segnalazione 8 luglio 2020
Studi - Affari esteri OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimenti n. 158, I processi attuali di transizione politica in America latina, luglio 2020 (a cura del CeSPI)

Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, è stato pubblicato l'Approfondimento numero 158, I processi attuali di transizione in America latina, a cura del CeSPI, luglio 2020

L'approfondimento analizza le attuali tendenze sociopolitiche ed economiche in America latina e in particolare in Venezuela, Bolivia, Ecuador e Cile, paesi che nel 2019 sono stati caratterizzati da un'ondata di proteste ed eventi politici apparentemente inaspettati, che hanno innescato processi di transizione politica che tra il 2020 e il 2021 potrebbero portare a uno scenario regionale completamente diverso dal presente.

Gli eventi del 2019, così come quelli previsti per il 2020, devono essere considerati alla luce di un processo di cambiamento strutturale già in corso da qualche anno, sul quale influiscono quattro grandi tendenze: 1) L'epilogo dell'esperimento del cosiddetto socialismo del XXI secolo e il forte indebolimento dell'asse bolivariano; 2) La crisi, anche negli altri Stati della regione, del modello economico fortemente incentrato sullo sfruttamento delle materie prime che rafforza la profonda disuguaglianza socioeconomica; 3) Il rallentamento della crescita economica regionale legato al calo dei prezzi delle materie prime; 4) Il crescente peso e importanza delle relazioni tra America latina, Cina e Russia (in alcuni casi), che fanno da contrappeso alla storica, ma indebolita, influenza degli Stati Uniti sulla regione. Queste tendenze stanno agendo come variabili, di maggiore o minore peso a seconda di ogni caso nazionale specifico, che determinano i processi in corso nei quattro paesi presi in analisi.

Il Venezuela, una volta guida spirituale e sostegno economico dell'esperimento bolivariano, è sicuramente il caso più preoccupante. Il paese è impoverito da una crisi economica pluriennale devastante e oramai in stato di crisi umanitaria diffusa, che tra il 2015 e il 2019 ha costretto alla fuga quasi 5 milioni di persone che sono emigrate nei paesi limitrofi, mettendo a dura prova soprattutto la Colombia, il Perù e l'Ecuador. Il tutto sullo sfondo di una grave crisi politica caratterizzata da un'impasse tra il governo autoritario di Nicolas Maduro e l'opposizione guidata da Juan Guaidó. Crisi che potrebbe iniziare ad essere risolta o aggravata ancor di più dall'esito delle elezioni legislative previste per dicembre 2020. La comunità internazionale (in particolare l'Unione Europea e l'Italia) potrebbe giocare un ruolo chiave nel promuovere una mediazione tra le parti per arrivare ad una tornata elettorale realmente democratica ed avviare un processo di transizione politica.

In Bolivia, dopo tre mandati consecutivi del Presidente Evo Morales, il suo tentativo di essere rieletto per una quarta volta ha portato alle elezioni dell'ottobre 2019, considerate fraudolente dalla missione d'osservazione dell'Organizzazione degli Stati americani. Il tentativo di Morales d'imporsi per un quarto mandato attraverso la manipolazione elettorale ha trascinato il paese sull'orlo della guerra civile ed è finito con la destituzione e la fuga dal paese dell'ex Presidente. La crisi politica scoppiata ad ottobre ha portato alla ribalta figure politiche oltranziste, caratterizzate da un desiderio di revanchismo nei confronti di tutto ciò che viene associato agli anni di Morales, con il rischio di rinfocolare tensioni etnico-regionali latenti. Il paese terrà nuove elezioni nei prossimi mesi in un contesto di forte polarizzazione e atomizzazione delle forze politiche, che fa prevedere uno scenario d'instabilità e conflittualità per il futuro.

In Ecuador, dopo la rottura del Presidente Lenin Moreno rispetto alla linea politica dell'ex Presidente ed ex compagno di partito Rafael Correa, sono state adottate una serie di riforme economiche volte a rimettere in sesto le finanze del paese, che però hanno avuto un alto costo sociale, causando violente proteste ad ottobre 2019. La rottura tra Moreno e Correa ha portato anche ad una frattura nella maggioranza di governo, rendendo il paese ingovernabile.

Moreno affronta il suo ultimo anno di mandato isolato politicamente ed inviso alla maggioranza della popolazione e difficilmente riuscirà a mettere in atto le riforme economiche ed istituzionali che si era prefisso. Per il 2020 ci si aspetta un'impasse politica caratterizzata dal rafforzamento dei sostenitori dell'ex Presidente Correa e delle forze più conservatrici, che si affronteranno nelle elezioni legislative e presidenziali del febbraio 2021.

Il Cile, spesso preso come esempio virtuoso di stabilità democratica e crescita economica nella regione, è stato attraversato da dure proteste scoppiate ad ottobre 2019, che hanno messo in ginocchio il paese e costretto il governo di Sebastián Piñera a convocare un referendum per votare sulla necessità di una nuova Costituzione.

Le proteste degli ultimi mesi hanno dimostrato che il "miracolo" cileno nascondeva una società caratterizzata da forti disuguaglianze sociopolitiche ed economiche, che hanno portato a una esasperazione diffusa nella maggioranza della popolazione. Se nel referendum vincerà, come è molto probabile, il sì alla nuova Costituzione, il paese inizierà nei prossimi mesi un processo costituente che ne potrebbe cambiare profondamente le caratteristiche politiche e socioeconomiche.

Tutto questo succede in uno scenario regionale dove la Cina è oramai diventata un attore internazionale preponderante, che insidia, per lo meno economicamente, il primato statunitense e ha già scalzato l'Unione europea. Mentre la Russia cerca di giocare un ruolo destabilizzante, particolarmente in Venezuela, in chiave antioccidentale. La posizione russa in Venezuela non può essere vista separatamente da un processo globale in cui la Russia lotta per assicurarsi il proprio posto sulla scena internazionale e contrastare, a suo modo, quelli che vengono visti come tentativi delle potenze occidentali di ridurre l'autonomia politica ed economica globale di Mosca.

Finito il boom economico che ha caratterizzato i primi quindici anni del secolo, l'America latina è entrata in una fase di decelerazione e in alcuni casi specifici di recessione, che inizia ad avere ripercussioni sulla capacità di spesa pubblica degli Stati. Il che sta già avendo un impatto negativo sulle tendenze di riduzione della povertà e delle disuguaglianze socioeconomiche che avevano caratterizzato i primi anni del 2000, contribuendo a generare malcontento sociale e instabilità politica. Questo processo di crisi, malcontento e instabilità potrebbe essere amplificato ed accelerato dall'impatto della recessione economica globale che verrà molto probabilmente causata dalla pandemia del Covid-19.

Purtroppo dopo l'arrivo del coronavirus in America latina questi timori assumevano l'aspetto di certezze: già alla fine di maggio 2020, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il continente latinoamericano era divenuto il nuovo epicentro della pandemia, con un numero di casi di contagio giornalieri superiore a quello degli Stati Uniti o dell'Europa.

Sui media di tutto il mondo, del resto, le terribili immagini proveniente dal Brasile e dall'Ecuador testimoniavano dell'arrivo del picco pandemico nel subcontinente americano. Tutto ciò avveniva in un quadro di sottodimensionamento delle strutture sanitarie, già al collasso nelle prime fasi dell'espansione del Covid-19. In questo contesto non può stupire che dopo più di due mesi di varie forme di quarantena e la conseguente paralisi dell'economia formale e informale, sempre più chiaramente esplodesse il malessere di vasti strati delle popolazioni latinoamericane, e con esso gli incidenti con le forze dell'ordine. Al 12 giugno la pandemia contava ormai in America latina oltre un milione e mezzo di contagi e più di 73.000 morti, con gravissime prospettive di recessione economica in territori con vaste fasce della popolazione già endemicamente in stato di povertà.