tema 17 novembre 2022
Studi - Giustizia
L'accesso ai benefici penitenziari per i condannati per reati "ostativi"

Il tema dell'accesso ai benefici benitenziari e alla liberazione condizionale da parte di soggetti non collaboranti, condannati per reati c.d ostativi, è oggetto del decreto legge n. 162 del 2022 che individua le condizioni per tale accesso, delineando un peculiare regime probatorio e introducendo una nuova disciplina procedimentale per la concessione degli stessi. La disciplina dell'ordinamento penitenziario sulla quale incide il decreto è stata oggetto di un intervento da parte della Corte costituzionale che ha indirizzato al legislatore un monito a provvedere. 

Il decreto legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 2022.

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Il decreto legge n. 162 del 2022 (articoli da 1 a 3), pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 31 ottobre 2022,  interviene sul tema dell'accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e ritenuti tali da precludere l'accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (c.d. reati ostativi, di cui all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, legge sull'ordinamento penitenziario). In particolare il provvedimento:

  •  estende il regime differenziato per l'accesso ai benefici anche ai reati non ostativi, ma che siano caratterizzati da nesso teleologico con tali reati;
  • individua le condizioni per l'accesso ai benefici penitenziari delineando un peculiare regime probatorio e  introducendo una nuova disciplina procedimentale per la concessione degli stessi;
  • sposta i dal magistrato di sorveglianza al tribunale di sorveglianza, organo collegiale, la competenza ad autorizzare il lavoro all'esterno e i permessi premio quando si tratti di detenuti condannati per specifici gravi reati.
  • interviene sulla disciplina in materia di liberazione condizionale (comma 2 dell'articolo 2 del D.L. n. 152 del 1991) con riguardo alle condizioni di accesso all'istituto da parte dei condannati all'ergastolo per i c.d. reati ostativi, non collaboranti, di cui al comma 1 dell'articolo 4-bis OP, apportando diverse modifiche altresì alla disciplina dell'effetto estintivo della liberazione condizionale e delle prescrizioni di libertà vigilata con riguardo ai medesimi soggetti
  •  delinea una specifica disciplina transitoria da applicare ai detenuti e internati per fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della riforma.

La scelta dell'intervento con lo strumento del decreto legge è stato motivato dal Governo con la pendenza di un giudizio di costituzionalità in materia.

Il decreto legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 2022.

ultimo aggiornamento: 17 novembre 2022

Il tema è stato oggetto di intervento da parte della Corte costituzionale che ha indirizzato al legislatore un monito a provvedere ed è stato affrontato, nella XVIII legislatura, dalla Camera con l'approvazione di una proposta di legge che non ha concluso però l'iter parlamentare (A.S. 2574).

Con l'ordinanza n. 97 del 2021, infatti, la Corte costituzionale ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo per un reato ostativo, per accedere alla liberazione condizionale, demandando però al legislatore il compito di operare scelte di politica criminale tali da contemperare le esigenze di prevenzione generale e sicurezza collettiva con il rispetto del principio di rieducazione della pena affermato dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione. La Corte ha conseguentemente rinviato al 10 maggio 2022 la nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, contestualmente indirizzando al legislatore un monito a provvedere. Nell'udienza del 10 maggio la Corte ha deciso di rinviare ulteriormente la trattazione della questione di legittimità costituzionale all'udienza pubblica dell'8 novembre 2022, affermando che «Permangono inalterate le ragioni che hanno indotto questa Corte a sollecitare l'intervento del legislatore, al quale compete, in prima battuta, una complessiva e ponderata disciplina della materia, alla luce dei rilievi svolti nell'ordinanza n. 97 del 2021 [...] Proprio in considerazione dello stato di avanzamento dell'iter di formazione della legge appare necessario un ulteriore rinvio dell'udienza, per consentire al Parlamento di completare i propri lavori» (cfr. Comunicato stampa della Corte costituzionale).

L'8 novembre 2022, la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato, in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. In attesa del deposito dell'ordinanza, l'Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162. Secondo quanto si legge nel Comunicato "Le nuove disposizioni, infatti, incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all'ergastolo) per reati cosiddetti "ostativi", che non hanno collaborato con la giustizia. Costoro sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo. Gli atti vengono dunque restituiti alla Cassazione, cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza".

 

ultimo aggiornamento: 17 novembre 2022

Nelle più recenti pronunce, la Corte costituzionale, nel ribadire il contrasto con il principio di uguaglianza delle presunzioni legislative assolute, laddove esse siano arbitrarie e irrazionali e non rispondenti ai dati di esperienza generalizzati riassunti nelle formula «id plerumque accidit» (sentenza n. 57 del 2013), ha conseguentemente affermato la necessità di attribuire al giudice il potere di valutare gli elementi del caso concreto per potere compiere una prognosi ragionevole circa l'idoneità di un determinato beneficio penitenziario a far proseguire il detenuto nel suo percorso di reinserimento (sentenze n. 466 del 1999, 355 del 2006 e 189 del 2010).

In particolare, nella sentenza n. 149 del 2018, la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 58-quater O.P. che prevedeva che i condannati all'ergastolo per il delitto di sequestro di persona che abbiano cagionato la morte del sequestrato non possono essere ammessi ad alcun beneficio se non abbiano effettivamente scontato almeno ventisei anni di pena. In tale sentenza la Corte ha ritenuto contrarie ai principi costituzionali di proporzionalità e individualizzazione della pena quelle previsioni che, in ragione della particolare gravità di alcuni reati, con automatismo assoluto, impediscono alla magistratura di sorveglianza di procedere a qualsiasi valutazione dei risultati ottenuti nel corso del suo percorso intra-muros dal detenuto rispetto ai quali non sussistono gli indizi di perdurante pericolosità sociale, privilegiando l'aspetto retributivo o di prevenzione generale della pena a detrimento della sua finalità di risocializzazione.

Con particolare riguardo all'articolo 4-bis, comma 1, dell'O.P. e alla preclusione assoluta di accesso al permesso premio (non degli altri benefici penitenziari indicati dalla stessa norma) da parte dei condannati – a pena perpetua oppure a pena temporanea – per i reati cosiddetti ostativi, con la sentenza n. 253 del 2019 la Corte ha sottolineato come la presunzione dell'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata (e della mancata rescissione dei collegamenti stessi), così come prevista dall'art. 4-bis, non possa essere superata se non dalla collaborazione stessa ed è proprio questo carattere assoluto a risultare in contrasto con gli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. 

Nell' ordinanza n. 97 del 2021 la Corte ha affrontato la questione del c.d. ergastolo ostativo, ossia della preclusione all'accesso al beneficio della liberazione condizionale per il condannato all'ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non collabori utilmente con la giustizia.

La Corte era chiamata a giudicare della legittimità della disciplina contenuta negli artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter dell'ordinamento penitenziario, nonché dell'art. 2 del D.L. n. 152 del 1991, per effetto del quale il regime restrittivo per l'accesso ai benefici penitenziari si estende anche alla liberazione condizionale. La Corte ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione stessa «l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo, per accedere alla liberazione condizionale», in contrasto con la funzione rieducativa della pena, ai sensi dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Allo stesso tempo la Corte ha posto l'accento sul carattere "apicale" della normativa sottoposta al suo giudizio nel quadro del contrasto alle organizzazioni criminali. L'equilibrio complessivo di tale normativa, secondo la Corte, verrebbe messo a rischio da un intervento meramente demolitorio, con grave pregiudizio per le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva a fronte del «pervasivo e radicato fenomeno della criminalità mafiosa». Si tratta di scelte di politica criminale che appartengono, ad avviso della Corte, alla discrezionalità legislativa, in quanto destinate a fronteggiare la perdurante presunzione di pericolosità ma non costituzionalmente vincolate nei contenuti, e che eccedono perciò i poteri della Corte stessa. Nel ribadire che l'intervento di modifica di questi aspetti deve essere, in prima battuta, oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa, la Corte ha concluso che «esigenze di collaborazione istituzionale» impongono di disporre il rinvio del giudizio e di fissare una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando così al Parlamento «un congruo tempo per affrontare la materia».

Con l'ordinanza n. 122 del 2022, la Corte costituzionale ha rinviato ulteriormente all'udienza pubblica dell'8 novembre 2022 la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, co. 1, 58-ter, ord. penit. e dell'art. 2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

La Corte ribadisce che, sul punto, permangono inalterate le ragioni che l'avevano indotta a sollecitare l'intervento del legislatore, al quale compete una complessiva, ponderata e coordinata disciplina della materia.  Nella seduta dell'8 novembre la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato, in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. In attesa del deposito dell'ordinanza, l'Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 .

ultimo aggiornamento: 17 novembre 2022