Sul sito della Corte costituzionale è stata pubblicata la sentenza n. 242 del 2019 in tema di "aiuto al suicidio". Come ricordato dal comunicato della Corte, con la sentenza è stato ribadito, anzitutto, che l'incriminazione dell'aiuto al suicidio non è, di per sé, in contrasto con la Costituzione ma è giustificata da esigenze di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili, che l'ordinamento intende proteggere evitando interferenze esterne in una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio. La sentenza individua però una circoscritta area in cui l'incriminazione non è conforme a Costituzione: si tratta dei casi nei quali l'aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l'idratazione e l'alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. L'articolo 580 del codice penale è stato dichiarato, quindi, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona che versi nelle condizioni indicate in precedenza, a condizione che l'aiuto sia prestato con le modalità previste dai citati articoli 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 e sempre che le suddette condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.