Nell'ambito dell'Osservatorio di Politica Internazionale è stato pubblicato Approfondimento n. 198 "Aggiornamento sulle sfide climatiche a seguito della COP27" a cura del Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI).
Abstract
A novembre del 2022, a distanza di un anno dalla COP 26 di Glasgow che aveva lasciato molte più ombre e dossier aperti che luci e risposte all'altezza delle aspettative, si è svolta la 27a sessione della Conferenza delle Parti (COP 27) sotto la presidenza dell'Egitto, a Sharm el-Sheikh.
Il quadro geopolitico internazionale, deteriorato a seguito dell'invasione militare russa in Ucraina, ha reso ancora più difficile il campo dei negoziati, già ereditati in una situazione di impasse su diversi dossier. Anzitutto, l'obiettivo di mantenere l'incremento previsto del riscaldamento globale sotto 1,5 gradi era rimasto a un livello vago di auspicio non vincolante e, soprattutto, tutti i Paesi non si erano impegnati a definire ulteriori tagli nei propri piani nazionali volontari per contribuire a rispettare l'ambito traguardo. Inoltre, l'obiettivo di 100 miliardi di dollari aggiuntivi all'anno a sostegno delle azioni di adattamento e mitigazione per la transizione energetica nei Paesi in via di sviluppo vulnerabili, promessi nel 2009 a Copenaghen, non era stato raggiunto, soprattutto sul fronte delle risorse finanziarie per le misure di adattamento che non superano i 20 miliardi annui. Neppure sul fronte della decarbonizzazione si era raggiunto l'accordo – che prima della COP 26 del 2021 sembrava possibile - sull'eliminazione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili; le conseguenze della guerra in Ucraina hanno favorito posizioni molto più prudenti e meno ambiziose su questo fronte in particolare. Un altro importante obiettivo mancato, in questo caso per il veto di molti Paesi occidentali, nonostante fosse da molto tempo richiesto dai Paesi poveri più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, era l'istituzione di un fondo per fornire finanziamenti ai Paesi che attualmente sono colpiti, in termini di perdite e danni subiti, dai disastri climatici. Inoltre, molti degli strumenti e meccanismi promessi e lanciati mancavano di impegni finanziari vincolanti in grado di attuare concretamente le iniziative.
Ebbene, la COP 27 ha generato non meno malcontenti delle precedenti, soprattutto tra i Paesi in via di sviluppo, le Organizzazioni della società civile e i movimenti giovanili per la giustizia climatica in Occidente.
Solo due sono i significativi risultati che sono stati raggiunti con gli accordi siglati a conclusione della COP 27, che ha richiesto quasi due giorni extra di lavoro per siglare lo Sharm el-Sheikh Implementation Plan: (i) è stato istituito il fondo per le perdite e i danni richiesto dai Paesi vulnerabili, ma non si è andati più in là di ciò, evitando di entrare nel merito del suo funzionamento, delle regole, dei finanziamenti e dei tempi di attuazione; (ii) è stato riaffermato l'impegno generico a limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius entro il 2030. Ci sono stati, inoltre, dei passi avanti su alcuni specifici meccanismi e iniziative, ma il bilancio non può che essere negativo e preoccupante rispetto all'urgenza delle sfide e alla necessità di strategie più coraggiose e tempestive.
La presente nota illustra gli specifici risultati della COP 27, fornendo aggiornamenti rispetto alla situazione ereditata all'indomani della COP 26 di Glasgow di un anno prima e offrendo alcuni elementi di riflessione sulla situazione molto difficile dell'agenda e, più in generale, della governance globale sui cambiamenti climatici.
A fronte di risultati ancora poco soddisfacenti, gli obiettivi più ambiziosi per una reale trasformazione appaiono ancora lontani dall'orizzonte degli impegni che le Parti intendono adottare nel breve periodo; per questo motivo la situazione è considerata da gran parte degli scienziati ancora emergenziale. In un contesto dominato dalla polarizzazione geopolitica acuita alla guerra in Ucraina e da una tensione crescente tra Stati Uniti e Cina, la strada per il cambiamento appare, purtroppo, ancora lunga e i negoziati sui tanti dossier aperti sono rimandati alla COP 28 di Dubai, alla fine del 2023, senza che ci siano al momento segnali incoraggianti per il superamento dell'impasse.