Sia il decreto-legge crescita (n. 34 del 2019) che il decreto fiscale 2019 (n. 124 del 2019) contengono disposizioni volte a contrastare e ridurre l'evasione e le frodi fiscali, soprattutto attraverso l'interoperabilità dei dati e le modifiche agli adempimenti fisciali.
Il decreto-legge n. 119 del 2018 ha introdotto numerose misure di "pace fiscale", complessivamente volte a consentire la chiusura delle pendenze col fisco attraverso una molteplicità di strumenti.
La legge di bilancio 2020 contiene misure volte a far emergere base imponibile e, più in generale, a potenziare il contrasto all'evasione fiscale. In particolare:
Con il decreto-legge n. 124 del 2019 il legislatore ha inoltre attuato specifici interventi antifrode e antievasione, in particolare agendo sugli adempimenti dei contribuenti nel settore delle imposte dirette e indirette. Si segnalano in particolare i seguenti ambiti di intervento:
il decreto legge "crescita" (decreto-legge n. 34 del 2019) ha introdotto norme volte a rendere disponibili all'Agenzia delle Entrate i dati relativi alle generalità delle persone alloggiate presso le strutture ricettive, in forma anonima e aggregata, nonché ai comuni per finalità di monitoraggio su imposta di soggiorno o contributo di soggiorno. Viene istituita una apposita banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi, identificate secondo un codice alfanumerico, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza, consentendone l'accesso all'Agenzia delle entrate. Esso consente inoltre agli enti locali di subordinare alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti il rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni e dei relativi rinnovi, inerenti attività commerciali o produttive.
Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva (anno 2020) oltre a indicare i dati relativi al recupero delle somme evase, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive.
Dai dati presentati emerge che nel triennio 2015-2017 (per il quale si dispone di un quadro completo delle valutazioni) si registra un gap medio annuale pari a circa 107,2 miliardi di euro, di cui 95,9 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,3 miliardi di mancate entrate contributive.
Nel 2018 si registra una riduzione molto ampia del tax gap, di quasi 5 miliardi di euro rispetto all'anno d'imposta 2017.
Il risultato è attribuibile agli effetti dell'adozione di nuove misure di contrasto all'evasione fiscale e di miglioramento della tax compliance introdotte negli anni più recenti, soprattutto in materia di IVA. Tra il 2017 e il 2018, infatti, la riduzione più importante del tax gap si registra per tale imposta, che passa da 36,8 miliardi di euro nel 2017 a 33,3 miliardi di euro nel 2018, con una flessione complessiva pari a 3,5 miliardi di euro. Riduzioni significative del tax gap hanno interessato quasi tutte le imposte, con l'unica eccezione della TASI e del canone RAI, dove il tax gap rimane pressoché stabile.
Anche la propensione al gap diminuisce in modo significativo nel 2018 per tutte le tipologie di imposte con l'unica eccezione del canone RAI, dove si assiste a un leggero incremento, e dell'IMU, dove il gap rimane invariato.
Il miglioramento della compliance, ovvero dell'adempimento spontaneo più significativo riguarda l'IVA e l'IRPEF da lavoro autonomo e impresa, con una riduzione di 3,2 punti percentuali (dal 2017 al 2018), mentre la propensione al gap delle accise diminuisce di 3 punti percentuali. La compliance dell'IRES migliora di 0,6 punti percentuali, così come quella dell'imposta sostitutiva sulle locazioni (0,4 punti percentuali) e quella dell'IRAP e della TASI (0,3 punti percentuali).
Per quanto riguarda il contrasto all'evasione, nel 2019 il risultato annuale relativo all'obiettivo di riscossione complessiva è pari a 19,9 miliardi di euro (+3,4% rispetto ai 19,2 miliardi nel 2018), di cui 5,1 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 12,6 miliardi dai versamenti diretti e 2,13 miliardi dalle iniziative relative all'attività di promozione alla compliance.
Nell'ambito dei tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate, il recupero ordinario da attività di controllo è pari a 16,8 miliardi di euro, con un incremento del 4,1% rispetto all'anno precedente (16,2 miliardi). Di questi, 11,7 miliardi derivano dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall'Agenzia o accordi per deflazionare il contenzioso), che registrano un aumento del 4% rispetto al 2018; 2,1 miliardi sono frutto dell'attività di promozione della compliance (risultato conseguito anche grazie a oltre 2,1 milioni di alert inviati dall'Agenzia), mentre il recupero conseguente ai ruoli ordinari di competenza dell'Agenzia delle entrate si attesta a 3 miliardi.
Il Mef-Dipartimento finanze ha pubblicato uno studio che valuta l'evasione fiscale in Italia attraverso un'equazione di stima dei consumi per generi alimentari che distingue soggetti con prevalente reddito da lavoro autonomo, che è autodichiarato, rispetto a quello derivante da redditi dichiarati da terzi. Con l'ausilio di una nuova raccolta dati che considera i redditi delle famiglie italiane dal 2013 e per l'arco temporale di sette anni, l'errore di misurazione è stato grandemente ridotto. E' stata considerata anche la costante della sottostima dei redditi dichiarati e si è mostrato che la sua eterogeneità è rilevante per i redditi di lavoro autonomo in particolare per i redditi monofamiliari e le coppie laureate. Si è evidenziato che i lavoratori autonomi in Italia hanno una propensione all'evasione simile a quella riscontrata in altri Paesi. Inoltre, si è analizzata la struttura dell'economia per spiegare perché l'evasione presente in Italia sia maggiore. L'eterogeneità stimata del comportamento dei nuclei familiari, combinata con un modello redistributivo di politica fiscale, ha permesso di far luce sugli effetti distribuzionali dell'evasione mostrando che almeno il 73% delle imposte non riscosse sia da attribuirsi ai contribuenti posti al vertice della distribuzione dei redditi.
La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, commi da 35 a 50) ha istituito un'imposta sui servizi digitali, che si applica ai soggetti che prestano tali servizi e che hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L'imposta si applica con un'aliquota del 3 per cento sui ricavi e viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre. Il provvedimento ha contestualmente abrogata l'imposta sulle transazioni digitali istituita dalla legge di bilancio 2018, che avrebbe dovuto applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2019.
La legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, comma 678) ha modificato la disciplina dell'imposta sui servizi digitali allo scopo di:
Da ultimo, l'articolo 2 del decreto legge n. 3 del 2021 ha prorogato il termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali dal 16 febbraio 2021 al l6 marzo 2021 e il termine di presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo 2021 al 30 aprile 2021.
A tale proposito si segnala che il provvedimento del 15 gennaio 2021 dell'Agenzia delle entrate definisce le regole operative per la prima applicazione della disciplina, in particolare individuando:
- l'ambito oggettivo dell'imposta istituita, con evidenziazione dei servizi digitali esclusi;
- le modalità di determinazione della base imponibile e dell'imposta sui servizi digitali;
- i criteri di collegamento con il territorio dello Stato;
- il versamento dell'imposta;
- gli adempimenti dichiarativi;
- gli obblighi strumentali ai fini dell'adempimento;
- gli obblighi contabili in capo ai soggetti passivi dell'imposta;
- la responsabilità solidale dei soggetti residenti per l'assolvimento degli obblighi di versamento dell'imposta sui servizi digitali da parte di soggetti passivi non residenti;
- i rimborsi per le eccedenze di versamento.
Il decreto fiscale 2019 prevede la progressiva riduzione della soglia per l'uso del contante che, dall'importo di 3000 euro, è destinata a raggiungere 1.000 euro dal 1° gennaio 2022.
La soglia è passata da 3.000 a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 ed è destinata ad abbassarsi ulteriormente a 1.000 euro dal 1° gennaio 2022.
La tracciabilità dei pagamenti è considerata dal legislatore uno strumento chiave nella lotta ai fenomeni criminali e all'evasione fiscale.
Dal 2020 scontrini e ricevute sino sostituiti da un documento commerciale, che potrà essere emesso esclusivamente utilizzando un registratore telematico (RT) o una procedura web messa a disposizione gratuitamente dall'Agenzia delle entrate. Chi effettua operazioni di "commercio al minuto e attività assimilate", per le quali non è obbligatoria l'emissione della fattura (se non richiesta dal cliente), deve certificare i corrispettivi tramite memorizzazione e trasmissione telematica degli stessi all'Agenzia delle entrate.
Questo obbligo è scattato al 1° luglio 2019 per gli operatori economici che nel 2018 hanno realizzato un volume d'affari superiore a 400.000 euro e al 1° gennaio 2020 per gli altri. Per chi non è riuscito a dotarsi in tempo di un registratore telematico, la legge ha previsto una moratoria delle sanzioni per un periodo di sei mesi dalla decorrenza dell'obbligo. Pertanto, gli operatori con volume d'affari superiore a 400.000 euro hanno dovuto necessariamente dotarsi di RT (o usare la procedura web dell'Agenzia delle entrate) entro il 1° gennaio 2020. Per tutti gli altri operatori, la chiusura della moratoria - inizialmente prevista al 1° luglio 2020 -è stata differita dal decreto Rilancio (articolo 140 del decreto legge n. 34/2020) al 1° gennaio 2021, in considerazione delle oggettive difficoltà legate all'emergenza da Coronavirus.
Sia la legge di bilancio 2020, sia il decreto fiscale 2019 contengono disposizioni in tal senso; in particolare, la legge di bilancio 2020 condiziona l'utilizzo delle detrazioni IRPEF al 19 per cento al pagamento delle relative spese mediante versamento bancario o postale ovvero altri sistemi di pagamento tracciabili (commi 679-680), fatta eccezione per specifiche tipologie di spese (quali le spese mediche).
Il decreto fiscale istituisce un credito d'imposta per gli esercizi commerciali nella misura del 30 per cento delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di pagamento e mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili; vieta alle società emittenti carte di credito e agli operatori bancari, finanziari e postali di trasferire somme di denaro ad operatori di gioco illegali che operano sul territorio nazionale.
In applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all'evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nell'attività di accertamento e riscossione. Il decreto fiscale 2019 ha prorogato all'anno 2021 l'attribuzione ai comuni dell'incentivo previsto per la partecipazione all'attività di accertamento tributario, pari al 100 per cento del riscosso a titolo di accertamento nell'anno precedente, a seguito delle segnalazioni qualificate trasmesse da tali enti; tale incentivo era stato da ultimo esteso al 2019 dal decreto-legge n. 193 del 2016.
Sia la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) che il decreto-legge n. 119 del 2018 hanno introdotto numerose misure complessivamente volte a consentire la chiusura delle pendenze col fisco attraverso una molteplicità di strumenti:
La cd. rottamazione ter e la definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche in difficoltà economica sono state prorogate dal decreto-legge "crescita" al 31 luglio 2019, dall'originario termine del 30 aprile. Successive proroghe sono contentue nel decreto fiscale 124 del 2019, con particolare riferimento alla scadenza delle rate.
In particolare, tra le misure del decreto-legge n. 119 del 2018 si ricordano le seguenti:
La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 184 a 199) consente di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, diversi da quelli annullati automaticamente ai sensi del decreto-legge n. 119 del 2018, affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di accertamento a fini IRPEF e IVA.
Con riferimento ai debiti contributivi relativi alle casse previdenziali private, il citato decreto "crescita" ne ha subordinato la definizione agevolata alla preventiva delibera dell'ente previdenziale interessato.
Sul sito dell'Agenzia delle entrate - Riscossione sono presenti le informazioni dettagliate delle procedure, i modelli e le FAQ.
Il decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 154, lettera c) è intervenuto sulla disciplina della "rottamazione-ter" per consentire una maggiore flessibilità nei pagamenti delle rate in scadenza nel 2020.
In particolare, per i contribuenti che sono in regola con il pagamento delle rate scadute nell'anno 2019 si prevede che il mancato, insufficiente o tardivo pagamento alle relative scadenze delle rate da corrispondere nell'anno 2020, non determina la perdita dei benefici delle misure agevolate se il debitore effettua comunque l'integrale versamento delle stesse entro il 10 dicembre 2020. In caso di versamento effettuato oltre il termine di scadenza del 10 dicembre 2020, la misura agevolativa non si perfeziona e i pagamenti ricevuti sono considerati a titolo di acconto sulle somme complessivamente dovute. Inoltre, l'articolo 149 del richiamato decreto proroga al 16 settembre 2020 i termini per l'effettuazione di una serie di versamenti fiscali che scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, tra cui le somme dovute a seguito di accertamenti con adesione, mediazioni, conciliazioni, recupero dei crediti di imposta e avvisi di liquidazione. Vengono altresì prorogate alla stessa data le rate relative alle definizioni agevolate disciplinate dal decreto fiscale 2019, i cui termini scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020. L'articolo 154 del provvedimento ha prorogato dal 31 maggio al 31 agosto 2020 la sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione, disposta dall'articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia), consentendo inoltre di versare le rate di alcuni istituti agevolativi, tra cui la "rottamazione-ter" e il "saldo e stralcio", in scadenza nell'anno 2020, entro il 10 dicembre 2020 e ampliando la possibilità di chiedere dilazioni.
Tale ultima scadenza è stata superata dal decreto-legge Ristori (decreto-legge n. 137 del 2020) che fissa dal 10 dicembre 2021 al 1° marzo 2021 il termine per il pagamento delle rate relative ai predetti istituti di pace fiscale, ovvero le definizioni agevolate e saldo e stralcio dei debiti tributari.
Il medesimo provvedimento ha riaperto i termini per usufruire della dilazione dei pagamenti di precedenti istituti di pace fiscale (rottamazione e rottamazione-bis; si veda il dossier sul decreto-legge n. 119 del 2018 per maggiori informazioni).
In materia di accordi fiscali indebitamente vantaggiosi, si segnala la sentenza del tribunale di primo grado della Corte di giustizia, del 24 settembre 2019, in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'art. 107, comma 1, TFUE. Tale disposizione del TFUE vieta – in via generale e salve le eccezioni che la medesima disposizione contempla – gli aiuti di Stato, intendendosi per tali le misure a carico del pubblico erario che, favorendo singole imprese, siano capaci di falsare la concorrenza.
E' una conclusione accettata, in ambito europeo, che anche misure fiscali nazionali possano costituire aiuti di Stato.
Le autorità fiscali dei Paesi Bassi avevano stipulato con il gruppo statunitense Starbucks un accordo fiscale decennale, volto a predeterminare i metodi di calcolo della base imponibile dell'imposta sul reddito d'impresa.
Questo accordo – assai complesso e denso di aspetti tecnico-contabili – prevedeva che l'interlocutore unico delle autorità fiscali olandesi sarebbe stato il consulente tributario del gruppo Starbucks. Questo aveva diverse società controllate in Europa, tra cui una società in Olanda e una nel Regno Unito, con le quali la casa madre intratteneva regolari transazioni commerciali.
In estrema sintesi, l'accordo prevedeva che le operazioni intragruppo non sarebbero state considerate – a fini fiscali – come normali contratti tra aziende indipendenti. La determinazione del loro valore sarebbe stata preventivamente stabilita secondo criteri c.d. reddituali (in questo caso il c.d. TNMM, metodo del margine netto) e non tradizionali (come il c.d. CUP, vale a dire il prezzo incontrollato comparabile). Inoltre, dai ricavi sarebbe stata sottratta una royalty annuale, pagata dalla Starbucks con sede in Olanda a una società fornitrice di chicchi di caffè verde (la Alki), il cui metodo di tostatura è brevettato. Il consulente fiscale di Starbucks – alle scadenze fiscali di legge – avrebbe comunicato gli esiti dell'applicazione di tali criteri, con la conseguente liquidazione dell'imposta dovuta.
La Commissione europea aveva ritenuto che, per stabilire se questo accordo conferisse alla Starbucks un vantaggio competitivo indebito ai sensi dell'art. 107 TFUE, occorresse utilizzare il criterio dell'arm's length principle (per cui un'operazione deve costare quel che risulterebbe da ordinarie trattative di mercato, tra soggetti indipendenti che valutano autonomamente il proprio interesse). In base a questo ragionamento, la Commissione aveva considerato l'accordo indebitamente vantaggioso per la Starbucks e aveva ordinato all'Olanda il recupero di circa 30 milioni di euro (decisione (UE) 2017/502).
Sia l'Olanda sia Starbucks hanno impugnato la decisione innanzi al tribunale del Lussemburgo, che ha accolto il loro ricorso (T-760/15 e T-636/16).
Se per un verso, il tribunale di primo grado ha respinto l'obiezione preliminare dei ricorrenti circa l'inconferenza del criterio dell'arm's length adoperato dalla Commissione per le transazioni tra società del medesimo gruppo, esso – per altro verso e sul piano del merito – ha ritenuto che, in concreto, la Commissione non avesse assolto all'onere della prova in ordine all'effettivo vantaggio concorrenziale che le clausole dell'accordo fiscale avevano attribuito alla Starbucks.
In particolare, la Commissione non ha – secondo la sentenza – dimostrato a sufficienza che l'uso del metodo reddituale, anziché di quello tradizionale, abbia preventivamente ridotto la base imponibile dell'imposta sul reddito dell'impresa. Né la Commissione avrebbe dimostrato perché il calcolo della royalty dovuto alla Alki sarebbe un artifizio (secondo la Commissione, infatti, quella voce nel calcolo della deduzione dall'imponibile sarebbe dovuta essere zero).
La Commissione ha due mesi per impugnare la sentenza innanzi alla Corte di giustizia.
Nella stessa giornata del 24 settembre 2019, il tribunale di primo grado ha viceversa respinto il ricorso della FCA in un caso simile (ma non identico), relativo all'accordo fiscale stipulato dalla casa automobilistica con il Lussemburgo (T-755 e 759/15).
Il decreto legislativo n. 142 del 2018 (atto del Governo n. 42) recepisce nell'ordinamento nazionale la direttiva 2016/1164/UE (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive - ATAD), che fa parte del pacchetto antielusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale. Il decreto è in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Sono recepite inoltre le norme di modifica alla direttiva ATAD recate dalla Direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (cd. ATAD 2), che ha innovato la direttiva 2016/1164 in tema di disallineamenti da ibridi, vale a dire le differenze nella qualificazione giuridica dei pagamenti tra giurisdizioni diverse, che coinvolgono i Paesi terzi.
Il decreto, suddiviso in sei Capi:
- modifica la vigente disciplina della deducibilità degli interessi passivi: si chiarisce che i limiti di legge si applicano anche agli interessi capitalizzati e si introduce una nuova definizione degli interessi passivi (ed attivi) e degli oneri (e proventi) assimilati rilevanti a fini fiscali; lo schema rende riportabile in avanti anche l'eccedenza di interessi attivi rispetto a quelli passivi; si adotta un concetto di ROL (risultato operativo lordo) basato sulla normativa fiscale, in luogo di quella contabile;
- interviene sulla disciplina della cd. imposizione in uscita, chiarendo le condizioni alle quali i contribuenti sono soggetti ad imposta nel caso di trasferimento all'estero di attivi secondo il valore di mercato degli attivi trasferiti, al netto delle perdite;
- introduce disposizioni in materia di tassazione dei proventi di società controllate non residenti (disciplina CFC – Controlled Foreign Companies). La norma imputa al soggetto residente tutti i redditi del soggetto controllato non residente, localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest'ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da cd. passive income (specifiche categorie di reddito, tra cui quelli di capitale, non derivanti da attività operativa). Viene di conseguenza modificata anche la vigente normativa in tema di dividendi e plusvalenze.
- disciplina l'ipotesi di "disallineamenti da ibridi". Tali misure sono, in sintesi, volte a contrastare gli effetti derivanti dalla diversa qualificazione del medesimo strumento finanziario, pagamento, entità o stabile organizzazione in differenti sistemi fiscali. Da tali "disallineamenti" possono derivare dei vantaggi fiscali sproporzionati per le società e, per converso, una riduzione delle entrate per alcuni Paesi membri.;
- ridefinisce, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, la nozione di intermediari finanziari e delle holding finanziarie e non finanziarie, alle quali si applicano specifiche disposizioni per alcuni settori della direttiva ATAD (tra cui la limitazione alla deducibilità degli interessi passivi). Il criterio che presiede all'individuazione della categoria prende in considerazione le caratteristiche del bilancio degli enti coinvolti nella relativa disciplina.