tema 28 settembre 2022
Studi - Bilancio La fiscalità degli enti territoriali

Il sistema delle entrate degli enti territoriali presenta un quadro complesso, in particolare per quanto concerne la fiscalità comunale, in ragione dei ripetuti interventi che si sono finora susseguiti e a seguito dei quali l'assetto normativo ha presentato frequenti elementi di incertezza. Dopo una prima fase in cui si è cercato di rafforzare la dimensione propria dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali si registra, ormai da alcuni anni (e per una serie di fattori economici e finanziari che vanno oltre la dimensione nazionale e risultano inoltre influenzati dalla contingenza economico-finanziaria), un maggior peso del coordinamento e della finanza derivata, ovvero del contrappeso dell'autonomia finanziaria. Si assiste pertanto a una nuova espansione dei trasferimenti o comunque di forme di entrata direttamente regolate dal centro.

Nel presente tema si dà conto dei principali tributi degli enti territoriali, con particolare riferimento agli interventi effettuati nel corso della XVIII legislatura; si rammenta altresì in questa sede che la fiscalità costituisce una parte delle entrate complessivamente attribuite agli enti territoriali, altresì finanziati da trasferimenti statali. Per completezza del quadro delle entrate delle Regioni, dei Comuni e delle Province si rinvia ai relativi temi.

In seno all'emergenza economico-sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, specifici interventi hanno riguardato anche il prelievo fiscale degli enti territoriali, sotto forma di rimodulazione delle scadenze degli adempimenti o loro posticipo. Si tratta di misure destinate ad avere efficacia temporanea e legata alla predetta emergenza. Per ulteriori informazioni si rinvia alla documpentazione relativa alle misure emergenziali di natura fiscale e finanziaria.

Dopo la sospensione, nel periodo 2016-2018 (in ultimo per effetto del comma 37 della legge di bilancio 2018) dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali, con alcune specifiche esclusioni (tra cui la TARI), la legge di bilancio 2019 non prevede limiti al potere degli enti locali di aumentare i tributi ad essi attribuiti.

Si ricorda inoltre che la ha introdotto una complessiva riforma dell'assetto dell'imposizione immobiliare locale, con l'unificazione delle due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili – TASI) in un unico testo.

Con riferimento alla riscossione degli enti locali e alla complessiva riforma operata durante la XVIII legislatura, si rinvia al tema sull'accertamento e sulla riscossione dei tributi.

Di seguito vengono riportati i dati di gettito delle principali entrate tributarie degli enti territoriali. Sono stati considerati i dati riguardanti le annualità precedenti il 2020 i cui versamenti sono influenzati dalla crisi economica da pandemia e dalle agevolazioni previste dal Governo per stimolare la ripresa delle attività economiche maggiormente colpite (fonte MEF-audizione Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale 9 giugno 2021).


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Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario è, di fatto, quello precedente al decreto legislativo n. 68 del 2011 di attuazione della legge n. 42 del 2009.

Il nuovo regime delineato per la fiscalità regionale ha avuto seguito solo in parte: la sua attuazione è stata rinviata più volte e, da ultimo, il decreto-legge n. 137 del 2020 (articolo 31-sexies) ha fissato la decorrenza dal 2023. A far data da tale anno le fonti di finanziamento delle regioni per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie della sanità, dell'assistenza, dell'istruzione e del trasporto pubblico locale (per la spesa di parte capitale) dovranno essere costituite da entrate di tipo tributario (opportunamente rimodulate ed eventualmente perequate) ed entrate proprie. Ciò significa che dovrà essere completamente superato il sistema dei trasferimenti erariali e della perequazione basata sulla spesa storica.

Nell'attuale regime, le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario sono costituite dai tributi propri, dalla compartecipazione al gettito dell'Iva, dalle entrate proprie (quelle derivanti da beni, attività economiche della regione e rendite patrimoniali), dai trasferimenti perequativi per i territori con minore capacità fiscale per abitante e, infine, dalle entrate da indebitamento, che sono però riservate a spese di investimento (articolo 119 della Costituzione).

Pertanto le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono attualmente quelle già operanti precedentemente alla legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, costituite dai tributi propri e dalle compartecipazioni ai tributi erariali seguenti:

  • Irap, Imposta regionale sulle attività produttive (D.Lgs. 446/1997 e D.Lgs. 68/2011);
  • Addizionale regionale all'Irpef (D.Lgs. 446/1997 e D.Lgs. 68/2011);
  • Tassa automobilistica regionale (D.Lgs. 504/1992, artt. 23-27). Con riferimento a quest'ultima, si ricorda che il decreto fiscale 2019 (articolo 39 del decreto-legge n. 162 del 2019) dispone l'attribuzione dell'intero gettito della tassa automobilistica alle regioni, per gli anni dal 2023 al 2033;
  • Arisgam - Addizionale regionale all'accisa sul gas naturale (D.Lgs. 398/1990, artt. 9-16,);
  • Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (L. 549/1995, art. 3, commi 24-35);
  • Tassa regionale per il diritto allo studio universitario (L. 549/1995, art. 3, commi artt. 20-23);
  • Compartecipazione regionale all'IVA versata dai consumatori finali nel proprio territorio (D.Lgs. 56/2000 e D.Lgs. 68/2011).

 

Con riferimento alle entrate tributarie, esse sono assicurate principalmente dall'imposta regionale sulle attività produttive (Irap), dall'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e dalla cosiddetta tassa automobilistica. Gli altri tributi minori, compresa l'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale e il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, costituiscono una piccola parte dell'intero gettito tributario.

Le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte regionale sono limitate. Ciascuna regione può determinare l'aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato e – in alcuni casi – differenziare i soggetti passivi (per scaglioni di reddito per l'addizionale Irpef, per categorie economiche per l'Irap). Ogni regione, inoltre, provvede alla disciplina e alla gestione degli aspetti amministrativi, quali riscossione, rimborsi, recupero della tassa e applicazione delle sanzioni, sempre entro limiti e principi fissati dalla legge dello Stato.

 

La compartecipazione regionale al gettito dell'Iva, istituita dal decreto legislativo n. 56 del 2000 e determinata annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entra nel meccanismo di perequazione previsto dallo stesso decreto legislativo, ai fini del finanziamento del servizio sanitario nazionale. In sintesi, ciascuna regione riceve la quota di compartecipazione all'Iva a seguito delle operazioni di perequazione e, quindi, in aumento o in diminuzione rispetto al conteggio iniziale (effettuato peraltro sulla media triennale dei consumi stimati dall'Istat del rispettivo territorio). Visto che alimenta il Fondo perequativo per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la compartecipazione all'Iva non può essere considerata propriamente un'entrata tributaria, bensì un trasferimento dello Stato.

Quanto alla compartecipazione regionale all'Iva, secondo l'articolo 4 del decreto legislativo n. 68 del 2011, essa dovrebbe essere assegnata alle regioni sulla base del principio di territorialità (e non più sulla distribuzione regionale dei consumi rilevati dall'Istat) e calcolata in modo da assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni, superando quindi il meccanismo vigente di determinazione dell'aliquota a posteriori sulla base dei costi sostenuti. In questo ambito, le maggiori difficoltà sono connesse all'individuazione di un metodo appropriato per la regionalizzazione.

 

Si rammenta che specifichedisposizioni in materia di entrate tributarie delle regioni sono contenute nel disegno di legge di delega per la riforma fiscale (A.S. 2651, già approvato dalla Camera) il quale, a seguito della conclusione anticipata della legislatura, non ha concluso il suo iter. Si rinvia al tema web relativo per approfondimenti.

 

Per ulteriori approfondimenti vedi il tema.

ultimo aggiornamento: 29 settembre 2022

Il sistema delle entrate provinciali ricomprende, attualmente:

  • i tributi propri relativi al trasporto su gomma, costituiti in particolare dall'imposta provinciale di trascrizione (IPT) e dall'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile auto (Rc auto);
  • compartecipazione provinciale all'Irpef, che sostituisce i soppressi trasferimenti statali e l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, anch'essa abolita;
  • compartecipazione alla tassa automobilistica che sostituisce i trasferimenti regionali soppressi, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 68 del 2011, a partire dall'anno 2013. Al momento, tuttavia (benché il citato articolo 19 prevedesse il termine del 20 novembre 2012 per la fissazione di tale compartecipazione) la stessa non risulta ancora stabilita;
  • altri tributi propri derivati, riconosciuti alle province dalla legislazione vigente. Tra questi si ricordano:

-     il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549);

-     il tributo cosiddetto ambientale (articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504);

-     il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (articolo 1, comma 816, della legge di bilancio 2020, n. 160 del 2019, che sostituisce il canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 446 del 1997);

-     la tassa per l'ammissione ai concorsi (articolo 1 del regio decreto 21 ottobre 1923, n. 2361);

-     i diritti di segreteria, disciplinati dall'articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604.

Ѐ prevista inoltre la possibilità di istituire con decreto del Presidente della Repubblica un'imposta di scopo provinciale (articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 68 del 2011).

Si rinvia al tema sul quadro finanziario delle province per ulteriori informazioni.

ultimo aggiornamento: 27 settembre 2022

La fiscalità comunale

Il sistema delle entrate comunali ha visto nel tempo sovrapporsi numerosi interventi legislativi - a partire dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale - che, modificando ogni volta la normativa vigente nella materia, hanno concorso a determinare un assetto normativo continuamente caratterizzato da alcuni elementi di transitorietà. Elementi poi ulteriormente confermati negli anni successivi, in relazione alla complessa vicenda dell'abolizione dell'imposta municipale propria IMU  e del tributo per i servizi indivisibili Tasi sull'abitazione principale, che hanno poi portato ad una nuova articolazione della tassazione immobiliare di spettanza dei comuni.

 

Il sistema della fiscalità comunale oggi poggia sulle seguenti principali imposte:

  • l'imposta municipale propria-Imu (nella quale è confluita la Tasi);
  • la tassa sui rifiuti-Tari;
  • l'addizionale comunale all'Irpef.

 

A queste si aggiungono, oltre ai trasferimenti non fiscalizzati e alle entrate a titolo di Fondo di solidarietà comunale, le seguenti ulteriori entrate locali, vale a dire:

  • l'imposta di soggiorno (o il contributo di sbarco);
  • l'addizionale comunale sui diritti di imbarco;
  • l'imposta di scopo - Iscop;
  • il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (che ha sostituito la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche-Tosap, il canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche-Cosap, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni-IcpDpa, il canone per l'installazione di mezzi pubblicitari-Cimp e il canone di cui all'articolo 27 del codice della strada);
  • il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate.

 

In occasione della manovra 2020 (decreto fiscale 2019 e soprattutto legge di bilancio 2020) sono state modificate la disciplina di tale forma di prelievo, nonché quella di altri tributi e canoni comunali; inoltre, è stata incentivata la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento e riscossione dei tributi ed è stato riformato il sistema della riscossione delle entrate degli enti locali (si veda l'apposito tema).

 

Anzitutto la legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, commi da 738 a 783, della legge n. 160 del 2019) ha riformato l'assetto dell'imposizione reale immobiliare, unificando le due previgenti forme di prelievo (Imu e Tasi), e ha fatto confluire la normativa in un unico testo, relativo all'imposta municipale propria-Imu, recependo alcune proposte già avanzate in sede parlamentare e giunte all'esame delle competenti Commissioni permanenti. Con riferimento alla disciplina dell'imposta, l'aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, sostanzialmente la somma delle precedenti Imu e Tasi, e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Sono state introdotte modalità di pagamento telematiche. Le ragioni che hanno indotto il legislatore a realizzare la riforma si fondano sulla volontà di perseguire obiettivi quali la sistemazione organica della disciplina dei tributi locali e la semplificazione, non solo per i contribuenti, ma anche per i comuni e per tutti gli operatori del settore.

Con riferimento all'Imu, la legge di bilancio per il 2021 ha introdotto una modifica operante a regime che prevede la riduzione a metà dell'imposta dovuta sull'unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia. Per tali immobili la Tari (o l'equivalente tariffa) è applicata nella misura di due terzi (articolo 1, commi 48-49). La legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) ha poi ulteriormente abbassato al 37,5 per cento, per l'anno 2022, la predetta misura dell'IMU dovuta dai pensionati esteri sull'unica unità immobiliare posseduta in Italia.

Il decreto-legge n. 4 del 2022 ha prorogato, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati e comunque non oltre il 31 dicembre 2022, il termine per l'esenzione dall'applicazione dell'IMU nei territori dei comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012.

L'articolo 22 del decreto-legge n. 17 del 2022 ha concesso un contributo, sotto forma di credito d'imposta, alle imprese turistico ricettive, pari al 50 per cento dell'importo dell'Imposta municipale propria - IMU versato a titolo di seconda rata per l'anno 2021, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate e che i soggetti indicati abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi, nel secondo trimestre 2021, di almeno il 50 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2019; il contributo è finanziato a valere sul Fondo unico nazionale turismo di parte corrente di cui alla legge di bilancio 2022.

Per le misure adottate in seno all'emergenza economica e sanitaria, si rinvia all'apposito tema. In questa sede si ricorda inoltre che il decreto-legge semplificazioni fiscali (n. 73 del 2022) ha prorogato al 31 dicembre 2022 il termine per la dichiarazione IMU 2021 e ha semplificato le modalità di adozione del modello dichiarativo dell'imposta.

Sotto un diverso versante, si rammenta inoltre che la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 816 a 847 della legge n. 160 del 2019) ha istituito il cd. canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, che dal 2021 ha sostituito una serie di entrate locali di diversa natura, tra cui l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. Il medesimo provvedimento ha altresì disciplinato, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2021, il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate, cui provvedono i comuni e le città metropolitane che lo istituiscono con proprio regolamento. La medesima legge prevede margini di manovrabilità del canone da parte degli enti locali, attraverso l'esercizio della potestà regolamentare.

Al riguardo che i provvedimenti emergenziali adottati in occasione della pandemia da COVID-19 e i provvedimenti di ristoro hanno il temporaneo esonero, per alcuni soggetti particolarmente colpiti dalle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria, dal pagamento del predetto canone.

 

La tassa sui rifiuti (Tari) è il tributo destinato a finanziare ‒ mediante copertura integrale dei costi ‒ il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. In via transitoria, la superficie delle unità immobiliari assoggettabile alla Tari è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati. I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della Tari, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.

La Tari è stata introdotta dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, per sostituire il precedente tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (Tarsu, Tia1, Tia2). La legge di bilancio per il 2020, nel rivisitare l'imposizione immobiliare locale, ha fatto salva la Tari (con la relativa disciplina).

Per la determinazione della tariffa sono stati applicati i criteri determinati con decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 (cosiddetto metodo normalizzato) ovvero, in via transitoria, è stato consentito ai comuni di commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.

Entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione, il consiglio comunale deve approvare le tariffe in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio.

In deroga a tale principio, l'art. 3, comma 5-quinquies., del D.L. 228/2021 (come novellato dall'art. 43, comma 11, del D.L. 50/2022) prevede che, a decorrere dall'anno 2022, i comuni possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il termine del 30 aprile di ciascun anno. Nell'ipotesi in cui il termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia prorogato a una data successiva al 30 aprile dell'anno di riferimento, il termine per l'approvazione degli atti di cui al primo periodo coincide con quello per la deliberazione del bilancio di previsione. In caso di approvazione o di modifica dei provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva in data successiva all'approvazione del proprio bilancio di previsione, il comune provvede ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.

 

La legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 527, della legge n. 205 del 2017) ha affidato all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) specifiche funzioni relativamente al settore dei rifiuti, e, in particolare, riguardo al miglioramento del servizio agli utenti, a una maggiore omogeneità tra le aree del Paese, alla valutazione del rapporto costo-qualità e all'adeguamento infrastrutturale.

 

Il nuovo metodo tariffario del servizio integrato di gestione dei rifiuti è stato quindi definito con delibera del 31 ottobre 2019 n. 443/2019/R/rif, poi sostituita con la successiva delibera 363/2021/R/rif, con cui è stato approvato il metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 (MTR-2).

In merito alla TARI si segnala inoltre che sul sito della Banca d'Italia è stato pubblicato il numero 474 della serie Questioni di economia e finanza: Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)? Il lavoro analizza le caratteristiche della Tari sia in termini di efficienza che in termini di equità, avvalendosi di una simulazione sui dati dell'indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia.

 

Anche con riferimento alle entrate comunali il disegno di legge di delega per la riforma fiscale (A.S. 2651, già approvato dalla Camera e che, a seguito della conclusione anticipata della legislatura, non ha concluso il suo iter) contiene specifiche disposizioni. Si rinvia al tema web relativo per approfondimenti.

 

ultimo aggiornamento: 29 settembre 2022
 
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