Nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne (iniziata nella scorsa legislatura con la ratifica della Convenzione di Istanbul, le modifiche al codice penale e di procedura penale volte ad inasprire le pene di alcuni reati più spesso commessi nei confronti di donne, l'emanazione del Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere e la previsione di stanziamenti per il supporto delle vittime), attraverso il perseguimento di tre obiettivi: prevenzione dei reati, protezione delle vittime e punizione dei colpevoli.
In quest'ambito si pone l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica.
E' stata inoltre istituita, al Senato, la Commissione d'inchiesta monocamerale sul femminicidio.
Il Parlamento ha approvato, con numerose modifiche, il disegno di legge del Governo C. 1455, volto a inasprire la repressione penale della violenza domestica e di genere e ad introdurre ulteriori disposizioni di tutela delle vittime. La legge 19 luglio 2019, n. 69, interviene sul codice penale, sul codice di procedura, sul c.d. codice antimafia e sull'ordinamento penitenziario.
In particolare, per quanto riguarda il diritto penale, la legge introduce nel codice quattro nuovi delitti:
Inoltre, con ulteriori interventi sul codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede modifiche al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) volte a:
Inoltre, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi è inserito nell'elenco dei delitti che consentono nei confronti degli indiziati l'applicazione di misure di prevenzione, tra le quali è inserita la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona da proteggere.
Vengono modificati anche:
Infine, con una modifica all'art. 165 c.p., il provvedimento prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena per i delitti di violenza domestica e di genere sia subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero.
Una autorevole analisi delle modifiche al codice penale apportate dalla legge n. 69 del 2019 è contenuta nella relazione n. 62/2019, curata dall'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione.
Per quanto riguarda la procedura penale, l'esame parlamentare alla Camera del disegno di legge C. 1455 ha sostanzialmente confermato l'originario impianto del Governo, volto a velocizzare l'instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, conseguentemente accelerando l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime (c.d. Codice rosso).
A tal fine, la legge n. 69 del 2019 prevede, a fronte di notizie di reato relative a delitti di violenza domestica e di genere:
Con ulteriori interventi sul codice di procedura penale, inseriti nel corso dell'esame alla Camera, la legge, tra l'altro:
Infine, accanto alle modifiche al codice di procedura penale e al codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede ulteriori disposizioni volte:
In XVIII legislatura, prima che giungesse ad approvazione la legge n. 69 del 2019, nella seduta del 14 novembre 2018 l'Assemblea della Camera aveva esaminato le mozioni Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando, Panizzut ed altri n. 1-00074 e Carfagna ed altri n. 1-00075 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne, impegnando il Governo a raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, ad attuare la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020, ad assumere iniziative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e procedimenti presso i tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica.
Con tali mozioni la Camera ha impegnato il Governo «a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie; a promuovere strumenti e procedure di valutazione del rischio di letalità per la vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dai protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e ai protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine con specifico riferimento a questa materia (ad esempio, il protocollo Eva); ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere». Dovranno poi essere favorite «modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e la protezione alla vittima anche in ambito processuale, così come indicato nelle linee guida del Consiglio superiore della magistratura»; ed «adottate politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza».
Si ricorda, inoltre, che il Senato, con delibera del 16 ottobre 2018, ha istituito anche per la XVIII legislatura la Commissione monocamerale di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. La Commissione, che si avvale degli approfondimenti e delle indagini già svolte dall'omonima Commissione istituita in XVII legislatura, si prefigge il compito di svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio, di monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul, nonché di accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti, verificando altresì la possibilità di una rivisitazione sotto il profilo penale della fattispecie riferita alle molestie sessuali, con particolare riferimento a quelle perpetrate in luoghi di lavoro. La Commissione, inoltre, è competente per accertare la capacita' d'intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza e per monitorare:
Nel corso della XVII legislatura, con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia è stata tra i primi paesi europei a ratificare la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica - meglio nota come ‘Convenzione di Istanbul' - adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011 ed entrata in vigore il 1° agosto 2014, a seguito del raggiungimento del prescritto numero di dieci ratifiche.
La Convenzione è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante il cui principale obiettivo è quello di creare un quadro globale e integrato che consenta la protezione delle donne contro qualsiasi forma di violenza, nonché prevedere la cooperazione internazionale e il sostegno alle autorità e alle organizzazioni a questo scopo deputate.
Particolarmente rilevante è il riconoscimento espresso della violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani, oltre che come forma di discriminazione contro le donne (art. 3 della Convenzione). La Convenzione stabilisce inoltre un chiaro legame tra l'obiettivo della parità tra i sessi e quello dell'eliminazione della violenza nei confronti delle donne.
Di rilievo inoltre la previsione che stabilisce l'applicabilità della Convenzione sia in tempo di pace sia nelle situazioni di conflitto armato, circostanza, quest'ultima, che da sempre costituisce momento nel quale le violenze sulle donne conoscono particolare esacerbazione e ferocia.
La Convenzione interviene specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini ed anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela. La Convenzione individua negli Stati i primi a dover rispettare gli obblighi da essa imposti, i cui rappresentanti, intesi in senso ampio, dovranno garantire comportamenti privi di ogni violenza nei confronti delle donne.
Gli obiettivi della Convenzione sono elencati nel dettaglio dall'articolo 1:
A pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione di Istanbul il Parlamento ha convertito in legge il decreto-legge 93/2013, che contiene disposizioni volte a prevenire e reprimere la violenza domestica e di genere. Significativamente, nelle premesse del provvedimento d'urgenza si ritiene «che il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica».
In particolare, e a seguito dell'esame parlamentare, il provvedimento interviene sul codice penale:
Il decreto-legge interviene anche sul codice di procedura penale, prevedendo, in particolare:
Sempre a tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere, la riforma:
prevede che le forze dell'ordine che ricevono dalla vittima notizia di uno dei reati di sfruttamento sessuale o di violenza sessuale o di maltrattamenti in famiglia abbiano l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, se ne fa richiesta, a metterla in contatto con la vittima;
n attuazione del decreto-legge n. 93 del 2013 il Governo adotta con cadenza biennale piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne.
Dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è attualmente operativo il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020.
Il nuovo Piano si fonda su quattro linee di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, repressione dei reati, assistenza e promozione.
Quanto alla prevenzione, le priorità sono il rafforzamento del ruolo strategico del sistema di istruzione e formazione, la formazione degli operatori del settore pubblico e del privato sociale, l'attivazione di programmi di intervento per gli uomini autori o potenziali autori di violenza, la sensibilizzazione dei mass media sul ruolo di stereotipi e sessismo. Sul versante della protezione e del sostegno alle vittime, la priorità è la presa in carico; seguono percorsi di empowerment economico finanziario, lavorativo e autonomia abitativa. Quanto alla repressione dei reati, le priorità sono: garantire la tutela delle donne vittime di violenza (compreso lo stalking) attraverso una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, gravita, reiterazione e recidiva; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari a tutela delle vittime di abusi e violenze e di delitti connessi alla violenza maschile contro le donne.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, occorre fare riferimento alle risorse del Fondo per le pari opportunità che sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il cap. 496 contiene le somme da destinare al piano contro la violenza alle donne.
A seguito dell'approvazione della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, art. comma 353), che ha incrementato di 4 milioni di euro, per il triennio 2000-2022, il Fondo per le Pari opportunità, al fine di finanziare il Piano, il bilancio di previsione 2020 della Presidenza del Consiglio reca sul cap. 496 uno stanziamento di 27,6 milioni di euro, comunque in diminuzione rispetto allo stanziamento 2019 (33,1 mln).
Inoltre, l'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013 prevede che annualmente le risorse del Fondo per le pari opportunità siano ripartite alle Regioni al fine di finanziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei Centri antiviolenza e dei servizi di assistenza (Case rifugio) alle donne vittime di violenza.
Da ultimo, il D.P.C.M. 4 dicembre 2019 (G.U. 30 gennaio 2020, n. 24) ha decretato la ripartizione del Fondo a favore delle regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano per l'anno 2019.
Le risorse, nella misura di 20 milioni di euro, sono state ripartite tra Regioni e Province autonome in base ai seguenti criteri:
a) il 50%, è destinato al finanziamento dei centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti in ogni regione;
b) il 50% è destinato al finanziamento delle case-rifugio pubbliche e private già esistenti in ogni regione.
Negli ultimi giorni della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico (A.S. 2719), che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da:
La legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all'art. 577 c.p.
Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni (la pena base per l'omicidio non può essere inferiore a 21 anni di reclusione), il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'art. 577 c.p., infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è:
Il provvedimento dunque non solo aumenta la pena per l'uxoricidio ma ne estende l'applicazione al rapporto di unione civile e alla convivenza, prevedendo l'ergastolo in caso di attualità del legame personale. Con i vigenti limiti di pena (reclusione da 24 a 30 anni) viene invece punito l'omicidio del coniuge divorziato o della parte della cessata unione civile.
Con l'entrata in vigore della recente legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del Codice antimafia, agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione.
In particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Quando le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.
Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il c.d. braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità.
La riforma del Codice consente inoltre l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali.
Infine, l'art. 1 della legge n. 172 del 2017, di conversione del decreto-legge n. 148 del 2017, ha escluso che il delitto di atti persecutori (c.d. stalking) possa essere estinto a seguito di condotte riparatorie, come in precedenza previsto dall'art. 162-ter del codice penale.
L'art. 162-ter, introdotto dalla recente legge n. 103 del 2017, di riforma del processo penale, prevede infatti che le condotte riparatorie del danno operino come causa estintiva del reato nei reati procedibili a querela soggetta a remissione; in tali casi, quando l'imputato abbia riparato interamente il danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento e abbia eliminato – ove possibile - le sue conseguenze dannose o pericolose, il giudice deve dichiarare l'estinzione del reato, sentite le parti e la persona offesa. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito a offerta reale ai sensi degli artt. 1208 e ss. del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo. All'esito positivo delle condotte riparatorie il giudice deve dichiarare l'estinzione del reato.
Con l'entrata in vigore della legge n.172 del 2017 è stata esclusa l'applicabilità della nuova causa di estinzione dei reati al reato di atti persecutori.
Nel corso della XVII legislatura è stata data piena attuazione alla direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato, che vincola gli Stati membri UE a prevedere un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime.
Con la legge n. 122 del 2016 (Legge europea 2015-2016), peraltro poi modificata dalla legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017), il legislatore ha riconosciuto il diritto all'indennizzo «alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di cui all'articolo 603-bis del codice penale [caporalato], ad eccezione dei reati di cui agli articoli 581 [percosse] e 582 [lesioni personali], salvo che ricorrano le circostanze aggravanti previste dall'articolo 583 del codice penale».
L'indennizzo è elargito per la rifusione delle spese mediche e assistenziali; per i reati di violenza sessuale e di omicidio l'indennizzo è comunque elargito, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali.
Con decreto del Ministero dell'interno del 22 novembre 2019, sono stati stabiliti gli importi dell'indennizzo riconoscibile alle vittime dei reati intenzionali violenti; il decreto è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 23 gennaio 2020, n. 18.
Reato |
Importo indennizzo |
Omicidio |
50.000 euro |
Omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che e' o e' stata legata da relazione affettiva alla persona offesa |
60.000 euro (esclusivamente in favore dei figli della vittima) |
Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante del caso di minore gravita' prevista dall'art. 609-bis, terzo comma, c.p. |
25.000 euro |
Lesioni personali gravissime di cui all'art. 583, comma 2, c.p. Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso di cui all'art. 583-quinquies c.p. |
25.000 euro |
Per i delitti per i quali è previsto l'indennizzo, tale somma può essere incrementata fino a ulteriori 10.000 euro per le spese mediche e assistenziali documentate.
Per ogni altro delitto, l'indennizzo e' erogato solo per la rifusione delle spese mediche e assistenziali documentate, fino a un massimo di 15.000 euro.
Inoltre la legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019, art. 1 commi 348-352), ha previsto l'obbligo di esposizione di un cartello recante il numero verde di pubblica utilità per il sostegno alle vittime di violenza e di stalking, nei locali delle amministrazioni pubbliche dove si erogano servizi diretti all'utenza, negli esercizi pubblici, nelle unità sanitarie locali e nelle farmacie. L'individuazione delle modalità applicative della disposizione è demandata ad un decreto del Presidente della Repubblica d'intesa con la Conferenza unificata. Per l'attuazione di tali disposizioni è incrementata di 0,1 milioni di euro per l'anno 2020, la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.
L'ordinamento italiano non prevede misure volte a contrastare specificamente ed esclusivamente condotte violente verso le donne, né prevede specifiche aggravanti quando alcuni delitti abbiano la donna come vittima. Per il nostro diritto penale, se si esclude il delitto di mutilazioni genitali femminili, il genere della persona offesa dal reato non assume uno specifico rilievo, e conseguentemente non è stato fino a pochi anni fa censito nelle statistiche giudiziarie.
Alla carenza di dati sull'incidenza dei reati che hanno le donne come vittime hanno ora ovviato l'Istituto nazionale di statistica e il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, che hanno reso disponibile, sul sito dell'ISTAT, un apposito portale internet, che fornisce un quadro informativo integrato sulla violenza contro le donne in Italia. E' a questo portale che occorre riferirsi per i dati più aggiornati sulla violenza di genere, anche in prospettiva europea e internazionale.
Dati statistici possono essere tratti dalla Relazione finale della Commissione parlamentare sul fenomeno del femminicidio e la violenza di genere costituita presso il Senato che nel 2017 ha svolto un'intensa attività conoscitiva, elaborando in modo sistematico i dati forniti, durante le audizioni, soprattutto da ISTAT, Ministero dell'Interno e Forze dell'ordine. L'Ufficio Valutazione Impatto del Senato, inoltre, il 25 novembre 2018 ha pubblicato il report In difesa delle donne, che contiene anche approfondimenti sulle attività di tutela delle vittime realizzate a livello regionale;
Ulteriori dati statistici, relativi al 2018, sono contenuti nella relazione al Parlamento sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata. Come richiesto dall'art. 3 del decreto-legge n. 93 del 2013, infatti, la Relazione contiene uno specifico capitolo dedicato all'analisi criminologica della violenza di genere.
La relazione, analizzando i reati di atti persecutori, maltrattamenti, percosse, violenze sessuali per gli anni 2016, 2017 e 2018, evidenzia un'assoluta prevalenza delle vittime di genere femminile la cui incidenza, sul totale delle vittime, mostra un aumento lieve nell'anno 2017 (+0,74%) e più evidente nell'anno 2018 (+ 2,21%).
Un'analisi delle vittime per nazionalità mostra un lieve ma costante incremento delle vittime straniere.
Tra i dati più significativi riportati dalla Relazione si evidenzia come in ambito familiare affettivo, se nel 2000 le donne rappresentano il 65,3% del totale delle persone uccise, nel 2013 la percentuale è del 69%, nel 2016 del 72,26% (con 112 vittime di sesso femminile rispetto alle 155 persone uccise). Nel 2017, tale percentuale scende al 69,5% con 107 vittime di sesso femminile rispetto alle 154 vittime totali registrate.
Si ricorda, inoltre, che il Ministero della Giustizia nel 2017 ha pubblicato Femminicidio in Italia. Inchiesta statistica (2010-2016), a cura della Direzione generale di statistica.
Il documento censisce le uccisioni di donne da parte di uomini nel quinquennio 2012-2016 evidenziando una media di 150 omicidi all'anno [157 nel 2012, 179 nel 2013, 152 nel 2014, 141 nel 2015, 145 nel 2016] e raccoglie le evidenze statistiche (e le storie) raccolte dalla lettura di oltre 400 sentenze di omicidio di donne emesse tra il 2012 e il 2016, qualunque sia stato l'esito e il rito processuale seguito dagli uffici giudiziari che hanno inviato la documentazione.
L'indagine rileva che nel 55,8% dei casi tra autore e vittima esiste una relazione sentimentale, in atto al momento dell'omicidio o pregressa. Se a questi si aggiungono i casi in cui tra autore e vittima esisteva una relazione di parentela si scopre che in circa il 75% dei casi le donne muoiono nell'ambito familiare, all'interno cioè di quell'ambiente che teoricamente dovrebbe proteggerle di più.