segnalazione 23 luglio 2019
Studi - Affari sociali Coltivazione di canapa ad uso industriale e Cannabis light

Secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio della Unione europea e dai Reg. (CE) n. 1120/2009, Reg. n. 1121/2009 e Reg. n. 1122/2009 della Commissione europea, la coltivazione della canapa industriale è soggetta ad alcune restrizioni e gode di un regime di aiuti, in particolare, alla trasformazione della canapa destinata alla produzione di fibre. D'altra parte, le varietà di canapa a fibre per le quali è autorizzata la coltivazione devono presentare un tasso di Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC), inferiore allo 0,2% nelle parti verdi di un campione standardizzato, calcolato secondo il metodo definito dai regolamenti comunitari; gli Stati membri devono controllare almeno il 30% delle superfici di canapa coltivata a scopo industriale; le varietà di canapa che superino la  soglia dello 0,2% di THC sono radiate dalle liste di quelle eleggibili alla coltivazione

La legge 2 dicembre 2016, n. 242 Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa ha consentito in Italia la coltivazione della canapa (denominata scientificamente cannabis sativa L.) esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi dall'uso farmaceutico, con sementi certificate, in applicazione della normativa di settore, secondo le indicazioni del Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali. Le varietà di canapa che la legge  242/2016 consente di coltivare sono quelle iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002. Tali piante non rientrano nell'ambito di applicazione del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope poiché hanno un tenore di THC inferiore o uguale allo 0,2%. Infatti, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 242/2016 la coltivazione di tali varietà è consentita senza necessità di autorizzazione, richiesta, invece, per la coltivazione di canapa ad alto contenuto di Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC) e Δ-8-trans-tetraidrocannabinolo (THC). 

Quanto ai possibili usi del prodotto derivante dalla coltivazione, l'articolo 2, comma 2, della legge specifica che dalla canapa si possono ottenere:

a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;

b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, olio carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale;

c) materiale destinato alla pratica del sovescio;

d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;

e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;

f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;

g) coltivazioni destinate al florovivaismo. 

Quanto ai controlli, la legge 242/2016 li pone in capo al Corpo forestale dello Stato, autorizzato a effettuare i prelievi e le analisi di laboratorio sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attività giudiziarie. Nel caso di campionamento, le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) delle varietà di canapa, sono quelle stabilite ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale. Qualora gli addetti ai controlli, reputino necessario effettuare i campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso per eventuali controverifiche. I meccanismi di controllo dettati dalla norma fanno salvi i criteri europei e nazionali di prelievo e campionamento, individuando un ambito di tolleranza, esente da responsabilità, tra il tenore di 0,2 e 0,6 di tetraidrocannabinolo (THC).Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate possono essere disposti dall'autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Anche in tal caso è esclusa la responsabilità dell'agricoltore.

Con riferimento all'aspetto "agricolo" della cannabis sativa, si rinvia all'apposita sezione del sito del MIPAAFT sulla canapa e relativa disciplina, compresa la del 22 maggio 2018 recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, emessa in attuazione della legge 242/2016.  Inoltre, si rimanda ai seguenti documenti di interesse:  disciplinare di produzione della cannabis sativa in Italia firmato dalle organizzazioni agricole il 12 luglio 2018; Circolare del Ministero dell'interno del luglio 2018 sulla commercializzazione delle infiorescenze della canapa tessile a basso tenore di THC e relazione con la normativa sugli stupefacenti; Circolare del MIPAAFT del 22 maggio 2018 sulla coltivazione della canapa in attuazione della relativa legge n. 242 del 2016.

Ai sensi dell'art. 5 della legga 242/2016, un decreto del Ministro della salute, da adottare entro il 14 luglio 2017, avrebbe dovuto definire i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti. Il decreto non è stato emanato, pertanto, attualmente, la normativa vigente consiste in una mera circolare, emanata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali in data 22 maggio 2009 relativa alla produzione e commercializzazione di prodotti a base di semi di canapa per l'utilizzo nei settori dell'alimentazione umana. La circolare ammette l'uso alimentare di semi di canapa e derivati, ferma restando la necessità di adottare adeguati piani di controllo per garantire la sicurezza dei prodotti e le responsabilità primarie degli operatori del settore alimentare.

In ordine alle possibili modifiche di questo quadro ordinamentale, il Governo, in sede legislativa nella Commissione di merito, ha accolto l'ordine del giorno 0/1373-1797-1859-2987/XIII/1, considerando che il Ministero della salute ha da tempo avviato con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità un'attività finalizzata alla fissazione dei limiti di THC negli alimenti.

In quest'ambito si ricorda che il 10 aprile 2018 il Consiglio superiore di sanità ha reso un parere sulla c.d. "cannabis light".

Condotte diverse dalla coltivazione di canapa

Dopo l'entrata in vigore della legge 242/2016 si è sviluppato un mercato secondario di prodotti derivanti dalla canapa, con l'apertura di molti esercizi commerciali specializzati.

Giurisprudenza

Della commercializzazione di prodotti contenenti THC, si è occupata a più riprese la Corte di Cassazione, con sentenze contraddittorie. In ultimo, la sentenza della Corte di Cassazione - Sezioni unite penali del 30 maggio 2019, come sinteticamente riassunto nel comunicato n. 15/2019 della stessa Corte,  ha stabilito che "La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell'art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio,del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati; pertanto, integrano il reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990, le condotte di cessione, di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante."

Il dispositivo della sentenza, pubblicato a luglio 2019, sottolinea che "la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole". Conseguentemente, la Corte ribadisce che non sono consentite la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina, poiché il commercio di tali prodotti rientra nella fattispecie di reato contenuta nel Testo unico sugli stupefacenti, salvo che gli stessi prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante.  In ultimo, il dispositivo sottolinea che non è penalmente perseguibile la condotta priva di offensività, lasciando pertanto ancora al giudice di merito la decisione caso per caso, con ampio margine di discrezionalità.

Direttive del Ministero dell'interno

La Direttiva 9 maggio 2019 del Ministro dell'Interno contiene indrizzi su commercializzazione di canapa e normativa sugli stupefacenti. Si prevede "un'approfondita analisi del fenomeno", "una puntuale ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio", "una verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità " e si sconsiglia l'apertura di tali esercizi commerciali nelle vicinanze di "luoghi sensibili" come scuole, ospedali, parchi giochi e così via".  Inoltre, si ribadisce, come fra l'altro già previsto a legislazione vigente che i servizi di "osservazione" possanno effettuare "apposite analisi sui prodotti acquistati negli esercizi in esame", "finalizzate a scongiurare" la vendita di prodotti illegali.