segnalazione 28 gennaio 2022
Studi - Affari esteri OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Mediterraneo Allargato n. 18, a cura dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), gennaio 2022

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EXECUTIVE SUMMARY

In linea con gli sviluppi del trimestre precedente, negli ultimi mesi la regione del Mediterraneo allargato ha registrato alcune svolte diplomatiche di una certa rilevanza. Il primo importante sviluppo è certamente legato alla ripresa dei colloqui per l'accordo sul nucleare iraniano. Dopo aver raggiunto una fase di stallo lo scorso autunno, sembra che nelle ultime settimane i colloqui abbiano portato ad alcuni passi in avanti verso il raggiungimento di un'intesa. Il secondo sviluppo è invece legato alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra il regime siriano di Bashar al-Assad e alcuni paesi della regione, processo che sembra avere conosciuto una accelerazione. Sempre sul piano della politica estera, negli scorsi mesi si è registrato un particolare attivismo diplomatico da parte degli Emirati Arabi Uniti e del Qatar, paesi intenti a rilanciare la propria posizione a livello regionale e internazionale. 

Sul piano della politica interna si registrano significativi sviluppi in numerosi paesi della regione. Dopo le elezioni dello scorso ottobre, l'Iraq ha compiuto i primi passi verso la formazione di un nuovo esecutivo, anche se la frammentarietà del quadro politico e la presenza di numerose milizie nel paese contribuiscono a complicare il processo parlamentare. In Turchia la crisi valutaria e l'elevata inflazione costituiscono il principale elemento di instabilità interna, con ripercussioni anche sul piano politico e sociale nonché sui consensi nei confronti della leadership al potere. In Israele, invece, il nuovo governo Bennett-Lapid è recentemente riuscito a ottenere l'approvazione del nuovo bilancio statale, conditio sine qua non per la continuazione della composita coalizione di governo.

Negli ultimi mesi vi sono stati anche importanti sviluppi politici in Nord Africa. In Libia, dopo l'annullamento delle elezioni presidenziali previste per il 24 dicembre, sembra che la transizione politica abbia raggiunto una fase particolarmente critica. La situazione politica rimane volatile anche in Tunisia dove, dopo la sospensione del parlamento decretata dal presidente Kaïs Saïed, la scorsa estate si registra un evidente indebolimento delle istituzioni democratiche nazionali. In Egitto, a dispetto della proclamazione della fine dello stato di emergenza e di alcuni gesti simbolici compiuti dal governo, continuano a sussistere importanti criticità legate al tema dei diritti civili. Sul fronte della politica estera, le relazioni tra Algeria e Marocco continuano a essere tese, mentre si registra un consolidamento dei rapporti tra Algeri e Tunisi.

Per quanto riguarda i teatri di guerra regionali, si registra un calo della conflittualità in Siria, dove la situazione militare sembra essere ormai giunta a una fase di stallo. Le violenze continuano invece ininterrotte in Yemen e specialmente nel governatorato di Marib e a Hodeida, dove a gennaio si è registrata una delle peggiori escalation degli ultimi anni. In entrambi i paesi, però, si evidenzia un sensibile peggioramento della situazione umanitaria, ulteriormente esacerbata dalla volatilità delle valute nazionali e dalle critiche condizioni economiche.

Il tema della ripresa dalle conseguenze economiche della pandemia da Covid-19 è diventato ormai centrale per gran parte dei paesi del Mediterraneo allargato. Molti stati dell'area si trovano infatti a dover affrontare un debito pubblico che è considerevolmente aumentato nel periodo della pandemia. Inoltre, la diversificazione economica e lo sviluppo del settore privato sono sfide a cui i governi della regione hanno dedicato negli scorsi mesi particolare attenzione. La situazione pandemica è in miglioramento nella maggior parte degli stati della regione. A dispetto delle difficoltà iniziali, la campagna vaccinale procede ora speditamente in molti paesi. Il tasso di vaccinazione è però ancora particolarmente basso in Algeria, Iraq e Libia, oltre che nei paesi teatro di guerra come Siria e Yemen.