L'Unione bancaria è un sistema di vigilanza e di risoluzione nel settore bancario a livello dell'UE volto a:
All'Unione bancaria appartengono tutti i Paesi della zona euro e gli Stati membri non appartenenti alla zona euro che hanno scelto di parteciparvi, instaurando una stretta collaborazione con la Banca centrale europea (BCE).
L'Unione bancaria si compone di tre elementi costitutivi principali:
1) Il codice unico europeo (single rulebook): consiste in una serie di testi legislativi che vengono applicati a tutti gli enti finanziari ed a tutti i prodotti finanziari nell'UE. Nello specifico, rientrano tra le norme del codice unico europeo i requisiti patrimoniali delle banche, migliori sistemi di garanzia dei depositi e norme per la gestione delle banche in dissesto.
2) Il Meccanismo di vigilanza unico (single supervisory mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013), che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (ovvero quelle con attivi superiori a 30 miliardi di euro oppure che rappresentino almeno il 20% del PIL del loro Paese), e indirettamente - per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito.
3) Il Meccanismo di risoluzione unico (single resolution mechanism, SRM, istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014), che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui al risanamento degli istituti di credito concorrono, in primo luogo, gli azionisti, in secondo luogo gli obbligazionisti e infine i titolari di conti correnti oltre i 100.000 euro (cd. bail-in). Il Meccanismo si compone dell'autorità centrale di risoluzione (il Comitato di risoluzione unico) e di un Fondo di risoluzione unico, interamente finanziato dal settore bancario europeo.
Inoltre, gli Stati membri si sono accordati sulla creazione di un meccanismo di backstop (garanzia) comune per il Fondo di risoluzione unico nel 2013, ma il meccanismo non risulta ancora operativo. Tuttavia, l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 ha raggiunto un ampio accordo sulla revisione del trattato del Meccanismo europeo di stabilità (MES) secondo il quale il MES, oltre a supportare la risoluzione delle crisi relative alle finanze pubbliche degli Stati membri, fornirebbe anche la garanzia comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico delle banche sotto forma di linea di credito rotativo. Inoltre, il backstop dovrebbe essere introdotto anticipatamente (dal 2020), a condizione che siano stati fatti sufficienti progressi nella riduzione dei rischi, da valutare nella seconda metà del 2019.
Insieme, il Meccanismo di vigilanza unico e il Meccanismo di risoluzione unico costituiscono i primi due pilastri dell'Unione bancaria; ad essi dovrebbe aggiungersi un terzo pilastro, costituito da un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (EDIS).
Allo scopo di eliminare le asimmetrie residue, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2015)586) che istituisce un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (European deposit insurance system, EDIS), che non prevederebbe costi aggiuntivi per gli istituti di credito europei: infatti, le banche continuerebbero a finanziare il loro fondo nazionale che progressivamente, sulla base di successive tappe, confluirebbe, entro il 2024, nel fondo europeo di assicurazione dei depositi. L'EDIS sarebbe istituito in tre fasi successive a partire da luglio 2017: un sistema di riassicurazione per gli SGD nazionali partecipanti, per un primo periodo di tre anni, un sistema di coassicurazione per gli SGD nazionali partecipanti, per un secondo periodo di quattro anni, e a regime un sistema di assicurazione completa per gli SGD nazionali.
Tuttavia, a causa della situazione di stallo dei negoziati, nell'ottobre 2017 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM(2017)592) con cui ha suggerito di discutere un'introduzione dell'EDIS più graduale rispetto alla proposta iniziale del 2015. Le fasi previste sarebbero solo due: una fase di riassicurazione più limitata, in cui l'EDIS fornirebbe soltanto una copertura della liquidità e nessuna copertura delle perdite, e quindi la coassicurazione, in cui l'EDIS coprirebbe progressivamente le perdite. Tuttavia, il passaggio a questa seconda fase sarebbe subordinato ai progressi compiuti nella riduzione dei rischi.
Il negoziato sulla proposta relativa all'EDIS appare molto complesso, avendo alcuni Stati membri (tra cui la Germania, Finlandia e Austria) richiesto che l'approvazione del sistema comune di assicurazione dei depositi sia subordinata alla previa approvazione di misure di riduzione del rischio, come l'armonizzazione di altre importanti normative nazionali, quali le leggi fallimentari, la disciplina delle garanzie, alcuni aspetti relativi al trattamento fiscale e, soprattutto, all'introduzione di requisiti prudenziali sui titoli di Stato detenuti dalle banche. Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, il Governo afferma che l'Italia sostiene con convinzione la proposta poiché permetterebbe di realizzare una più completa mutualizzazione del rischio bancario nell'area euro e contribuirebbe ad allentare il legame fra le banche e gli Stati sovrani, garantendo a tutti i depositanti lo stesso livello e garanzia di protezione ovunque siano ubicati. Tuttavia, come specificato dal Governo nella Relazione consuntiva 2018 sulla partecipazione dell'Italia all'UE, per l'Italia l'obiettivo finale di questo processo deve essere un EDIS completo ossia che preveda, con tempi certi, la piena assicurazione, in cui è lo schema accentrato che sopporta integralmente il rimborso dei depositanti (l'Italia ha sempre sostenuto che la piena mutualizzazione dovrebbe essere in vigore dal 1° gennaio 2024, data dalla quale le risorse del Fondo di risoluzione unico saranno pienamente mutualizzate). La fase transitoria, secondo il Governo, è concepibile solo se è definito un termine ultimo di avvio del regime definitivo.
A livello unionale, per rafforzare l'Unione bancaria, si sta lavorando parallelamente a misure di riduzione e di condivisione dei rischi nel settore bancario.
Per il Governo italiano le misure di riduzione del rischio dovrebbero procedere in parallelo a quelle sulla condivisione del rischio.
Per quanto riguarda la condivisione del rischio, le due misure principali sulle quali sono in corso i negoziati sono: il meccanismo di backstop (garanzia) comune per il Fondo di risoluzione unico e il sistema europeo di assicurazione dei depositi, che garantirebbe una protezione comune dei depositi a prescindere dalla banca o dal Paese della zona euro in cui è depositato il denaro (Vedi supra per entrambe le proposte).
Per quanto concerne le proposte per la riduzione dei rischi, è stato approvato, in due fasi, un pacchetto di misure, presentato a novembre 2016, volto ad aumentare ulteriormente la resilienza delle banche e a rafforzare la stabilità finanziaria nell'UE e anche ad allineare le norme dell'Unione bancaria a diversi elementi concordati a livello internazionale. In particolare, si tratta delle norme convenute nell'ambito del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e dal Consiglio per la stabilità finanziaria.
Le misure sono le seguenti:
Nel marzo 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure per accelerare la riduzione dei crediti deteriorati (non-performing loans) nel settore bancario, quei crediti erogati da soggetti bancari per i quali diviene meno probabile il recupero delle somme mutuate. Il livello dei crediti deteriorati rispetto al totale dell'attivo costituisce uno dei più importanti indicatori della "salute" di un soggetto bancario.
Di tali proposte risulta già approvato il regolamento (UE) 2019/630 che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda la copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate. L'altra iniziativa è la proposta di direttiva COM(2018)135 relativa ai gestori di crediti, agli acquirenti di crediti e al recupero delle garanzie reali.
Proposta che definisce un quadro generale per i titoli garantiti da obbligazioni sovrane
Il 24 maggio 2018 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2018)339) che definisce un quadro generale per i titoli garantiti da obbligazioni sovrane ("SBBS").
Secondo quanto riportato dalla Commissione europea, la proposta dovrebbe eliminare gli ostacoli regolamentari ingiustificati a uno sviluppo determinato dal mercato di titoli garantiti da obbligazioni sovrane (Sovereign bond-backed securities - SBBS); i titoli verrebbero emessi da istituti privati sotto forma di diritti su un portafoglio di titoli di Stato della zona euro. La struttura degli SBBS non comporterebbe, inoltre, una mutualizzazione dei rischi e delle perdite tra gli Stati membri della zona euro, mentre solo gli investitori privati si assumerebbero i rischi e le eventuali perdite. La sottoscrizione di questi nuovi strumenti consentirebbe agli investitori, quali i fondi di investimento, le assicurazioni o le banche, di diversificare i loro portafogli di titoli sovrani, creando mercati finanziari più integrati. Contribuirebbe, inoltre, ad attenuare il legame tra le banche e il loro Paese d'origine. Infine, gli SBBS non avrebbero alcuna ripercussione negativa sugli attuali mercati obbligazionari nazionali.
Il 16 aprile 2019 il Parlamento europeo ha approvato la propria posizione in prima lettura.
Il 12 giugno 2019 la Commissione europea ha presentato la Quarta relazione sui progressi compiuti nella riduzione dei crediti deteriorati e nell'ulteriore riduzione del rischio nell'Unione bancaria.
La Commissione europea ha confermato la tendenza alla riduzione dei crediti deteriorati: la quota lorda di crediti deteriorati per tutte le banche dell'UE si è ulteriormente ridotta, attestandosi al 3,3% nel terzo trimestre del 2018, in calo di 1,1 punti percentuali su base annua (cfr. la figura 1), seguendo e confermando la tendenza complessiva al ribasso dal quarto trimestre 2014. Pertanto, la quota di crediti deteriorati media dell'UE si sta avvicinando ai livelli pre-crisi (cfr. la figura 2). Anche la quota di accantonamenti (che indica la quantità di fondi accantonati da una banca per coprire le perdite su crediti) è aumentata ulteriormente, attestandosi al 59,4% (terzo trimestre 2018).
Inoltre, gli ultimi dati trimestrali mostrano che le quote di crediti deteriorati hanno continuato a scendere in quasi tutti gli Stati membri, benché permangano notevoli differenze (cfr. la tabella 2). Sempre secondo la Commissione europea, alla fine del terzo trimestre del 2018, in 14 Stati membri le banche registravano quote piuttosto basse di crediti deteriorati, inferiori al 3%, mentre alcuni mostravano ancora quote considerevolmente notevolmente più elevate (tre Stati membri avevano quote superiori al 10%).
L'Unione dei mercati dei capitali (UMC) è un'iniziativa dell'UE volta ad approfondire e integrare ulteriormente i mercati dei capitali dei 28 Stati membri; si sostanzia in una serie di circa 70 azioni, legislative e non legislative, da implementare progressivamente entro la metà del 2019, come descritto nel Piano d'azione del 2015, nella revisione intermedia del 2017 e nella comunicazione "Unione dei mercati dei capitali: progressi nella costruzione di un mercato unico dei capitali per un'Unione economica e monetaria forte" del marzo 2019. La maggior parte delle azioni è incentrata sul trasferimento dell'intermediazione finanziaria verso i mercati dei capitali e sull'abbattimento delle barriere che ostacolano gli investimenti transfrontalieri.
Principali misure legislative approvate
Tra le principali misure legislative già approvate, si segnalano, in particolare:
Principali misure legislative in sospeso
Tra le principali misure legislative in sospeso, si segnalano in particolare:
Con la sentenza del 19 marzo 2019, il Tribunale di primo grado dell'Unione Europea (cause riunite T-9816, T-19616, T-19816, Repubblica italiana c/ Commissione) ha stabilito che l'intervento di sostegno da parte del FITD - Fondo interbancario a tutela dei depositi nell'operazione di acquisto di TERCAS da parte della Banca popolare di Bari non costituisce aiuto di stato vietato ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea - TFUE.
Si rinvia al relativo focus per approfondimenti.