La XVII legislatura si è caratterizzata per diversi interventi volti a proteggere le vittime dei reati, ampliandone le tutele in ambito processuale e sostenendole dal punto di vista economico. Si segnalano, in particolare, la legge che ha previsto un indennizzo per le vittime dei reati intenzionali violenti e quella che ha introdotto specifiche tutele per gli orfani a causa di un crimine domestico.
apri tutti i paragrafiL'ordinamento italiano tutela tutte le vittime dei reati attraverso gli istituti processuali penali che garantiscono un ruolo nel processo alla persona offesa dal reato e, eventualmente, alla parte civile, cioè alla vittima che intervenga nel processo penale per chiedere il risarcimento dei danni subiti. Da questo punto di vista la tutela apprestata alle vittime in Italia è ampia e generalizzata.
L'ordinamento penale, peraltro, accorda specifiche tutele processuali a particolari categorie di vittime ritenute dal legislatore particolarmente vulnerabili, come i minorenni o le persone offese da specifici reati.
Dopo gli interventi in questa direzione realizzati nella scorsa legislatura con la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, all'inizio della XVII legislatura il Parlamento torna ad apprestare tutele per le vittime dei reati commessi in ambito familiare, oltre che dei minori che vi assistono, con la conversione del decreto-legge n. 93 del 2013, volto a contrastare la violenza di genere. In particolare, si ricordano le seguenti disposizioni:
Nel corso della XVII legislatura, inoltre, con il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, è stata data attuazione alla direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato: il provvedimento ha integrato con specifiche, mirate, disposizioni, il quadro di tutele che già l'ordinamento processuale penale assicurava alle vittime del reato. Il decreto legislativo ha apportato le seguenti modifiche al codice di procedura penale:
Il decreto legislativo n. 212 del 2015 modifica inoltre le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, prevedendo:
La tutela processuale delle vittime dei reati è potenziata anche dalla legge n. 103 del 2017, che ha modificato il codice di procedura penale al fine di:
La possibilità di prevedere indennizzi per le vittime dei reati che, avendo subito un danno derivante da un atto penalmente rilevante non possono ottenere soddisfazione dall'autore del reato stesso, è stata a lungo riconosciuta dal nostro ordinamento solo per specifiche categorie di vittime (storicamente quelle della mafia e del terrorismo, poi anche quelle della tratta di esseri umani), ma non per la generalità delle persone offese da gravi reati. Questa lacuna è stata colmata nella XVII legislatura, dando attuazione alla direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.
La direttiva stabilisce infatti un sistema di cooperazione tra Stati membri volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi interni previsti dagli Stati in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. La direttiva, nel garantire alle vittime di uno Stato diverso da quello del luogo di commissione del reato il medesimo accesso al sistema d'indennizzo, muove dal presupposto dell'esistenza negli Stati di tale sistema interno di indennizzo. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, la direttiva non indica i reati per i quali tale indennizzo debba trovare applicazione rinviando per la qualificazione alla normativa interna.
In particolare, l'art. 12, par. 2, della Direttiva, afferma che «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».
Questa disposizione è rimasta a lungo inattuata nel nostro ordinamento. L'Italia tradizionalmente riconosce infatti un indennizzo solo alle vittime di particolari categorie di reati.
Sul punto la Commissione europea ha avviato nel 2011 un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia per mancata conformità alla direttiva 2004/80/CE e, non accogliendo le repliche presentate dal Governo italiano, ha adito il 22 dicembre 2014 la Corte di Giustizia (Causa C-601/14). Con una sentenza depositata il 11 ottobre 2016, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per non aver recepito in maniera corretta e completa la direttiva europea che prevede un sistema di indennizzo per le vittime di qualsiasi reato violento commesso sul proprio territorio anche nel caso in cui le vittime siano dei cittadini di un altro Stato membro. La Corte ha chiarito e sancito che la direttiva impone ad ogni Stato membro di adottare, al fine di tutelare la libera circolazione delle persone nell'Unione, un sistema nazionale che garantisca un livello minimo di indennizzo equo ed adeguato per le vittime di qualsiasi reato doloso violento commesso nel suo territorio e non solo per quelli contemplati dalle cosiddette 'leggi speciali' sul terrorismo e la criminalità organizzata.
Peraltro, già prima della sentenza, il legislatore nazionale aveva ottemperato alle richieste dell'Unione europea approvando la legge n. 122 del 2016, legge europea 2015-2016, che negli articoli da 11 a 16, dà attuazione alla direttiva 2004/80/CE. Tale disciplina è stata peraltro recentemente modificata dalla legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017). Dal combinato disposto dei due provvedimenti, si ricava che:
Reato di omicidio
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7.200 euro
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Omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa
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8.200 euro (in favore dei figli della vittima)
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Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità
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4.800 euro
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Altri reati
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massimo 3.000 euro a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali
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L'art. 14 della legge n. 122 del 2016 destina il c.d. Fondo antimafia e antiusura anche all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti, dotandolo di un ulteriore contributo annuale pari a 2,6 milioni di euro.
La legge di bilancio 2017 ha destinato all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (art. 1, comma 351), in base al decreto legislativo n. 7 del 2015, che anziché essere devolute alla Cassa delle ammende confluiranno nel Fondo di rotazione, per la specifica destinazione all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti.
Nella legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), il capitolo è stato rifinanziato per 7,4 milioni di euro per il triennio (2018-2020), rispetto allo stanziamento di 4,6 milioni previsto a legislazione vigente.
Allo stanziamento nel triennio di 12 milioni di euro, si sono aggiunti 2,5 milioni relativi specificamente al finanziamento degli interventi socio assistenziali in favore degli orfani per crimini domestici, come previsto dalla stessa legge di bilancio (art. 1, comma 279.
Cap.
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Denominazione
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2012
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2013
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2014
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2015
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2016
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2017
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2018
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2019
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2020
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2341
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Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime de reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti
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124,4
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62,7
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90,0
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95,2
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103,3
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4,6
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14,5
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14,5
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14,5
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Si ricorda che il cap. 2341 dello Stato di previsione del Ministero dell'Interno, sul quale sono appostate le risorse del Fondo, in tutti i bilanci di previsione riporta il contributo statale previsto a legislazione vigente. In realtà, le dinamiche di alimentazione del Fondo, al quale contribuiscono massicciamente le risorse versate sul capitolo 2341 dalla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) e relative al contributo pari allo 0,1 % dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), fanno sì che la concreta disponibilità di risorse annuali sia molto più cospicua: ad esempio, nel bilancio di previsione 2016 sul capitolo era iscritto uno stanziamento per 2 milioni di euro, che sono divenuti 103,3 milioni nel rendiconto 2016.
Negli ultimi giorni della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico (A.S. 2719), che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da:
Dal punto di vista processuale, la legge intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando il testo unico sulle spese di giustizia, per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti di reddito.
Mantenendo l'attenzione verso il procedimento penale, e dunque alla fase che precede l'accertamento definitivo della responsabilità penale dell'autore del reato, il provvedimento rafforza la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno. A tal fine, la legge modifica la disciplina del sequestro conservativo e della provvisionale, la cui finalità è anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime del reato.La provvisionale è infatti una somma di denaro liquidata dal giudice in favore della parte danneggiata, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. Accade, infatti, in base alla normativa previgente che, dopo un lungo processo penale nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore si accompagna solo una generica condanna per la responsabilità civile, che obbliga la parte civile ad avviare una nuova causa civile per ottenere la liquidazione del danno.
La proposta di legge prevede infatti che quando si procede per omicidio del coniuge (anche separato o divorziato), della parte dell'unione civile (anche se l'unione è cessata) o della persona che sia o sia stata legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza, e le prove acquisite nel corso del procedimento penale non consentono la liquidazione del danno, in presenza di figli della vittima che si siano costituiti parte civile, il giudice in sede di condanna - a prescindere dal carattere definitivo della stessa - deve assegnare loro a titolo di provvisionale una somma pari almeno al 50% del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile.
Venendo agli aspetti esclusivamente economici, la proposta di legge interviene sull'istituto dell'indegnità a succedere con la finalità di renderne automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico.
Viene rivista anche la disciplina che già attualmente esclude dal diritto alla pensione di reversibilità l'autore dell'omicidio del pensionato.
Ulteriori disposizioni della proposta di legge:
Infine, la proposta di legge incrementa di 2 milioni di euro la dotazione annuale del Fondo di rotazione per le vittime dei crimini intenzionali violenti, destinandolo anche agli orfani per crimini domestici. In particolare, tale incremento è destinato all'erogazione di borse di studio per gli orfani, al finanziamento del loro reinserimento lavorativo e alla copertura delle spese per l'assistenza psicologica e sanitaria. Un ulteriore incremento del Fondo, pari a 2,5 milioni, è stato previsto dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, co. 279-280).
Il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha dato attuazione alla direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime. In particolare, questo provvedimento:
introduce obblighi formativi sulle questioni inerenti alla tratta degli esseri umani per i pubblici ufficiali interessati;
Infine, si segnala che nella XVII legislatura l'Italia ha dato attuazione alla direttiva 2011/99/UE, che si fonda sul principio del mutuo riconoscimento, e disciplina l'ordine di protezione europeo per garantire che le misure adottate a protezione di un soggetto da atti di rilevanza penale, che possano lederne o metterne in pericolo la vita, l'integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l'integrità sessuale, siano mantenute anche qualora tale persona si trasferisca in un altro Stato membro.
Con il decreto legislativo n. 9 del 2015, di attuazione della direttiva, il legislatore ha disciplinato tanto il procedimento per l'emissione di un ordine di protezione europeo da parte dell'autorità giudiziaria italiana, quanto il procedimento per riconoscere in Italia un ordine di protezione emesso dall'autorità di un altro Stato membro. In tale ipotesi, il riconoscimento è affidato alla Corte d'appello nel cui distretto risiede (o ha dichiarato di voler risiedere) la persona protetta. Se l'ordine di protezione europeo viene riconosciuto, il Ministero della giustizia ne dà comunicazione all'autorità estera competente, ma soprattutto alla persona protetta e alla persona che determina il pericolo nonché alla polizia giudiziaria e ai servizi sociali del luogo ove la persona protetta ha dichiarato di volersi stabilire.