provvedimento 8 ottobre 2019
Studi - Bilancio La Nota di aggiornamento del DEF 2019

Nella seduta del 10 ottobre la Camera ha approvato la risoluzione sulla Nota di aggiornamento al DEF 2019.

La Nota di aggiornamento del DEF rappresenta lo strumento attraverso il quale il Governo aggiorna le previsioni economiche e di finanza pubblica del DEF in relazione alla maggiore stabilità e affidabilità delle informazioni disponibili sull'andamento del quadro macroeconomico. Il documento contiene l'aggiornamento degli obiettivi programmatici, le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione Europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma, anticipando i contenuti della successiva manovra di bilancio.

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Le Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato hanno effettuato sulla Nota di aggiornamento del DEF 2019 un ciclo di audizioni congiunte, nel corso delle quali è stata depositata la seguente documentazione:

CNEL

Corte dei conti

Ufficio parlamentare di Bilancio

Banca d'Italia

ultimo aggiornamento: 8 ottobre 2019

Il quadro macroeconomico tendenziale

La Nota di aggiornamento del DEF 2019 (di seguito: "Nota") presenta una revisione al ribasso delle stime sull'andamento dell'economia italiana per l'anno in corso (2019) e per il triennio successivo (2020-2022) rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione del permanere di una sostanziale debolezza degli indicatori congiunturali per la seconda parte dell'anno, dovuta al fatto che il rallentamento del ciclo economico mondiale, considerato fino a pochi mesi fa un fenomeno temporaneo, sembra ora invece destinato ad incidere sulla dinamica della crescita economica anche nel medio periodo.

In particolare la Nota rivede la previsione tendenziale di crescita del PIL, rispetto al quadro programmatico definito nel DEF, allo 0,1 per cento nel 2019, allo 0,4 per cento nel 2020, allo 0,8 per cento nel 2021 e all'1,0 nel biennio 2020-2021.

La revisione maggiore si concentra nel 2020, con un ribasso di 4 decimi di punto, anno in cui si sconta la revisione degli effetti di trascinamento della minore crescita del 2019.

L'impatto complessivo dei cambiamenti delle variabili esogene sulla crescita del PIL è valutato pari a -0,1 punti percentuali per il 2019, nullo per il 2020 e positivo per il 2021 e 2022, in particolare per effetto di un miglioramento dei rendimenti sui titoli di Stato.

 

Il quadro macroeconomico programmatico

Per quanto concerne lo scenario programmatico, la Nota prevede che la manovra di finanza pubblica per il 2020, che comprenderà la disattivazione dell'aumento dell'IVA, la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, il rilancio degli investimenti pubblici, l'aumento delle risorse per istruzione e ricerca e il rafforzamento del sistema sanitario, consentirà di realizzare una crescita del PIL reale pari allo 0,6 per cento nel 2020, che salirebbe all'1,0 per cento nel 2021 e nel 2022.

Nel 2020, in particolare, il mancato aumento dell'IVA previsto dalla legislazione vigente porta, da un lato, ad una maggiore crescita della domanda interna e, dall'altro, ad un incremento più contenuto dei deflatori dei consumi e del PIL, con un effetto netto positivo sul PIL reale e su altre variabili macroeconomiche, tra cui l'occupazione.

ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2019

Le previsioni a legislazione vigente 

 

Per quanto riguarda i saldi di finanza pubblica, le previsioni tendenziali indicano, per tutti gli esercizi considerati, una riduzione dell'indebitamento netto (deficit) rispetto alle previsioni del DEF 2019. In particolare, in rapporto al PIL, la stima del deficit 2019 si attesta al 2,2 per cento del PIL (rispetto al 2,4 già indicato nel DEF), per l'effetto congiunto del miglioramento dell'avanzo primario (dall'1,2 per cento all'1,3 per cento) e della riduzione della spesa per interessi (dal 3,6 al 3,4 per cento). Le previsioni per gli anni successivi, che incorporano gli aumenti dell'IVA previsti a legislazione vigente, indicano un deficit all'1,4 per il 2020, all'1,1 per cento per il 2021 e allo 0,9 per il 2022 (a fronte del 2,0 per cento, dell'1,8 per cento e dell'1,9 per cento previsto, per i medesimi anni, nel DEF). Una analoga dinamica di riduzione rispetto alle previsioni del DEF è prevista per l'indebitamento netto strutturale (ossia calcolato al netto delle misure una tantum e depurato della componente ciclica del saldo), che risulta pari all'1,2 per cento per il 2019, allo 0,5 per cento per il 2020 e allo 0,4 per cento per il 2021 e il 2022.Tale dinamica, basata sulla legislazione vigente, tiene conto degli effetti sul quadro di finanza pubblica degli aumenti di imposte indirette ("clausole di salvaguardia") con aumenti del gettito dal 2020 (circa 23 mld) e dal 2021 (28,7 mld). I dati sulla pressione fiscale, incorporando tale impatto, mostrano quindi, sia al lordo che al netto degli effetti del beneficio degli 80 euro, una riduzione nei valori di consuntivo per il 2018 e nelle previsioni riferite alle annualità successive.

 

 Il quadro programmatico

 

Nel complesso, gli indicatori di finanza pubblica prevedono un sostanziale scostamento dei valori programmatici rispetto a quelli tendenziali, riconducibile in larga misura alla prevista sterilizzazione delle clausole di salvaguardia IVA.

 L'indebitamento netto strutturale è stimato pari a -1,2% del PIL nel 2019 (con un miglioramento di 0,3 percentuali rispetto all'anno precedente), a -1,4% nel 2020, a -1,2% nel 2021 e a -1,0 nel 2022. L'avanzo primario mostra una dinamica differenziata negli anni, con una riduzione per il 2019 all'1,3% e per il 2020 all'1,1%, mentre nel 2021 e 2022 si prevede un aumento all'1,3% e 1,6%. Il saldo del settore statale vedrà un peggioramento nel 2020 (-2,5%) rispetto al 2019 (-2,3%) per poi avviarsi verso un percorso di riduzione entro il 2022 (-1,3%). La dinamica degli interessi passivi è prevista in diminuzione, dal 3,7% del 2018 al 2,9% del 2022 (a fronte del 3,8% del 2022 previsto dal DEF 2019), per effetto della migliore performance dei titoli del debito pubblico italiano rispetto alle stime del DEF 2019.

 

Il rapporto debito-PIL

 

Il Governo stima un rapporto debito/PIL nel 2019 del 135,7%, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Il DEF stimava invece un rapporto del 132,6%. La differenza è dovuta al maggior debito risultante dalle revisioni statistiche, alla minor crescita del PIL nominale rispetto alle attese e al mancato realizzo dei proventi da privatizzazioni ipotizzati dal precedente Governo nella misura dell'1% del PIL. Nel triennio successivo, la combinazione di una riduzione del fabbisogno di liquidità del settore pubblico, della crescita del PIL nominale e di proventi da privatizzazioni (pari allo 0,2% del PIL all'anno nel prossimo triennio) porterà il rapporto debito/PIL su un sentiero decrescente, ossia al 135,2% nel 2020, 133,4% nel 2021 e 131,4% nel 2022).

 Pur ribadendo la volontà di assicurare la sostenibilità del debito pubblico, confermata dal profilo discendente assunto dal rapporto debito/PIL nell'orizzonte di programmazione, la normativa europea sul debito pubblico (cd. regola del debito) non viene rispettata, in quanto richiederebbe (nella versione forward looking, che è la più favorevole) il raggiungimento di un rapporto debito/PIL pari al 128% nel 2021, mentre il quadro programmatico della Nota stima per lo stesso anno un rapporto del 133,4%, con un divario di 5,4 punti percentuali.

Ciò riflette, secondo il Governo, la ridotta crescita del PIL nominale e l'eccessiva rigidità della regola stessa, sia relativamente all'obiettivo finale (valore del 60% per il rapporto debito/PIL) sia relativamente all'arco temporale previsto per il suo raggiungimento (venti anni). Il Governo sottolinea inoltre che l'avanzo primario che sarebbe necessario conseguire per rispettare la regola rischia di rendere più difficile il rafforzamento della crescita.

ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2019

Per quanto concerne gli interventi previsti nella prossima manovra di bilancio la Nota richiama la disattivazione dell'aumento dell'IVA, il finanziamento delle politiche invariate e il rinnovo di altre politiche in scadenza (tra cui gli incentivi a Industria 4.0), nonché ulteriori misure mirate a stimolare la crescita,  quali la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, il rilancio degli investimenti pubblici, l'aumento delle risorse per istruzione e ricerca scientifica e tecnologica, il sostegno e rafforzamento del sistema sanitario universale.

Le risorse aggiuntive per la riduzione del cuneo fiscale nel 2020 ammontano a 0,15 punti percentuali di PIL, che saliranno a 0,3 punti nel 2021. Nel complesso le risorse per il finanziamento degli interventi previsti dalla manovra di bilancio per il 2020 sono pari a quasi 0,8% del PIL.

 Le coperture saranno assicurate mediante misure di efficientamento della spesa pubblica e di revisione o soppressione di disposizioni normative vigenti, per un risparmio di oltre 0,1 punti percentuali di PIL; nuove misure di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali, nonché interventi per il recupero del gettito tributario, anche attraverso una maggiore diffusione dell'utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili, per un incremento totale del gettito pari a 0,4% del PIL; riduzione delle spese fiscali e dei sussidi dannosi per l'ambiente e nuove imposte ambientali, che nel complesso aumenterebbero il gettito di circa lo 0,1% del PIL; altre misure fiscali, fra cui la proroga dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione di terreni e partecipazioni, per oltre 0,1 punti percentuali.

Secondo il Governo lo scenario macroeconomico in cui si muove la Nota tiene conto del marcato rallentamento della crescita che, iniziato nella seconda metà del 2018, si è consolidato a partire dal 2019, nonché del divario tra il prodotto effettivo e quello potenziale (output gap), che si è allargato rispetto all'anno precedente per effetto delle più sfavorevoli condizioni cicliche.

La manovra per il triennio 2020-2022 punta a preservare la sostenibilità della finanza pubblica e a creare al contempo spazi fiscali per completare l'attuazione delle politiche di inclusione e attivazione del lavoro già in vigore, nonchè per rilanciare la crescita economica nel segno della sostenibilità ambientale e sociale (Green New Deal). Più specificamente, per quanto concerne l'aggiustamento strutturale richiesto dalle regole europee, il Governo, nell'ottica di un auspicabile orientamento della politica di bilancio dell'area euro verso uno stimolo alla crescita e tenuto conto della necessità di invertire la tendenza all'aumento del rapporto debito/PIL, punta a un saldo strutturale in rapporto al PIL quasi invariato nel 2020 (+1,4%), con l'impegno a migliorare il saldo strutturale negli anni successivi. Il Governo fa presente che la scelta effettuata contempera l'esigenza di ricondurre verso il basso l'evoluzione del rapporto debito/PIL e di non correre il rischio, soprattutto nel breve periodo, di effettuare politiche pro-cicliche. In un contesto economico ancora debole, in cui dovrebbero presentarsi i primi segnali di ripresa del ciclo internazionale, sarebbe inopportuno dare luogo ad eccessive strette fiscali, per cui misure di portata maggiore rispetto a quelle necessarie per compensare gli effetti sul bilancio della disattivazione delle clausole IVA sarebbero controproducenti.

ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2019
 
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