tema 15 settembre 2022
Studi - Istituzioni Studi - Bilancio Regioni e finanza regionale

La Costituzione riconosce in capo alle regioni ampia autonomia statutaria, legislativa, organizzativa e finanziaria. Le funzioni amministrative sono attribuite in prima istanza ai comuni, in ossequio al principio di sussidiarietà, e, solo ove necessario per assicurarne l'esercizio unitario, possono essere assegnate agli enti territoriali di livello superiore.

L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto ordinario è caratterizzato da un lato dal sistema delle entrate, ancora non completamente riformato e fermo sostanzialmente al 2011, e dall'altro dal controllo della spesa effettuato attraverso le regole dell'equilibrio di bilancio e del contributo alla finanza pubblica stabilito dalle manovre di finanza pubblica che si sono succedute.

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Una parte importante di progetti di investimento finanziati all'interno del PNRR trova attuazione a livello regionale. Secondo la normativa sulla governance del PNRR, le Regioni, le Province autonome, e gli enti locali, infatti, sono soggetti attuatori del Piano, insieme con le amministrazioni centrali. Nella Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentata al Parlamento il 23 dicembre 2021, il Governo stima che circa il 36 per cento delle risorse del PNRR saranno affidate a Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane o altre amministrazioni locali: 66,4 miliardi di euro nel caso del PNRR in senso stretto, che si estendono a circa 80 miliardi di euro se si considera anche il Piano nazionale per gli investimenti complementari. 

Spetta dunque alle regioni la realizzazione operativa di parte degli interventi, sulla base delle rispettive specifiche competenze istituzionali. 

In qualità di soggetti attuatori, le Regioni sono tenute ad assicurare il monitoraggio dei dati e le informazioni necessarie a consentire il controllo del rispetto dei tempi per la realizzazione degli interventi, dotandosi di strutture interne adeguate. Il controllo di gestione è affidato alla Corte dei conti. Al livello locale le Sezioni regionali di controllo, su richiesta dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle regioni, rendono pareri sulle condizioni di applicabilità della normativa di contabilità pubblica all'esercizio delle funzioni e alle attività finanziate con le risorse stanziate dal PNRR e ai fondi complementari al PNRR.  

Sono le singole amministrazioni centrali, in quanto titolari degli interventi previsti nel PNRR, a provvedere al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo riferite a specifiche missioni o progetti, attraverso una struttura ad hoc che rappresenta il punto di contatto con il Servizio centrale per il PNRR (art. 8 del D.L. n. 77 del 2021). 

Sotto un profilo più generale, per garantire il coordinamento tra soggetti attuatori, i Presidenti di Regioni e delle Province autonome partecipano alle sedute della Cabina di regia quando sono esaminate questioni di competenza regionale o locale, nonché il Presidente della Conferenza Stato-Regioni, su questioni d'interesse di più Regioni.

Inoltre, al fine di assicurare il coordinamento delle relazioni tra Amministrazioni statali titolari di interventi del PNRR e gli enti territoriali è stato istituito il Nucleo PNRR Stato-Regioni, presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 33 del D.L. n. 152 del 2021). In particolare, il supporto tecnico del Nucleo riguarda le attività volte a:

  • curare l'istruttoria di tavoli tecnici di confronto settoriali con le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali;
  • prestare supporto alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano nella elaborazione, coerentemente con le linee del PNRR, di un progetto avente particolare rilevanza strategica per ciascuna Regione e Provincia Autonoma, denominato "Progetto bandiera";
  • prestare attività di assistenza agli enti territoriali, con particolare riferimento ai piccoli comuni e ai comuni insulari e delle zone montane, anche in raccordo con le altre iniziative di supporto tecnico attivate dalle amministrazioni competenti;
  • condividere, con le competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, le informazioni raccolte e comunicare, d'intesa con le medesime strutture, le attività svolte, anche mediante la progettazione e gestione di uno spazio web informativo, dedicato ai tavoli di coordinamento e alle attività di assistenza agli enti territoriali.

Le Regioni sono rappresentate in altre strutture di coordinamento, come il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, composto da rappresentanti delle parti sociali, del Governo, delle Regioni, degli enti locali nonché di Roma capitale e dei rispettivi organismi associativi, delle categorie produttive e sociali, del sistema dell'università e della ricerca scientifica e della società civile. Partecipano inoltre rappresentanti delle organizzazioni della cittadinanza attiva. Il Tavolo svolge una funzione consultiva nelle materie connesse all'attuazione del PNRR e può segnalare alla Cabina di regia ogni profilo ritenuto rilevante per la realizzazione del PNRR, anche per favorire il superamento di circostanze ostative e agevolare l'efficace e celere attuazione degli interventi (art. 3 del D.L. n. 77 del 2021).

La normativa statale sulla governance del PNRR ha infine previsto specifici poteri sostitutivi che consentono al Governo di adottare i provvedimenti necessari in caso di mancato rispetto da parte delle Regioni degli obiettivi del Piano, nonché procedure speciali per il superamento di dissensi e opposizioni (articoli 12 e 13 del D.L. n. 77 del 2021).

In caso di mancato rispetto da parte delle Regioni e degli altri enti territoriali degli obblighi e impegni finalizzati all'attuazione del PNRR, sono attivati dei   poteri sostitutivi. Nel caso in cui sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore interessato un termine non superiore a 30 giorni per provvedere. In caso di perdurante   inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro, sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l'amministrazione, l'ente, l'organo o l'ufficio, o i commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari, oppure di provvedere all'esecuzione ai progetti (art. 12, D.L. n. 77/2021).
In caso di   dissenso, diniego o opposizione  proveniente da un organo della Regione o di un ente locale, la Segreteria tecnica può proporre al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, entro i successivi 5 giorni, di sottoporre la questione alla Conferenza permanente Stato-Regioni per concordare le iniziative da assumere, che devono essere definite entro il termine di 15 giorni dalla data di convocazione della Conferenza. Al termine dei 15 giorni, in mancanza di soluzioni condivise che consentano la rapida realizzazione dell'opera, il Presidente del Consiglio dei ministri, oppure il Ministro per gli affari regionali e le autonomie nei casi opportuni, propone al Consiglio dei ministri le iniziative necessarie ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi (art. 13).

Sul ruolo delle Regioni nell'attuazione del PNRR, con particolare riferimento agli sforzi compiuti dalle assemblee legislative per garantire adeguate sedi di pianificazione e valutazione strategica, si v. la Nota tematica a cura dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati su "Il PNRR e le Assemblee legislative".

Al fine di rafforzare la capacità amministrativa degli enti territoriali in relazione alle attività connesse all'attuazione del PNRR, il decreto-legge n.80 del 2021 ha previsto, tra le diverse misure, la creazione di un pool di 1.000 esperti a supporto di Regioni, Province e Comuni nella gestione delle procedure maggiormente critiche (articolo 9). In coerenza con i principali ambiti di intervento del PNRR, le procedure oggetto di sostegno riguardano, in particolare, i settori: ambiente, fonti rinnovabili, rifiuti, edilizia e urbanistica, appalti e infrastrutture digitali.

Per il conferimento degli incarichi è previsto un contributo statale di complessivi 320,3 milioni, ripartiti con dPCM 12 novembre 2021 fra Regioni e Province autonome. A tal fine, in base all'art. 2 del citato dPCM, queste ultime hanno dovuto predisporre appositi Piani territoriali finalizzati a mettere a disposizione degli enti locali una quota dei professionisti ed esperti contrattualizzati. Detti Piani andavano redatti secondo uno schema standard allegato al richiamato dPCM e sottoposti alla valutazione di congruenza e all'approvazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica (DFP) della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 4). Nello schema standard una specifica parte del Piano è dedicata proprio ai profili di governance.

In linea con quanto previsto dal dPCM, come evidenziato nella prima Relazione sullo stato di attuazione del PNRR è stata approvata dalla Corte dei conti nel marzo del 2022, nella definizione del sistema di governance e di responsabilità nella gestione delle risorse, un ruolo di preminente centralità è svolto dalla costituzione di una Cabina di regia (CdR) regionale incaricata della pianificazione, gestione e verifica delle attività dei professionisti ed esperti. Tale struttura è costituita da rappresentanti della Regione o Provincia autonoma, ANCI e UPI e può, in base a valutazioni operate a livello regionale, anche coincidere con organi o strutture già costituiti e operativi sul territorio (quali, ad esempio, il Consiglio delle autonomie locali). È prevista, inoltre, la creazione di una Segreteria tecnica con funzione di supporto alle attività della CdR.

La Cabina di regia regionale si presenta come organo caratterizzato da diffusa omogeneità su tutto il territorio, sia sotto il profilo strutturale che funzionale. È stata impiantata da ogni Regione ed è una struttura a composizione mista tecnico-politica (ad eccezione della Regione Umbria che ha optato per la separazione tra Cabina di regia politica e Cabina di regia tecnica): ne fanno parte, infatti, organi del vertice politico e amministrativo dell'ente Regione/Provincia autonoma, assicurando altresì la rappresentanza degli enti locali attraverso la partecipazione di membri Anci, Upi, Uncem, ovvero del CAL. In alcune Regioni la partecipazione alla Cabina di regia si estende ad altri soggetti.

ultimo aggiornamento: 5 aprile 2022

La revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione nel 2001 ha sostanzialmente eguagliato la legge regionale a quella dello Stato per quanto riguarda i limiti: lo Stato e le regioni esercitano la rispettiva potestà legislativa nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.).

La riforma ha inoltre stabilito un nuovo riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni, basato sulla elencazione delle materie e su una clausola residuale in favore delle regioni. Il nuovo testo enumera, infatti, le materie oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, Cost.) e quelle oggetto di potestà legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.), riservando alla potestà legislativa regionale tutte le altre non comprese nei due precedenti elenchi (art. 117, quarto comma, Cost.). 

Tale ripartizione ha posto, fin dall'entrata in vigore della riforma del 2001, la difficoltà di far emergere una chiara individuazione del contenuto delle materie, che consentisse una netta linea di demarcazione tra competenza statale e competenza regionale. Le numerose questioni interpretative che il nuovo sistema di riparto ha posto sono state oggetto di una copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale, raccolta anche nelle Relazioni annuali del Presidente.

D'altra parte l'esigenza di una rideterminazione dei confini tra attribuzioni legislative statali e regionali è rimasta al centro del dibattito parlamentare degli ultimi anni, come dimostrato dal fatto che i due progetti di riforma costituzionale approvati dal Parlamento nel 2005 e nel 2016, entrambi non confermati dall'esito referendario, abbiano tentato di modificare la riforma del 2001.

In tale sede il testo di riforma costituzionale approvato dal Parlamento nel 2016 rivisitava ampiamente la vigente impostazione: in particolare, veniva soppressa la competenza concorrente, con una redistribuzione delle relative materie tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. L'elenco delle materie di competenza esclusiva statale era inoltre profondamente modificato, con l'enucleazione di nuovi ambiti materiali. Al contempo, era introdotta nell'ordinamento la «clausola di supremazia», che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie di competenza regionale a tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica o dell'interesse nazionale. Sempre nell'ambito delle modifiche al Titolo V veniva disposta la soppressione dal testo costituzionale delle province, tenendo conto del processo di riforma degli enti territoriali in atto.

Per quanto attiene ai profili ordinamentali, negli ultimi anni alcune tematiche sono state oggetto di una specifica attività conoscitiva in sede parlamentare: in particolare, le questioni del c.d. regionalismo differenziato e delle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze».

ultimo aggiornamento: 2 marzo 2020

Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario è quello precedente al decreto legislativo 68 del 2011 di attuazione della legge delega 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Il nuovo regime delineato per la fiscalità regionale ha avuto seguito solo in parte; la sua attuazione è stata rinviata più volte e da ultimo il decreto legge 137 del 2020 (articolo 31-sexies) ha fissato la data del 2023.

A decorrere da tale anno le fonti di finanziamento delle regioni per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materie della sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per la spesa di parte capitale) dovranno essere costituite da entrate di tipo tributario (opportunamente rimodulate ed eventualmente perequate) ed entrate proprie, vale a dire che dovrebbe essere completamente superato il sistema dei trasferimenti erariali e della perequazione basata sulla spesa storica.

In relazione all'attuazione del federalismo fiscale si segnalano due importanti iniziative ad esso strettamente connesse che avranno conseguenze dirette sulle entrate regionali:

  • l'attuazione del PNRR, con riguardo principalmente all'attuazione del federalismo fiscale regionale previsto per il primo semestre del 2026 e del conseguente cronoprogramma che fissa entro dicembre 2023, l'individuazione dei trasferimenti dello Stato alle regioni a statuto ordinario che saranno fiscalizzati mediante incremento delle aliquote dei tributi o misure alternative da individuare;
  • il disegno di legge di delega fiscale (A.C. 3343), specialmente riguardo la progressiva abolizione dell'IRAP e la sostituzione dell'addizionale regionale all'IRPEF con una sovraimposta.

Nell'attuale regime le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario sono costituite dai tributi propri, dalla compartecipazione al gettito dell'IVA, dalle entrate proprie (quelle derivanti da beni, attività economiche della regione e rendite patrimoniali), dai trasferimenti perequativi per i territori con minore capacità fiscale per abitante e, infine, dalle entrate da indebitamento, che sono però riservate a spese di investimento (art. 119, Cost.).

Le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono costituite principalmente dal gettito di IRAP, dall'addizionale IRPEF, dalla cosiddetta tassa automobilistica. Gli altri tributi minori, compresa l'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale (ARISGAM) e il tributo speciale il deposito in discarica dei rifiuti costituiscono una piccola parte dell'intero gettito tributario. Le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte regionale sono limitate. Ciascuna regione può determinare l'aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato e – in alcuni casi – differenziare i soggetti passivi (per scaglioni di reddito per l'addizionale IRPEF, per categorie economiche per l'IRAP). Ciascuna regione, inoltre, provvede alla disciplina ed alla gestione degli aspetti amministrativi: riscossione, rimborsi, recupero della tassa e l'applicazione delle sanzioni, sempre entro limiti e principi fissati dalla legge dello Stato.

In merito all'Irap, si ricorda che la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021, art. 1, commi 8-9) esenta da Irap i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni e, conseguentemente, prevede specifiche forme di copertura del mancato gettito Irap in favore delle Regioni e delle Province autonome, mediante l'istituzione di apposito Fondo.

Nello specifico la norma, a ristoro delle minori entrate derivanti alle Regioni e alle Province autonome per effetto della predetta esenzione, a decorrere dall'esercizio 2022 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo con dotazione annua di 192.252.000 euro. Le quote di spettanza di ciascun ente sono indicate nell'Allegato 1-bis alla legge di bilancio. Il Fondo intende compensare le Regioni e le Province autonome della riduzione delle entrate fiscali derivanti da applicazione dell'aliquota base dell'IRAP e non compensate nell'ambito del finanziamento sanitario corrente del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato, ovvero da applicazione di maggiorazioni regionali vigenti.

Altra entrata importante è costituita dalla compartecipazione regionale al gettito dell'IVA, istituita dal decreto legislativo 56 del 2000 e determinata annualmente con DPCM., che entra nel meccanismo di perequazione previsto dallo stesso decreto 56, ai fini del finanziamento del servizio sanitario nazionale. Ciascuna regione riceve la quota di compartecipazione all'IVA a seguito delle operazioni di perequazione, e quindi in aumento o in diminuzione rispetto al conteggio iniziale (effettuato peraltro sulla media triennale dei consumi stimati dall'Istat del rispettivo territorio). Poiché alimenta il fondo perequativo per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la compartecipazione all'IVA non può essere considerata propriamente una entrata tributaria, bensì un trasferimento dello Stato.

La parte più cospicua dei trasferimenti dello Stato alle regioni a statuto ordinario è costituito, infatti, dal finanziamento della sanità (il fondo perequativo di cui sopra) e del trasporto pubblico locale. Quest'ultimo finanziato attraverso il Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario (dal 2013 al 2017 alimentato, tra l'altro, dal gettito della compartecipazione all'accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione attribuita alle regioni, destinata anch'essa al finanziamento della sanità fino al 2012). Gli altri trasferimenti sono stati via via soppressi nell'ambito del contributo alla finanza pubblica richiesto alle regioni.

Si segnala infine l'ultima relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni e delle province autonome (riguarda sia le regioni a statuto ordinario che le regioni a statuto speciale), relativa agli esercizi 2018-2020 (Corte dei conti – Sezione delle autonomie Delibera n. 6/SEZAUT/2022/FRG del 7 aprile 2022). Il documento espone gli andamenti complessivi della finanza regionale nel triennio 2018-2020 con riferimento ai principali indicatori della salute finanziaria, economica e patrimoniale degli enti nonché con riguardo al rispetto degli equilibri di bilancio. La relazione esamina dunque le entrate regionali, la spesa complessiva e in particolare la spesa sanitaria nei rendiconti delle regioni e i risultati di bilancio. Altro importante argomento affrontato è l'indebitamento: viene analizzato il ricorso al debito e le spese di investimento, l'osservanza dei limiti, l'andamento del debito complessivo nel triennio, nonché gli strumenti di finanza derivata.

Per un esame dettagliato della gestione finanziaria di ogni singola regione, inoltre, si rinvia alle relazioni annuali che le sezioni regionali della Corte dei conti (disponibili nel sito web della Corte dei conti) predispongono nell'ambito delle funzioni di controllo ad esse attribuite (da ultimo dal decreto legge 174/2012, art. 1, comma 5), in particolare per quanto concerne la verifica del rendiconto della regione.

ultimo aggiornamento: 15 settembre 2022

Come agli altri enti del sistema pubblico, alle regioni a statuto ordinario è stato chiesto di contribuire al risanamento dei conti pubblici. Le manovre di finanza pubblica hanno stabilito, per ciascun anno, la quota di risparmio richiesto alle regioni a statuto ordinario sia in termini di indebitamento netto (vale a dire per contribuire alla riduzione del debito complessivo della PA) sia in termini di saldo netto da finanziare (riduzione di risorse erogate dallo Stato). La realizzazione del risparmio è stata attuata principalmente attraverso il taglio di trasferimenti statali, la revisione della spesa regionale, la rinuncia ad altri tipi di contributi erogati dallo Stato. Dal 2014 le misure specifiche per la realizzazione del risparmio, l'entità di ciascuna, nonché il riparto delle stesse tra le regioni sono concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni. Per una illustrazione dettagliata delle manovre di finanza pubblica che hanno interessato le regioni a statuto ordinario dal 2010 al 2017, si rinvia al testo dell'audizione "Le manovre di finanza pubblica a carico delle regioni e degli enti locali" (febbraio 2018), resa dai rappresentanti della Ragioneria Generale dello Stato alla Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale.

Successivamente la legge di bilancio 2018 (legge 205 del 2017, commi 775-777) interviene nel concorso da parte delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, riducendo la misura complessiva del concorso alla finanza pubblica relativo al settore non sanitario (per un importo di 300 milioni di euro nel 2018 e 200 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020). Le norme stabiliscono inoltre che detto concorso dovrà essere realizzato, per il 2018, mediante il contributo (pari a 2.300 milioni di euro) attribuito alle regioni ai fini della riduzione del debito regionale e il taglio delle risorse destinate all'edilizia sanitaria (per 94,10 milioni).

L'accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-Regioni il 31 gennaio 2018, recepisce tali disposizioni. Il riepilogo del contributo delle regioni a statuto ordinario illustrato nell'accordo, nonché la relativa copertura, è il seguente:

La legge di bilancio 2019 (legge 145 del 2018), come modificata e integrata dalla legge di bilancio 2020 (legge 160 del 2019), interviene nella determinazione del concorso alla finanza da parte delle regioni a statuto ordinario pubblica e nella disciplina dell'equilibrio di bilancio. Le norme recepiscono quanto deciso in sede di Conferenza Stato-Regioni con l'accordo del 15 ottobre 2018, al fine di stabilire le modalità di realizzazione del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per gli anni 2019 e 2020 e garantire, nello stesso tempo, il rilancio degli investimenti. Le norme infatti attribuiscono alle regioni un contributo finalizzato alla realizzazione di nuovi investimenti e stabiliscono al contempo le modalità dei realizzazione del concorso delle regioni alla finanza pubblica.

 

Nello specifico, al comparto delle regioni a statuto ordinario viene attribuito un contributo finalizzato alla realizzazione di nuovi investimenti diretti e indiretti. La legge, ai commi 833- 840, stabilisce la scansione temporale del finanziamento nell'arco del quadriennio 2019-2022, individua gli ambiti in cui devono essere realizzati gli investimenti e disciplina nel dettaglio i termini entro cui gli impegni devono essere assunti dalle regioni, nonché la certificazione e il monitoraggio degli interventi.
Per quanto concerne il contributo alla finanza pubblica del comparto delle regioni a statuto ordinario, esso viene ridotto di 750 milioni di euro per l'anno 2020 in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 103 del 2018 (comma 832). La Corte ha dichiarato illegittima, per l'inosservanza del canone di transitorietà dei tagli di risorse imposti alle regioni, la norma (L. 232/2016, comma 527) che ha prorogato per la terza volta il contributo di 750 milioni di euro richiesto alle regioni, stabilito inizialmente per il triennio 2015-2017 dall'articolo 46, comma 6, del D.L. 66/2014 .
Il comma 841 stabilisce le modalità di realizzazione del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per gli anni 2019 e 2020. In sostanza le regioni dovranno comunque finanziare gli investimenti per gli importi stabiliti nelle legge, ma non riceveranno il trasferimento delle somme dallo Stato .
Per gli esercizi 2019 e 2020 il concorso alla finanza pubblica è realizzato attraverso il mancato trasferimento da parte dello Stato del contributo per la realizzazione dei nuovi investimenti, pari a:
-       2.496,2 milioni di euro per il 2019, come stabilito al comma 833
-       1.746,2 milioni di euro per il 2020, come stabilito al comma 835

 

La seguente tabella, tratta dal citato accordo del 15 ottobre 2018 in sede di Conferenza Stato-Regioni, riassume gli effetti finanziari delle norme descritte.
Accordo 15 ottobre 2018                                                                                          
ConcorsoFP_RSO_2019

L'ammontare del concorso alla finanza pubblica dovuto da tutto il comparto delle regioni e delle province autonome per gli anni 2023-2025, è stabilito, infine, in 196 milioni di euro annui dalla legge di bilancio 2021 come modificata dalla legge di bilancio 2022 (legge 178 del 2020, commi 850 e 851, e legge 234 del 2021, comma 556). Il riparto tra i vari enti è effettuato in sede di autocoordinamento entro il 31 maggio 2022 e formalizzato con DPCM su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie. In assenza di accordo in sede di autocoordinamento, il riparto è effettuato entro il 30 settembre 2022 sulla base di un'istruttoria tecnica sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, con il supporto di CINSEDO e comunque previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

La disciplina dell'equilibrio di bilancio

Dall'esercizio 2017 le regioni a statuto ordinario sono tenute al conseguimento del pareggio di bilancio, ovvero al conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (legge 232 del 2016, art. 1. Commi 465-466). La legge di bilancio 2020 (legge 160 del 2019, commi 541 e 542), anticipa al 2020, per le regioni a statuto ordinario la facoltà di utilizzare il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa per il raggiungimento dell'equilibro di bilancio, come previsto già dal 2019 per gli enti locali e le regioni a statuto speciale.

Si ricorda, infatti, che la legge di bilancio 2019 (legge 145 del 2018, commi 819 – 826) interviene nella disciplina sulle regole di finanza pubblica relative all'equilibrio di bilancio degli enti territoriali. Le norme prevedono il pieno utilizzo dell'avanzo di amministrazione, riconosciuto dalla Corte costituzionale, già dal 2019 per gli enti locali e le regioni a statuto speciale, mentre per le regioni a statuto ordinario l'avvio della nuova disciplina era stato fissato per il 2021. Secondo quanto stabilito dal comma 821, inoltre, gli enti territoriali si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell'esercizio non negativo. Il rispetto di tale equilibrio viene desunto, per ciascun anno, dal prospetto della verifica degli equilibri allegato al rendiconto di gestione (allegato n. 10 al d.lgs. n. 118/2011).

Le istruzioni e le modalità del monitoraggio e della certificazione del pareggio di bilancio per il 2020 per le Regioni a statuto ordinario, sono contenute nel Decreto 11 dicembre 2020, emanato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Quanto all'anno 2021, il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze 23 dicembre 2021 disciplina la certificazione degli investimenti realizzati dalle regioni a statuto ordinario e dalla regione Siciliana nel 2021 (investimenti previsti dalla legge di bilancio 2019, vedi sopra).Da ultimo, infine, la Ragioneria Generale dello Stato ha emanato la Circolare del 15 marzo 2022, n. 15, recante regole di finanza pubblica per gli enti territoriali: verifiche del rispetto degli equilibri di bilancio ex ante ed ex post ai sensi degli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, biennio 2022-2023.

Per un esame dettagliato dei vincoli di finanza pubblica e dei risultati conseguiti dalle regioni si rinvia a quanto esposto nella già citata relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni relativa agli esercizi 2018-2020, in particolare ai capitoli 4. I vincoli di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario e 5. I risultati di bilancio nel triennio 2018-2020.

ultimo aggiornamento: 15 settembre 2022

Le misure di sostegno alla finanza regionale adottate a partire dall'esercizio 2020, sono state dirette principalmente verso i seguenti obiettivi:

  • compensare la perdita di entrate tributarie connessa all'emergenza sanitaria, attraverso il Fondo per l'esercizio delle regioni e delle province autonome (art. 111 del decreto legge 34 del 2020);
  • intervenire nel pagamento delle quote capitale, in scadenza nel 2020, per i prestiti concessi dal Ministero dell'economia e finanze e dalla Cassa depositi, attraverso la sospensione del pagamento (art. 111 del decreto legge 18 del 2020);
  • sostenere il ristoro delle categorie soggette a restrizioni in relazione all'emergenza COVID-2019, indirettamente, attraverso un finanziamento, per l'anno 2020, per il pagamento dei debiti finanziari e direttamente attraverso un contributo per l'anno 2021 finalizzato esclusivamente al ristoro delle suddette categorie (art. 32-quater del decreto legge 137 del 2020).

Il Fondo per l'esercizio delle regioni e delle province autonome

Il Fondo per l'esercizio delle funzioni delle regioni e delle province autonome è stato istituito con l'art. 111 del decreto legge 34 del 2020 e successivamente modificato e integrato dall'art. 41, comma 1, del decreto legge 104 del 2020 e dalla legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020, commi 823-826).

Il Fondo è destinato a compensare la perdita di entrate tributarie connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato, ed ha una dotazione complessiva di 4.300 milioni di euro per il 2020, di cui di cui 1.700 milioni di euro a favore delle regioni a statuto ordinario e 2.600 milioni di euro a favore delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. La ripartizione tra le regioni è stata effettuata con due accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 luglio 2020: uno con le regioni a statuto ordinario (rep. atti. n.114 CSR) e uno con le regioni a statuto speciale e le province autonome (rep. atti. n.115 CSR, si veda per le autonomie speciali il paragrafo La finanza delle regioni a statuto speciale - Il concorso alla finanza pubblica del tema Le regioni a statuto speciale).

Criteri e modalità di riparto del fondo sono stati individuati sulla base delle valutazioni del Tavolo tecnico, istituito con D.M. economia 11 giugno 2020 in attuazione di quanto stabilito al comma 2 del citato art. 111, presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Il tavolo tecnico ha il compito di monitorare gli effetti dell'emergenza COVID-19, con particolare riferimento alla perdita di gettito relativa alle entrate regionali, non compensata da meccanismi automatici, in relazione ai fabbisogni di spesa; è composto da tre rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministro degli affari regionali, da quattro rappresentanti della Conferenza delle regioni e province autonome, di cui uno in rappresentanza delle Autonomie speciali e dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

Per le regioni a statuto ordinario in attuazione dell'accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni del 20 luglio 2020 (repertorio atti. n.114/CSR) il citato art. 111 del decreto legge 34 del 2020, al comma 2-quinques, determina, nella tabella inserita nella norma, le quote del fondo di spettanza di ciascuna regione, per l'importo totale di 1.700 milioni di euro, suddiviso in una prima quota pari a complessivi 500 milioni di euro ed in una seconda quota pari a complessivi 1.200 milioni. Il comma 2-sexsies detta le norme per la contabilizzazione dei trasferimenti alle regioni a statuto ordinario.

Le risorse del fondo, stabilisce il comma 823 della legge di bilancio 2021, sono vincolate alla esclusiva finalità di ristorare, nel biennio 2020 e 2021, la perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Le risorse non utilizzate alla fine di ciascun esercizio confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione e non possono essere svincolate. Le eventuali risorse ricevute in eccesso, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.

 

Per quanto concerne la verifica delle effettive minori entrate tributarie incassate dalle Regioni a statuto ordinario, entro il 30 settembre 2021, deve essere determinato l'importo dell'effettivo minore gettito, tenendo conto delle maggiori e minori spese e dei ristori, registrato nell'esercizio 2020 (il termine inizialmente fissato al 30 giugno 2021 dall'art. 111, comma 2-septies del decreto legge 34 del 2020, è stato così prorogato dall'art. 11-quater, comma 4, del decreto legge 52 del 2021).

Analogamente si dovrà procedere alla verifica delle minori entrate per l'esercizio 2021, il termine è tuttora fissato al 30 giugno 2022 (comma 825 della legge 178 del 2020).

Le risorse a ristoro delle minori entrate derivanti dalle attività di lotta all'evasione fiscale

Prima la legge di bilancio 2021 (comma 826), poi la legge di bilancio 2022 (legge 234 del 2021, comma 588), hanno novellato i commi 2-octies e 2-novies del citato articolo 111 del decreto legge 34 del 2020, al fine di modificare le modalità per la riacquisizione al bilancio dello Stato delle risorse spettanti alle regioni a statuto ordinario nel 2020, a ristoro delle minori entrate derivanti dalle attività di lotta all'evasione fiscale ed incluse nel Fondo per l'esercizio delle funzioni delle regioni. Le modifiche semplificano la suddetta procedura e la posticipano di un anno, dal 2021 al 2022. Nello specifico si tratta delle risorse, complessivamente pari a 950.751.551 euro, riferite alla lotta all'evasione fiscale in relazione ai tre tributi di spettanza delle regioni (IRAP, addizionale IRPEF e tassa automobilistica), che dovranno essere riacquisite al bilancio delle Stato nel momento in cui verranno progressivamente recuperate dall'Agenzia delle entrate.

In particolare il comma 2-octies, prevede che le suddette risorse (incluse negli importi della tabella inserita al comma 2-quinques dell'art. 111) sono riacquisite al bilancio dello Stato per un importo annuo pari a 50 milioni di euro, fino alla concorrenza dell'importo complessivo. Il comma 2-novies determina la quota complessiva di competenza di ciascuna regione a statuto ordinario nella Tabella 1 allegata al decreto legge 34 del 2020 (e riportata a seguire) e la quota annuale che ciascuna regione è tenuta a versare, a decorrere dal 2022, al bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno e fino alla concorrenza della propria quota complessiva.

L'intestazione della quarta colonna, in cui è riportata la quota annuale, è stata modificata espungendo la parola "minima", ai fini di coordinamento con la novella del comma 2-novies. Prima della modifica apportata dalla legge di bilancio 2022, infatti, la norma prevedeva che ciascuna regione dovesse versare il maggiore valore tra gli importi di cui alla Tabella 1 e l'ammontare delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione incassate nell'anno precedente rispetto alla media delle entrate riscosse da ciascuna regione nel triennio 2017-2019 relative all'attività di accertamento e recupero per lotta all'evasione con riferimento ai tre tributi regionali; per tale motivo l'importo indicato risultava essere la ‘quota minima' da versare.

Per l'esercizio 2022, tuttavia, è intervenuto il decreto legge n. 4 del 2022 (legge di conversione n. 25 del 2022, art. 11-ter, comma 3), con lo scopo di semplificare e favorire gli investimenti. Lo Stato rinuncia alla riacquisizione al suo bilancio delle risorse recuperate con la lotta all'evasione fiscale, pari complessivamente a 50 milioni di euro e, contestualmente, viene ridotto, della medesima cifra, il contributo previsto per l'anno 2022 nell'ambito nel programma di investimenti per opere pubbliche previsto dai commi 134-138 della legge n. 145 del 2018. Le regioni sono comunque tenute ad operare investimenti, per gli stessi importi, nell'ambito del programma di cui alla citata legge 145 del 2018, per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio.

Interventi nel pagamento delle quote capitale

L'articolo 111 del decreto legge 18 del 2020, stabilisce la sospensione della quota capitale, la cui scadenza ricada nell'anno 2020, dei prestiti contratti dalle regioni con il Ministero dell'Economia e delle finanze o con la Cassa Depositi e prestiti prima della sua trasformazione in S.p.a. La norma stabilisce che le maggiori risorse a disposizione delle regioni, in ragione della sospensione del pagamento dei mutui, dovranno essere utilizzate per finanziare misure di rilancio dell'economia e per il sostegno ai settori economici colpiti dall'epidemia in corso. L'utilizzo dei risparmi di spesa è possibile previa variazione di bilancio da parte della giunta, da approvare in via amministrativa (in deroga alla disciplina contabile che prevede che le variazioni di bilancio siano effettuate con legge). La disciplina prevede, inoltre, la possibilità che in sede di Conferenza Stato Regioni, siano ceduti spazi finanziari a beneficio delle Regioni maggiormente colpite dall'emergenza in corso, da utilizzare per la realizzazione di investimenti, fermo restando, in ogni caso, la disciplina del pareggio di bilancio (vedi supra).

I contributi per il ristoro delle categorie colpite dalle restrizioni

L'articolo 32-quater, comma 1) del decreto legge 137 del 2020, assegna alle regioni a statuto ordinario, un contributo per il finanziamento delle quote capitale dei debiti finanziari in scadenza nell'anno 2020, pari a 250 milioni di euro per l'anno 2020. Le quote spettanti a ciascuna regione sono determinate dalla Tabella A inserita nel testo di legge.


La norma specifica che il contributo non incide sugli obiettivi di finanza pubblica a carico di ciascuna regione (che rimangono quindi quelli stabiliti dalla legge di bilancio 2019, vedi sopra) né concorre alla determinazione del saldo di bilancio di ciascuna regione, secondo la disciplina vigente. Il contributo è vincolato, secondo quanto stabilisce la norma, al ristoro delle categorie soggette a restrizioni in relazione all'emergenza COVID-2019, nel senso che le risorse che avrebbero dovuto essere destinate al rimborso dei prestiti, e che invece vengono liberate a seguito dell'assegnazione del contributo, debbono essere utilizzate per tale finalità. La regione, infatti, deve provvedere entro il 31 dicembre 2020 al suddetto ristoro, altrimenti è tenuta a riversare le risorse non utilizzate al bilancio dello Stato. Le variazioni di bilancio, necessarie all'utilizzo delle suddette risorse, possono essere autorizzate tramite delibera della giunta regionale, in deroga alla disciplina ordinaria, che prevede la competenza dell'organo assembleare.

Il citato articolo 32-quater, del decreto legge 137 del 2020, al comma 2, attribuisce inoltre alle regioni a statuto ordinario un contributo pari a 110 milioni di euro per l'anno 2021, da destinare direttamente al ristoro delle categorie soggette a misure restrittive adottate per far fronte all'emergenza COVID-19.

La norma è successivamente integrata dall'art. 27 del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41 che inserisce nel testo di legge la tabella con il riparto del contributo tra le regioni.

  Altri interventi di sostegno

Un'altra misura di sostegno è stata adottata con il decreto legge 73 del 2021 in considerazione del protrarsi dell'emergenza sanitaria e riguarda l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione da parte delle regioni e province autonome che si trovino in disavanzo di amministrazione.

L'articolo 56, comma 2, del citato decreto, consente infatti ai suddetti enti, per l'anno 2021, di utilizzare le quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione, secondo la disciplina prevista dall'articolo 1, commi 897 e 898, della legge 145 del 2018, ma senza l'obbligo di scorporare dal disavanzo la quota minima obbligatoria accantonata per il fondo anticipazioni di liquidità.

Nella sostanza la norma amplia la capacità di spesa delle regioni e delle province autonome, di un importo pari alle quote del Fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione. Regioni e province autonome in disavanzo possono, quindi, utilizzare la maggiore disponibilità finanziaria, nel corso 2021, sia per spese correnti che per spese di investimento.

Si ricorda infine che sono stati prorogati i termini di approvazione di documenti contabili da parte delle regioni e delle province autonome.

In relazione all'esercizio 2020, l'art. 11-quater, comma 3 del decreto legge n. 52 del 2021, come modificato dalla legge di conversione n. 87 del 2021, ha rinviato l'approvazione del rendiconto relativo all'anno 2020 da parte del consiglio entro il 30 settembre 2021, con preventiva approvazione da parte della giunta entro il 30 giugno 2021. L'approvazione del bilancio consolidato 2020 è stata prorogata dal 30 settembre al 30 novembre 2021.

In modo analogo è intervenuto il decreto legge n. 17 del 2022 (come modificato dalla legge di conversione 27 aprile 2022, n. 34) in relazione all'esercizio 2021: l'articolo 26, comma 2-ter, dispone la proroga dell'approvazione del rendiconto relativo all'anno 2021 da parte del Consiglio entro il 30 settembre 2022 (anziché entro il 31 luglio), con preventiva approvazione da parte della Giunta entro il 30 giugno 2022 (anziché entro il 30 aprile), nonché la proroga dei termini per l'approvazione del bilancio consolidato relativo all'anno 2021 al 30 novembre 2022 (anziché al 30 settembre).

 

ultimo aggiornamento: 29 aprile 2022
 
focus
 
temi di Autonomie territoriali e finanza locale