tema 26 settembre 2022
Studi - Giustizia Interventi sull'ordinamento penitenziario

La XVIII legislatura si è aperta con la parziale attuazione delle deleghe per la riforma dell'ordinamento penitenziario, contenute nella legge n. 103 del 2017. I decreti legislativi approvati concernono, oltre al complesso dell'ordinamento penitenziario, il lavoro dei detenuti e l'esecuzione penale minorile.

Gli istituti penitenziari e la popolazione detenuta sono stati oggetto di diverse specifiche misure adottate in relazione all'emergenza Covid, con particolare riguardo alla possibilità di svolgere colloqui a distanza, alla durata delle licenze al condannato ammesso al regime di semilibertà, alla concessione di permessi premio nonché alla possibilità di eseguire presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi.

Il tema dell'accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e ritenuti tali da precludere l'accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (c.d. reati ostativi) – oggetto di intervento da parte della Corte costituzionale che ha indirizzato al legislatore un monito a provvedere – è stato affrontato dalla Camera con l'approvazione di una proposta di legge che non ha concluso però l'iter parlamentare.

apri tutti i paragrafi

La XVIII legislatura si è aperta con l'attuazione della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario, contenuta  nella legge n. 103 del 2017, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario.

La legge prevedeva, all'art. 1, commi da 85 a 87, una serie di principi e criteri direttivi tra i quali la semplificazione delle procedure per le decisioni di competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza; la revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative; la revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari; la previsione di attività di giustizia riparativa; la revisione del sistema delle pene accessorie; l'incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno nonché di attività di volontariato; la revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative alla medicina penitenziaria e il riconoscimento del diritto all'affettività (lett. n); interventi a tutela delle donne recluse e delle detenute madri. La disposizione di delega  conteneva infine specifici principi e criteri direttivi per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età, con riferimento tanto alle autorità giurisdizionali coinvolte, quanto all'organizzazione degli istituti per i minorenni, passando per la revisione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari, con particolare attenzione all'istruzione ed ai contatti con la società esterna, in funzione di reinserimento sociale.

Le procedure di esercizio della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario sono state avviate in XVII legislatura dal Governo Gentiloni, che ha presentato alle Camere diversi schemi di decreto concernenti: la complessiva riforma dell'ordinamento penitenziario ( A.G. 17); la riforma in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario (A.G. 16); la disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni (A.G. 20); disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima (A.G. 29)

Tutti questi schemi sono stati esaminati, con l'inizio della XVIII legislatura, dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato.

In particolare, sull'A.G. 17, che si caratterizzava in particolare per l'eliminazione degli automatismi e delle preclusioni per l'accesso a benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione e per l'ampliamento dell'ambito di applicazione delle misure alternative, le Commissioni hanno espresso parere contrario (la II Commissione del Senato l'11 luglio 2018; la II Commissione della Camera il 12 luglio 2018). L'ultimo giorno utile per l'esercizio della delega, il 3 agosto 2018, il Governo Conte ha trasmesso alle Camere un nuovo schema di decreto legislativo, A.G. 39, con il quale il Governo, espressione della nuova maggioranza parlamentare, ha inteso avviare un nuovo procedimento di esercizio della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario.

Su questo provvedimento, sull'A.G. 16 (lavoro penitenziario) e sull'A.G. 20 (esecuzione penale minorile), la Commissione Giustizia della Camera ha espresso pareri favorevoli accompagnati da condizioni o osservazioni; sullo schema A.G. 29 (giustizia riparativa) ha espresso un parere contrario (v. infra).

In particolare, quanto alla complessiva riforma dell'ordinamento penitenziario, il Governo ha così emanato il decreto legislativo n. 123 del 2018 che, ferma la scelta di non dare attuazione alla delega nella parte volta alla facilitazione dell'accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi:

  • detta disposizioni in tema di assistenza sanitaria in ambito penitenziario (artt. 1 e 2). In particolare, la riforma: adegua l'ordinamento penitenziario ai principi di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, concernente il riordino della medicina penitenziaria, confermando in particolare l'operatività del servizio sanitario nazionale negli istituti penitenziari; amplia le garanzie dei reclusi modificando la disciplina della visita medica generale all'ingresso in istituto; il medico deve, in particolare, annotare nella cartella clinica tutte le informazioni riguardo a eventuali maltrattamenti o a violenze subite; estende la gamma dei trattamenti sanitari che i reclusi possono richiedere in carcere a proprie spese, in particolare includendo gli interventi chirurgici nei reparti clinici interni al carcere, previ accordi con la Asl competente; prevede controlli sanitari in carcere da parte della Asl anche a seguito delle segnalazioni ricevute;
  • reca disposizioni per la semplificazione dei procedimenti disciplinati tanto dall'ordinamento penitenziario quanto dal codice di procedura penale (artt. 3-8). Tra gli interventi di maggior rilievo, la riforma: distingue le competenze dell'autorità giudiziaria a seconda che vi sia o meno una condanna definitiva prevedendo, prima della condanna definitiva l'intervento del giudice procedente (G.I.P. o giudice della fase o grado del giudizio non definito) e dopo, a seconda dei casi, del magistrato di sorveglianza e del Tribunale di sorveglianza;
  • detta disposizioni sulle competenze degli uffici di esecuzione penale esterna e della polizia penitenziaria (artt. 9 e 10). In particolare, la riforma prevede: l'ampliamento delle competenze degli uffici locali di esecuzione penale esterna, chiamati a svolgere le attività di osservazione del comportamento per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione; l'estensione dei compiti della polizia penitenziaria, chiamata a vigilare sul rispetto delle prescrizioni impartite dalla magistratura di sorveglianza;
  • detta disposizioni sulla vita all'interno del carcere (artt. 11 e 12). Il provvedimento detta misure volte ad integrare i reclusi stranieri, tra le quali la garanzia ad un'alimentazione rispettosa del loro credo religioso nonché l'inserimento, tra il personale dell'amministrazione degli istituti penitenziari, dei mediatori culturali e degli interpreti. Ulteriori disposizioni sono volte invece a considerare gli specifici bisogni e i diritti delle donne detenute. La riforma, inoltre, integra le disposizioni dell'ordinamento penitenziario con la finalità di garantire il rispetto della dignità umana e la conformità della vita penitenziaria a quella esterna.

 

Dossier

La vita detentiva e il lavoro penitenziario (decreto legislativo n. 124 del 2018)

Con l'emanazione del decreto legislativo n. 124 del 2018 il Governo ha attuato la delega in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario. In particolare, il decreto legislativo modifica alcune previsioni dell'ordinamento penitenziario nella prospettiva di assicurare una più piena tutela dei diritti di detenuti ed internati: a tal fine modifica le caratteristiche dei locali di soggiorno e di pernottamento, con riferimento ad ampiezza, illuminazione, aerazione, climatizzazione, servizi igienici e pulizia.

Il provvedimento interviene, inoltre, sulla legislazione penitenziaria, attraverso modifiche finalizzate a rafforzare il ruolo del lavoro quale strumento essenziale del trattamento rieducativo dei condannati. La riforma riscrive l'art. 20 della legge n. 354 del 1975, in tema di lavoro all'interno del carcere, e detta nuove disposizioni sul lavoro di pubblica utilità (art. 20-ter OP), sulla remunerazione (art. 22 OP). Ulteriori disposizioni riguardano l'assistenza ai detenuti nell'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali e, a pena espiata, nell'accesso all'assegno di ricollocazione.

Sullo schema di decreto legislativo (A.G. n. 16) la Commissione Giustizia della Camera, nella seduta del 1° agosto 2018, aveva espresso un parere favorevole con condizioni e osservazioni, del quale il Governo ha tenuto conto nell'emanazione definitiva della riforma.

Dossier

L'esecuzione penale minorile (decreto legislativo n. 121 del 2018)

Con il decreto legislativo n. 121 del 2018 il Governo ha attuato la delega relativa all'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni e dei giovani al di sotto dei venticinque anni (cd. giovani adulti).L'intervento legislativo mira ad adeguare il quadro normativo alle numerose pronunce della Corte costituzionale e agli impegni assunti dall'Italia con la sottoscrizione di svariati atti internazionali ed europei. In particolare, il provvedimento introduce e disciplina le misure penali di comunità, quali misure alternative alla detenzione qualificate dall'essere destinate ai condannati minorenni e giovani adulti. Si tratta di affidamento in prova al servizio sociale, affidamento in prova con detenzione domiciliare, detenzione domiciliare, semilibertà e affidamento in prova in casi particolari (c.d. affidamento terapeutico). L'ammissione alla misura di comunità, nonché la revoca, sono di competenza del tribunale di sorveglianza per i minorenni, mentre l'applicazione in via provvisoria è demandata al magistrato di sorveglianza. Quanto alla concessione la riforma prevede che il provvedimento possa essere adottato su richiesta dell'interessato, del difensore e dell'esercente la potestà genitoriale se il condannato è minorenne o su proposta del PM o dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni.

La riforma detta inoltre disposizioni circa l'intervento educativo e l'organizzazione degli istituti penitenziari per i minorenni.

Dossier

Le deleghe non attuate

Non tutte le deleghe per la riforma dell'ordinamento penitenziario, conferite al Governo dalla legge n. 103 del 2017, sono state esercitate. In particolare, con il cambio di legislatura, la nuova maggioranza ha ritenuto di non esercitare la delega per la revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, nell'ottica di una loro più ampia applicazione  e la delega per la revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari.

Non sono state, inoltre, esercitate le deleghe relative: alla giustizia riparativa e alla mediazione reo-vittima, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell'esecuzione delle misure alternative. Sullo schema di decreto legislativo A.G. n. 29, trasmesso dal Governo Gentiloni il 21 maggio 2018, la Commissione Giustizia della Camera aveva infatti espresso - il 10 settembre 2018 - parere contrario; all'affermazione del diritto alla affettività; alla tutela del rapporto tra detenute e figli minori; alla tutela della libertà di culto.

Sulle tematiche afferenti alla giustizia riparativa è poi intervenuta la delega contenuta nella legge n. 134 del 2021, attuata con lo schema di decreto legislativo AG 414 (per il quale si rinvia allo specifico approfondimento).

 

ultimo aggiornamento: 26 settembre 2022

Nella prima fase dell'emergenza, con l'emanazione del  decreto-legge n. 11 del 2020, il Governo aveva disposto che, sino al 22 marzo 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone fossero svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Lo stesso provvedimento d'urgenza consente al magistrato di sorveglianza - tenuto conto delle evidenze rappresentate dall'autorità sanitaria - di sospendere, tra l'8 marzo e il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà.

Questa disciplina - che, come è noto, ha scatenato violente proteste negli istituti penitenziari - è stata confermata dall'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 che l'ha però accompagnata con ulteriori misure.

In primo luogo, per quanto riguarda le strutture penitenziarie, l'articolo 86 del decreto-legge n. 18 del 2020 autorizza la spesa 20 milioni di euro nell'anno 2020, per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari danneggiati a causa delle suddette proteste dei detenuti autorizzando, per la realizzazione dei relativi interventi, l'esecuzione dei lavori con le procedure in caso di somma urgenza.

Tali risorse potranno inoltre essere destinate anche all'attuazione delle specifiche misure di prevenzione, relative tra l'altro agli ingressi negli istituti penitenziari e alle modalità di svolgimento dei colloqui, previste dal DPCM 8 marzo 2020 (che prevede che i casi sintomatici dei nuovi ingressi in carcere siano posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, raccomandando di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare; che i colloqui visivi si svolgono in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti; che in casi eccezionali può essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che si garantisca in modo assoluto una distanza pari a due metri).

Inoltre, l'articolo 74 del decreto-legge n. 18 del 2020 interviene in ambito carcerario autorizzando la spesa complessiva di 6,2 milioni di euro per l'anno 2020 da destinare:

  • per 3,4 milioni di euro, al pagamento, anche in deroga ai limiti vigenti, delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni;
  • per 1,6 milioni agli altri oneri connessi all'impiego temporaneo fuori sede del personale necessario;
  • per 1,2 milioni alle spese di sanificazione e disinfezione degli ambienti.

Per quanto riguarda, invece, la popolazione detenuta, alcune misure sono state adottate nella prima fase dell'emergenza, e sono rimaste in vigore fino al 30 giugno 2020. In particolare, l'articolo 123 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha esteso, fino al 30 giugno 2020, la disciplina già prevista a regime dalla legge n. 199 del 2010 in base alla quale la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, può essere eseguita presso il domicilio. Il decreto-legge, in particolare, estende provvisoriamente il campo d'applicazione della misura, riduce gli adempimenti burocratici per velocizzarne l'applicazione e aggiunge modalità di controllo a distanza (i cosiddetti braccialetti elettronici). L'accesso alla misura disciplinato in deroga a quanto previsto dalla legge del 2020 resta comunque escluso per:

  • i condannati per taluno dei delitti (ostativi) indicati dall'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, dagli articoli 572 (Maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 612-bis (Atti persecutori) del codice penale;
  • i delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
  • i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare;
  • detenuti che nell'ultimo anno siano stati soggetti a specifiche infrazioni disciplinari;
  • detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse scoppiate dal 7 marzo 2020;
  • detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.

 Uno specifico intervento ha riguardato, inoltre, le licenze già concesse ai detenuti in semilibertà, delle quali è stata consentita l'estensione temporale, fino al 30 giugno 2020 (articolo 124 del decreto-legge n. 18 del 2020). 

Le misure adottate dalla magistratura di sorveglianza per evitare la diffusione del virus all'interno delle carceri e per garantire sempre, anche in fase emergenziale, la tutela della salute dei detenuti hanno portato talvolta alla scarcerazione di detenuti condannati per gravi reati con conseguente allarme presso l'opinione pubblica. Ciò ha indotto all'emanazione degli artt. 2-bis e 2-ter del D.L. n. 28 del 2020 in forza dei quali i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, hanno l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute. Il tribunale di sorveglianza (presso il quale il contraddittorio è ripristinato secondo le forme tipiche del procedimento di sorveglianza) decide in via definitiva sulla ammissione alla detenzione domiciliare (o sul differimento della pena) entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca della misura, anche in deroga al termine ordinario. È inoltre specificato che il mancato intervento della decisione del tribunale nel termine prescritto, determina la perdita di efficacia del provvedimento di revoca. È altresì obbligatoria una revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per i medesimi gravi delitti.

Successivamente, nella seconda fase dell'emergenza, gli interventi del legislatore sull'ordinamento penitenziario hanno comportato che:

  • negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone sono svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Questa disposizione, peraltro, si applica solo su richiesta dell'interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate (art. 221, co. 10 del D.L. n. 34 del 2020, prorogato dal D.L. n. 137 del 2020 fino alla cessazione dell'emergenza);
  • al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse licenze di durata superiore nel complesso ai 45 giorni l'anno (previsti dall'art. 52 OP), salvo che il magistrato di sorveglianza ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura. In ogni caso, la durata delle licenze premio non può estendersi oltre il 31 dicembre 2022 (art. 28 del D.L. n. 137 del 2020, come da ultimo prorogato dal D.L. n. 228 del 2021);
  • ai condannati cui siano già stati concessi i permessi premio e che siano già stati assegnati al lavoro all'esterno o ammessi all'istruzione o alla formazione professionale all'esterno, possono essere concessi permessi premio, se ne ricorrono i presupposti, anche in deroga ai limiti temporali previsti dalla disciplina vigente (art. 30-ter OP). Tale previsione, tuttavia, non è applicabile ai soggetti condannati per una serie di gravi delitti (art. 29 del D.L. n. 137 del 2020) e cesserà di avere efficacia il 31 dicembre 2022 (così ha disposto, da ultimo, l'art. 16 del D.L. n. 228 del 2021);
  • la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, può essere eseguita presso il domicilio, in deroga alla legge n. 199 del 2010, salve eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati. L'esecuzione domiciliare si accompagna all'applicazione di procedure di controllo mediante i cosiddetti braccialetti elettronici. L'applicazione della suddetta procedura di controllo - che cessa in ogni caso quando la pena residua da espiare scende sotto la soglia di 6 mesi - è esclusa per: i condannati la cui pena da eseguire non è superiore a sei mesi; i condannati minorenni. La detenzione domiciliare è applicata dal magistrato di sorveglianza, salvo che egli ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura, su istanza dell'interessato ma anche – in base all'art. 1, commi 3 e 4, della legge n. 199 del 2010 - per iniziativa della direzione dell'istituto penitenziario oppure del PM (art. 30 del D.L. n. 137 del 2020). Anche questa previsione cesserà di essere efficace il 31 dicembre 2022, per effetto della proroga introdotta dall'art. 16 del D.L. n. 228 del 2021.

ultimo aggiornamento: 26 settembre 2022
 Nel corso della XVIII legislatura, la Camera dei deputati ha approvato (31 marzo 2022) una proposta di legge volta a modificare l'ordinamento penitenziario in tema dell'accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e  ritenuti tali da precludere l'accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (si tratta dei c.d. reati ostativi, di cui all' art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, legge sull'ordinamento penitenziario).

Il provvedimento, superando l'attuale preclusione:

  • individua le condizioni per l'accesso ai suddetti benefici, delineando un peculiare regime probatorio, fondato sull'allegazione da parte degli istanti di elementi specifici che consentano di escludere per il condannato sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi. Quanto si tratta di reati non associativi, tra i quali in particolare quelli contro la pubblica amministrazione, dovranno essere esclusi collegamenti con il contesto nel quale il reato è stato commesso. Il provvedimento subordina inoltre la concessione dei benefici ai detenuti soggetti al regime carcerario speciale previsto dall'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, alla previa revoca di tale regime;
  • introduce una nuova disciplina procedimentale per la concessione dei benefici stessi che prevede, tra l'altro, l'acquisizione del parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e - quando si tratti di specifici gravi reati - altresì del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;
  • sposta dal magistrato di sorveglianza al tribunale di sorveglianza, organo collegiale, la competenza ad autorizzare il lavoro all'esterno e i permessi premio quando si tratti di detenuti condannati per specifici gravi reati (terrorismo, eversione dell'ordine democratico, associazione mafiosa).

Diverse modifiche sono apportate altresì alla disciplina vigente in materia di liberazione condizionale per i condannati all'ergastolo per i c.d. reati ostativi, non collaboranti con la giustizia. In particolare, si prevede che questi condannati possano accedere all'istituto solo dopo aver scontato 30 anni di pena e nel rispetto dei requisiti e del procedimento delineato per l'accesso ai benefici penitenziari.

Il provvedimento, del quale il Senato ha avviato l'esame (A.S. 2574) non ha concluso l'iter parlamentare.

Si ricorda che sul tema è pendente un giudizio di legittimità costituzionale: con l'ordinanza n. 97 del 2021, infatti, la Corte costituzionale ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo per un reato ostativo, per accedere alla liberazione condizionale, demandando però al legislatore il compito di operare scelte di politica criminale tali da contemperare le esigenze di prevenzione generale e sicurezza collettiva con il rispetto del principio di rieducazione della pena affermato dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione. La Corte ha conseguentemente rinviato al 10 maggio 2022 la nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, contestualmente indirizzando al legislatore un monito a provvedere. Nell'udienza del 10 maggio la Corte ha deciso di rinviare ulteriormente la trattazione della questione di legittimità costituzionale all'udienza pubblica dell'8 novembre 2022, affermando che «Permangono inalterate le ragioni che hanno indotto questa Corte a sollecitare l'intervento del legislatore, al quale compete, in prima battuta, una complessiva e ponderata disciplina della materia, alla luce dei rilievi svolti nell'ordinanza n. 97 del 2021 [...] Proprio in considerazione dello stato di avanzamento dell'iter di formazione della legge appare necessario un ulteriore rinvio dell'udienza, per consentire al Parlamento di completare i propri lavori» (cfr. Comunicato stampa della Corte costituzionale).


Sempre in tema di sistema penitenziario, la Camera  dei deputati ha approvato (30 maggio 2022)  una proposta di legge (A.C. 2298 e abb.-A) volta ad ampliare la tutela dei figli minori di genitori soggetti a una misura detentiva, attraverso l'esclusione del ricorso al carcere e la valorizzazione dei c.d. ICAM, Istituti a custodia attenuata per detenute madri. Il provvedimento, trasmesso al Senato (A.S. 2635), non ha concluso l'iter parlamentare.

ultimo aggiornamento: 26 settembre 2022
 
focus
 
dossier
 
temi di Giustizia