1. L'istituzione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università
Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Ministero dell'università e della ricerca) (cap. 1694) dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie.
2. Lo stanziamento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università
Fino al 2010, l'importo del FFO è stato determinato annualmente in tabella C della legge finanziaria. A partire dalla legge di bilancio e dalla legge di stabilità per il 2011, il cap. 1694 non è più esposto in tab. C, dalla quale, ai sensi dell'art. 52 della nuova legge di contabilità (L. 196/2009), sono state espunte le spese obbligatorie (sono tali le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa: art. 21, co. 6, L. 196/2009).
Di seguito si riporta l'andamento delle risorse allocate sul cap. 1694 negli anni 2007-2021.
Gli ultimi interventi che hanno incrementato le risorse del FFO sono quelli operati con: la L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, co. 518) e il D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 236, co. 3), che, al fine di ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell'esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, hanno previsto un incremento di € 165 mln annui dal 2020; la stessa L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, co. 521), che ha previsto un incremento per il 2021, di € 3 mln, da destinare alle università del Mezzogiorno con un numero di iscritti minore di 20.000; il D.L. 137/2020 (L. 176/2020: art. 21-bis) e il già citato D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 236, co. 5), che hanno previsto un incremento di € 15 mln per il 2020 e di € 21,6 per il 2021 al fine di consentire la proroga del termine finale del corso di dottorato di ricerca in favore dei dottorandi, al fine di contrastare le conseguenze dell'emergenza epidemiologica da COVID-19; il medesimo D.L. 34/2020 (L. 77/2020), che ha previsto un incremento di € 200 mln annui dal 2021, per l'assunzione di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B (art. 238, co. 1), e di € 100 mln per il 2021 ed € 200 mln annui dal 2022, al fine di promuovere l'attività di ricerca (art. 238, co. 5).
In precedenza, incrementi e riduzioni del Fondo sono stati previsti, in particolare, da:
3. La ripartizione del Fondo per finanziamento ordinario delle università
L'art. 5 della L. 537/1993, istitutiva del FFO – come modificato, in particolare, dall'art. 51 della L. 449/1997 – ha previsto che il fondo – ripartito tra gli atenei con decreto ministeriale – è articolato in una quota base, da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993, e una quota di riequilibrio.
Successivamente, l'art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 1/2009) ha previsto che, a decorrere dal 2009, una quota del FFO – inizialmente fissata in misura non inferiore al 7% del Fondo, con progressivi incrementi negli anni successivi –, è ripartita tra le università in relazione alla qualità dell'offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche (c.d. quota premiale).
Dal 2010, dunque, come si evince anche dalla premessa al decreto di riparto del FFO per l'annualità indicata (DM 655/2010), a seguito dell'introduzione delle disposizioni relative alla quota premiale, si è ritenuto opportuno adottare un modello unico di finanziamento, all'interno del quale confluiscono anche i criteri utilizzati per l'assegnazione di detta quota.
Ancora in seguito, sulle modalità di ripartizione del Fondo è intervenuta innanzitutto la L. 240/2010.
In particolare, interventi perequativi sono stati disposti dall'art. 11, che ha previsto che, al fine di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali, a decorrere dal 2011, una quota pari almeno all'1,5% del FFO è ripartita fra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del FFO consolidato del 2010, presentino un situazione di sottofinanziamento superiore al 5% rispetto al modello per la ripartizione teorica del medesimo FFO elaborato dagli organi di valutazione del sistema universitario.
L'intervento perequativo è ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento deriva dall'applicazione delle misure di valutazione della qualità previste, in particolare, dall'art. 2 del D.L. 180/2008. Inoltre, il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tenere conto della specificità delle università che siano sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta, con esclusione di ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi.
Con riguardo alla misura della quota premiale è invece intervenuto l'art. 13 che, in particolare, modificando l'art. 2 del D.L. 180/2008, aveva disposto che gli incrementi della quota premiale dovevano essere compresi, annualmente, tra lo 0,5% e il 2%. Successivamente, tuttavia, l'art. 60, co. 01, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), ha stabilito che la quota premiale è determinata in misura non inferiore al 16% per l'anno 2014, al 18% per l'anno 2015 e al 20% per l'anno 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2% e fino ad un massimo del 30% del FFO, e che di tale quota, almeno 3/5 devono essere ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) – effettuata dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) – e 1/5 sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento. L'applicazione delle previsioni sulla misura della quota premiale non può, comunque, determinare la riduzione della quota del FFO spettante a ciascuna università e a ciascun anno in misura superiore al 5% dell'anno precedente.
Successivamente, l'art. 5 del DM 635/2016, recante Linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università 2016-2018 e indicatori per la valutazione periodica dei risultati, ha previsto che, al fine della valorizzazione dell'autonomia responsabile degli atenei, dal 2017, una quota pari al 20% della quota premiale del FFO è distribuita tra gli atenei secondo i miglioramenti di risultato relativi ad indicatori autonomamente scelti dagli stessi nell'ambito di quelli riportati nell'all. 2 e relativi alla qualità dell'ambiente della ricerca, alla qualità della didattica e alle strategie di internazionalizzazione.
Ulteriori disposizioni in materia di riparto del FFO sono intervenute in attuazione di deleghe contenute nella stessa L. 240/2010.
In particolare, l'art. 5, co. 1, lett. c), e 5, ha correlato l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del FFO alla valutazione ex post delle politiche di reclutamento, da effettuare in base a meccanismi elaborati dall'ANVUR, mentre l'art. 5, co. 4, lett. f), ha previsto l'introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso – calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università – cui collegare l'attribuzione di una percentuale della parte di FFO non assegnata per la quota premiale.
In attuazione di tali disposizioni è intervenuto il d.lgs. 49/2012, il cui art. 10, co. 1, ha disposto che, nell'ambito dell'attività di indirizzo e programmazione del sistema universitario, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca individua con proprio decreto, avente validità almeno triennale, le percentuali del FFO da ripartire in relazione al costo standard per studente, nonché ai risultati della didattica, della ricerca, delle politiche di reclutamento e agli interventi perequativi ai sensi della L. 240/2010.
In relazione alle previsioni di cui all'art. 10, co. 1, del d.lgs. 49/2012, i range di valori delle quote percentuali di FFO da attribuire in relazione alla valutazione delle politiche di reclutamento del personale e al costo standard per studente sono stati definiti, per il triennio 2013-2015, con DM 827/2013 e, per il triennio 2016-2018, con DM 635/2016.
E', però, poi intervenuta la sentenza 104/2017, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 8 e 10, co. 1 – limitatamente, per quest'ultimo, alle parole "al costo standard per studente" –, del d.lgs. 49/2012.
In particolare, la Corte ha evidenziato che il decreto legislativo non si è limitato ad affidare ad atti amministrativi l'esecuzione di scelte già delineate nelle loro linee fondamentali negli atti con forza di legge. "Esso ha invece lasciato indeterminati aspetti essenziali della nuova disciplina, dislocando di fatto l'esercizio della funzione normativa dal Governo, nella sua collegialità, ai singoli Ministri competenti, e declassando la relativa disciplina a livello di fonti sub-legislative, con tutte le conseguenze, anche di natura giurisdizionale, che una tale ricollocazione comporta sul piano ordinamentale".
La Corte ha, infine, concluso che "Tale declaratoria di illegittimità costituzionale, determinata esclusivamente da vizi dell'esercizio del poter legislativo delegato, non impedisce ulteriori interventi in merito del Parlamento e del Governo, sui quali comunque incombe la responsabilità di assicurare, con modalità conformi alla Costituzione, la continuità e l'integrale distribuzione dei finanziamenti per le università statali, indispensabili per l'effettività dei principi e dei diritti consacrati negli artt. 33 e 34 Cost".
Con l'art. 12 del D.L. 91/2017 (L. 123/2017) è stata, dunque, ridefinita a livello legislativo, a decorrere dal 2018, la disciplina per il calcolo del costo standard unitario di formazione per studente universitario in corso nelle università statali, facendo comunque salve le assegnazioni già disposte, nell'ambito del riparto del FFO, per gli anni 2014, 2015 e 2016, e prevedendo una disciplina specifica per l'anno 2017.
In particolare, per il 2017, ha stabilito che, per assicurare il tempestivo riparto degli stanziamenti, dovevano essere utilizzati gli stessi importi del costo standard e i dati sugli studenti utilizzati per il riparto del FFO 2016, e che la quota del FFO da ripartire in base al criterio del costo standard per studente doveva essere fissata, con il decreto ministeriale che ripartisce lo stesso FFO, entro l'intervallo compreso fra il 19% e il 22% del relativo stanziamento, al netto, comunque, degli interventi con vincolo di destinazione.
Con riguardo alla disciplina applicabile dal 2018, ha stabilito innanzitutto che per costo standard per studente delle università statali si intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università.
Ha definito, altresì, i criteri sulla base dei quali è determinato (ed eventualmente aggiornato) il modello di calcolo del costo standard per studente, che, in particolare, attengono ai costi del personale docente, dei docenti a contratto, del personale tecnico-amministrativo, nonché ai costi di funzionamento e gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio, prevedendo anche alcuni meccanismi perequativi, al fine di tenere conto dei differenti contesti economici e territoriali in cui l'università si trova ad operare.
Il modello di calcolo è determinato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che stabilisce anche la quota del FFO da ripartire tra gli atenei in base al criterio del costo standard per studente.
Ancora in seguito è intervenuto il DM 989/2019, recante Linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università 2019-2021 e indicatori per la valutazione periodica dei risultati, il cui art. 5 ha stabilito i range percentuali da attribuire, nel procedere annualmente al riparto del fondo, alle diverse quote (quota storica; quota costo standard per studente in corso; quota premiale; importo perequativo; quota programmazione triennale; quota interventi per gli studenti; quota altri interventi specifici).
Per l'anno 2020, il DM 10 agosto 2020, n. 442, ha ripartito fra gli atenei € 7.324.035.571.
Da ultimo, ravvisata la necessità di definire nuove linee generali d'indirizzo per lo sviluppo del sistema universitario, data l'evoluzione complessiva del contesto in cui operano gli atenei nell'ambito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, con DM 6 agosto 2020, n. 435, è stato previsto che, con successivo decreto, da adottare entro il mese di gennaio 2021, sono definite le linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università e gli indicatori per la valutazione periodica dei risultati per il triennio 2021-2023, in sostituzione del DM 989/2019, nonché i criteri di riparto delle risorse a tal fine destinate per gli anni 2021, 2022 e 2023 e per gli interventi a favore degli studenti.
4. Le sezioni del FFO destinate al finanziamento delle attività di ricerca e dei dipartimenti universitari di eccellenza
La legge di bilancio 2017 (L. 232/2016) ha istituito nel FFO, dal 2017, una sezione denominata "Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca" (cap. 1694/pg 5) e, dal 2018, una sezione denominata "Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza" (cap. 1694/pg 6).
In particolare, l'art. 1, co. 295-302, della L. 232/2016 aveva previsto che il Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca, destinato al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei ricercatori e dei professori di seconda fascia in servizio nelle università statali, disponeva di uno stanziamento di € 45 mln annui a decorrere dal 2017 e che l'importo individuale del finanziamento annuale era pari a € 3.000, per un totale di 15.000 finanziamenti individuali.
Successivamente, a seguito delle riduzioni previste dall'art. 22-bis, co. 6, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) e dall'art. 1, co. 637 e 641, nonchè dalla II sezione della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) la dotazione del Fondo è divenuta pari, per il 2018, a € 2 mln e, dal 2019, è stata azzerata.
L'art. 1, co. 314-338, della stessa L. 232/2016 ha previsto che il Fondo per il finanziamento quinquennale dei dipartimenti universitari di eccellenza dispone di una dotazione annua di € 271 mln dal 2018.
In particolare, le risorse sono destinate al finanziamento quinquennale dei dipartimenti universitari di eccellenza, valutati sulla base dei risultati della VQR e di progetti dipartimentali di sviluppo, presentati dalle università.
Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento è pari a 180, di cui non meno di 5 e non più di 20 per ogni area disciplinare. L'importo annuo del finanziamento per ciascun dipartimento assegnatario dipende innanzitutto dalla consistenza dell'organico del dipartimento, rapportata alla consistenza organica a livello nazionale.
Le somme eventualmente non utilizzate confluiscono, nello stesso esercizio finanziario, nel FFO.
Con riguardo ai vincoli di utilizzo, ha disposto che non più del 70% dell'importo complessivo del finanziamento (percentuale elevata all'80%, a decorrere dal quinquennio 2023-2027, dall'art. 1, co. 633, della L. 205/2017) può essere utilizzato per il reclutamento di professori e di ricercatori, nonché di personale tecnico e amministrativo, e che, fermo restando tale primo vincolo, il finanziamento deve essere impiegato: per almeno il 25%, per le chiamate di professori esterni all'università cui appartiene il dipartimento (art. 18, co. 4, L. 240/2010); per almeno il 25% (percentuale elevata al 40%, a decorrere dal quinquennio 2023-2027, sempre dall'art. 1, co. 633, della L. 205/2017), per il reclutamento di ricercatori di "tipo b"; per le chiamate dirette di professori (art. 1, co. 9, L. 230/2005) (senza prevedere una quota minima).