Al fine di fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 sono stati realizzati diversi interventi normativi e introdotte molteplici misure a carattere straordinario in materia giuslavoristica.
Tali misure sono state finalizzate, da un lato, alla tutela della salute dei lavoratori e al contenimento dei contagi nei luoghi di lavoro, ad esempio favorendo lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile, dall'altro al sostegno del reddito, per compensare gli effetti derivanti dalla riduzione o dalla sospensione dell'attività lavorativa conseguente all'emergenza.
Tra le misure poste a tutela del reddito e dell'occupazione si segnalano la concessione di trattamenti di integrazione salariale ad hoc in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, l'introduzione del divieto temporaneo di licenziamento (prima generalizzato, poi rivolto a determinati settori produttivi), nonché la possibilità di rinnovare o prorogare i contratti a termine in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente.
Nell'ambito delle misure di sostegno al reddito previste dalla legislazione emergenziale vanno ricondotte anche diverse indennità una tantum riconosciute ad alcune tipologie di lavoratori.
Al medesimo fine di tutelare i livelli occupazionali, in conseguenza delle mutate esigenze organizzative dovute alla crisi sanitaria, è stato istituito il Fondo nuove competenze – operativo per gli anni 2020, 2021 e 2022 - destinato alla copertura degli oneri derivanti dalle intese stipulate dai contratti collettivi di lavoro di secondo livello volte alla rimodulazione dell'orario di lavoro e attraverso le quali parte dell'orario di lavoro viene finalizzato a percorsi di formazione.
Al fine di incentivare l'inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori disoccupati nella fase di ripresa delle attività dopo l'emergenza epidemiologica, sono stati previsti anche alcuni sgravi contributivi ed è stato istituito in via eccezionale e temporanea, dal 1° luglio al 31 ottobre 2021, il contratto di rioccupazione, quale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La legislazione emergenziale ha altresì introdotto taluni congedi straordinari retribuiti che si sono resi necessari al fine di conciliare la vita lavorativa dei genitori con le esigenze di cura dei figli minori conseguenti ai periodi di sospensione delle attività didattiche o di quarantena disposti a causa della situazione sanitaria.
Per ridurre il rischio di contagio nei luoghi di lavoro, durante la fase emergenziale è stato previsto l'obbligo per i datori di lavoro di rispettare protocolli specificatamente adottati e sottoscritti da Governo e parti sociali recanti misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro.
Con disposizioni di legge è stato poi previsto l'obbligo di possedere ed esibire il green pass (o il green pass rafforzato per i lavoratori con più di 50 anni) ai fini dell'accesso alla sede di lavoro.
In risposta all'emergenza epidemiologica vi è stato, come ricordato innanzi, un ampio ricorso al lavoro agile, soprattutto attraverso una semplificazione della disciplina ordinaria, che consente che tale modalità di svolgimento dell'attività lavorativa potesse realizzarsi anche in assenza degli accordi individuali. Inoltre, per tutelare i soggetti più fragili la legislazione emergenziale ha riconosciuto ai lavoratori affetti da determinate patologie o maggiormente esposti al rischio di contagio il diritto al lavoro agile, vigente sino al 31 dicembre 2022.
1. Divieto di licenziamento
Una delle principali misure dettate dalla normativa emergenziale a tutela dei lavoratori ha riguardato il divieto di procedere a licenziamenti, sia individuali (per giustificato motivo oggettivo) che collettivi, introdotto, a decorrere dal 17 marzo 2020, dapprima per la generalità dei datori di lavoro e successivamente solo per taluni settori economici e a determinate condizioni, sulla base dell'andamento dell'economia nel corso del 2021.
Inizialmente, il divieto di licenziamento è stato introdotto per tutti i datori di lavoro per un periodo di 60 giorni, successivamente elevato a cinque mesi, decorrenti dal 17 marzo 2020 (artt. 46 D.L. 18/2020 e 80 D.L. 34/2020
).
Tale divieto è stato poi prorogato più volte, da ultimo sino al 30 giugno 2021, ma solamente per i datori di lavoro che non avevano fruito integralmente dei trattamenti di integrazione salariale con causale Covid posti, sino alla medesima data, dalla normativa emergenziale, o dell'esonero contributivo riconosciuto a chi non fruiva di tali trattamenti (artt. 14 D.L. 104/2020, 12 D.L. 137/2020, 1
, co. 309-311, L. 178/2020
e 8, co. 9, D.L. 41/2021
).
Successivamente, il divieto in oggetto è stato ancorato ad un diverso parametro e ne è stata disposta l'applicazione ai datori di lavoro di determinati settori economici che decidevano di utilizzare l'integrazione salariale riconosciuta a diverso titolo dalla normativa emergenziale.
In base a tale parametro, il divieto ha operato:
- fino al 31 ottobre 2021:
- per i datori di lavoro che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 28 settimane (120 giorni per il settore agricolo) dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 8, co. 10, D.L. 41/2021
);
- per i datori di lavoro delle industrie tessili e affini che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 17 settimane dal 1° luglio 2021 al 31 ottobre 2021 (art. 50-bis, co. 4 e 5, D.L. 73/2021
);
- per i datori di lavoro che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 28 settimane (120 giorni per il settore agricolo) dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 8, co. 10, D.L. 41/2021
- fino al 31 dicembre 2021:
- per i datori di lavoro che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 13 settimane dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021 e dal 1° ottobre 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 11, co. 7, D.L. 146/2021
);
- per i datori di lavoro che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 13 settimane dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021 ((art. 40-bis, co. 2 e 3, D.L. 73/2021
);
- per i datori di lavoro delle industrie tessili e affini che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 9 settimane dal 1° ottobre 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 11, co. 7, D.L. 16/2021
);
- per i datori di lavoro che presentavano domanda di CIGO o CIGS secondo la normativa generale dal 1° luglio 2021 e che usufruivano dell'esonero dal versamento del contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021 (art. 40, co. 4 e 5, del D.L. 73/2021
);
- per i datori di lavoro con un numero di dipendenti non inferiore a mille che gestivano almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale e che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021 (art. 3, co. 2 e 3, D.L. 103/2021
);
- per i datori di lavoro che, non potendo richiedere integrazioni salariali secondo la normativa generale, avendo esaurito il periodo ordinario massimo a disposizione, fruivano di un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga alla suddetta normativa generale per un massimo di 13 settimane dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 40-bis, co. 2, D.L. 73/2021
);
- per i datori di lavoro dei settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio che avevano beneficiato dell'esonero contributivo previsto per i medesimi datori di lavoro dal D.L. 73/2021
(art. 43, co. 2, D.L. 73/2021
).
- per i datori di lavoro che fruivano delle integrazioni salariali con causale Covid per un massimo di 13 settimane dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021 e dal 1° ottobre 2021 al 31 dicembre 2021 (art. 11, co. 7, D.L. 146/2021
Il divieto di licenziamento in esame vigeva altresì nei casi di proroga della CIG di sei mesi per cessazione dell'azienda (exart. 44 del D.L. 109/2018 ), per la durata della proroga.
Le suddette preclusioni non trovavano applicazione nelle ipotesi di licenziamenti motivati:
- dal venir meno del soggetto imprenditoriale
- per la cessazione definitiva dell'attività dell'impresa;
- in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.
- nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderivano al predetto accordo, ai quali era comunque riconosciuta l'indennità di disoccupazione NASpI.
2. Proroga contratti a termine
In materia di contratti a termine, la normativa emergenziale aveva inizialmente previsto la possibilità di rinnovare o prorogare, con durata non eccedente il termine del 30 agosto 2020 i contratti a tempo determinato in essere al 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni (cd. causali) richieste dalla normativa ordinaria (art. 93 del D.L. 34/2020 ).
Successivamente, è stata eliminata la condizione in base alla quale i suddetti contratti oggetto di proroga o di rinnovo potevano essere solo quelli attivi al 23 febbraio 2020, consentendo altresì che i contratti a termine nel settore privato fossero rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, mediante un atto intervenuto entro il 31 dicembre 2021, sempre in deroga alla presenza delle specifiche causali richieste dalla normativa generale (art. 8 del D.L. 104/2020 , L. 178/2020
e art. 17 del D.L. 41/2021
).
Una disposizione speciale – in vigore dal 19 luglio 2020 al 14 ottobre 2020 - era prevista per gli apprendisti e per i titolari di contratti a termine, anche in somministrazione, a cui fosse stata sospesa l'attività lavorativa in conseguenza dell'emergenza; in tali casi il termine dei relativi contratti era prorogato in misura equivalente al periodo per i quali gli stessi erano stati sospesi (artt. 93 D.L. 34/2020 e 8 D.L. 104/2020
).
Inoltre, la legislazione emergenziale autorizzava i datori di lavoro che accedevano alle integrazioni salariali con causale Covid per periodi dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 (31 ottobre 2020 ricorrendo determinate condizioni) al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato in corso (anche a scopo di somministrazione) anche in caso di riduzione o di cessazione dell'attività, in deroga alle disposizioni ordinarie (art. 19-bisD.L. 18/2020 ).
Alcune misure sono state poi introdotte a tutela del lavoro agricolo. Per tale settore si prevedeva, infatti, la possibilità per i percettori di ammortizzatori sociali, limitatamente al periodo di sospensione a zero ore della prestazione lavorativa, di NASpI e DIS-COLL nonché di reddito di cittadinanza, di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei predetti benefici previsti e nel limite di 2.000 euro per il 2020 (art. 94 D.L. 34/2020 ).
Per quanto concerne i contratti di somministrazione, si disponeva, con efficacia fino al 31 dicembre 2021, che nel caso in cui il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore fosse a tempo indeterminato, non trovassero applicazione i limiti di durata complessiva della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore (art. 11 D.L. 146/2021 ).
3. Trattamenti di integrazione salariale
La normativa emergenziale ha introdotto disposizioni speciali - quali semplificazioni procedurali, deroghe ai limiti di durata complessiva ed esenzioni, anche parziali, dal pagamento delle addizionali contributive - per i trattamenti di integrazione salariale, ordinari e in deroga, e per l'assegno ordinario erogato dai Fondi di solidarietà (che, dal 1° gennaio 2022, ha assunto il nome di assegno di integrazione salariale, a seguito delle modifiche apportate alla disciplina ordinaria dalla legge di bilancio 2022), richiesti per sospensione o riduzione dell'attività lavorativa a seguito dell'emergenza epidemiologica.
3.1 Integrazioni salariali con causale Covid
I decreti Cura Italia (n. 18 del 2020) e Rilancio (n. 34 del 2020) hanno stabilito i seguenti limiti massimi di durata:
- 9 settimane dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 (art. 19 D.L. 18/2020
);
- 18 settimane (31 per i datori di lavoro operanti nelle cosiddette Zone rosse) dal 23 febbraio al 31 ottobre 2020 così articolate (art. 68 D.L. 34/2020
): 9 settimane più 5 dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e ulteriori 4 settimane dal 1° settembre al 31 ottobre 2020.
Ciascuno dei decreti legge intervenuti successivamente ha delineato una nuova disciplina riferibile ad ambiti temporali via via più estesi a causa del perdurare della emergenza sanitaria, prevedendo altresì una disciplina specifica qualora i suddetti ambiti temporali fossero parzialmente sovrapponibili. I trattamenti in oggetto sono dunque stati concessi:
- per un massimo di 18 settimane, dal 13 luglio al 31 dicembre 2020, divise in due segmenti di 9 settimane ciascuno. I periodi di integrazione già richiesti e autorizzati ai sensi dei precedenti D.L. nn. 18 e 34 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 concorrevano al calcolo del limite delle prime suddette 9 settimane. Il riconoscimento delle seconde 9 settimane comportava l'obbligo del versamento di un contributo di importo variabile a seconda dell'entità della diminuzione del fatturato da parte dell'impresa, escluso solo nei casi in cui tale diminuzione era pari o superiore al 20 per cento rispetto al primo semestre del 2019 e per i datori che avevano avviato l'attività successivamente al 1° gennaio 2019 (art. 1 D.L. 104/2020
);
- per un massimo di 6 settimane, fruibili dal 16 novembre 2020 al 31 gennaio 2021. I periodi di integrazione già richiesti e autorizzati ai sensi del precedente D.L. 104/2020
, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020, concorrevano al calcolo del limite delle suddette 6 settimane. Il riconoscimento delle suddette 6 settimane comportava l'obbligo del versamento di un contributo di importo variabile a seconda dell'entità della diminuzione del fatturato da parte dell'impresa, escluso solo nei casi in cui tale diminuzione era pari o superiore al 20 per cento rispetto al primo semestre del 2019, per i datori che avevano avviato l'attività successivamente al 1° gennaio 2019 o operanti nei settori oggetto delle nuove restrizioni disposte dal DPCM 24 ottobre 2020
(art. 12 D.L. 137/2020
);
- per un massimo di 12 settimane, fruibili dal 1° gennaio al 31 marzo 2021 in caso di CIGO e dal 1° gennaio al 30 giugno 2021 in caso di CIGD o di assegno ordinario. I periodi di integrazione già richiesti e autorizzati ai sensi del precedente D.L. 137/2020
, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° gennaio 2021, erano imputati, ove autorizzati, alle nuove 12 settimane, che andavano considerate al netto delle eventuali settimane di trattamenti già richieste ed autorizzate per il mese di gennaio 2021 (art. 1, co. 300, L. 178/2020
);
- per un massimo di 13 settimane dal 1° aprile al 30 giugno 2021 in caso di CIGO e per un massimo di 28 settimane dal 1° aprile al 31 dicembre 2021 in caso di CIGD o di assegno ordinario. Poiché in tal caso non si prevedeva l'imputazione alle nuove settimane dei periodi di integrazione precedentemente già richiesti e autorizzati ai sensi della legge di bilancio 2021, le suddette nuove 13 o 28 settimane si aggiungevano alle 12 previste dalla medesima legge di bilancio 2021 (art. 8, co. 1 e 2, D.L. 41/2021
). Inoltre, ai soli datori di lavoro che avevano integralmente fruito delle 28 settimane di CIGD o di assegno ordinario veniva riconosciuto un ulteriore periodo di integrazione salariale per un massimo di 13 settimane dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021 (art. 11, co. 1, D.L. 146/2021
).
Mentre quindi la concessione della CIGD e dell'assegno ordinario è stata riconosciuta sino al 31 dicembre 2021 alla generalità delle imprese, la CIGO dal 1° luglio al 31 dicembre 2021 è stata riconosciuta solo ad imprese operanti in determinati settori.
Ai datori di lavoro di imprese tessili e affini sono state infatti riconosciute 17 settimane di CIGO dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 e ulteriori 9 settimane dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021 (artt. 50-bis D.L. 73/2021 e 11, co. 2, D.L. 146/2021
).
Inoltre, le imprese con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille che gestivano almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale potevano presentare domanda di CIGO per una durata massima di ulteriori 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021 (art. 3 D.L. 103/2021 ).
3.2 Deroghe alla disciplina ordinaria dei trattamenti di integrazione salariale
Al medesimo fine di sostenere le imprese colpite dalle conseguenze negative dell'emergenza epidemiologica, sono intervenute anche alcune deroghe alla disciplina ordinaria posta dal D.Lgs. 148/2015 . In particolare:
- alle imprese industriali e artigiane che avevano subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre del 2019 era riconosciuto un massimo di 26 settimane dal 26 maggio 2021 al 31 dicembre 2021 non computate nei limiti massimi previsti dalla disciplina generale (art. 40 D.L. 73/2021
);
- fino al 31 dicembre 2021, le imprese che dal 1° luglio 2021 presentavano domanda di CIGO e CIGS secondo la normativa generale erano esonerate dal versamento del contributo addizionale generalmente previsto (art. 40, co. 3, D.L. 73/2021
). Analogo esonero era previsto per le imprese del turismo e della ristorazione nel periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022 (art. 7, co. 1, 1-bis e 2, D.L. 4/2022
);
- si riconosceva un ulteriore periodo per un massimo di 13 settimane di CIGS fino al 31 dicembre 2021 per i datori di lavoro che non potevano più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale ordinaria o straordinaria previsti dalla normativa generale per esaurimento dei limiti di durata ivi previsti (art. 40-bis D.L. 73/2021
).
4. Indennità una tantum per diverse categorie di lavoratori
Tra le misure di sostegno al reddito previste dalla legislazione emergenziale si aggiungono diverse indennità una tantum riconosciute ad alcune tipologie di lavoratori.
Erano dunque riconosciute:
- ai lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali, nonché ai lavoratori in somministrazione impiegati presso imprese utilizzatrici operanti nei medesimi settori, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020, di 1.000 per maggio 2020, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte nel 2020, un'indennità di 2.400 euro sempre per il 2020 e un'ulteriore indennità di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda della data in cui tali lavoratori avevano cessato involontariamente il rapporto di lavoro;
- ai lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, di1.000 euro erogata tre volte nel 2020, di 2.400 euro sempre per il 2020 e di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda della data in cui tali lavoratori avevano cessato involontariamente il rapporto di lavoro;
- ai lavoratori dipendenti a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte nel 2020, un'indennità di 2.400 euro sempre nel 2020 e un'ulteriore indennità di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda della data in cui tali lavoratori avevano cessato involontariamente il rapporto di lavoro;
- agli operai agricoli a tempo determinato, un'indennità di 600 euro per il mese di marzo 2020, di 500 euro per aprile 2020 e un'indennità di 800 euro;
- ai lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte nel 2020, un'indennità di 2.400 euro sempre per il 2020 e un'ulteriore indennità di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda dell'intervallo temporale in cui tali lavoratori avevano versato i contributi giornalieri richiesti (pari a 7 nel 2019);
- ai lavoratori intermittenti un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte nel 2020, un'indennità di 2.400 euro sempre per il 2020 e un'ulteriore indennità di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda dell'intervallo temporale in cui tali lavoratori avevano svolto l'attività lavorativa;
- agli incaricati alle vendite a domicilio un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte nel 2020, un'indennità di 2.400 euro sempre per il 2020 e un'ulteriore indennità di 1.600 euro per il 2021. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda della data di iscrizione alla Gestione separata;
- ai lavoratori domestici che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali, 500 euro per ciascuno dei mesi di aprile e maggio 2020 (art. 85 del D.L. 34/2020
);
- ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla Gestione separata, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 e di 1.000 euro per maggio 2020 (artt. 27 D.L. 18/2020
e 84, co. 1 e 3, D.L. 34/2020
);
- ai titolari di rapporti di collaborazione presso CONI, CIP, federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal CIP, società e associazioni sportive dilettantistiche, un'indennità erogata dalla società Sport e salute S.p.A. pari a 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020, 800 euro per ciascuno dei mesi di novembre e dicembre 2020 e due ulteriori indennità di importo variabile, rispettivamente, da 1.200 a 3.600 euro e da 800 a 2.400 euro per il 2020 (a seconda dei compensi percepiti nel 2019);
- ai lavoratori frontalieri residenti in Italia, a determinate condizioni e nel limite di spesa autorizzato di 6 milioni di euro per il 2021;
- ai lavoratori marittimi che avevano cessato involontariamente il contratto di arruolamento o altro rapporto di lavoro dipendente nel periodo tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di giugno e luglio 2020;
- ai lavoratori portuali in esubero delle imprese operanti in specifici porti che avevano avuto sensibili riduzioni di traffico e passeggeri, l'indennità per le giornate di mancato avviamento al lavoro;
- ai lavoratori in somministrazione del comparto sanità in forza al 1° maggio 2021, un'indennità di 791,76 euro;
- fino al 31 dicembre 2020, un'indennità pari al trattamento di mobilità in deroga ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della regione Sicilia che avevano cessato di percepire l'indennità NASpl;
- fino al 31 dicembre 2021, un'indennità pari al trattamento dell'ultima mobilità ordinaria percepita in favore dei lavoratori della Campania che avevano cessato la mobilità ordinaria dal 1º gennaio 2015 al 31 dicembre 2016.
Diverse indennità una tantum sono state previste in favore dei lavoratori autonomi, anche attraverso l'istituzione di un apposito Fondo, denominato Fondo di ultima istanza, le cui risorse sono state in parte utilizzate per il riconoscimento di un'indennità inizialmente in favore dei soli lavoratori autonomi iscritti alle Casse professionali, successivamente anche a beneficio di altre categorie di lavoratori. In particolare, è stata riconosciuta:
- ai lavoratori autonomi, privi di partita IVA e iscritti alla Gestione separata, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, un'indennità di 1.000 euro erogata tre volte, un'indennità di 2.400 euro e un'ulteriore indennità di 1.600 euro. Tali indennità potevano essere corrisposte tutte o solo alcune, a seconda della data in cui tali lavoratori risultavano iscritti alla Gestione separata
- ai liberi professionisti titolari di partita IVA iscritti alla Gestione separata INPS, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 e di 1.000 euro per il mese di maggio 2020 (artt. 27 D.L. 18/2020
e 84, co. 1 e 2, D.L. 34/2020
);
- ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 (artt. 28 del D.L. 18/2020
e 84, co. 4, del D.L. 34/2020
);
- ai professionisti iscritti a enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, un'indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 e di 1.000 euro per il mese di maggio 2020 (DM 28 marzo 2020, DM 29 maggio 2020 e art. 13 del D.L. 104/2020
);
- ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, un'indennità di 950 euro per ciascuno dei mesi di maggio 2020 e maggio 2021.
Si ricorda che la legislazione emergenziale ha altresì previsto l'erogazione:
- di una indennità aggiuntiva pari a 500 euro, per un massimo di tre mesi, in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e dei lavoratori autonomi o professionisti operanti, domiciliati o residenti nei comuni delle cd. zone rosse al 23 febbraio 2020;
- di un bonus di 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 e di 1.000 euro per il mese di maggio 2020 in favore dei professionisti iscritti alle casse professionali.
5. Sgravi contributivi
Al medesimo fine di tutelare i livelli occupazionali e di sostenere le imprese, la legislazione emergenziale ha introdotto anche alcuni sgravi contributivi. In particolare si prevedeva:
- in favore dei datori di lavoro privati, esclusi quelli agricoli, un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti, pari al doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei mesi di maggio e giugno 2020 per un periodo massimo:
- di 4 mesi, fino al 31 dicembre 2020, a condizione che i medesimi datori non avessero richiesto interventi di integrazione salariale tra il 13 luglio 2020 ed il 31 dicembre 2020 (art. 3 D.L. 104/2020
);
- di 4 settimane, fino al 31 gennaio 2021, a condizione che i medesimi datori non avessero richiesto interventi di integrazione salariale tra il 16 novembre 2020 ed il 31 gennaio 2021 (art. 12 D.L. 137/2020
);
- di 8 settimane, fino al 31 marzo 2021, a condizione che i medesimi datori non avessero richiesto interventi di integrazione salariale tra il 1° gennaio 2021 ed il 31 marzo 2021 (30 giugno 2021 in caso di CIG in deroga) (art. 1, co. 306, L. 178/2020
).
- di 4 mesi, fino al 31 dicembre 2020, a condizione che i medesimi datori non avessero richiesto interventi di integrazione salariale tra il 13 luglio 2020 ed il 31 dicembre 2020 (art. 3 D.L. 104/2020
- in favore dei datori di lavoro dei settori del turismo e dello spettacolo, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti, pari al doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021, fruibile fino al 31 dicembre 2021 (art. 43 D.L. 73/2021
);
- un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti, per un periodo massimo di sei mesi (tre mesi nel settore del turismo) e nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, in favore dei datori di lavoro privati (esclusi quelli agricoli) che assumevano lavoratori a tempo indeterminato tra il 15 agosto ed il 31 dicembre 2020 (e anche tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021 nel settore del turismo) (artt. 6 e 7 D.L. 104/2020
);
- l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti, per un periodo massimo di sei mesi e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua, in favore dei datori di lavoro privati che assumevano lavoratori con il contratto di rioccupazione (art. 41 D.L. 73/2021
);
- per il settore delle imprese agricole ed affini:
- un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2020 per i datori di lavoro del settore agricolo ed affini (art. 222, co. 2, D.L. 34/2020
);
- l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per la quota a carico dei datori di lavoro per la mensilità relativa ai mesi di novembre e dicembre 2020 e gennaio e febbraio 2021 (artt. 16 e 16-bisD.L. 137/2020, 19
D.L. 41/2021
e 70 D.L. 73/2021
);
- un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2020 per i datori di lavoro del settore agricolo ed affini (art. 222, co. 2, D.L. 34/2020
- l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione pari ad 2,5 miliardi di euro per il 2021, per il riconoscimento di un esonero parziale, nel limite massimo individuale di 3.000 euro su base annua, dai contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali INPS e alle casse privatizzate (articolo 1, comma 20, L. 178/2020
);
- un esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti in favore dei datori di lavoro privati operanti nel settore delle agenzie di viaggio e dei tour operator. L'esonero è riconosciuto fino a un massimo di cinque mesi, anche non continuativi, relativi al periodo di competenza aprile-agosto 2022, ed è fruibile entro il 31 dicembre 2022 (art. 4 D.L. 4/2022
).
1. Contratto di rioccupazione
Al fine di incentivare l'inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori disoccupati nella fase di ripresa delle attività, dopo l'emergenza epidemiologica, il decreto Sostegni-bis (art. 41 del D.L. 73/2021) ha istituito in via eccezionale e temporanea, dal 1° luglio al 31 ottobre 2021, il contratto di rioccupazione, quale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Condizione per l'assunzione era la definizione di un progetto individuale di inserimento, della durata di 6 mesi, avente quale finalità l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo, durante i quali trovavano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo. Vista tale ultima previsione, il recesso datoriale dal rapporto prima del tempo comportava la possibile reintegra del lavoratore o la corresponsione di una indennità risarcitoria.
Per la durata del progetto, al datore di lavoro era riconosciuto l'esonero totale dalla contribuzione previdenziale a suo carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all' Inail, per un importo massimo di 6.000 euro su base annua.
2. Fondo nuove competenze
In conseguenza delle mutate esigenze organizzative dovute all'impatto che la crisi sanitaria ha avuto sul tessuto produttivo, la legislazione emergenziale ha istituito il Fondo nuove competenze – operativo per gli anni 2020, 2021 e 2022 - destinato alla copertura degli oneri derivanti dalle intese stipulate dai contratti collettivi di lavoro di secondo livello volte alla rimodulazione dell'orario di lavoro e attraverso le quali parte dell'orario di lavoro viene finalizzato a percorsi di formazione.
Per l'accesso a tale Fondo, l'ANPAL ha pubblicato un avviso il 4 novembre 2020 con cui si stabiliva, tra l'altro, che le domande dovessero essere presentate entro il 30 giugno 2021. Dopo l'incremento di 100 milioni del suddetto Fondo (art. 10-bis del D.L. 152/2021), l'ANPAL ha riaperto l'istruttoria e la valutazione di tutte le istanze di accesso al Fondo presentate nei termini, ossia entro il 30 giugno 2021.
1. Lavoro agile
Per ridurre il rischio di contagio nei luoghi di lavoro, durante la fase emergenziale vi è stato un ampio ricorso al lavoro agile, soprattutto attraverso una semplificazione della disciplina ordinaria, consentendo che tale modalità di svolgimento dell'attività lavorativa potesse realizzarsi anche in assenza degli accordi individuali.
Il ricorso al lavoro agile in forma semplificata è stato introdotto in via transitoria già con il D.L. 6/2020 e con il DPCM dell'8 marzo 2020
ed è stato confermato con provvedimenti successivi sia per i datori di lavoro pubblici che privati.
Per quanto riguarda il settore pubblico, inizialmente la presenza sul posto di lavoro è stata limitata esclusivamente alle attività indifferibili e non altrimenti erogabili. Successivamente, a decorrere dal 15 ottobre 2021, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche è tornata ad essere quella svolta in presenza, sempre nel rispetto delle misure sanitarie di contenimento del rischio di contagio. A tal fine le modalità per il rientro al lavoro dei dipendenti pubblici sono state disciplinate da apposito decreto ministeriale , in attuazione del quale sono state adottate le relative linee guida
che recano le modalità di svolgimento del lavoro agile nel settore pubblico nelle more della regolamentazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2019-21 che disciplineranno a regime l'istituto per gli aspetti non riservati alla fonte unilaterale e che prevedono comunque la stipula di un accordo individuale.
Nel settore privato, la possibilità di ricorrere al lavoro agile in forma semplificata, ossia a prescindere dagli accordi individuali, è attualmente concessa sino al 31 dicembre 2022 (art. 90, co. 4, D.L. 34/2020 ).
Sul tema, si segnala che il 7 dicembre 2021 è stato raggiunto un accordo con le Parti sociali per il primo "Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile " nel settore privato. In attuazione di quanto previsto dall'art. 14 del suddetto Protocollo, con il Decreto Ministeriale numero 57 è stato istituito presso il Ministero del lavoro l'Osservatorio nazionale bilaterale in materia di lavoro agile.
1.1 Diritto al lavoro agile
La legislazione emergenziale ha anche stabilito il diritto al lavoro agile in favore di determinate categorie di soggetti. In particolare:
- fino al 31 dicembre 2022 in favore dei lavoratori pubblici e privati maggiormente esposti a rischio di contagio (art. 90, co. 1, D.L. 34/2020
), dei genitori lavoratori dipendenti privati con almeno un figlio minore di anni 14 (art. 90, co. 1, D.L. 34/2020
) e dei lavoratori pubblici e privati cosiddetti fragili, ossia con riconoscimento di disabilità grave ai sensi della L. 104/1992
e in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da determinate condizioni (art. 26, co. 2-bis, D.L. 18/2020
). Con riferimento a tale ultimo aspetto, è stato adottato il decreto interministeriale 4 febbraio 2022
che ha individuato le patologie croniche con scarso compenso e con particolare connotazione di gravità in presenza delle quali ricorre la condizione di fragilità (art. 17, co. 2, D.L. 221/2021
);
- fino al 30 giugno 2022 in favore dei genitori lavoratori dipendenti privati con almeno un figlio con disabilità grave o con figli con bisogni educativi speciali (BES) (art. 5-terD.L. 1/2022
);
- fino al 30 giugno 2021, in favore dei lavoratori, pubblici o privati, genitori di figli minori di 16 anni (senza limite di età in presenza di figlio con disabilità), per il periodo di sospensione dell'attività didattica in presenza, dell'infezione da Covid-19 o della quarantena (art. 2 D.L. 30/2021
);
- fino al 31 dicembre 2020 in favore dei lavoratori dipendenti disabili o immunodepressi o che avessero nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità o immunodepressa (art. 39 D.L. 18/2020
);
- in favore del personale docente e ATA assunto a tempo determinato nell'anno scolastico 2020/2021, in caso di sospensione delle attività didattiche (art. 32 D.L. 104/2020
).
2. Congedi retribuiti
La legislazione emergenziale ha altresì introdotto talune misure straordinarie che si sono rese necessarie al fine di conciliare la vita lavorativa dei genitori con le esigenze di cura dei figli minori conseguenti ai periodi di sospensione delle attività didattiche o di quarantena disposti a causa della situazione sanitaria.
In particolare, è stato riconosciuto:
- dal 5 marzo al 31 agosto 2020:
- un congedo straordinario e indennizzato, di 30 giorni, in favore dei dipendenti pubblici e privati genitori di figli fino a 12 anni (o di età superiore se con disabilità grave);
- il diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione delle attività didattiche, senza indennità, in favore dei lavoratori dipendenti privati in presenza di figli minori di 16 anni;
- dal 9 settembre al 31 dicembre 2020 e dal 13 marzo al 30 giugno 2021, il diritto al lavoro agile o, in alternativa, ad un congedo straordinario retribuito, in favore dei lavoratori dipendenti ed autonomi genitori di figli minori, rispettivamente, di 16 e 14 anni (o a prescindere dall'età del figlio se con disabilità grave), per il periodo di sospensione dell'attività didattica, di durata dell'infezione da Covid o della quarantena del figlio minore, rispettivamente, di 16 o di 14 anni. In caso di fruizione per figli di età compresa tra 14 e 16 anni il congedo non era retribuito;
- dal 22 ottobre 2021 al 31 marzo 2022, il diritto alla fruizione del predetto congedo straordinario.
In linea generale, fino al 30 giugno 2021 in alternativa alle predette misure si poteva usufruire di un voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting per i figli conviventi minori di anni 14, o con disabilità grave a prescindere dall'età, che erano in una delle suddette condizioni.
3. Obbligo di green pass
Per limitare i contagi sui luoghi di lavoro, ai fini dell'accesso ai suddetti luoghi la legislazione emergenziale ha introdotto l'obbligo, per tutti coloro che svolgevano la propria attività lavorativa nel settore privato e in quello pubblico, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 generata da vaccinazione, guarigione o tampone (cosiddetto Green pass base). Tale obbligo è stato in vigore dal 15 ottobre 2021 al 30 aprile 2022.
Per i lavoratori pubblici e privati con almeno 50 anni invece, dal 15 febbraio al 24 marzo 2022, era richiesto il possesso del cosiddetto Green pass rafforzato, ossia generato solo da vaccinazione o guarigione.
Successivamente, fermo restando l'obbligo vaccinale introdotto per gli stessi fino al 15 giugno 2022, per l'accesso ai luoghi di lavoro dei lavoratori ultracinquantenni è stato ritenuto sufficiente il possesso del green pass base, con l'obbligo di possederlo ed esibirlo su richiesta fino alla medesima data del 30 aprile 2022 posta per la generalità dei lavoratori.
4. Attivazione di punti straordinari di vaccinazione nei luoghi di lavoro
Al fine di incentivare la campagna vaccinale, il 6 aprile 2021 è stato sottoscritto il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all'attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro, che stabiliva le linee guida ed i requisiti minimi per effettuare la vaccinazione in azienda.
5. Adempimenti del datore di lavoro
Al medesimo fine di contenere la diffusione del Covid 19 nei luoghi di lavoro la legislazione emergenziale ha predisposto una serie di adempimenti a carico del datore di lavoro.
5.1 Responsabilità datoriale e protocolli di settore
In ottemperanza all'obbligo secondo cui l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e morale dei lavoratori (ex art. 2087 c.c. ), per ostacolare il contagio il datore di lavoro era tenuto all'applicazione delle prescrizioni contenute nel Protocollo
condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali e aggiornato il 6 aprile 2021.
5.2 Sorveglianza sanitaria
Altro obbligo posto in capo al datore di lavoro pubblico e privato era quello di assicurare, fino al 31 luglio 2022, la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio.
6. Uso delle mascherine nei luoghi di lavoro successivo al termine dello stato di emergenza
Per quanto riguarda l'uso delle mascherine nei luoghi di lavoro pubblici successivo al termine dello stato di emergenza, il Ministro per la Pubblica amministrazione ha emanato la circolare n. 1/2022 che contiene indicazioni di carattere generale per una corretta e omogenea applicazione dell'ordinanza
del Ministro della Salute nei luoghi di lavoro pubblici.
Per quanto riguarda l'uso delle mascherine nei luoghi di lavoro privati, si ricorda che il Protocollo sulle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19, sottoscritto da Governo e parti sociali il 30 giugno 2022, che aggiorna i precedenti, dispone che il datore di lavoro assicura la disponibilità di FFP2 al fine di consentirne a tutti i lavoratori l'utilizzo. Inoltre, il datore di lavoro, su specifica indicazione del medico competente o del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, sulla base delle specifiche mansioni e dei contesti lavorativi, individua particolari gruppi di lavoratori ai quali fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (FFP2), che dovranno essere indossati, avendo particolare attenzione ai soggetti fragili.
Fino al permanere dello stato di emergenza era prevista una disciplina transitoria per lo svolgimento dei concorsi pubblici banditi nel corso della fase emergenziale.
Nel caso di procedure concorsuali i cui bandi erano stati pubblicati al 1° aprile 2021 e nel caso non fosse stata svolta alcuna attività, le suddette pubbliche amministrazioni:
- prevedevano l'utilizzo dei predetti strumenti informatici e digitali, nel limite delle pertinenti risorse disponibili a legislazione vigente;
- potevano prevedere:
- l'utilizzo di sedi decentrate;
- la fase di valutazione dei titoli - dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti nelle medesime forme di pubblicità adottate per il bando e riaprendo i termini di partecipazione - in deroga alla disciplina a regime, che prevede l'obbligatorietà di tale fase di valutazione;
- limitatamente alle procedure relative al reclutamento di personale non dirigenziale, l'espletamento di una sola prova scritta e di una eventuale prova orale, in deroga alla disciplina a regime, che prevede l'obbligatorietà della prova orale.
Nel caso di procedure concorsuali i cui bandi erano stati pubblicati successivamente al 1° aprile 2021 e fino al permanere dello stato di emergenza, le pubbliche amministrazioni richiamate potevano prevedere l'espletamento di una sola prova scritta e di una eventuale prova orale, in deroga a quanto previsto dalla suddetta disciplina generale, ferma restando l'obbligatorietà delle altre modalità previste a regime, ossia l'utilizzo di strumenti informatici e digitali e lo svolgimento di una fase di valutazione.
Il Consiglio UE, in data 19 maggio 2020, ha adottato il Regolamento per l'istituzione, a seguito della pandemia da Covid-19, di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza (SURE - Support to mitigate unemployment risks in emergency).
In particolare, il suddetto strumento è diretto a consentire all'Unione di concedere assistenza finanziaria per un importo fino a 100 miliardi di euro in forma di prestiti dell'Unione agli Stati membri colpiti.
La passività potenziale derivante da tali prestiti dell'Unione sarà resa compatibile con i vincoli di bilancio dell'UE mediante garanzie degli Stati membri al bilancio dell'Unione, pari al 25% dei prestiti concessi, prestata da ogni Stato membro in linea con la propria quota sul totale del reddito nazionale lordo dell'Unione. Lo strumento SURE garantirà un'assistenza finanziaria aggiuntiva, integrando così le misure nazionali e le sovvenzioni normalmente erogate per tali scopi nel quadro del Fondo sociale europeo.
Attraverso tale strumento si consente quindi di:
- aumentare il volume dei prestiti che possono essere concessi tramite lo strumento SURE agli Stati membri che chiedono assistenza finanziaria nel quadro di detto strumento;
- garantire che le passività potenziali per l'Unione derivanti dallo strumento siano compatibili con i vincoli di bilancio dell'Unione stessa.
Sinora, l'Italia ha ricevuto complessivi 27,44 miliardi di euro (10 miliardi il 27 ottobre 2020, 6,50 miliardi il 17 novembre 2020, 4,45 miliardi il 2 febbraio 2021, 3,87 miliardi il 16 marzo 2021, 1,87 miliardi il 30 marzo 2021 e 751 milioni il 25 maggio 2021)