provvedimento 27 aprile 2020
Studi - Bilancio Bilancio dello Stato Il Documento di Economia e Finanza (DEF) 2020 e l'ulteriore scostamento di bilancio

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, nell'ambito del processo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE.

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Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio. Esso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo (PSC).

Il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE, il cd. Semestre europeo.

Il DEF viene trasmesso alle Camere affinché si esprimano sugli obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica in esso indicati. Dopo il passaggio parlamentare, il documento va inviato al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea (entro il 30 aprile).

A causa della rapida evoluzione del quadro economico a livello europeo in relazione al diffondersi dell'epidemia da Covid-19, rispetto ai precedenti Documenti di economia e finanza il DEF 2020 presenta un contenuto più essenziale e limitato, secondo quanto previsto dalle Linee guida aggiornate della Commissione europea per i Programmi di stabilità nazionali del 2020 (Linee guida del 6 aprile 2020).

 In particolare, in linea con gli altri Paesi europei, gli scenari di previsione della finanza pubblica sono limitati al solo periodo 2020-2021 e al solo quadro tendenziale, mentre il quadro programmatico e la presentazione del Programma Nazionale di Riforma (PNR) vengono rinviati a un momento successivo.

Unitamente al DEF il Governo ha trasmesso al Parlamento la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione parlamentare (a maggioranza assoluta) allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento degli ulteriori interventi urgenti che il Governo intende assumere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Nel corso dell'esame preliminare presso le Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento si è svolto il consueto ciclo di audizioni di rappresentanti istituzionali e delle parti sociali. Il voto delle Assemblee di Camera e Senato si è tenuto, rispettivamente, il 29 aprile e il 30 aprile 2020, con l'autorizzazione, a maggioranza assoluta, allo scostamento di bilancio e l'approvazione della risoluzione di maggioranza sul DEF.

 

ultimo aggiornamento: 30 aprile 2020

Per quanto concerne il quadro macroeconomico, il DEF evidenzia innanzitutto come l'epidemia causata dal nuovo Coronavirus (COVID-19), che ha colpito dapprima la Cina e si è poi diffusa su scala globale, ha determinato una battuta d'arresto della crescita globale, già indebolita nel corso degli ultimi due anni. Il rallentamento dell'economia mondiale, iniziato nel 2018, è proseguito anche nel 2019 registrando il tasso di crescita più debole dell'ultimo decennio, 2,9 per cento, per effetto dell'acuirsi delle tensioni commerciali e della crescente incertezza a livello globale. Le tensioni geopolitiche, le incertezze legate alla tempistica e alle modalità dell'uscita del Regno Unito dall'UE, il permanere di situazioni socio-economiche complesse in alcuni paesi emergenti, unitamente ai fattori ambientali, hanno ulteriormente eroso il contesto internazionale. L'incertezza complessiva si è anche tradotta in una diminuzione degli investimenti esteri globali (-1,0 per cento rispetto al 2018) che ha interessato in misura differente le diverse aree geoeconomiche.

Secondo le stime più recenti, diffuse dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ad aprile, a causa della pandemia l'economia globale dovrebbe contrarsi del 3% nel 2020, una contrazione peggiore di quella sperimentata durante la crisi finanziaria del 2008-2009. Tali previsioni di crescita sono ridotte di oltre 6 punti percentuali rispetto alle proiezioni del FMI di ottobre 2019 e di gennaio 2020. In tale scenario previsivo, che presuppone che la pandemia si interrompa nella seconda metà del 2020 e che gli sforzi di contenimento possano essere gradualmente assorbiti, l'FMI prospetta un rimbalzo dell'economia globale che porterebbe ad una crescita del 5,8 per cento nel 2021, man mano che l'attività economica si normalizza, aiutata dal sostegno politico.

Per quel che concerne, specificamente, l'Area dell'euro, il DEF evidenzia la perdita di slancio dell'economia dell'Area anche prima dell'epidemia di COVID-19. Il DEF sottolinea i segnali di marcato rallentamento del ciclo economico dell'eurozona nel corso del 2019, con una crescita del PIL che si è fermata all'1,2 per cento rispetto all'1,9 per cento del 2018.  Per l'Eurozona, che è diventata il secondo epicentro della pandemia dopo la Cina, si prospetta per il 2020 una contrazione dell'attività economica particolarmente ampia. Le recenti previsioni del FMI di aprile 2020 pongono la contrazione del PIL dell'Area dell'Euro a -7,5 per cento nel 2020, ipotizzando una ripresa al 4,7 per cento nel 2021.

L'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2019 e le previsioni tendenziali per il 2020 e il 2021, riflettono i segnali di pieno impatto dello shock rappresentato dal COVID-19 sull'economia italiana.

Con riferimento al 2019, il DEF evidenzia come l'economia italiana abbia perso slancio durante l'anno, registrando una crescita del PIL reale nel complesso dello 0,3 per cento nel 2019, in discesa rispetto allo 0,8 per cento registrato del 2018. La modesta crescita congiunturale che si era registrata nei primi tre trimestri del 2019 (+0,1 per cento nel primo trimestre, invariata nel secondo e +0,1 nel terzo) è diventata negativa nel quarto trimestre, con una flessione congiunturale dello 0,3 per cento. Il risultato risulta comunque lievemente superiore a quanto previsto a settembre 2019 nella Nota di aggiornamento del DEF, che aveva rivisto al ribasso le stime di crescita del 2019 dallo 0,2 allo 0,1 per cento, alla luce del peggioramento del contesto economico internazionale. La flessione del PIL nel 2019, sottolinea il DEF, è dovuta principalmente ad una caduta degli indici di produzione nell'industria e nelle costruzioni.

Per quanto concerne le prospettive dell'economia italiana, l'orizzonte delle previsioni viene presentato limitatamente al biennio 2020-2021 e con riferimento al solo andamento tendenziale. Il Documento non presenta, dunque, il quadro programmatico, anche in considerazione del fatto che, coerentemente con l'orientamento espresso anche da altri Paesi europei e alla luce delle linee guida riviste della Commissione Europea, il Governo ha deciso di posporre la presentazione del Programma Nazionale di Riforma (PNR). Il nuovo quadro macroeconomico tendenziale 2020-2021 è stato validato dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) in data 16 aprile 2020.

Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2020 riflette l'effetto dei drammatici eventi causati dalla pandemia di Covid-19 che, diffusasi su scala globale, ha interessato in misura più severa l'Italia nella seconda metà di febbraio. Nel complesso, in considerazione della caduta della produzione e dei consumi già registrata e delle difficili prospettive di breve termine, il DEF stima che l'economia registrerà una complessiva caduta del PIL reale nel 2020 di 8 punti percentuali. Ciò corrisponde a una revisione al ribasso di 8,6 punti percentuali della previsione di crescita del PIL per il 2020, rispetto a quanto previsto nella NADEF del settembre scorso, da un aumento dello 0,6 per cento ad una contrazione dell'8 per cento.  Per il 2021 si prospetta un recupero del PIL reale pari a +4,7 per cento.

La previsione sconta una caduta del PIL di oltre il 15 per cento nel primo semestre e l'ipotesi di un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno. Tale previsione macroeconomica è costruita in base all'ipotesi che le misure di chiusura dei settori produttivi non essenziali e di distanziamento sociale vengano attenuate a partire dal mese di maggio e l'impatto economico dell'epidemia si esaurisca completamente nel primo trimestre del 2021.

Gli interventi adottati a sostegno dei redditi e dell'occupazione, già attuati alla data di chiusura della previsione, sono inclusi nello scenario a legislazione vigente. In particolare, agli interventi del decreto Cura Italia (decreto-legge n.18 del 2020) si associa un impatto positivo sulla crescita di quasi 0,5 punti percentuali di PIL.

La crescita del PIL tornerebbe in territorio positivo nel 2021, con un incremento del 4,7 per cento. Si tratta, comunque, di una previsione considerata dal DEF prudenziale, che sconta il rischio che la crisi pandemica non venga superata fino all'inizio del prossimo anno.

Rispetto allo scenario tendenziale descritto, i rischi della previsione si concentrano evidentemente sul possibile peggioramento della dinamica epidemica nell'anno in corso e su come questa possa eventualmente influenzare anche i risultati del prossimo anno. Il mantenimento, più a lungo termine, di misure di contenimento molto restrittive, determinerebbe una maggiore flessione dell'attività economica anche a maggio, con il conseguente aggravarsi della flessione del PIL attesa nel secondo trimestre. In alternativa, o in aggiunta a questo, una recrudescenza dell'epidemia nei mesi autunnali causerebbe un'ulteriore perdita di prodotto e ritarderebbe la fase di ripresa prevista nello scenario tendenziale.

In relazione ai suddetti rischi della previsione, il DEF considera anche uno scenario alternativo, in cui la ripresa sarebbe più graduale e non si radicherebbe fino al secondo trimestre del 2021. Come richiesto dalle linee guida concordate a livello europeo, il documento presenta, infatti, anche alcune ipotesi di scenari di rischio, in cui l'andamento e la durata dell'epidemia sarebbero più sfavorevoli, causando una maggiore contrazione del PIL nel 2020 (fino a -10,6 per cento) e una ripresa più debole nel 2021 (2,3 per cento), nonché un ulteriore aggravio sulla finanza pubblica.

Le previsioni tendenziali per il mercato del lavoro riportate nel DEF considerano per l'anno in corso (2020) una contrazione dell'occupazione rilevata dalla contabilità nazionale e delle forze lavoro nettamente più contenuta di quella dell'economia reale e di poco superiore al 2 per cento, grazie al ricorso agli ammortizzatori della Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) e soprattutto di quella in deroga, eccezionalmente estesa nel loro ambito di applicazione dal decreto n. 18 del 2020 (Cura Italia) e dai successivi interventi. Maggiore invece è la contrazione attesa per l'occupazione espressa in unità di lavoro equivalente (ULA) e per le ore lavorate, che non tengono conto degli ammortizzatori sociali, per le quali si prevede una riduzione rispettivamente del 6,5 e del 6,3 per cento.

 

ultimo aggiornamento: 27 aprile 2020

Venendo alle sezioni del DEF dedicate agli andamenti di finanza pubblica, l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni è stato pari a 29,3 miliardi (1,6 per cento del Pil), in miglioramento rispetto all'anno 2018 (38,8 miliardi ossia il 2,2 per cento del Pil). Hanno contribuito a tale miglioramento sia un incremento del saldo primario (per 5,2 miliardi) sia una riduzione della spesa per interessi (per 4,3 miliardi).

Le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche, ed in particolare quelle tributarie, registrano, nell'anno 2019 rispetto al 2018, valori significativamente superiori alle attese. In particolare, le entrate tributarie sono aumentate di circa 11,7 miliardi

Il DEF segnala che sull'andamento positivo dell'IVA va rammentato il ruolo delle innovazioni normative introdotte, quali l'obbligo di fatturazione elettronica che si è rivelato uno strumento efficace nel contrasto alle pratiche evasive.

La pressione fiscale incrementa dal 41,9 per cento del 2018 al 42,4 per cento del 2019. Considerando il beneficio degli 80 euro, il DEF segnala che la pressione fiscale del 2019 scenderebbe al 41,9 per cento.

Le spese finali si attestano nel 2019 a 870.742 milioni, in aumento dell'1,6 per cento rispetto agli 857.307 milioni del 2018. Esse aumentano anche in termini relativi, dal momento che la loro incidenza rispetto al Pil passa dal 48,5 per cento del 2018 al 48,7 per cento del 2019.

Per quanto riguarda, in particolare, la spesa per interessi, essa risulta pari a 60,3 miliardi, con una riduzione rispetto al 2018 di circa 4,3 miliardi. In termini di Pil la spesa si colloca, nel 2019, al 3,4 per cento, rispetto al 3,7 per cento del 2018.

Per quanto concerne le previsioni tendenziali a legislazione vigente, limitate, come detto, al periodo 2020-2021, l'indebitamento netto per il 2020 è stimato pari al 7,1 per cento del Pil (117,97 miliardi), in peggioramento rispetto al 2019. Per il 2021, si stima invece un miglioramento rispetto al 2020, sia in valore assoluto (74,92 miliardi) sia in rapporto al Pil (4,2 per cento del Pil).

Oltre alle nuove previsioni tendenziali il DEF riporta il quadro di finanza pubblica con le nuove politiche, includendovi gli effetti dei prossimi provvedimenti che il Governo intende adottare, il cui impatto sull'indebitamento netto è indicato in 55,3 miliardi nel 2020 (3,3 per cento in termini di PIL) e in 26,2 miliardi per il 2021 (1,5 per cento in termini di PIL). In conseguenza di tali misure l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2020 salirà al 10,4 per cento del PIL rispetto al 7,1 per cento indicato nella previsione tendenziale aggiornata. Nel 2021, per effetto delle nuove politiche, il saldo passerà dal valore tendenziale del 4,2 per cento del PIL al 5,7 per cento.

Quanto alle entrate totali, si stima un'iniziale contrazione nel 2020 (- 48,7 miliardi, passando da 841,4 miliardi a 792,8 miliardi) e una ripresa nel 2021 (846,7 miliardi). Tra i fattori che incidono sull'andamento crescente delle entrate totali in rapporto al Pil, il DEF segnala: l'andamento delle entrate dalla UE, gli effetti delle clausole di salvaguardia su IVA e accise previste dalla normativa vigente a partire dal 2021, l'andamento delle altre variabili macroeconomiche rilevanti (in particolare quelle relative al mercato del lavoro) e l'evoluzione stimata per i dividendi, gli aiuti internazionali e i trasferimenti diversi in entrata. In particolare, le entrate tributarie registrano, in valore assoluto, una contrazione di 39,9 miliardi nel 2020 (476,6 miliardi rispetto a 516,5 del 2019) ed una ripresa di 50,1 miliardi nel 2021 (raggiungendo l'importo di 526,7 miliardi).

Con riferimento ai contributi sociali, le previsioni indicano un decremento del 5,2 per cento nel 2020 (229,4 miliardi circa rispetto ai 242 nel 2019), mentre nel 2021 è stimato un parziale recupero nell'ordine del 3 per cento (7 miliardi circa), con una previsione che aumenta a circa 236, 4 miliardi.

La pressione fiscale sale al 42,5 per cento nel 2020 e raggiunge il 43,3 per cento nel 2021. Al netto del beneficio degli 80 euro mensili, innalzato a 100 euro per i titolari di reddito complessivo lordo non superiore a 28.000 euro, la pressione fiscale passerebbe dal 41,9 per cento del 2019, al 41,8 del 2020 e al 42,5 per cento nel 2021.  Il DEF informa inoltre che, considerando anche gli effetti delle nuove politiche, il valore della pressione fiscale nel 2021 il valore scenderebbe ulteriormente al 41,4 per cento.

Con specifico riferimento alla spesa sanitaria, il DEF indica per il 2020 una previsione di spesa pari a 119.556 milioni, con un tasso di crescita del 3,6 per cento rispetto all'anno precedente, e nel 2021 è previsto un ulteriore aumento dell'1,3 per cento

Quanto alla spesa per interessi, l'andamento stimato indica un aumento della spesa per interessi più contenuto nel primo anno (circa 300 milioni) e di maggiore rilevanza (ulteriori 2,8 miliardi) nel 2021, anno nel quale la spesa raggiunge il valore di 63,4 miliardi. In termini di incidenza sul Pil, la spesa presenta un andamento costante, attestandosi su un valore di 3,6 punti percentuali sia nel 2020 sia nel 2021.

Per quanto concerne il rapporto debito/PIL, la stima preliminare per il 2019 indica un livello invariato al 134,8. Non appare pertanto essersi materializzata la previsione in aumento di 0,9 punti percentuali prevista dalla NADEF 2019 e dal Documento programmatico di bilancio (DPB) 2020. Il risultato migliore rispetto alle stime viene spiegato dal DEF con un tasso di crescita del PIL nominale maggiore di 0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni e un'accumulazione di debito minore di 0,6 punti percentuali.

Tra le principali determinanti della variazione del rapporto debito/PIL, il DEF cita l'avanzo primario, salito all'1,7% del PIL, in aumento rispetto all'1,5% del 2018, che compensa quasi completamente il c.d. "effetto valanga"(snow-ball), cresciuto all'attuale 1,8% rispetto all'1,4% del 2018. L'effetto valanga è stimato in aumento per il secondo anno consecutivo a causa dell'indebolimento della crescita del PIL nominale, solo in parte compensato dalla riduzione della spesa per interessi passivi, scesa dal 3,7 al 3,4% del PIL. Anche la componente stock-flussi ha agito in modo favorevole alla diminuzione del rapporto debito/PIL del 2019 per 0,04 punti percentuali, grazie al miglioramento della stima del fabbisogno di cassa del settore pubblico e agli scarti di emissione Quale ulteriore determinante della stabilizzazione del rapporto debito/PIL nel 2019, il DEF cita il calo delle disponibilità liquide del Tesoro, in riduzione dello 0,1% del PIL rispetto al 2018.

Quanto alle previsioni, per effetto delle ripercussioni economiche della crisi da COVID-19, il rapporto debito/PIL è stimato in aumento di 17 punti percentuali, fino al 151,8% nel 2020 nello scenario a legislazione vigente. A ciò contribuiscono innanzitutto gli effetti finanziari delle misure di risposta alla crisi approvate finora, pari a circa 20 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e di 25 miliardi di euro in termini di saldo netto da finanziare. Ciò implica, per il 2020, un disavanzo primario del 3,5% del PIL e una maggiore componente stock-flussi dovuta alla diversa contabilizzazione degli effetti finanziari delle misure con il criterio della competenza e quello della cassa. Contribuirà all'aumento del debito anche il forte peggioramento previsto per l'effetto valanga a causa della caduta del PIL nominale e reale, a fronte di un livello di spesa per interessi pari a circa il 3,6% del PIL.

Si rammenta che nella NADEF 2019 e nel Documento programmatico di bilancio 2020, il Governo prevedeva per il 2020 una riduzione del rapporto debito/PIL pari a 0,5 punti percentuali al livello del 135,2%.

Il DEF attribuisce un carattere temporaneo al peggioramento delle condizioni della finanza pubblica conseguente alla crisi da COVID-19, da cui deriverebbe nell'anno 2021 una previsione, a legislazione vigente, di riduzione del rapporto debito/PIL al 147,5%.

 

ultimo aggiornamento: 27 aprile 2020

Unitamente al DEF il Governo ha trasmesso al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione parlamentare (a maggioranza assoluta) allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento degli ulteriori interventi urgenti che il Governo intende assumere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

La relazione allegata al DEF segue quella trasmessa dal Governo il 5 marzo 2020 (con la relativa integrazione dell'11 marzo 2020), che a seguito della approvazione parlamentare ha autorizzato uno scostamento di bilancio di 25 miliardi per il 2020, utilizzati a copertura delle misure introdotte con il decreto-legge n.18/2020, cd. "Cura Italia".

La nuova Relazione interviene dopo la decisione del 20 marzo della Commissione Europea, che ha attenuato i vincoli del Patto di stabilità e crescita (PSC), garantendo la piena applicazione della flessibilità prevista dal Patto e consentendo una temporanea deviazione dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo.

Con la nuova Relazione il Governo richiede al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032.

In considerazione della natura degli interventi programmati, l'effetto sul fabbisogno delle amministrazioni pubbliche previsto è di 65 miliardi di euro nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e pari all'indebitamento netto in ciascuno degli anni successivi.

Sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, in termini di competenza e in termini di cassa, gli effetti del nuovo decreto ammontano a 155 miliardi nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e risultano pari a quelli indicati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni successivi.

Il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è quindi fissato al 10,4 per cento del PIL nel 2020 e al 5,7 per cento nel 2021.

Quanto al livello del debito pubblico, lo stesso è previsto attestarsi al 155,7 per cento del PIL nel 2020 e al 152,7 per cento del PIL nel 2021.

Circa il Piano di rientro dello scostamento previsto, la Relazione evidenzia che l'elevato rapporto debito/PIL, seppur in discesa nel 2021 rispetto al picco che si registra quest'anno, consente di delineare un sentiero di rientro solo a partire dagli anni successivi. A tale proposito, certifica comunque la sostenibilità del debito pubblico dell'Italia, il cui rapporto debito/PIL verrà ricondotto verso la media dell'area euro nel prossimo decennio attraverso una strategia di rientro che, oltre al conseguimento di un adeguato surplus di bilancio primario, si baserà sul rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative.

ultimo aggiornamento: 27 aprile 2020
 
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