.".

Per quanto concerne l'individuazione dei familiari anziani, la richiamata circolare precisa che "in assenza di richiami normativi si può ritenere, in via generale, di fare riferimento ai soggetti che abbiano compiuto i 75 anni, limite di età considerato ai fini del riconoscimento di una maggiori detrazione d'imposta dall'articolo 13, comma 4, del TUIR".

 

Successivamente, il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia con l'articolo 1, commi da 160 a 162, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017). Tale provvedimento,nel confermare la predetta tassazione sostitutiva per i premi di produttività, ha innalzato i limiti dell'imponibile ammesso al beneficio (da 2.000 a 3.000 euro) e la soglia di reddito entro la quale esso è riconosciuto (da 50.000 a 80.000 euro annui). Inoltre, ha disposto che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente (e sono quindi esclusi da ogni forma di imposizione) i contributi alle forme pensionistiche complementari e i contributi di assistenza sanitaria (anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di deducibilità), nonché il valore di azioni offerte alla generalità dei dipendenti (anche se ricevute per un importo complessivo superiore a quello escluso dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF). Sono altresì esclusi dalla base imponibile IRPEF i contributi e i premi versati dal datore di lavoro (in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti) per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita o il rischio di una malattia grave, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente. Viene infine specificato (attraverso una norma di interpretazione autentica), che tra le opere ed i servizi riconosciuti dal datore di lavoro per specifiche finalità (di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto) rientrano quelli riconosciuti in conformità a disposizioni di contratti di lavoro non solo "aziendali" (come previsto dalla normativa previgente), ma anche nazionali, territoriali o interconfederali.

Da ultimo, l'articolo 55 del D.L. 50/2017 ha riportato, limitatamente ai contratti aziendali o territoriali sottoscritti dalla data della sua entrata in vigore (24 aprile 2017), a 3.000 euro (da 4.000) il limite massimo di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario agevolato per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro ed introduce, con riferimento ad una quota degli emolumenti in oggetto non superiore a 800 euro, le seguenti misure aggiuntive:

  • una riduzione, pari a venti punti percentuali, dell'aliquota contributiva pensionistica a carico del datore di lavoro;
  • l'esclusione di ogni contribuzione a carico del dipendente;
  • la corrispondente riduzione dell'aliquota di computo per il calcolo del trattamento pensionistico (nell'ambito del sistema cosiddetto contributivo).

ultimo aggiornamento: 17 gennaio 2018

La legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) ha fornito, ai commi 159-171, la prima definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS), e qualificato gli ambiti territoriali sociali (ATS) quale sede necessaria in cui programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS nonché a garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell'offerta integrata dei LEPS sul territorio.

L'attuazione degli interventi, e l'adozione dei necessari atti di programmazione integrata, non sono definiti nel dettaglio ma sono demandati a linee guida da definire in sede di Conferenza Unificata, con intesa. Inoltre, i LEPS rivolti agli ambiti del sociale diversi dalla non autosufficienza saranno definiti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, con uno o più decreti Lavoro/MEF e in sede di prima applicazione saranno definiti i LEPS individuati come prioritari nell'ambito del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 (pronto intervento sociale; supervisione del personale dei servizi sociali; servizi sociali per le dimissioni protette; prevenzione dell'allontanamento familiare; servizi per la residenza fittizia; progetti per il dopo di noi e per la vita indipendente), al cui finanziamento concorrerano le risorse nazionali già destinate per le stesse finalità dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 unitamente alle risorse dei fondi comunitari e del PNRR destinate a tali scopi.

I servizi socioassistenziali rivolti alle persone anziane non autosufficienti, comprese le nuove forme di coabitazione solidale, sono definiti al comma 162  che specifica che gli stessi sono erogati dagli ATS nelle seguenti aree: assistenza domiciliare sociale e assistenza sociale integrata con i servizi sanitari; servizi sociali di sollievo per le persone anziane non autosufficienti e le loro famiglie; servizi sociali di supporto per le persone anziane non autosufficienti e le loro famiglie.

Il SSN e gli ATS garantiscono alle persone in condizioni di non autosufficienza l'accesso ai servizi sociali e ai servizi sociosanitari attraverso punti unici di accesso (PUA) la cui sede operativa è situata presso le articolazioni del servizio sanitario denominate Case della comunità. Presso i PUA operano equipe integrate composte da personale appartenente al SSN e agli ATS che assicurano la funzionalità delle unità di valutazione multidimensionale (UVM). Sulla base della valutazione dell'UVM, con il coinvolgimento della persona non autosufficiente e della sua famiglia o dell'amministratore di sostegno, l'equipe integrata procede alla definizione del progetto di assistenza individuale integrata (PAI), contenente l'indicazione degli interventi modulati secondo l'intensità del bisogno. L'offerta degli ATS può essere integrata da contributi - diversi dall'indennità di accompagnamento - utilizzabili esclusivamente per remunerare il lavoro di cura svolto da operatori titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore, o per l'acquisto di servizi forniti da imprese qualificate nel settore della assistenza sociale non residenziale.

I commi 165 e 166 recano rispettivamente disposizioni relative alla qualificazione del lavoro di cura e alla collaborazione Ministero del lavoro e delle politiche sociali /ANPAL; collaborazione che, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, dovrà definire strumenti e modelli, utilizzabili su tutto il territorio nazionale, da impiegare: - nell'area dei servizi sociali di supporto per le persone anziane non autosufficienti e le loro famiglie; - nelle attività e nei programmi di formazione professionale; - nei progetti formativi a favore dei familiari delle persone anziane non autosufficienti.

Le modalità attuative, le azioni di monitoraggio e la verifica del raggiungimento dei LEPS per le persone anziane non autosufficienti dovranno essere determinate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. La graduale introduzione dei LEPS per le persone anziane non autosufficienti è inquadrata nell'ambito degli stanziamenti vigenti, incluse le integrazioni previste dal comma 168, che incrementa il Fondo per le non autosufficienze per un ammontare pari a 100 milioni di euro per il 2022, a 200 milioni per il 2023, a 250 milioni per il 2024 e a 300 milioni di euro a decorrere dal 2025.

ultimo aggiornamento: 17 gennaio 2022
 
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