tema 22 settembre 2022
Studi - Bilancio Le risorse nazionali e gli interventi per la politica di coesione

Attraverso la politica di sviluppo regionale, l'Unione europea mira a raggiungere la coesione economica, sociale e territoriale riducendo le disparità fra le diverse regioni degli Stati membri. Per il raggiungimento di tali obiettivi, l'Unione europea assegna specifiche risorse finanziarie a cui si aggiungono, per il principio della addizionalità, le risorse nazionali messe a disposizione dai medesimi Stati Membri. Le risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari sono iscritte nel Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

Nel Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate ad attuare l'obiettivo costituzionale di "rimuovere gli squilibri economici e sociali" tra le diverse aree del Paese.  E' lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche nazionali per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione.

Da ultimo, si ricorda che alla finalità del riequilibrio territoriale sono destinati molti degli interventi del  Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) , il quale prevede l'assegnazione di almeno il 40 per cento circa delle sue risorse complessive al Mezzogiorno, per un importo stimato pari a circa 86 miliardi, a testimonianza dell'attenzione al principio della coesione sociale e territoriale, che costituisce uno dei pilastri del PNRR.

 

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Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi al finanziamento ordinario (nonché a quello comunitario ed al contestuale cofinanziamento nazionale) che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale.

Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (articolo 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.

L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari.

Spetta al CIPESS il compito di ripartire, con proprie deliberazioni, la dotazione del Fondo tra gli interventi in esso compresi.

Quanto alla gestione delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, la legge di stabilità per il 2015 ha previsto la costituzione di una apposita contabilità speciale presso il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche nazionali, che si è venuta ad aggiungere alle altre contabilità speciali attraverso le quali sono gestite, nell'ambito del Fondo di rotazione, anche le risorse dei Fondi strutturali (sia quelle nazionali di cofinanziamento sia quelle provenienti dall'Unione europea).

È prevista, infine, la presentazione al CIPE da parte dell'Autorità politica per la coesione, entro il 10 settembre di ogni anno, di una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati dal Fondo Sviluppo e Coesione, ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e della legge di bilancio.

Riguardo alle disponibilità finanziarie, mel bilancio di previsione per il triennio 2022-2024 (legge n. 234/2021 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2021 di ripartizione delle dotazioni dei singoli programmi di spesa in capitoli), il Fondo Sviluppo e Coesione - iscritto al capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia - presenta una dotazione per il triennio pari a 15,2 miliardi nel 2022, a 13 miliardi nel 2023 e a 15,3 miliardi nel 2024. Tale dotazione è riferita alle risorse autorizzate per i due cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2017, rispettivamente, dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 6, L. 147/2013) e dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 178, L. n. 178/20202).

Nella Tabella che segue sono inoltre riportati gli importi autorizzati per gli anni successivi al 2024 dalle citate autorizzazioni di spesa, che verranno iscritte in bilancio negli anni successivi (in tutto, 65,2 miliardi fino al 2031), per complessivi 108,7 miliardi di euro. Di questi, 29,7 miliardi sono relativi alla programmazione 2014-2020 (importo residuale di risorse del ciclo 2014-2020 che dovranno essere utilizzate entro il 2025) e oltre 79 miliardi sono relativi alla programmazione 2021-2027:

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
Programma: Sostegno alle politiche per lo sviluppo e la coesione economica
Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (cap. 8000)
(milioni di euro) 2022 2023 2024 2025 e succ. TOTALE
Risorse ciclo 2014-2020 7.657,8 7.638,4 6.251,3 8.186,3 29.733,8
Risorse ciclo 2021-2027 7.593,9 5.346,0 9.096,0 56.968,3 79.004,2
TOTALE 15.251,7 12.984,4 15.347,3 65.154,6 108.738,0

Gli importi indicati in tabella sono in conto competenza. Rispetto alla competenza, le autorizzazioni di cassa risultano di un importo assai inferiore, e sono indicate nella legge di bilancio in 5,2 miliardi nel 2022, in 4,4 miliardi nel 2023 e in 7,6 miliardi nel 2024.

La differenza di risorse  tra gli importi autorizzati in competenza e le autorizzazioni di cassa (circa 10 miliardi) determinerà un aumento delle somme iscritte nel conto dei residui, ed andrà ad aggiungersi, a fine 2022, alle risorse in conto residui già presenti sul cap. 8000/MEF, che sono stati accertati in 35,5 miliardi in sede di rendiconto dell'esercizio 2021, nel mese di giugno 2022.

L'ammontare dei residui sul cap. 8000/MEF è andato progressivamente lievitando a partire dal 2013: rispetto ai 6,4 miliardi in conto residui del 2013, al 1° gennaio 2022 sono stati raggiunti i 35,5 miliardi.

Per una analisi dettagliata dell'utilizzo delle risorse del FSC 2014-2020, si rinvia al Tema "L'utilizzo delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per il ciclo di programmazione 2014-2020", nel quale sono analizzate le assegnazioni delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione per il ciclo 2014-2020 effettuate a partire dal 2014, distintamente per le assegnazioni disposte in via legislativa e quelle del CIPE in sede di ripartizione del Fondo, ai sensi del comma 703 della legge n. 190/2014.

Con riferimento al ciclo 2021-2027, si rinvia al Tema "Le risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per la programmazione 2021-2027".

ultimo aggiornamento: 22 settembre 2022

Il secondo pilastro finanziario delle politiche di coesione è rappresentato dalle risorse nazionali del "Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie" (c.d. Fondo IGRUE), destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali.

Ai fini della politica di coesione, infatti, oltre alle risorse comunitarie vanno considerate, per il principio della addizionalità, le risorse statali provenienti dal cofinanziamento nazionale, posto a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

Per il ciclo di programmazione 2014-2020, la legge di stabilità per il 2014 aveva stanziato l'importo di oltre 24 miliardi di euro. Il CIPE, con la delibera 28 gennaio 2015, n. 10, ha definito i criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020 nonché la programmazione degli "interventi complementari", per un ammontare pari a 24 miliardi, stanziati dallo Stato, cui si aggiungono ulteriori 4,4 miliardi di cofinanziamento regionale (a valere sui bilanci delle regioni). Successivamente, la legge di bilancio per il 2019 ha previsto un rifinanziamento del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di 30 miliardi per il 2022 e annualità successive (fino al 2026).

Relativamente al futuro ciclo di programmazione 2021-2027, la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, commi 51-57, L. n, 178/2020) provvedere a definire i tassi di cofinanziamento nazionale massimi applicabili e l'onere a carico del Fondo di rotazione della quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027, a valere sulle risorse dei fondi strutturali (FSE e FESR), Fondo per la giusta transizione (JTF) , del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP).

Di conseguenza, il capitolo di bilancio su cui è iscritto il Fondo di rotazione (cap. 7493/Economia) è stato integrato dell'importo necessario a garantire la copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica degli interventi cofinanziati dall'UE, la cui entità, pur non esplicitata in norma, è tuttavia indicata nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari della legge di bilancio. Al riguardo, la Relazione tecnica alla legge di bilancio riporta che "l'intervento complessivo massimo del Fondo di rotazione, sulla base dei criteri e dei tassi di cofinanziamento massimi disposti dai commi 51-54, è stimato, in relazione al ciclo 2021/2027, in un importo complessivo pari a 39 miliardi per il periodo 2021-2030 (2 miliardi per il 2021, 2,5 miliardi per il 2022, 4,624 miliardi per il 2023, 5 miliardi per ciascuno degli anni dal 2024 al 2027, 3,3 miliardi per ciascuno degli anni 2028 e 2029 e 3,276 miliardi per l'anno 2030).  

Nell'impostazione strategica dell'Accordo di partenariato 2021-2027 per l'Italia, approvato dalla Commissione UE lo scorso 15 luglio 2022, è considerato il complesso delle risorse comunitarie assegnate all'Italia per la coesione (42,7 miliardi), cui si aggiungono circa 32,4 miliardi di risorse del cofinanziamento nazionale. In sostanza, lo stanziamento totale della politica di coesione per il ciclo 2021-2027, programmato nell'ambito dell'Accordo di partenariato, raggiunge oltre 75 miliardi di euro (cfr. Ministro per il Sud e la coesione territoriale, "Fondi strutturali europei 2021-2027 – Presentazione dell'Accordo di Partenariato").

La legge di bilancio per il 2022 ha inoltre integrato le risorse del Fondo IGRUE (in Sezione II) di 15 milioni per il 2022 e per il 2023 e di 10 milioni per il 2025 e per il 2026, da destinare al finanziamento programma complementare di azione e coesione a supporto tecnico operativo del PNRR. Ulteriori 178,3 milioni sono stati autorizzati per ciascuna annualità dal 2023 al 2027 dall'art. 1, co. 519, per il finanziamento del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole e per il cofinanziamento statale della misura "Assicurazioni agevolate in agricoltura" prevista dal Programma di sviluppo rurale nazionale sostenuto dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

Nella legge di bilancio 2022 la dotazione del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie presenta una dotazione pari a 7.890 milioni nel 2022, a 8.093,3 milioni nel 2024 e a 8.088,3 milioni nel 2024, come indicato nella tabella seguente:

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - MISSIONE: L'ITALIA IN EUROPA E NEL MONDO

Programma: Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE
Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (cap. 7493)
(milioni di euro) 2022 2023 2024 2025 e succ. TOTALE
Bilancio a legislazione vigente 7.875,0 7.900,0 7.900,0 44.700,0 68.375,0
Rifinanziamento II Sezione 15,0 15,0 10,0 20,0 50,0
Art. 1, co. 519 - 178,3 178,3 534,9 891,5
TOTALE 7.890,0 8.093,3 8.088,3 45.254,9 69.316,5

ultimo aggiornamento: 22 settembre 2022
Le agevolazioni per investimenti nel Mezzogiorno

 Tra le principali misure per la coesione territoriale ed il Mezzogiorno rivestono particolare rilievo quelle rivolte al sostegno e allo sviluppo delle imprese operanti al Sud, attuate in questi ultimi anni sia attraverso la proroga ed il rifinanziamento di misure già operanti da tempo nell'ordinamento (ad es. il rifinanziamento del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno), sia mediante la definizione di nuovi strumenti di intervento.

Sotto questo profilo, una disposizione di rilievo è quella introdotta dalla legge n. 208 del 2015 (legge di bilancio 2016, commi da 98 a 108), che ha autorizzato un credito d'imposta per il periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019 per l'acquisto di beni strumentali nuovi (macchinari, impianti e attrezzature varie) destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo). La misura è stata di anno in anno prorogata, da ultimo, al 31 dicembre 2022 dall'articolo 1, comma 171, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020).

La successiva legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), all'art. 1, co. 175, al fine di adeguare l'individuazione dei territori destinatari della misura agevolativa a quanto previsto dalla nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 approvata dalla Commissione europea il 2 dicembre 2021 e alla conseguente rideterminazione del perimetro di applicazione della misura, consente nella regione Molise l'applicazione agli investimenti di un'intensità del credito superiore rispetto al regime precedente.

Un secondo strumento di intervento per favorire gli investimenti è quello previsto dall'articolo 1, comma 226, della legge di bilancio 2020 a valere sulle ulteriori risorse assegnate – fino al 2025 – alla nuova legge Sabatini (articolo 2, comma 8, del decreto-legge n. 69 del 2013), che ha elevato la maggiorazione del contributo statale dal 30 per cento al 100 per cento per le micro e piccole imprese che effettuano investimenti innovativi "Industria 4.0" nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia nel limite complessivo di 60 milioni. In aggiunta al predetto stanziamento di 60 milioni di euro, l'art 39, comma 2, del D.L. n. 76/2020 ha stabilito che l'intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei.

La cd. " Nuova Sabatini " – istituita dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziata ed estesa – costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle PMI all'acquisto, o all'acquisizione in leasing, di beni materiali (macchinari, impianti, beni strumentali d'impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware) o immateriali ( software e tecnologie digitali) a uso produttivo.
La misura è finalizzata a migliorare l'accesso al credito per tali investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente:
-       l'accesso a finanziamenti agevolati per gli investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario). Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino al massimo previsto dalla normativa ordinaria vigente (80% dell'ammontare del finanziamento)
-       l'accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione, parametrato a un tasso di interesse convenzionalmente assunto.
Vista la rilevanza della misura agevolativa per il sistema produttivo italiano, confermata dal forte interesse mostrato – fin dall'avvio del 2014 – sia da parte delle PMI beneficiarie che dai soggetti finanziatori, la misura è stata annualmente rifinanziata, in legge di bilancio.
Quanto ai dati attuativi della misura, essi sono tenuti in costante aggiornamento e pubblicati dal Ministero dello sviluppo economico, sul suo sito istituzionale, cui si rinvia.

 A seguito dell'emergenza determinata dalla pandemia di Covid-19, il D.L. n. 34/2020 ha introdotto, all'articolo 244, una maggiorazione dell'aliquota del credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo (già previsto dall'art. 1, co. 198 e ss. della legge di bilancio 2020) destinato alle imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, anche al fine di agevolare l'attività di ricerca in ambito Covid-19. La maggiorazione del credito d'imposta è stata estesa alle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

Da ultimo, l'articolo 1, commi 185-187, della legge di bilancio 2021 ha prorogato tale credito di imposta per le annualità 2021 e 2022.

Per lo sviluppo edelle imprese rileva, inoltre, il credito d'imposta per le spese in investimenti in attività di ricerca e sviluppo - che la legge di bilancio 2020 (commi 185-187) ha prorogato per le annualità 2021 e 2022 -  in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

Nei confronti delle imprese operanti nelle predette regioni il credito di imposta spetta nelle seguenti misure:

  • 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;
  • 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni;   
  • 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni (imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003).

La misura "Resto al Sud"

Tra gli strumenti innovativi espressamene dedicati al Mezzogiorno, rileva la misura denominata "Resto al Sud", introdotta dal decreto-legge n. 91/2017, e finanziata mediante utilizzo delle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, per un importo complessivo fino a 1.250 milioni.

La misura costituisce una delle principali forme di sostegno per lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali del Mezzogiorno. Finalizzata a promuovere la costituzione di nuove imprese nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, è rivolta ai giovani, residenti al momento della presentazione della domanda nelle Regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza nei termini di legge, e che mantengano nelle stesse Regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento (inizialmente pari a 50.000 euro), consistente, in parte, in erogazioni a fondo perduto, e, per la restante parte in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento. Sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, ivi compresi i servizi turistici. La legge di bilancio 2019 ha ricompreso nella misura anche i liberi professionisti, rimasti inizialmente esclusi. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

La misura è stata successivamente estesa quanto al suo ambito soggettivo e, a seguito della crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19, potenziata in termini di entità del sostegno a fondo perduto che può essere concesso a valere su di essa.

 

Inizialmente limitata ai soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, la misura è stata estesa ai soggetti di età compresa tra i 36 e i 45 anni di età l'articolo 1, comma 601, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018). Con la legge di bilancio per il 2021 l'età massima dei potenziali beneficiari è stata portata a 55 anni (L. n. 178/2020, art. 1, comma 170).

La misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 (terremoti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria), anche in deroga ai limiti di età nel caso di comuni con più del 50 per cento di edifici inagibili, (nuovo comma 1-bis inserito nell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 dall'art. 5 del D.L. 123/2019), nonché ai comuni delle isole minori del Centro-Nord nonché alle isole minori lagunari e lacustre (Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia, Giglio, Marciana, Marciana Marina, Ponza, Porto Azzurro, Portoferraio, Portovenere, Rio, Ventotene) (D.L. n. 121/2021, art. 13).

 

A seguito della pandemia, con l'articolo 245-bis del D.L. n. 34/2020 è stata disposta una rimodulazione della misura "Resto al Sud" – con un aumento da 50.000 a 60.000 euro del finanziamento massimo erogabile ed un incremento dal 35 al 50 per cento della quota di finanziamento erogabile nella forma del contributo a fondo perduto – al fine di sostenere il rilancio produttivo del Mezzogiorno e di promuovere la costituzione di nuove start-up nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

 

Attualmente, il beneficio concesso – dopo le modifiche introdotte nel 2020 a seguito della pandemia - consiste in un finanziamento, fino a un massimo di 60 mila euro (200 mila per le società, anche cooperative), costituito per il 50 per cento da una erogazione a fondo perduto e per il restante 50 per cento da un prestito (bancario) a tasso zero da rimborsare in otto anni. Il prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, gestore della misura, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. La garanzia è fornita dal Fondo di garanzia PMI, presso il quale opera una apposita sezione speciale.

I beneficiari devono mantenere la residenza o la sede legale e operativa nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento.

Sono finanziate le attività di produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

Il decreto-legge n. 34/2020 (articolo 245) ha poi previsto l'ulteriore concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei beneficiari della misura, a copertura del fabbisogno di circolante, a valere sulle risorse ancora disponibili ad essa assegnate: 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e 10.000 euro per ciascun socio dell'impresa beneficiaria (fino ad un massimo di 40.000 euro), per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19.

 

Le modalità di attuazione della misura "Resto al Sud" sono contenute nel regolamento di cui al D.M. 9 novembre 2017, n. 174, come successivamente modificato dal D.M. 5 agosto 2019, n. 134.

Quanto alle risorse finanziarie, la misura è stata finanziata per un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020. Il CIPE ha provveduto alla ripartizione in annualità degli importi (CIPE delibera n. 74 del 7 agosto 2017, per 715 milioni di euro, e delibera n. 102 del 22 dicembre 2017, per gli ulteriori 535 milioni di euro).

Come rilevato dal Governo, in ragione delle lunghe e articolate fasi del procedimento di ammissione al finanziamento, la misura è entrata a pieno regime solo all'inizio del 2019 (cfr. DEF 2020, pag. 101). Circa i dati attuativi aggiornati, si rinvia al sito istituzionale di INVITALIA.

La misura "Cresci al Sud"

Al fine di rafforzare ed ampliare il sostegno al tessuto economico-produttivo delle regioni del Mezzogiorno, la legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 321-326, L. n. 160/2019) ha istituito il «Fondo Cresci al Sud», della durata di 12 anni (quindi fino al 2031), a sostegno della competitività e della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese aventi sede legale e attività produttiva nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una dotazione iniziale di 150 milioni per il 2020 e di 100 milioni per il 2021, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020.

Il Fondo "Cresci al Sud" opera attraverso l'acquisizione di partecipazioni, prevalentemente di minoranza, nel capitale di rischio delle PMI aventi sede legale e operativa nelle suddette regioni del Mezzogiorno.

 Il Fondo è gestito (fuori bilancio) da Invitalia S.p.A., tramite apposita convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri, titolare della misura. Quote aggiuntive del Fondo possono essere sottoscritte anche da investitori istituzionali, pubblici e privati, individuati da Invitalia S.p.A., da Cassa depositi e prestiti, dalla Banca europea per gli investimenti e dal Fondo europeo per gli investimenti.

Il Fondo opera investendo nel capitale delle imprese, unitamente e contestualmente a investitori privati indipendenti, secondo le modalità definite nel regolamento di gestione del Fondo medesimo.

Il ticket delle operazioni di investimento è indicativamente compreso in un range di 1 e 10 milioni di euro, fermo restando il limite per cui l'importo di ciascun investimento non potrà essere superiore al 15% della dotazione del Fondo. La durata degli investimenti diretti è indicativamente pari a 5 anni, anche al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi previsti dal piano di sviluppo condiviso. Il Fondo è divenuto operativo a fine luglio 2020, con la registrazione da parte della Corte dei Conti della Convenzione che regola i rapporti tra Invitalia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la coesione.

Il Fondo imprese Sud

Analogo al fondo "Cresci al Sud" è il fondo denominato "Fondo imprese Sud", istituito dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, commi 897-903, L. n. 205/2017), anch'esso finalizzato al sostegno della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese aventi sede legale e attività produttiva nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Il Fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni, finanziata a valere sulle disponibilità relative all'annualità 2017 delle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014- 2020, ha una durata di 12 anni (quindi fino al 2029), e la relativa gestione - che opera investendo nel capitale delle piccole e medie imprese, nonché in fondi privati di investimento mobiliare chiuso (OICR), che realizzano investimenti nelle piccole e medie imprese territorialmente beneficiarie dell'intervento - è affidata a Invitalia S.p.A., che può a tal fine avvalersi anche della Banca del Mezzogiorno. A tal fine Invitalia stipula una apposita convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo ha natura contabile di "gestione fuori bilancio" ed è assoggettata al controllo della Corte dei conti.

Con riferimento alla partecipazione di soggetti terzi al Fondo, si prevede che quote aggiuntive del Fondo stesso possano essere sottoscritte anche da investitori istituzionali, pubblici e privati, inclusi la Banca del Mezzogiorno, la Cassa depositi e prestiti S.p.A., la Banca Europea per gli Investimenti e il Fondo Europeo per gli Investimenti, individuati dalla medesima Agenzia.

Il Fondo opera investendo nel capitale delle piccole e medie imprese, unitamente e contestualmente a investitori privati indipendenti. L'investimento nel capitale di ciascuna impresa target deve essere finanziato, per almeno il 50 per cento, da risorse apportate dai predetti investitori privati indipendenti, individuati attraverso una procedura aperta e trasparente. Il Fondo, inoltre, può investire - previa selezione tramite procedura aperta e trasparente - nel rispetto della normativa vigente, in fondi privati di investimento mobiliare chiuso (OICR), che realizzano investimenti nelle piccole e medie imprese territorialmente beneficiarie dell'intervento. L'investimento del Fondo non può superare il 30% della consistenza complessiva dei predetti fondi.

 

Decontribuzione per il Mezzogiorno

Nel corso dell'emergenza epidemiologica è stata introdotta un'agevolazione contributiva per favorire l'occupazione in aree svantaggiate (cosiddetta decontribuzione Sud) che riconosce, per il periodo dal 1° ottobre 2020 a tutto il 2029, un esonero contributivo parziale dei contributi previdenziali dovuti da parte dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise,  Puglia, Sardegna, Sicilia, ossia le regioni che, con riferimento al 2018, presentano un PIL pro capite non superiore al 90 per cento di quello medio dei 27 Paesi attualmente facenti parte dell'UE e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale, vale a dire (art. 27 del D.L. 104/2020, e art. 1, co. 161, della L. 178/2020).

La misura del predetto esonero è modulata in modo diverso a seconda degli anni di riferimento (pari al 30 per cento dei contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025, al 20 per cento per gli anni 2026 e 2027 e al 10 per cento per gli anni 2028 e 2029).

La Commissione europea, con la Decisione C(2021)1220 final del 18 febbraio 2021, ha autorizzato l'agevolazione contributiva in questione, non sollevando obiezioni in relazione al riconoscimento della stessa.

Sgravi contributivi in favore dell'occupazione giovanile

La legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 10-15, L. n. 178/2021) modifica la disciplina sulla riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati per le assunzioni (esclusi i dirigenti e i lavoratori domestici) con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato di soggetti di età inferiore a determinati limiti e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, per gli anni 2021 e 2022:

  • viene elevato da 30 a 36 anni compiuti il limite di età anagrafica del lavoratore assunto alla data della prima assunzione a tempo indeterminato;
  • l'esonero contributivo passa dal 50 per cento al 100 per cento, così come il relativo limite viene elevato da 3.000 euro a 6.000 euro su base annua
  • viene elevato da 36 a 48 mesi il riconoscimento dell'esonero contributivo per le assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

 

Le zone economiche speciali (ZES)

Il Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

Le Zone economiche speciali (ZES), istituite a valere sulle risorse Fondo sviluppo e coesione, sono concentrate nelle aree portuali e nelle aree ad esse economicamente collegate, nelle regioni meridionali, definite dalla normativa europea per la programmazione 2014-2020 come "meno sviluppate" (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania) o "in transizione" (Sardegna, Abruzzo e Molise).

Lo scopo delle ZES è quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES, e beneficiano di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa;

La Zona economica speciale è definita come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).

In Italia - nelle regioni in cui possono essere istituite le ZES - sono porti della rete centrale: Palermo, Augusta, Gioia Tauro, Cagliari, Taranto, Bari, Napoli. Tra i porti della rete globale rientrano, tra gli altri, Catania, Messina, Milazzo, Siracusa, Trapani, Gela, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Brindisi, Salerno, Olbia, Porto Torres.

Le regioni che presentino tali condizioni possono presentare una proposta di istituzione di ZES nel proprio territorio, o al massimo due proposte ove siano presenti più aree portuali che abbiano le caratteristiche stabilite dal regolamento europeo, accompagnata da un piano di sviluppo strategico. Inoltre, anche le regioni che non posseggano aree portuali possono presentare istanza di istituzione di una ZES, ma solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale avente le caratteristiche richieste.

In particolare, le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES usufruiscono di benefici fiscali, nonché di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente, che sono definiti nell'articolo 5 del D.L. n. 91/2017.

Il Regolamento sull'istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) è recato dal DPCM 25 gennaio 2018, n. 12.

 

Misure di semplificazione e di concessione di ulteriori agevolazioni fiscali per le Zone economiche speciali sono state introdotte dal D.L. n. 135 del 2018 (art. 3-ter), dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 316, L. n. 160/2019), dal D.L. n. 76 del 2020 (art. 46), dal D.L. n. 77 del 2021 (art. 57), dal D.L. n. 152 del 2021 (art. 11), dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 173-176, L. n. 178/2020) e dal D.L. n. 36 del 2022 (art. 37).

La legge di bilancio 2021 (commi 173-176 della legge n. 178/2020) ha previsto, per le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica nelle ZES, la riduzione dell'imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella zona economica speciale del 50% (dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi).

Per ottenere l'agevolazione occorre il rispetto di condizioni riguardanti il mantenimento dell'attività nell'area ZES per almeno dieci anni e la conservazione dei posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno dieci anni. L'agevolazione spetta nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regime de minimis, anche per il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura.

 

Per gli investimenti effettuati nelle ZES il D.L. n. 91/2017 prevede inoltre che le imprese possano usufruire del credito d'imposta (si tratta di quello già previsto per gli investimenti in beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno nella misura stabilita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale). La fruizione del beneficio - a seguito delle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2020 e poi dal D.L. n. 77 del 2021 - è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro ed esteso all'acquisto di immobili strumentali agli investimenti. Le imprese devono mantenere la loro attività nell'area ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell'investimento oggetto delle agevolazioni e non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

 

Da ultimo, il PNRR destina 630 milioni di euro allo sviluppo delle ZES.

Il decreto legge n. 77/2021 ha previsto che il Commissario straordinario del governo, che presiede il Comitato di indirizzo, organo di gestione della ZES, possa assumere le funzioni di stazione appaltante fino al 31/12/2026 e operare con poteri straordinari in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici. Inoltre, le Regioni devono adeguare la propria programmazione o la riprogrammazione dei fondi strutturali alle esigenze di funzionamento e sviluppo della ZES, nonché concordare le relative linee strategiche con il Commissario, garantendo la massima sinergia delle risorse materiali e strumentali approntate per la piena realizzazione del piano strategico di sviluppo.

In materia di semplificazioni amministrative e termini dei procedimenti per le attività nelle ZES, il decreto legge n. 77 ha introdotto il nuovo procedimento di autorizzazione unica e ridotto alla metà i termini relativi alla disciplina il silenzio e all'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici e stabilito che siano da considerarsi perentori i termini  previsti per il rilascio di autorizzazioni, approvazioni, intese, concerti, pareri, concessioni, accertamenti di conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, nulla osta ed atti di assenso, comunque denominati, degli enti locali, regionali, delle amministrazioni centrali nonché di tutti gli altri competenti enti e agenzie e che decorsi inutilmente tali termini, gli atti si intendano resi in senso favorevole.

Il Contratto di Sviluppo

Il Contratto di Sviluppo per il sostegno ai grandi progetti di investimento nei settori industriale, turistico, commerciale e della tutela ambientale, introdotto nell'ordinamento dall'art. 43 del decreto-legge n. 112/2008 e divenuto operativo dal 2011, negli ultimi anni è stato considerevolmente potenziato quanto a risorse finanziarie ad esso dedicate e ad ambito di intervento. Esso costituisce il principale regime di aiuto a programmi di investimento e di industrializzazione, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.

In tal senso rientra a pieno titolo tra gli strumenti di politica di coesione economica, essendo, i contratti di sviluppo, per buona parte, finanziati attraverso le risorse dei Fondi strutturali europei, PON Competitività, e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, con i relativi vincoli territoriali per esse previsti (80% Mezzogiorno e 20% Centro-Nord).

Le agevolazioni concesse attraverso i contratti di sviluppo assumono diverse forme, anche in combinazione tra loro: contributi in conto impianti; finanziamenti agevolati, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributi in conto interessi; contributi diretti alla spesa. L'entità delle agevolazioni, nel rispetto della disciplina in materia di aiuti di Stato, è determinata sulla base della tipologia di progetto, dalla localizzazione dell'iniziativa e dalla dimensione di impresa, nell'ambito della fase di negoziazione. I beneficiari delle agevolazioni sono: l'impresa proponente, che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo; le altre imprese che realizzano progetti di investimento nell'ambito del programma di sviluppo.

Per una ricostruzione di dettaglio si rinvia al sito istituzionale dei MISE e al sito di Invitalia S.p.A., soggetto gestore per conto del MISE.

Con il fine di rilanciare il settore turistico, particolarmente colpito dalla crisi pandemica, la legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020, articolo 1, commi da 85 a 87), ha introdotto una disciplina di accesso agevolata ai contratti di sviluppo aventi ad oggetto la realizzazione di programmi in grado di ridurre il divario socio-economico tra le aree territoriali del Paese e di contribuire ad un utilizzo efficiente del patrimonio immobiliare nazionale.

In particolare, la soglia di accesso per i programmi di sviluppo di attività turistiche, ordinariamente pari a 20 milioni di euro, è stata ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l'importo minimo dei progetti d'investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro.

Inoltre, i programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l'attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all'ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all'accoglienza dell'utente, finalizzati all'erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Per le finalità sopra indicate, sono stati stanziati 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 30 milioni di euro per l'anno 2022.

La misura è stata attuata con la Direttiva del Ministro dello sviluppo economico del 19 marzo 2021 e con la pubblicazione dell'elenco dei comuni rientranti nelle aree interne del Paese.

 

Il contratto istituzionale di sviluppo (CIS)

Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) - istituito dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011 - costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione. In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturalifunzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese.

Con i CIS, in sostanza, le risorse sono concentrate per la realizzazione di un'unica grande infrastruttura a valenza nazionale o interregionale (salve eccezioni dettate da specificità territoriali), superando i tradizionali limiti regionali verso una logica per macroaree. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti.

Per valorizzare i contratti istituzionali di sviluppo, il D.L. n. 91/2017, all'articolo 7, ha previsto che, per accelerare l'attuazione di interventi complessi, definiti dalla norma come "aventi natura di grandi progetti" ovvero di "investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedano un approccio integrato e l'impiego di fondi strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse nazionali e europee", sia il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno ad individuare gli interventi per i quali si procede alla sottoscrizione di appositi Contratti istituzionali di sviluppo, su richiesta delle amministrazioni interessate.

Il decreto-legge n. 77/2021 (art. 14) ha inoltre esteso anche ai CIS le norme di accelerazione e semplificazione introdotte nell'ordinamento per l'attuazione del PNRR.

Per quanto riguarda interventi infrastrutturali sono attualmente operativi i Contratti istituzionali di sviluppo relativi alle seguenti opere ferroviarie: CIS Napoli-Bari-Lecce/Taranto; CIS Messina-Catania-Palermo; CIS Salerno-Reggio Calabria, nonché il CIS per l'adeguamento della strada statale Sassari-Olbia.

Ad essi si aggiungono i CIS riferiti ad uno specifico territorio: CIS Taranto; CIS Capitanata (Foggia); CIS Molise, CIS Matera e CIS Ventotene (recupero ex carcere borbonico).

Recentemente sono stati sottoscritti il CIS per i Comuni del Cratere sismico del 2016 (14 settembre 2021), il CIS Terra dei Fuochi (27 gennaio 2022), il CIS per l'area Vesuvio-Pompei-Napoli (17 maggio 2022), il CIS regione Calabria (21 giugno 2022), il CIS Brindisi-Lecce-Costa Adriatica (il 28 giugno 2022).

Sono stati avviati i percorsi per il CIS "la Grande Salerno" e per il CIS nazionale "Acqua Bene Comune".

Vanno infine aggiunti i CIS riservati alla rigenerazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale che si trova nei centri storici delle città di Cosenza, Napoli e Palermo, il cui Tavolo interistituzionale è presieduto dal Ministero della Cultura.

 

Nuova disciplina della c.d. regola del 34 per cento nella assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale

Con le leggi di bilancio per il 2019 e 2020 si è ridefinita la cosiddetta regola del 34% ai fini della destinazione alle regioni del Mezzogiorno delle risorse ordinarie in conto capitale, in proporzione alla popolazione di riferimento.

La regola, introdotta in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 243 del 2016, con l'inserimento nel testo dell'articolo 7-bis, è stata oggetto di numerose modifiche, ad opera dell'articolo 1, commi 597 e 598, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), quindi ridefinita dall'articolo 1, comma 310, dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019) e, da ultimo, integrata dall'articolo 30 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (decreto Mille proroghe).

In sostanza, la disposizione introduce, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore degli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, disponendo che le Amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare all'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, 34% degli stanziamenti).

La legge di bilancio per il 2020 (art. 1, comma 310, L. n. 160/2019) è, in particolare, intervenuta sulla disciplina indicando come unico criterio di riferimento per l'assegnazione differenziale delle risorse in favore del Mezzogiorno quello della popolazione.

Per quanto riguarda le risorse oggetto di ripartizione differenziale, la nuova formulazione introdotta dalla legge n. 160/2019 considera le risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, da assegnare sull'intero territorio nazionale, per i quali non si abbiano criteri o indicatori di attribuzione già individuati.

Tale formulazione conferma l'esclusione, dalla regola del 34%, delle risorse nazionali aggiuntive iscritte sul Fondo sviluppo e coesione (FSC).

Il Ministro per il Sud e la coesione territoriale aveva svolto alla Camera il 6 maggio 2020 una informativa urgente sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di una quota di investimenti dello Stato e sulle difficoltà della sua applicazione.

Con il D.P.C.M. 21 gennaio 2021 è stata finalmente definita la modalità di verifica della regola del 34 per cento (aggiornando il precedente D.P.C.M. 10 maggio 2019). Entro il 30 giugno di ogni anno le amministrazioni centrali trasmettono al Ministro per il Sud e la coesione territoriale e al Ministro dell'economia e delle finanze, con apposita comunicazione, l'elenco dei programmi di spesa per opere pubbliche finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull'intero territorio nazionale, indicando, per i singoli programmi di spesa se l'obiettivo che si prefiggono costituisce il riparto di una quota degli stanziamenti proporzionale alla popolazione residente ovvero una quota maggiore, nonché gli ulteriori criteri di ripartizione che si intendono adottare. Entro il 30 giugno dell'anno successivo, le amministrazioni centrali trasmettono al Ministro per il sud e la coesione territoriale e al Ministro dell'economia e delle finanze una comunicazione riportante ogni informazione utile, ai fini della verifica dell'obiettivo di destinare agli interventi nel territorio composto dalle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione residente e al monitoraggio della spesa erogata.

 La strategia per le aree interne del paese

Rientra tra le misure di sostegno alle politiche nazionali e comunitarie volte al superamento degli squilibri socioeconomici territoriali, il rifinanziamento della "Strategia Nazionale per le Aree Interne" (SNAI), che rappresenta una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell'ambito dell'Accordo di Partenariato, diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, e che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.

La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne il legislatore ha stanziato risorse nazionali a partire dall'esercizio 2014 per complessivi 591,2 milioni fino al 2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE).

I finanziamenti statali sono stati finora assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

L'articolo 58 del D.L. n. 77/2021 (c.d. semplificazioni) è intervenuto sul procedimento di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), con finalità di semplificazione, prevedendo che all'attuazione degli interventi si provveda mediante nuove modalità che saranno individuate da una apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), anziché mediante lo strumento dell'Accordo di programma quadro, come previsto dalla normativa previgente.

Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa del decreto-legge (A.C. 3146), a partire dal 2014 e fino al 18 marzo 2021, sono stati sottoscritti 46 Accordi di Programma Quadro (di cui 3 in fase di perfezionamento), mentre ancora 7 sono in condivisione preliminare e 17 in fase di istruttoria; tuttavia, l'estrema complessità della procedura per la sottoscrizione degli Accordi si è rivelata non del tutto adeguata alle finalità assegnate allo strumento, tanto più in considerazione dell'estensione dell'ambito di operatività della Strategia con l'avvio del nuovo periodo di programmazione delle risorse europee e nazionali 2021-2017. Nella Relazione si sottolinea, altresì, il lentissimo avanzamento finanziario nell'utilizzo delle risorse: ad ottobre 2020 i pagamenti erano pari a circa il 5% del totale del costo programmato. Oggi il valore delle risorse destinate ai 46 accordi di programma fin qui sottoscritti è pari a oltre 834 milioni di euro.

Il processo di selezione delle aree, completato nel corso del 2017, ha interessato 72 aree, composte da 1.060 Comuni, da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale. Come illustrato nell'ultima Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree interne, del Dipartimento Politiche di coesione, nel primo semestre 2021 è stato completato il processo di approvazione delle strategie di tutte le 72 aree selezionate nell'ambito della Strategia del ciclo 2014-2020. Al 31 dicembre 2021 risultano sottoscritti 46 Accordi di programma quadro.

L'attenzione per le Aree interne è confermata nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede investimenti per 825 milioni di euro per potenziare servizi e infrastrutture sociali e realizzare farmacie rurali nei Comuni con meno di tremila abitanti, presenti in aree sprovviste dei servizi sanitari di prossimità.

La Strategia Nazionale per le aree interne ha ricevuto ulteriori finanziamenti nell'ambito del c.d. Fondo complementare agli interventi del PNRR, istituito con il D.L. n. 59/2021. In particolare, l'articolo 1, comma 2, lett. c) n. 12, destina 300 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 alla Strategia Nazionale Aree interne, con riferimento specifico al finanziamento del programma per il miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade. I commi 2-quinquies e 2-sexies precisano la destinazione delle risorse, finalizzate ad interventi di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della rete viaria, anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione, e forniscono i criteri di ripartizione delle risorse medesime tra le Aree Interne interessate. Tale finanziamento è stato incrementato di 50 milioni, di cui 20 milioni per l'anno 2023 e di 30 milioni per l'anno 2024, dall'articolo 1, comma 418, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021).  I criteri di ripartizione di tali risorse aggiuntive restano gli stessi già previsti per il riparto delle risorse autorizzate dal Piano complementare; riguardo ai soggetti beneficiari, si prevede che si tenga conto anche delle nuove Aree interne, le quali, nell'ambito del ciclo di programmazione 2021-2027, saranno individuate entro il prossimo 30 settembre 2022 (comma 419).

Inoltre il D.L. n. 120/2021 ha disposto l'utilizzo di quota parte delle risorse già assegnate alla SNAI e non utilizzate alla prevenzione degli incendi boschivi nelle aree interne. Più in particolare, l'articolo 4 del citato decreto-legge dispone che, nell'ambito della Strategia Nazionale per lo sviluppo delle Aree Interne del Paese (SNAI), una quota delle risorse non impegnate autorizzate dall'articolo 1, comma 314, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), nell'importo di 20 milioni per l'anno 2021 e di 40 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, venga destinata al finanziamento di interventi volti a prevenire gli incendi boschivi nelle aree interne del Paese in cui il rischio di incendio è elevato, anche con riguardo alle aree naturali protette di cui all'articolo 8 della legge n. 353/2000 (legge quadro in materia di incendi boschivi).

Tali risorse sono state ripartite con delibera CIPESS 14 aprile 2022, n. 8. In particolare, la delibera assegna  20 milioni di euro (annualita' 2021), al Ministero dell'interno-Corpo nazionale dei vigili del fuoco; 39,8 milioni di euro (annualita' 2022), per il finanziamento di interventi ricadenti nelle 72 aree interne del ciclo 2014-2020, in ragione di quote uguali di circa 553 mila euro per ciascuna area interna; 200.000 euro (annualita' 2022), all'Agenzia per la coesione territoriale per la gestione di una misura di accompagnamento e di assistenza tecnica in favore dei territori coinvolti.

In continuità con quanto sperimentato nel ciclo 2014-2020, la SNAI 2021-2027 proseguirà nel potenziare i servizi di cittadinanza e nel promuovere iniziative per lo sviluppo economico e l'occupazione delle aree interne selezionate, con l'allargamento della Strategia, attraverso l'ingresso di nuove aree e la promozione di misure a sostegno delle aree interne nel loro insieme. Gli interventi saranno sostenuti dai Fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027, ma anche da risorse nazionali legate principalmente al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.

È stata già avviata la procedura per individuare le aree che entreranno a far parte della programmazione 2021-2027, sulla base di quanto definito nell'Accordo di Partenariati italiano, nel quale si assegna alle singole Regioni/Province autonome sia la decisione motivata su se e quali aree SNAI 2014-2020 continuare o meno a sostenere con i programmi 2021-2027, sia l'iniziativa per la proposta di "nuove aree" da candidare al sostegno con il meccanismo della strategia territoriale locale. Criteri per la selezione delle nuove Aree Interne da sostenere nel ciclo 2021-2027, l'Accordo di partenariato prevede che "Le nuove aree progetto saranno selezionate a iniziativa delle Regioni sulla base della mappatura nazionale aggiornata al 2020, dando priorità a comuni periferici e ultraperiferici e considerando, contestualmente, indicatori demografici, economici, sociali o ambientali che evidenzino maggiori criticità rispetto alle altre aree regionali, e la propensione dei Comuni a lavorare nella forma associata richiesta" (sull'istruttoria relativa alla Mappatura delle aree interne 2021-2027, si rinvia al documento del Dipartimento per le politiche di coesione - Presidenza del Consiglio dei Ministri, di gennaio 2022). La Mappa delle Aree interne per il ciclo 2021-2027, inoltre, fa riferimento all'insieme dei Comuni italiani e alla popolazione come da censimento permanente al 2020. Essa è parte integrante del nuovo Accordo di Partenariato 2021-2027 e – unitamente ad altri eventuali indicatori - rappresenta uno dei principali strumenti per l'individuazione delle nuove aree progetto da sostenere, nonché un valido punto di partenza per l'adozione di ulteriori misure di supporto ai territori fragili del nostro Paese.

Ad oggi, sono state attualmente già approvate 39 aree interne, alle quali se ne aggiungeranno altre tuttora in fase istruttoria.

 

Il Fondo di sostegno ai comuni marginali

Si rammenta che, parallelamente alla SNAI, con la legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 313, lett. d), della legge n. 160 del 2019), nell'ambito della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, è stato istituito presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri un apposito Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022. Il fondo è ripartito tra i comuni presenti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione.

A seguito dell'emergenza sanitaria da Covid-19, il D.L. n. 34/2020 ne ha previsto il rifinanziamento, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, allo scopo di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell'epidemia da Covid-19, nonché nella misura di ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati. Le risorse di tale fondo sono reperite a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC).

Con il D.P.C.M. 24 settembre 2020 si è provveduto a ripartire il Fondo, per un ammontare di 210 milioni per il triennio 2020-2022 tra i comuni presenti nelle aree interne (90 milioni per il 2020, 60 per il 2021 e 60 per il 2022).

La legge di bilancio 2021 (articolo 1, commi 196-200) ha ridenominato il "Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne" in "Fondo di sostegno ai comuni marginali", destinando le sue risorse al finanziamento di interventi a supporto della coesione sociale e dello sviluppo economico nelle aree del Paese maggiormente colpite dal fenomeno dello spopolamento e con limitata offerta di servizi alle persone e alle attività economiche.

Il nuovo Fondo è stato quindi ulteriormente integrato di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2021-2027.

Le risorse 2021-2023 sono state ripartite con il DPCM 30 settembre 2021 – Fondo di sostegno ai comuni marginali per gli anni 2021-2023. Si tratta in totale di 180 milioni euro assegnati a 1.187 comuni, selezionati per le loro condizioni particolarmente svantaggiate, in quanto a forte rischio di spopolamento, con un Indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) elevato e con un basso livello di redditi della popolazione residente. Secondo le informazioni  fornite dal Ministro per il sud e la coesione sociale, l DPCM - adottato su proposta del ministro per il Sud e la Coesione territoriale - individua 1.101 comuni meridionali, ai quali andranno oltre 171 milioni di euro (il 95,2% del totale), 52 comuni dell'Italia centrale (per 5,5 milioni di euro) e 34 del Nord (3,1 milioni di euro). L'elenco completo dei comuni beneficiari e del relativo contributo assegnato è disponibile qui.

La legge di bilancio 2021 ha ulteriormente rifinanziato il Fondo, nell'importo di 48 milioni per il 2021, di 43 milioni  per il 2022 e di 45 milioni per il 2023, per la finalità specifica di realizzare, in comuni di specifici territori, interventi di sostegno alle attività economiche finalizzati al contrasto dei fenomeni di deindustrializzazione e impoverimento del tessuto produttivo, di cui 15 milioni a valere sulle risorse del FSC 2021-2027.

Al riparto di tali risorse del Fondo si provvede con DPCM. Tale ulteriore finanziamento è destinato a quei territori indicati all'articolo 3 della legge n. 646 del 1950 (Aree di intervento della Cassa per il Mezzogiorno) che non siano ricomprese nelle regioni del Mezzogiorno.

Da ultimo, il D.L. n. 73/2021 (c.d. Sostegni-bis) è intervenuto a precisare che le risorse del Fondo di sostegno ai comuni marginali destinate a specifici territori per contrastare fenomeni di deindustrializzazione, sono assegnate, in pari misura, ai consorzi industriali ricadenti nei territori beneficiari, e non già agli enti comunali.

ultimo aggiornamento: 22 settembre 2022
 
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