provvedimento 14 ottobre 2021
Studi - Lavoro Modifiche al codice di cui al D.Lgs. n. 198/2006, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo

È stata pubblicata la legge n. 162 del 2021 che reca disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi.

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Il Testo in esame si compone di sei articoli.

 

L'articolo 1 dispone che la relazione biennale relativa ai risultati del monitoraggio sull'applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del Codice delle pari opportunità sia presentata al Parlamento dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità - e non, come attualmente previsto dall'art. 20 del D.Lgs. 198/2006, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali - anche sulla base del rapporto che i medesimi soggetti elaborano entro il 31 marzo di ogni anno sulla propria attività e su quella dalla Conferenza nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità, nonché, come già previsto, delle indicazioni fornite dal Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.

In sede di prima applicazione, la consigliera o il consigliere nazionale di parità presentano la suddetta relazione entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della legge in esame.

 

L'articolo 2 integra la nozione di discriminazione diretta e indiretta di cui all'art. 25 del D.Lgs. 198/2006.

Sotto il primo aspetto, si amplia il novero dei soggetti nei confronti dei quali può essere adottato un comportamento direttamente discriminatorio, inserendo tra questi non solo i lavoratori e le lavoratrici, come attualmente previsto, ma anche le candidate e i candidati in fase di selezione del personale.

Sotto il secondo aspetto, vengono inseriti tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono o possono mettere i lavoratori o i candidati in fase di selezione del personale di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

Conseguentemente – con la sostituzione del comma 2-bis del richiamato articolo 25 – viene ridefinito il contenuto dell'atto discriminatorio disponendo che costituisce discriminazione ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:

-        posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;

-        limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;

-        limitazione dell'accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera

 Rispetto alla formulazione attuale del richiamato comma 2-bis, l'articolo 2 in commento da un lato estende la discriminazione anche alle modifiche dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro, nonché ai trattamenti che possono generare situazioni di svantaggio in relazione al sesso e all'età anagrafica (e non solo allo stato di gravidanza o di maternità e paternità, anche adottive, come attualmente previsto), ma, dall'altro, dispone che tale discriminazione ricorre solo quando pone il lavoratore in almeno una delle suddette condizioni.

 

L'articolo 3 interviene sulle modalità di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro - che in base alla normativa vigente deve essere presentato dalle aziende con più di cento dipendenti -, nonché sulle sanzioni in caso di inottemperanza all'obbligo di presentazione del predetto rapporto.

In particolare:

  • si estende l'obbligo di redazione del suddetto rapporto biennale anche alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (in luogo degli oltre 100 attualmente previsti). Inoltre, viene stabilita la cadenza biennale del rapporto, in luogo dell'attuale previsione in base alla quale il rapporto deve essere redatto almeno ogni due anni;
  • si riconosce la possibilità di redigere il suddetto rapporto anche alle aziende che occupano fino a cinquanta dipendenti;
  • che la redazione avvenga in modalità esclusivamente telematica, contestualmente ampliando il novero dei soggetti destinatari della trasmissione del rapporto medesimo, disponendo che lo stesso sia trasmesso dalla consigliera e dal consigliere regionale di parità anche alle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro, al CNEL e all'Istat, oltre che, come attualmente previsto, alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità;
  • si consente che l'accesso ai dati contenuti nei rapporti sia consentito altresì alle consigliere e ai consiglieri di parità delle città metropolitane e degli enti di area vasta, con riferimento alle aziende aventi sede legale nei territori di rispettiva competenza;
  • la pubblicazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in un'apposita sezione del proprio sito internet istituzionale, dell'elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e di quelle che non lo hanno trasmesso;
  • che il rapporto sia redatto sulla base di quanto disposto da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delegato per le pari opportunità.

Il predetto DM definisce:

  1. le indicazioni per la redazione del rapporto, comprendenti il numero dei lavoratori occupati distinti per sesso, il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza, il numero degli eventuali lavoratori distinti per sesso assunti nel corso dell'anno, le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso, l'inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato (anche con riferimento alla distribuzione fra i lavoratori dei contratti a tempo pieno e a tempo parziale), l'importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, dei bonus e di ogni altro beneficio in natura ovvero di qualsiasi altra erogazione che abbia eventualmente riconosciuto a ciascun lavoratore. I predetti dati non devono indicare l'identità del lavoratore;
  1. le modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell'azienda interessata, nel rispetto della tutela dei dati personali, al fine di usufruire della tutela giudiziaria prevista dal provvedimento in esame;
  2. l'obbligo di inserire nel rapporto informazioni e dati sui processi di selezione e di reclutamento, sulle procedure utilizzate per l'accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sugli strumenti e sulle misure resi disponibili per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera;
  3. le modalità di trasmissione alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, entro il 31 dicembre di ogni anno, dell'elenco, redatto su base regionale, delle aziende con più di 50 dipendenti tenute all'obbligo di redazione del rapporto, nonché le modalità di trasmissione alle consigliere e ai consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta degli elenchi riferiti ai rispettivi territori

 In merito alle sanzioni in caso di inottemperanza all'obbligo di presentazione e di redazione del predetto rapporto:

  • se l'inottemperanza si protrae per oltre dodici mesi rispetto al termine di 60 giorni entro cui le aziende che non hanno adempiuto all'obbligo di redazione del rapporto sono tenute a provvedere, si dispone l'applicazione della sanzione, attualmente prevista invece come facoltativa, della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda possibilità;
  • la verifica della veridicità dei rapporti è affidata all'Ispettorato nazionale del lavoro, nell'ambito delle sue attività. Nel caso di rapporto mendace o incompleto si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro

 Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle suddette disposizioni nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L'articolo 4 prevede l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della certificazione della parità di genere, al fine di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Ad uno o più DPCM – da adottarsi su proposta del Ministro con delega alle pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico – viene demandata la definizione:

  • dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende con più o meno di 50 dipendenti, a cui sono attribuiti, sulla base delle modifiche introdotte dal provvedimento in esame, rispettivamente, l'obbligo o la facoltà di redigere il rapporto sulla situazione del personale. Tali parametri devono riferirsi in particolare alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche rispetto alle lavoratrici in stato di gravidanza;
  • delle modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • delle modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri territoriali e regionali di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei suddetti parametri;
  • delle forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

Si prevede, altresì, l'istituzione di un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese - ai cui componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati - costituito da rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali ed esperti individuati secondo modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico.

   

L'articolo 5 riconosce per il 2022 uno sgravio contributivo parziale - ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche - alle aziende private in possesso della predetta certificazione di pari opportunità.

L'esonero - operativo dal 1° gennaio 2022 e concesso nel rispetto del limite di spesa di 50 milioni di euro - è determinato in misura non superiore all'1 per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delegato per le pari opportunità) da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno, assicurando il rispetto del limite di spesa di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2022.

Ai relativi oneri, pari a 50 milioni di euro per il 2022, si provvede ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, mediante riduzione per 70 milioni di euro per il 2022 dello stanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'art. 18, co. 1, lett. a), del D.L. 185/2008). Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Si precisa, altresì, che il suddetto beneficio può essere previsti anche per gli anni successivi al 2022, a condizione che sia previamente emanato apposito provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie, anche sulla base dell'andamento del medesimo beneficio.

Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della predetta certificazione della parità di genere, lo stesso articolo 5 riconosce, inoltre, un punteggio premiale per la valutazione, da parte di Autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta. Resta fermo quanto disposto dall'art. 47 del D.L. 77/2021 che prevede l'eventuale assegnazione di un punteggio aggiuntivo all'offerente o al candidato che rispetti determinati requisiti, nell'ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con risorse del PNRR o del Piano nazionale per gli investimenti complementari.

 

L'articolo 6 reca disposizioni volte a incentivare l'equilibrio di genere negli organi amministrativi delle società pubbliche non quotate, prevedendo che a tali società si applichino le norme in tema di equilibrio di genere nell'organo di amministrazione disposte dall'articolo 147-ter, comma 1-.ter, del Testo Unico dell'intermediazione finanziaria – TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998).

Più in dettaglio le norme proposte dispongono l'estensione del criterio di riparto degli amministratori delle società quotate volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, che trova applicazione per sei mandati consecutivi e in base al quale il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti (ossia il 40 per cento, ex art. 147-ter, c. 1-ter, del D.Lgs. 58/1998) – anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati.

Conseguentemente, si dispone che, con regolamento da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate le modifiche al Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, non quotate in mercati regolamentati, di cui al DPR 251/2012.

Per approfondimenti si rinvia al Dossier di documentazione

ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2021
 
temi di Politiche per il lavoro e previdenziali