È all'esame della Commissione Affari esteri della Camera, in sede referente, la proposta di legge A.C. 2313, d'iniziativa della deputata Iolanda Di Stasio ed altri, concernente l'istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale. La relazione introduttiva al provvedimento ne rinviene i presupposti giuridici nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata e resa esecutiva dal nostro Paese ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689.
L'UNCLOS è uno dei più importanti risultati dell'attività di codificazione del diritto internazionale intrapresa nel quadro delle Nazioni Unite. Molte delle previsioni della Convenzione, peraltro, facevano già parte del diritto internazionale consuetudinario, ma non v'è dubbio che la loro puntuale codificazione, con la previsione tra l'altro di meccanismi ben definiti di risoluzione delle controversie, abbia costituito un progresso notevole sul piano giuridico-internazionale. Conclusa dopo circa un quindicennio di lavori preparatori nel quadro della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la Convenzione si configura come un codice esaustivo volto a regolare i comportamenti degli Stati sui mari e sugli oceani, nonché lo sfruttamento delle risorse e la salvaguardia dell'ambiente naturale in tali ambiti.
La ratio della Convenzione deve essere rinvenuta nel superamento delle quattro Convenzioni adottate nella Conferenza di Ginevra del 29 aprile 1958, che coprivano le materie dell'alto mare, del mare territoriale e della zona ad esso contigua, della piattaforma continentale, della pesca e preservazione delle risorse biologiche marine.
L'Italia aveva proceduto a ratificare le due Convenzioni sull'alto mare e sul mare territoriale (con la legge 8 dicembre 1961, n. 1658) , mentre aveva attuato nella propria legislazione interna la Convenzione sulla piattaforma continentale.
La necessità di superare le Convenzioni del 1958 va posta in relazione a profondi mutamenti dell'assetto degli equilibri, a partire dagli anni Sessanta, quando subì una forte accelerazione il processo di decolonizzazione, con il relativo forte incremento nel numero degli Stati del mondo, molti dei quali naturalmente portati a rivendicare i propri diritti sulle risorse naturali di loro prossimità, potenzialmente esposte, tuttavia, allo sfruttamento completo solo da parte degli Stati più industrializzati, in possesso delle più avanzate tecnologie. Inoltre, il rapido progresso delle prospezioni petrolifere marine poneva nuovi problemi inerenti alla salvaguardia del patrimonio ittico e dell'ambiente marino.
La messa a punto della Convenzione di Montego Bay, che consta di 320 articoli e 9 Allegati, adeguava il diritto del mare anzitutto al riconoscimento degli interessi degli Stati costieri, espandendone i poteri sui mari adiacenti, in particolare con la previsione dell'istituto giuridico della zona economica esclusiva.
Nella Convenzione veniva altresì riconosciuto l'interesse collettivo a preservare l'ambiente marino, consentendo nel contempo lo sfruttamento di talune risorse minerarie al di là della giurisdizione marina nazionale dei vari Stati. La Convenzione provvede a riconoscere la tradizionale libertà di movimento e di comunicazione in mare ed un articolato sistema di risoluzione delle controversie prevede la possibilità di mantenere un equilibrio tra i diversi e talora contrapposti interessi mediante un controllo giurisdizionale della corretta applicazione della Convenzione.
Nella Convenzione del 1982 appaiono strettamente correlate le nozioni di "zona economica esclusiva" (ZEE) e di "piattaforma continentale" (PC).
La zona economica esclusiva, disciplinata dalla Parte V della Convenzione, può estendersi tassativamente non oltre le 200 miglia dalle linee di base da cui è misurata l'ampiezza del mare territoriale (188 miglia dal mare territoriale). A differenza della PC, per poter divenire effettiva, deve essere oggetto di una proclamazione ufficiale da parte dello Stato costiero, notificata alla Comunità internazionale.
Il regime di delimitazione delle ZEE tra Stati con coste adiacenti od opposte, analogamente a quello previsto per la piattaforma continentale, deve farsi per accordo in modo da raggiungere un'equa soluzione.
In tale zona di mare lo Stato costiero:
Nella ZEE tutti gli Stati, costieri e privi di litorale, hanno libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di cavi e condotte sottomarine. Inoltre, lo Stato interessato può consentire loro di esercitare la pesca, qualora la propria capacità di sfruttamento sia inferiore al volume massimo di risorse ittiche sfruttabili(Total Allowable Catch), fissato dallo stesso Stato costiero ed in forza di accordi bilaterali conclusi con i relativi Stati di appartenenza tenuto conto, in particolare, della necessità degli Stati che non hanno sbocchi sul mare (land-locked) o geograficamente svantaggiati
Le previsioni della Convenzione in materia di pesca sono la manifestazione più evidente di come l'interesse alla conservazione ed allo sfruttamento delle risorse non sia soltanto dello Stato costiero, ma dell'intera Comunità internazionale.
Indubbiamente la disciplina convenzionale attribuisce allo Stato costiero nella ZEE vantaggi prima sconosciuti: basti pensare al regime del consenso previsto per le attività di ricerca scientifica poste in essere da navi straniere o al regime delle autorizzazioni per quanto riguarda le isole ed installazioni artificiali fisse o alla giurisdizione ai fini della protezione dell'ambiente marino contro l'inquinamento.
Assai articolati appaiono inoltre i poteri di uso della forza (art. 73 dell'UNCLOS) che lo Stato costiero può esercitare a tutela dei propri diritti di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse biologiche nella propria ZEE; poteri coercitivi che comprendono l'abbordaggio, l'ispezione, il fermo e la sottoposizione a procedimento giudiziario.
Sono, comunque, garantiti i diritti di navigazione e di sorvolo, senza distinzione tra unità militari e mezzi civili, nonché di posa in opera di condotte e cavi sottomarini.
In buona sostanza, si può affermare che nella ZEE tutte le attività concernenti l'utilizzazione delle risorse rientrano nelle competenze dello Stato costiero, mentre tutte le attività relative alle comunicazioni internazionali restano comprese fra i diritti degli Stati terzi.
E' importante soggiungere che, a prescindere dalla proclamazione della ZEE, il suo esercizio può tuttavia essere attuato in modo parziale, relativamente all'ambiente marino, o alla pesca, o anche ad entrambe. A questo fine alcuni Stati - tra i quali l'Italia - hanno creato zone di protezione ecologica (ZPE) ovvero zone di riserva o protezione della pesca (ZRP/PP). Benché tali zone non siano espressamente previste da norme positive, la prassi internazionale ne ammet-te l'istituzione quali zone sui generis costituenti un minus, alle quali si applica in via analogica, la normativa prevista dall'UNCLOS per le ZEE relativamente ad estensione, delimitazione ed esercizio di poteri di enforcement.
La piattaforma continentale, disciplinata dalla parte VI dell'UNCLOS, costituisce l'area sottomarina che si estende al di là delle acque territoriali, attraverso il prolungamento naturale del territorio emerso, sino al limite esterno del margine continentale, o sino alla distanza di 200 miglia dalle linee di base, qualora il margine continentale non arrivi a tale distanza. Quello delle 200 miglia è, in definitiva, considerato dalla Convenzione come il limite minimo della piattaforma continentale.
L'UNCLOS - nel superare la tradizione concezione geomorfologica adottata dalla Convenzione di Ginevra del 1958 - ha adottato criteri diversi, che prescindono dalla nozione "geografica" o "morfologica" della piattaforma stessa. E' stato così stabilito che la piattaforma continentale si estenda, alternativamente:
Sulla PC lo Stato costiero esercita diritti sovrani con riferimento all'esplorazione e sfruttamento delle risorse naturali della stessa, ossia le risorse minerarie (ad esempio, gli idrocarburi) e le risorse biologiche sedentarie (organismi viventi che rimangono immobili sulla piattaforma o che si spostano rimanendo sempre in contatto con il fondo marino.
Agli Stati terzi, invece, spettano le "tradizionali libertà" dell'alto mare alle condizioni stabilite dallo Stato costiero: a) navigazione; b) sorvolo; c) pesca (salvo che non vi sia l'esistenza di zone riservate o zone economiche esclusive nella zona d'acqua sovrastante); d) posa di cavi e condotte sottomarine.
I diritti dello Stato costiero sulla propria piattaforma continentale gli appartengono ab origine e perciò non hanno bisogno di proclamazione. Inoltre, a differenza del diritto di sovranità sul mare territoriale, tali diritti:
Un problema molto delicato, data la vastità delle aree marine impegnate dai poteri degli Stati costieri sulla piattaforma continentale, è quello della delimitazione della piattaforma tra Stati costieriche si fronteggiano o che sono adiacenti. A tal proposito, la Convenzione di Montego Bay (art. 83) impone agli Stati di concordare una delimitazione tra loro, sulla base del diritto internazionale, in modo da raggiungere una "soluzione equa", abbandonando il criterio della "linea mediana" che era stabilito nella Convenzione di Ginevra, nel caso in cui non si raggiunga l'accordo tra Stati frontisti o limitrofi.
Nel Bacino mediterraneo - dove la distanza tra le coste opposte è sempre inferiore a 400 miglia - a fronte dell'esigenza di tutelare le proprie risorse ittiche dal continuo depauperamento messo in atto da flotte pescherecce provenienti dall'Estremo Oriente o con la finalità proteggere le loro coste dai rischi di inquinamento, molti Stati hanno già istituito da tempo delle ZEE o delle zone in cui esercitare parte dei diritti funzionali relativi alle ZEE (v. sopra).
In questo senso si sono orientati alcuni Stati contigui o frontisti dell'Italia e segnatamente la Croazia (con decisione del Parlamento del 3 ottobre 2003), la Francia, che ha trasformato in ZEE la preesistente Zona di protezione ecologica (decreto del 12 ottobre 2012), la Spagna (con decreto reale del 5 aprile 2013 che ha trasformato la preesistente Zona di protezione della pesca), la Tunisia (con provvedimento del 27 giugno 2005), la Libia (con decisione della Commissione generale del Popolo del 31 maggio 2009 che ha trasformato in ZEE la precedente Zona di protezione della pesca; con un ulteriore, recentissimo accordo, in data 27 novembre 2019, ha delimitato i confini marittimi con la Turchia).
Tra gli altri Stati mediterranei che hanno proceduto ad istituire proprie ZEE si ricordano Cipro, Egitto, Israele, Libano, Marocco, Monaco, Siria e Turchia.
Secondo quanto dichiarato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, D'Incà, in esito all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, n. 3-01287, del 5 febbraio scorso, presentata dal deputato Claudio Borghi, Algeri ha disatteso l'articolo 74 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che richiede agli Stati, nelle more di un accordo di delimitazioni, di cooperare in buona fede con gli Stati vicini e di non compromettere o ostacolare il raggiungimento dell'accordo finale con comportamenti lesivi degli interessi degli altri Stati.
L'Italia è stato il primo e il più attivo degli Stati del Mediterraneo ad avviare negoziato per la conclusione di numerosi accordi di delimitazione della piattaforma continentale: in particolare, quello stipulato con Belgrado fu il primo accordo di delimitazione negoziato nel Bacino mediterraneo, concluso a Roma l'8 gennaio 1969 e reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1969, n,. 830).
Si segnalano inoltre i seguenti accordi:
- con la Tunisia, in base ad un accordo concluso a Tunisi il 20 agosto 1971 (ratificato ai sensi della legge 3 giugno 1978, n. 347);
- con la Spagna, in base ad un accordo concluso a Madrid il 19 febbraio 1974 (ratificato ai sensi della legge 3 giugno 1978, n. 348);
- con la Grecia, in base ad un accordo concluso ad Atene il 24 maggio 1977 (ratificato ai sensi della legge 23 maggio 1989, n. 290);
- con l'Albania, in base ad un accordo concluso a Tirana il 18 dicembre 1992 (ratificato ai sensi della legge 12 aprile 1995, n. 147).
Per quanto riguarda Malta, a seguito di scambio di Note verbali del 29 aprile 1970 tra i rispettivi Ministri degli affari esteri, l'Italia ha instaurato un modus vivendi riguardante la delimitazione parziale ed a carattere provvisorio di una porzione della piattaforma continentale.
E' importante altresì ricordare che, a seguito della proclamazione di zone economiche di protezione della pesca da parte di Algeria, Spagna, Croazia e Libia e dopo la proclamazione di una zona di protezione ecologica da parte francese, con la legge 8 febbraio 2006, n. 61, il nostro Paese ha autorizzato l'istituzione di zone di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale e fino ai limiti previsti dal successivo comma 3 quali risultanti da appositi accordi con gli Stati il cui territorio fronteggia quello italiano o è ad esso adiacente.
La normativa prevede in particolare che nelle zone di protezione ecologica in tal modo istituite il nostro Paese eserciti la propria giurisdizione in materia di protezione dell'ambiente marino e del patrimonio archeologico e storico. Entro tali zone di protezione ecologica trovano applicazione le norme del diritto italiano, del diritto dell'Unione europea e dei trattati internazionali di cui l'Italia è parte in materia di prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, come anche in materia di protezione dei mammiferi e della biodiversità, nonché del patrimonio archeologico e storico. Per quanto concerne le attività di pesca, invece, una successiva modifica del comma 3 rinvia a quanto previsto dal Regolamento UE n. 1380 del 2013.
In esecuzione della legge n. 61/2016 è stato emanato, con il DPR 27 ottobre 2011, n. 209, il regolamento recante istituzione di zone di protezione ecologica del Mediterraneo nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno.
L'articolo 1, al comma 1, autorizza l'istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale italiano; al comma 2, prevede che tale zona sia istituita con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da notificare agli Stati il cui territorio è adiacente al territorio dell'Italia o lo fronteggia.
Sulla scorta del comma 3, i limiti esterni della ZEE verranno determinati sulla base di accordi con gli Stati il cui territorio è adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more della stipula di detti accordi, i limiti esterni della zona economica esclusiva sono definiti provvisoriamente in modo da non ostacolare o compromettere la conclusione dei summenzionati accordi.
L'articolo 2, al comma 1, prevede che all'interno della ZEE l'Italia eserciti i propri diritti sovrani in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, anche ai fini di altre attività connesse con l'esplorazione e con lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall'acqua, dalle correnti e dai venti; giurisdizione, in conformità alla citata Convenzione, relativamente all'installazione e all'utilizzazione di isole artificiali, di impianti e di strutture, alla ricerca scientifica marina, nonché alla protezione e alla preservazione dell'ambiente marino.
Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che all'interno della ZEE si applichino, anche nei confronti delle navi battenti bandiera straniera e delle persone di nazionalità straniera, le norme del diritto italiano, del diritto dell'Unione europea e dei trattati internazionali in vigore per l'Italia. Si valuti l'eventualità di sopprimere tale formulazione, meramente ripetitiva di un principio generale in ordine al rispetto delle fonti normative.
Infine l'articolo 3, comma 1, è dedicato ai diritti degli altri Stati all'interno della ZEE proclamata dall'Italia: in particolare, sono salvaguardati, in applicazione dell'UNCLOS, l'esercizio della libertà di navigazione e di sorvolo, nonché di messa in opera di condotte e cavi sottomarini. In questo caso si valuti l'opportunità d'inserire, al posto del mero riferimento ai diritti degli Stati terzi nella ZEE previsti dall'UNCLOS, un riferimento più ampio ai diritti riconosciuti dal diritto internazionale generale o pattizio ai medesimi soggetti.
L'attuazione della proposta di legge in esame, sulla base della relazione introduttiva che la correda, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.