Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, stato pibblicato il Focus n. 1, Mediterraneo allargato, cura dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), gennaio 2023
EXECUTIVE SUMMARY
I riverberi della guerra in Ucraina continuano a influenzare fortemente le dinamiche politiche ed economiche del Mediterraneo allargato e dell'Africa sub-sahariana. La maggior parte dei paesi della regione mediterranea mantiene tuttora una postura neutrale nei confronti del conflitto e della spaccatura che essa ha creato tra Mosca e i paesi occidentali. Ciò ha permesso ad alcuni attori dell'area, specialmente la Turchia ma anche l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, di ritagliarsi un ruolo di mediatore in un contesto internazionale sempre più polarizzato. L'unico paese apertamente schierato al fianco del Cremlino è l'Iran. Nel contesto globale di questa cesura, anche nella regione del Sahel si assiste a una parziale ridefinizione degli allineamenti internazionali.
A eccezione dei paesi mediorientali esportatori di idrocarburi, la regione del Mediterraneo allargato sta ora attraversando una difficile congiuntura economica, caratterizzata in molti contesti da alti tassi di inflazione e un peggioramento complessivo del quadro macroeconomico. Particolarmente evidente in questo senso è il caso dell'Egitto, che negli ultimi mesi ha conosciuto una significativa svalutazione della lira e una riduzione delle riserve di valuta estera, oltre a un'inflazione in rapida crescita. L'aumento dei prezzi dell'energia e dei beni alimentari sta avendo ricadute, tra gli altri, sul Marocco, che nell'ultimo periodo ha dovuto affrontare la siccità più grave degli ultimi quarant'anni, con riflessi negativi sulla produzione agricola nazionale. Problemi legati dei prezzi dei beni di consumo si riscontrano anche in Giordania, dove l'inflazione e il caro vita hanno recentemente spinto i cittadini a scendere in piazza, con proteste e scioperi che si sono diffusi a macchia d'olio nel paese. Dinamiche inflattive e il deterioramento delle condizioni economiche, a dispetto delle ampie riserve petrolifere del paese, sono nodi destinati a venire al pettine anche in Nigeria, la maggiore economia africana, dove a fine febbraio si attende l'elezione del nuovo presidente.
L'ultimo trimestre è stato caratterizzato da importanti sviluppi di politica interna in numerosi stati della regione. Se la Tunisia, dopo il voto legislativo di dicembre, è entrata in una fase post-elettorale incerta, in Iraq l'insediamento dell'amministrazione di Muhammed Shia'al-Sudani ha messo fine a una paralisi politica durata un anno. In Israele, la quinta tornata elettorale in tre anni ha sancito il ritorno al potere di Benjamin Netanyahu, con un governo che è stato aspramente criticato sul piano interno e internazionale per le posizioni estremiste di alcuni dei suoi membri. Il nuovo anno si apre invece in un clima di campagna elettorale in Turchia, dove il presidente Recep Tayyip Erdoğan sta puntando alla terza rielezione. In Iran, nel frattempo, non accenna ad arrestarsi l'imponente ondata di proteste che dallo scorso settembre stanno mettendo in discussione la solidità del regime degli ayatollah.
Sul piano geopolitico, continua il processo di ridefinizione degli equilibri regionali in tutta l'area del Mediterraneo allargato. Mentre i rapporti tra Algeria e Marocco rimangono sostanzialmente tesi, la Turchia prosegue nel cammino della normalizzazione diplomatica intrapreso nell'ultimo anno, tra innumerevoli difficoltà. Per quanto riguarda invece i teatri di conflitto, permane in Siria la situazione di stallo politico e militare che caratterizza il paese dal 2019. In Yemen, invece, il mancato rinnovo della tregua nazionale rischia di sfociare in una nuova spirale di violenza. Sullo sfondo della riconfigurazione delle rotte energetiche verso l'Europa, acquistano sempre più rilievo gli equilibri tra gli attori del quadrante Golfo-Penisola Arabica, area di importanza strategica per la sicurezza energetica europea.
Significativa valenza geopolitica, anche in relazione alle più ampie dinamiche mediterranee, conserva la regione del Sahel, dove in un teatro di alta tensione legato a un'escalation nelle manifestazioni di violenza jihadista, ripetuti colpi di stato segnano una tendenza autoritaria nella regione, che a sua volta si accompagna a variazioni nelle alleanze internazionali di questi governi. Non da ultimo, l'accordo di Pretoria di novembre scorso ha costituito un passo fondamentale per la stabilizzazione dell'Etiopia e del Corno d'Africa, lasciando tuttavia aperti punti critici e interrogativi in una dimensione nazionale e regionale in cui strascichi di tensioni rendono la strada per una pacificazione duratura ancora in salita.