tema 11 dicembre 2025
Studi - Agricoltura Tutela della qualità dei prodotti agroalimentari

La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari rappresenta per l'Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro Paese si distingue in Europa per il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi tentativi di contraffazione. La qualità dei prodotti agroalimentari costituisce un tema di crescente interesse sul quale si concentra l'attenzione dei consumatori e, di riflesso, l'attenzione delle istituzioni attraverso iniziative di informazione, promozione e tutela.

In ambito europeo, è stato di recente approvato dal Parlamento e successivamente, il 26 marzo 2024, dal Consiglio, il Regolamento UE 2024/1143 - pubblicato nella G.U. dell'UE il 23 aprile 2024 - che ha abrogato il Regolamento UE n. 1151/2012. Esso è volto a riformare la normativa UE in materia di protezione delle indicazioni geografiche dei vini, delle bevande spiritose e dei prodotti agricoli.

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Il sistema dei controlli nel comparto agroalimentare in Italia è caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di organi ufficiali di controllo che fanno capo a diverse Amministrazioni statali (Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Ministero della Salute e Ministero dell'Economia e delle Finanze), alle Regioni, alle Provincie e ai Comuni.

Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste

Al fine di coordinare l'azione di controllo nel settore ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni degli organi di controllo nonché aumentare l'efficacia dell'azione di contrasto a tutela della tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti, dell'etichettatura di origine e contrasto alle pratiche commerciali sleali nel corso dell'anno 2023, è stato realizzato un sistema integrato coordinato dei controlli attivando presso il MASAF, la Cabina di regia per i controlli amministrativi nel settore agroalimentare.

Un ruolo di crescente importanza ha assunto il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela dei prodotti agroalimentari e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) che opera presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e dellle foreste ed è uno dei principali organismi europei di controllo del settore agroalimentare.

Tra i compiti esercitati, a livello nazionale, del suddetto dipartimento si ricordano:

- la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l'agricoltura;

- la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata (DOP, IGP);

- il contrasto dell'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi.

In merito all'attività sui controlli dei prodotti agroalimentari, in data martedì 26 marzo 2024 si è svolta l'audizione, presso la Commissione XIII (Agricoltura), del Capo del Dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).

In estrema sintesi nel corso della suddetta audizione, è emerso che nel 2023 i controlli svolti dal personale del Dipartimento sono stati 54.658: di questi, circa il 90% dei controlli ha riguardato prodotti alimentari e la restante parte di essi ha avuto ad oggetto mezzi tecnici per l'agricoltura (mangimi, fertilizzanti, fitofarmaci e sementi). Tra i settori alimentari controllati, circa un terzo dell'attività complessiva è nel vitivinicolo, seguito dal settore oleario con percentuali di controlli intorno al 15%, mentre il settore lattiero caseario si attesta a circa il 10%. Inoltre, oltre il 40% dei controlli ha riguardato prodotti di qualità BIO e ad indicazione geografica (DOP e IGP). 

Sul fronte della tutela internazionale sono stati trattati in totale 388 casi, dei quali 326 hanno riguardato rimozioni dal web e gli altri  -oltre a circa 50 prodotti a base di insetti per uso alimentare non autorizzati venduti sul territorio nazionale da inserzionisti extra-UE.

In materia di pratiche commerciali sleali, sono stati effettuati complessivamente 742 controlli, che hanno interessato 326 operatori nei diversi segmenti delle filiere interessate: dai produttori, alle industrie, al commercio sino alla distribuzione.

Per il potenziamento del sistema dei controlli, si ricorda che legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha previsto  l'autorizzazione all'assunzione di 57 unità di personale presso l'ICQRF e la possibilità per il personale del predetto Dipartimento di poter richiedere alcune indennità tra le quali quella di missione e nella previsione che le somme iscritte a titolo di pagamento per le sanzioni derivanti dalle violazioni del Regolamento (UE) 119/2011 siano destinate al funzionamento e all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa dell'ICQRF (art. 1, commi 669-671). Anche la legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022) ha previsto, per le medesime esigenze, l'autorizzazione ad assumere un contingente di 300 unita' di personale (circa 10 milioni di euro per l'anno 2023 e di 13.5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024). Inoltre, per le prestazioni di lavoro straordinario è stata autorizzata la spesa di 675.000 euro per l'anno 2023 e di 900.000 euro annui a decorrere dall'anno 2024  e la spesa di 136.000 euro annui a decorrere dall'anno 2024 per le medesime spese di funzionamento (articolo 1, comma 452). Infine è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2023 da destinare all'incremento dell'indennita' del predetto personale ICQRF (articolo 1, comma 436). Anche per il 2024, tale  l'indennità è stata aumentata di 2 milioni di euro  (articolo 1, comma 40, L. n. 213/2023).

Per proteggere il mercato nazionale dalle attività internazionali di contraffazione e criminalità agroalimentare, anche connesse ai flussi migratori irregolari, l'ICQRF è dotato di adeguate professionalità , fatto salvo il personale da inquadrare nella famiglia professionale ad esaurimento nell'ambito dell'area Assistenti del CCNI del MASAF che hanno qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in attuazione del nuovo sistema di classificazione del personale previsto dal CCNL comparto funzioni centrali 2019/2021. A tal fine, viene assegnata al personale dirigenziale e non dirigenziale inquadrato nell'area delle Elevate professionalità e nell'area Funzionari, in servizio presso il Dipartimento dell'Ispettorato predetto, la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le attribuzioni ad esso conferite dalla legge e dai regolamenti. Il restante personale inquadrato nell'area Assistenti e nell'area Operatori è agente di polizia giudiziaria (articolo 5, comma 2, D.L. n.20/2023).

Il MASAF inoltre,  si avvale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri che svolge i compiti di cui agli articoli 7 e 8, comma 2, lettera c) , del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177. Nell'ambito del Comando unità, il Comando carabinieri per la tutela agroalimentare svolge controlli straordinari sulla erogazione e percezione di aiuti comunitari nel settore agroalimentare e della pesca e acquacoltura, sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari, ivi compresi gli aiuti a Paesi in via di sviluppo e indigenti ed esercita controlli specifici sulla regolare applicazione di regolamenti comunitari e concorre, coordinandosi con ICQRF, nell'attività di prevenzione e repressione delle frodi nel settore agroalimentare. Nello svolgimento di tali compiti, il reparto può effettuare accessi e ispezioni amministrative avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l'esercizio delle proprie attività istituzionali. Il contingente di detto personale è stato potenziato, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 666-667, L. n. 197/2022), di 120 unità .

Inoltre, si ricorda il sistema di obblighi di comunicazione predisposto dalla Legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020, articolo 1, commi 139-142). Ivi sono state apportate delle modifiche dal D.L. n. 63/2024, ridefinendo gli obblighi di comunicazione cui sono soggette le aziende, elencate nel comma 139 suddetto, che acquisiscono e vendono, a qualsiasi titolo, cereali nazionali ed esteri, al fine di un accurato monitoraggio delle produzioni cerealicole nazionali (articolo 4-bis).

Lo stesso D.L. n. 63/2024 introduce norme volte a rafforzare le sanzioni, in particolare per le imprese di medie e grandi dimensioni, applicabili alle violazioni di specifiche norme in materia alimentare, relative alla rintracciabilità degli alimenti, alla commercializzazione dell'olio d'oliva, alle indicazioni geografiche e denominazioni di origine, nonché all'apposizione delle indicazioni obbligatorie relative alle sostanze allergizzanti o intolleranti (articolo 4-ter).

In aggiunta, lo stesso D.L. ha disposto la riorganizzazione del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri, istituendo la figura del personale ispettivo con compiti di polizia agroalimentare, stabilendo le modalità per definirne le competenze e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive. Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma è posto alle dipendenze funzionali del Ministro dell'agricoltura, della sovranità e delle foreste, in luogo del Ministro della transizione ecologica, ora Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica (articolo 9). 

Si ricorda, dello stesso D.L., l'articolo 9-bis, che prevede la riduzione della forbice edittale per le sanzioni applicabili ai casi di violazione degli obblighi di registrazione relativi al monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi. Si prevede, inoltre, nel caso di un piccolo produttore che non adempie ai propri obblighi di registrazione che le sanzioni siano applicabili a partire dalle dichiarazioni riferite alle produzioni realizzate nell'anno 2024.

Inoltre, l'articolo 9-ter ha modificato la materia dei controlli sulle denominazioni protette e sulle produzioni biologiche, si intervenendo sulle norme che disciplinano i piani di controllo sulle denominazioni protette, stabilendo l'applicabilità di sanzioni pecuniarie in caso di inadempienza degli obblighi di pagamento relativi allo svolgimento delle attività della struttura di controllo. Inoltre, nell'ambito delle produzioni biologiche, si introduce un meccanismo di controllo sul contributo annuale per la sicurezza alimentare.

L'articolo 9-quater opera l'incorporazione della società Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura (SIN S.p.A.), nell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). La finalità di tale modifica dell'assetto istituzionale è la razionalizzazione del sistema di controllo e intervento in materia. Nelle more dell'operazione, la norma in esame disciplina i trattamenti economici dei dipendenti di SIN, oltre a consentire una riorganizzazione interna ad AGEA.

Ministero della salute

Si ricorda infine, che il decreto legislativo n. 27 del 2021 ha introdotto disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 in materia di controlli ufficiali e alle altre attività effettuate sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante e sui prodotti fitosanitari e il decreto legislativo n. 32 del 2021 ha stabilito le modalità di finanziamento dei controlli ufficiali effettuati da Ministero della salute per garantire l'applicazione della normativa in materia di alimenti e sicurezza alimentare, materiali o oggetti destinati a venire a contatto con alimenti (MOCA), mangimi, salute animale, sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati, benessere degli animali, immissione in commercio e uso di prodotti fitosanitari in attuazione del titolo II, capo VI, del citato Regolamento (UE) n 2017/625.
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e ad altri illeciti ambientali e agroalimentari
La   Legge 10 maggio 2023, n. 53  ha istituito la predetta Commissione. In particolare, la lettera n) dell'art. 1 della legge citata, attribuisce alla Commissione il compito di indagare sull'esistenza di a ttivita' illecite nel settore agricolo e agroalimentare, comprese quelle connesse a forme di criminalita' organizzata, commesse anche attraverso sofisticazioni e contraffazione di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, compreso il loro traffico transfrontaliero, anche ai fini dell'aggiornamento e del potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell'ambiente nonche' del contrasto del traffico illecito di prodotti con marchio «made in Italy» contraffatti o alterati. In data 17 aprile 2024 la Commissione ha svolto alcune audizioni nell'ambito del filone d'inchiesta relativo alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali. in particolare, ha audito rappresentanti della fondazione "Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare; i rappresentanti dell'istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), nonche' il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. In data 8 maggio 2024 ha audito il  Comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare, in data 8 luglio 2024 i rappresentanti di Eurispes.
Si ricorda che in data 25 gennaio 2023 la Commissione XIII (Agricoltura) ha espresso un parere favorevole sull'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e ad altri illeciti ambientali e agroalimentari che ha nell'ambito di competenza  lo svolgimento di indagini sull'esistenza di attività illecite nel settore agricolo e agroalimentare – comprese quelle connesse a forme di criminalità organizzata – realizzate, tra l'altro, attraverso sofisticazioni e contraffazione di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, ivi incluso il loro traffico transfrontaliero; inoltre, gli accertamenti eseguiti in tale ambito saranno finalizzati all'aggiornamento e al potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell'ambiente nonché del contrasto al traffico illecito di prodotti « made in Italy».
Per ulteriori approfondimenti sul provvedimento (A.C. 80) si rinvia all'iter e al Dossier del Servizio studi.
ultimo aggiornamento: 23 settembre 2025

L'Italia è il paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine controllata (DOP) e ad indicazione geografica protetta (IGP) riconosciuti dall'Unione Europea.

Il primato italiano di prodotti agroalimentari DOP e IGP trova la sua maggiore espressione nei prodotti vitivinicoli ed anche nei formaggi, nell'olio di oliva e vegetali freschi e trasformati, nelle carni ossia nei tanti alimenti che rappresentano la varietà e la ricchezza in cui si articola la produzione nazionale agricola italiana. Ad essi si accompagna, inoltre, l'ampia schiera di prodotti agro-alimentari tradizionali, cosi definiti in ragione della tradizionalità del metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura.

I dati

L'analisi condotta dal Rapporto Ismea-Qualivita 2024 rileva che, al 31 ottobre 2024, si contano complessivamente 3.193 prodotti DOP IGP STG nei Paesi UE, di cui 1.564 agroalimentari e 1.629 vitivinicoli. Con 856 prodotti DOP, IGP e STG l'Italia è lo Stato membro che ne ha un numero maggiore: 528 vini e 328 prodotti alimentari e agroalimentari. 

Come si evince dal grafico riportato "Distribuzione per Paese delle produzioni certificate IG nell'UE nel 2024", il nostro Paese detiene più di un quinto dei prodotti agroalimentari e quasi un terzo dei vini certificati nell'Unione europea.

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In base al rapporto Ismea-Qualivita il valore complessivo della produzione certificata DOP IGP agroalimentare e vinicola ha superato i 20 miliardi di euro per un +0,2% su base annua, dato che porta  a quota 19% il contributo della Dop economy al fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale. Il comparto agroalimentare DOP IGP raggiunge i 9,17 miliardi di euro (+3,5%), mentre il settore vitivinicolo 11,03 miliardi di euro (-2,3%). Le quattro regioni del Nord-Est rappresentano il 54% del valore della Dop economy italiana, il Nord-Ovest registra un +1,5% e soprattutto l'area Sud e Isole un +4,0%. Frenano, invece, le regioni del Centro (-3,9%). 

Per quanto riguarda i consumi domestici, nel 2023 il valore dei prodotti IG è aumentato del 7,2% raggiungendo i 5,9 miliardi di euro, con il +9,5% per i prodotti alimentari e il +2,7% per il vino, dati confermati nei primi nove mesi del 2024.

Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero sono in tutto 182 con 194.387 operatori che generano lavoro per 847.405 occupati.

Sul fronte esportazioni le DOP IGP agroalimentari e vitivinicole nel 2023 raggiungono i 11,6 miliardi di euro: il cibo con 4,67 miliardi di euro e il vino con 6,89 miliardi di euro.

L'agroalimentare DOP IGP nel 2023 raggiunge 4,67 miliardi di euro con un +0,7% su base annua e un trend del +90% dal 2013, con andamento opposto nel complesso fra mercato UE (+6,4%) e mercato Extra-UE (-6,9%). 

Le esportazioni di vino DOP IGP raggiungono 6,89 miliardi di euro e tengono dopo il balzo del +10% del 2022, con un trend del +66% rispetto al 2013, con andamento opposto nel complesso fra mercato UE (-3,5%) e mercato Extra-UE (+4,2%).

ultimo aggiornamento: 3 dicembre 2024

Il 26 marzo 2024 il Consiglio ha definitivamente approvato, recependo l'accordo con il Parlamento europeo nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, il regolamento che riforma la normativa dell'Unione in materia di protezione delle indicazioni geografiche per il vino, le bevande spiritose e i prodotti agricoli.

Il  28 febbraio 2024 tale accordo era stato confermato dalla posizione del Parlamento europeo in prima lettura. 

 

Il regolamento 2024/1143 - pubblicato nella G.U. dell'UE il 23 aprile 2024 - prevede, tra l'altro:

  • una procedura di registrazione semplificata ed un periodo massimo di 6 mesi, per l'esame delle domande; 
  • una maggiore protezione delle indicazioni geografiche (IG), anche online. I nomi di dominio che le utilizzino illegalmente potranno essere chiusi o disabilitati. L'Ufficio dell'UE per la proprietà intellettuale (European Union Intellectual Property Office, EUIPO) istituirà a tal fine un sistema di allarme;
  • un ruolo rafforzato per le associazioni di produttori che potranno, laddove non lo siano già, essere riconosciute dagli Stati membri e a cui potranno essere conferiti maggiori poteri e responsabilità;
  • regole per l'uso di un prodotto a denominazione IG come ingrediente di un prodotto trasformato. Per comparire nell'etichetta o nella pubblicità di tali prodotti l'ingrediente IG dovrà essere utilizzato in quantità sufficienti da costituirne una caratteristica essenziale e la sua percentuale dovrà essere indicata. L'utilizzo dei prodotti con denominazioni IG come ingrediente di prodotti alimentari preimballati, dovrebbe essere consentito previa notifica alla pertinente associazione di produttori riconosciuta;
  • regole per l'utilizzo dei nomi dei produttori e delle IG sugli imballaggi;
  • la valorizzazione di pratiche di sostenibilità ambientale, sociale od economica, anche nel disciplinare
  • l'abrogazione (art. 94) del sopra citato regolamento UE n.1151 del 2012.  

Con il DM 26 luglio 2024 si sono determinati i criteri e le modalita' per la concessione di contributi, da parte dell'Ufficio PQA I, finalizzati alla valorizzazione e alla salvaguardia dei prodotti agricoli e alimentari contraddistinti da DOP o IGP ai sensi del regolamento (UE) 2024/1143. A tal fine il decreto stanzia 900.000,00 euro.
La disciplina europea relativa alle  denominazioni di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari era  contenuta, prima dell'intervento del Regoalmento UE 2024/1143, nel  Regolamento n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari; per le modalità di attuazione del medesimo regolamento, è stato, inoltre, emanato il Regolamento (UE) n. 668/2014 della Commissione. Il citato Regolamento n. 1151 /2012 è stato poi modificato dal Regolamento 2017/625 sui controlli ufficiali e le altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali sulla sanità delle piante e sui prodotti fitosanitari.
Per l' attuazione in Italia del predetto Regolamento n. 1151/2012 è stato emanato il  decreto ministeriale 14 ottobre 2013. Il decreto in questione descrive, ai sensi dell'art. 3, gli elementi di conformità al disciplinare di produzione che un determinato prodotto deve possedere per beneficiare di una denominazione di origine protetta (DOP) o di una indicazione geografica protetta (IGP) ai sensi del Regolamento 1151/2012. L'articolo 4 individua poi i soggetti legittimati al presentare domanda di riconoscimento per una DOP o IGP mentre l'art. 6 descrive i requisiti della domanda di registrazione.

Si ricorda, inoltre, che con il D.M. 26 ottobre 2021, sono stati definiti i criteri e modalità di applicazione dell'agevolazione diretta a sostenere la promozione all'estero di marchi collettivi e di certificazione volontari italiani  (articolo 32, commi 12-15, D.L. 34/2019); esso prevede, tra l'altro, che i soggetti che possono beneficiare dell'agevolazione per promozione all'estero, di marchi collettivi e di certificazione oggetto di tale decreto siano: le associazioni rappresentative delle categorie produttive; i consorzi di tutela di cui all'art. 53 della legge 138 del 1998 (delle DOP, IGP e delle attestazioni di specificità)e altri organismi di tipo associativo o cooperativo).

Con il decreto 11 luglio 2023 sono stati determinati i criteri e le modalita' per la concessione di contributi concernenti iniziative volte a sviluppare azioni di valorizzazione, incentivare lo scambio di conoscenze ed azioni di informazione, sostenere la formazione professionale e l'acquisizione di competenze, nonche' i progetti di ricerca e sviluppo e la salvaguardia dei prodotti agricoli ed alimentari contraddistinti da DOP e IGP.

ultimo aggiornamento: 23 settembre 2025

 Con  il decreto legislativo n. 198 del 2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare è stata dato attuazione, in Italia, alla direttiva  UE 2019/633. Il suddetto D.lgs. n. 198 del 2021 si applica ai rapporti relativi alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguiti da fornitori stabiliti in Italia, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti. Sono esclusi, quindi, i contratti dei consumatori.

I prodotti agroalimentari che rientrano nell'ambito di applicazione del decreto sono tutti quelli elencati nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'UE e altri prodotti trasformati per uso alimentare a partire dal i prodotti elencati in tale Allegato.

L'art. 2 del citato D.lgs. n. 198 del 2021 contiene le definizioni. Tra queste si ricorda, in particolare, la lettera e) che definisce i "contratti di cessione" come quei contratti che hanno ad oggetto la cessione di prodotti agricoli ed alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore, delle cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito, nonché dei conferimenti di prodotti agricoli ed alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici a cooperative di cui essi sono soci o ad organizzazioni di produttori, ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, di cui essi sono soci.Il successivo art. 3 prevede, al comma 1, che i contratti di cessione devono essere informati ai principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti, cui attenersi prima, durante e dopo l'instaurazione della relazione commerciale. Il successivo comma 2 stabilisce che i contratti di cessione sono conclusi obbligatoriamente mediante atto scritto stipulato prima della consegna dei prodotti ceduti ed indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, che può essere fisso o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto, le modalità di consegna e di pagamento.

Gli articoli 4 e 5 del D Lgs in esame individuano le pratiche sleali vietate. Tra queste, si ricordano:

- l'annullamento, da parte dell'acquirente, di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso inferiore ai a 30 giorni;

- la modifica unilaterale, da parte dell'acquirente o del fornitore, delle condizioni relative alla frequenza, al metodo, al luogo ai tempi o al volume della fornitura di un contratto di cessione di prodotti;

- la richiesta al fornitore di pagamenti che non sono connessi alla vendita di prodotti agricoli e alimentari dal fornitore;

- l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illecita, da parte dell'acquirente. Di segreti commerciali del fornitore;

- la vendita di prodotti agricoli e alimentari a condizioni contrattuali eccessivamente gravose, ivi compresa la vendita a prezzi manifestamente inferiori ai costi di produzione;

- la vendita di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;

- l'imposizione, diretta o indiretta, di condizioni di vendita, di acquisto o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;

- l'imposizione all'acquirente, da parte del fornitore, dell'inserimento di certi prodotti nell'assortimento;

- l'imposizione all'acquirente, da parte del fornitore, di vincoli contrattuali per il mantenimento di un determinato assortimento di prodotti.

 Il successivo articolo 8 individua nell'ICQRF l'Autorità nazionale di contrasto deputata all'attività di accertamento delle violazioni previste dagli articoli 3, 4 e 5 del richiamato decreto legislativo, mentre l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM) rimane competente nei casi in cui le attività di accertamento e repressione riguardino pratiche rilevanti ai sensi del Codice del Consumo.

L'articolo 25 del D.L. n 69/2023 ha apportato alcune modifiche alla luce dei rilievi formulati dalla Commissione nell'ambito del caso EUP (2022) 10375. In primo luogo, vengono espressamente incluse nel relativo ambito di applicazione le cessioni di prodotti agricoli ed alimentari eseguite da fornitori che siano stabiliti in altri Stati membri o in Paesi terzi quando l'acquirente è stabilito in Italia. In secondo luogo, viene modificata la disciplina relativa all'annullamento degli ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili, mantenendo il divieto in caso di preavviso inferiore a 30 giorni, ma non escludendo che l'annullamento dell'ordine con un preavviso superiore a tale termine possa essere ugualmente classificato come pratica commerciale sleale, ove il preavviso sia considerato talmente breve da far ragionevolmente presumere che il fornitore non possa trovare destinazioni alternative per i propri prodotti. Infine, viene previsto che le denunce relative all'attuazione di pratiche commerciali vietate possono essere presentate all'ICQRF, anche da parte di fornitori stabiliti in altri Stati membri o Paesi terzi quando l'acquirente è stabilito nel territorio nazionale.

Si ricorda che in data 17 aprile 2024, il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, on. Lollobrigida, nel corso della seduta dell'Aula dedicata allo svolgimento del question time, rispondendo ad un'interrogazione inerente la tematica delle iniziative che il Governo intende intraprendere in materia di riconoscibilità dei prodotti del settore primario italiano, contrasto alla contraffazione e italian sounding ha illustrato il sistema dei controlli vigente in Italia comunicando altresì alcuni risultati conseguiti di recente.

Sulla normativa in materia è intervenuto il D.L. n. 63/2024. In particolare, l'articolo 4, comma 1, introduce una serie di modifiche al D. Lgs. n. 198 del 2021, aggiungendo le definizioni di "costo di produzione" e "costo medio di produzione"; viene specificato, nell'ambito dei principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione che i prezzi dei beni forniti devono tenere conto dei costi di produzione. Viene esplicitamente indicato che le convenzioni e i regolamenti che disciplinano i mercati all'ingrosso devono osservare la normativa in materia di pratiche commerciali sleali.

I titolari e i gestori dei mercati all'ingrosso devono denunciare all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) le violazioni di cui vengano a conoscenza. La violazione della normativa sulle pratiche sleali da parte di un fornitore costituisce grave inadempimento del rapporto negoziale con il titolare o il gestore del mercato.

Con una modifica inserita dal Senato, si autorizza l'ICQRF a chiedere agli acquirenti tutte le informazioni necessarie, con l'acquisizione di documenti contabili relativi alle attività di vendita, per facilitare indagini sulle eventuali pratiche commerciali vietate. Viene inoltre modificato il regime sanzionatorio, introducendo la possibilità per il contraente che abbia commesso una pratica commerciale sleale di beneficiare di una riduzione del 50 per cento della sanzione se, entro 30 giorni dalla notifica dell'ingiunzione, dimostra di aver posto in essere misure per elidere le conseguenze dannose dell'illecito. Per i casi di mancata stipula scritta del contratto di cessione e di imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose vengono rese esplicite le attività idonee a elidere le conseguenze dannose.E' anche previsto lo stanziamento di fondi a favore dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA): 1,5 milioni di euro per il 2024 e 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 per il potenziamento dei sistemi informatici (comma 2) più ulteriori 100.000 euro annui a decorrere dal 2024 per le spese di funzionamento dei sistemi informatici.

 

ultimo aggiornamento: 25 novembre 2024

In relazione alla protezione delle DOP e IGP si segnalano alcune modifiche intervenute al Codice della proprietà industriale (D.Lgs n. 30/2005) da parte della L.n. 102/2023:

  • non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi, ovvero sulla tipologia di marchio, nonché i segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette in base alla normativa statale o dell'Unione europea, inclusi gli accordi internazionali di cui l'Italia o l'Unione europea sono parte (articolo 1, L.n. 102/2023 ha modificato l'articolo 14, comma 1, lettera b));
  • la semplificazione della procedura di concessione di privativa di nuova varietà vegetale. In particolare, viene soppressa la Commissione attualmente prevista, avente il compito di esprimere parere al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, (MASAF) circa sull'esistenza dei requisiti di validità previsti dal codice per le nuove varietà vegetali propedeutici alla registrazione del relativo diritto di privativa (articolo 14, L.n. 102/2023, che ha modificato l'articolo 170).

Per un ulteriore approfondimento della tutela della proprietà intellettuale delle varietà vegetali in agricoltura si veda la scheda reperibile sul sito pianetapsr.it;

  • include tra i soggetti legittimati a proporre opposizione avverso una domanda o registrazione di marchio, anche il MASAF- quale autorità nazionale competente per le DOP, le IGP e le IG agricole, alimentari, dei vini, dei vini aromatizzati e delle bevande spiritose - in assenza di un consorzio di tutela riconosciuto (articolo 15, L.n. 102/203 che modifica l'articolo 177).
ultimo aggiornamento: 21 settembre 2023

La Legge recante  "Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy" (L. n. 206/2023) ha introdotto le seguenti misure:

  • l'articolo 8 dispone che il Ministero delle imprese e del made in Italy, d'intesa con il MASAF, promuova lo sviluppo delle certificazioni della gestione forestale sostenibile e sostenga gli investimenti per la vivaistica forestale, la creazione e il rafforzamento di imprese boschive e delle imprese della filiere della prima lavorazione del legno attraverso l'incremento del livello tecnologico e digitale delle imprese e la creazione di sistemi di produzione automatizzati lungo la catena produttiva, dai sistemi di classificazione qualitativa ai sistemi di incollaggio; a tal fine, stanzia 25 milioni di euro per l'anno 2024 per la concessione di contributi a fondo perduto (per 15 milioni di euro) e di finanziamenti a tasso agevolato (per 10 milioni di euro). Le modalità attuative sono rimesse ad un decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, da adottare di concerto con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e sentita, secondo quanto inserito in sede referente, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame;
  • l'articolo 9 prevede che il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), al fine di valorizzare la filiera degli oli di oliva vergini, definisca con proprio decreto, nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale, le modalità di registrazione delle consegne delle olive da olio ai frantoi oleari;
  • l'articolo 17  istituisce  presso il Ministero delle imprese e del made in Italy - una Commissione tecnica (a cui partecipa anche un rappresentante del MASAF) avente la finalità di effettuare indagini, approfondimenti tecnici e redigere linee guida che identificano le lavorazioni di particolare qualità nell'ambito del processo produttivo del pane fresco e della pasta di semola di grano duro;
  • l'articolo 34 prevede la possibilità, per i ristoratori che operano all'estero ed i cui esercizi commerciali offrono prodotti enogastronomici tradizionali italiani, di ottenere la certificazione distintiva di "ristorante italiano nel mondo". Inoltre è prevista l'abrogazione dei commi da 1144 a 1148 dell'art. 1 della legge di bilancio 2021 (L.178/2020); ciò al fine di armonizzare la disciplina in materia di valorizzazione e sostegno degli esercizi di ristorazione che offrono all'estero prodotti conformi alle migliori tradizioni italiane;
  • l'articolo 35 istituisce, nello stato di previsione del MASAF, un Fondo, con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, finalizzato a promuovere il consumo all'estero di prodotti nazionali di qualità, nonché alla formazione del personale, anche attraverso scambi culturali, per la corretta preparazione dei piatti e l'utilizzo dei prodotti.   Con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, sono stati definiti i criteri e le modalità di utilizzo del fondo e sono stati stanziati 950 mila euro per il 2025;
  • l'articolo 36 reca disposizioni in materia di mutui a tasso agevolato concessi da ISMEA in favore delle imprese agricole finalizzati all'acquisizione di imprese operanti nel medesimo settore;
  • l'articolo 37 istituisce, presso il MASAF, il Fondo per la protezione nel mondo delle indicazioni geografiche italiane agricole, alimentari, del vino e delle bevande spiritose, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Se inizialmente il Fondo era destinato alla protezione nel mondo dei prodotti agroalimentari di imprese con sede legale e operativa in Italia, successivamente la finalità del Fondo è stata limitata esclusivamente alla protezione delle indicazioni geografiche registrate (art. 15, comma 3-bis, D.L. n. 95/2025);
  • l'articolo 38 istituisce presso il MASAF un Fondo, con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, destinato a sostenere le iniziative dei Comuni per il ripristino, la manutenzione e la valorizzazione delle infrastrutture di interesse storico e paesaggistico percorse dagli animali negli spostamenti per la transumanza, la monticazione, l'alpeggio e altre pratiche tradizionali locali;
  • l'articolo 39 istituisce presso il MASAF il Fondo per i distretti del prodotto tipico italiano, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. I distretti del prodotto tipico italiano sono riconosciuti con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sulla base della proposta della Regione o della Provincia autonoma competente, formulata sentiti gli enti locali coinvolti. A valere sul Fondo, sono concesse agevolazioni nella forma di contributi in conto capitale per investimenti e progetti di ricerca, cofinanziati dalla Regione per una quota pari al 30 per cento, come specificati con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministero per le imprese e del made in Italy, sentita la Conferenza unificata;
  • l'articolo 40 istituisce presso il MASAF il Registro delle Associazioni nazionali delle città d'identità, al fine di assicurare la più ampia partecipazione degli operatori dei settori agricoli nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e di promozione delle produzioni agricole di pregio e di alta rinomanza. In attuazione della disposizione è stato adottato il DM 12 dicembre 2024 che individua i requisiti  per  l'assunzione  da parte dei comuni della  denominazione  di  «città  di  identità»  e definisce i requisiti e le modalità per  l'iscrizione  nel  Registro delle associazioni nazionali  delle  città di identità.   
ultimo aggiornamento: 4 settembre 2025

Il patrimonio agroalimentare italiano costituisce uno dei punti di forza del nostro Paese; esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che soddisfano le aspettative di tipicità e reputazione raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali. Esso ha assunto quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica.

Il sostegno dei prodotti, delle tradizioni e delle pratiche agroalimentari è riconosciuto a livello internazionale dall'Unesco nell'ambito della tutela del patrimonio immateriale dell'umanità ai sensi della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata con la legge 27 settembre 2007, n. 167.

L'art. 1 della Convenzione prevede, tra gli scopi della stessa, la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale nonché il rispetto del patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati. L'art. 2 contiene la definizione di "patrimonio culturale immateriale" da intendersi come l'insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, know-how che le comunità riconoscono in quanto parte del proprio patrimonio culturale. Tale patrimonio culturale immateriale, ai sensi della stessa disposizione, è costantemente ricreato dalle comunità in risposta al proprio ambiente, alla propria storia dando, alle stesse comunità, un senso d'identità e di continuità. L'art. 16 della stessa Convenzione stabilisce che il Comitato intergovernativo per la salvaguardia per il patrimonio culturale immateriale (uno degli organi istituiti dalla Convenzione ai sensi dell'art. 5) istituisce una lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell'umanità al fine di garantire una migliore visibilità del patrimonio culturale immateriale e di acquisire la consapevolezza del suo significato ed incoraggiare un dialogo che rispetti la diversità culturale. Ai sensi dell'art. 12 della citata Convenzione, ciascuno Stato è chiamato, al fine di salvaguardare il proprio patrimonio culturale immateriale, a redigere uno o più inventari.

In Italia, con DM n. 3424 del 2017 è stato istituito presso l'attuale Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), l'Inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano (INPAI) con lo scopo di "individuare, catalogare e documentare gli elementi culturali afferenti le tradizioni agroalimentari tipiche italiane". Il predetto decreto definisce "elemento culturale agroalimentare" come l'insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni e conoscenze relativi alla cultura del cibo e dell'alimentazione la cui persistenza è documentata da almeno vent'anni che le comunità riconoscono come parte del loro patrimonio culturale immateriale agroalimentare. Sono, inoltre, descritte la procedura di iscrizione al suddetto inventario, nonché quella volta all'individuazione del "Patrimonio agroalimentare dell'anno" ossia dell'elemento culturale agroalimentare designato quale particolarmente rappresentativo ed emblematico del contesto rurale e agro-alimentare e del patrimonio culturale immateriale ad esso connesso. Si ricorda, in proposito, che l'Italia detiene il primato mondiale dei riconoscimenti UNESCO nel settore agroalimentare avendo ottenuto il riconoscimento di cinque di essi. Per un approfondimento sul patrimonio immateriale e sull'indicazione degli elementi italiani iscritti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale si veda l'apposita sezione nel sito web del MASAF.

Il decreto legislativo 173 del 1998 ha istituito presso il MASAF l'elenco nazionale dei prodotti agraoalimentari tradizionali, annualmente aggiornato dalle Regioni. Come esposto nel dossier del CREA "L'agricoltura che conta 2022", la 22° edizione dell'elenco contiene 5.450 specialità alimentari tradizionali, 117 in più rispetto al 2021.

Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, comma 582) ha previsto l'istituzione, con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, dell'Osservatorio nazionale per il patrimonio immateriale dell'UNESCO cui è affidato il compito di individuare i beni immateriali del nostro Paese e diffonderne la conoscenza, promuovere ricerche e raccolte dati a riguardo e favorire i rapporti con gli enti territoriali ed internazionali, sostenere lo sviluppo del dialogo interculturale tenendo conto dell'imprescindibile legame tra patrimonio culturale immateriale, patrimonio culturale materiale e beni naturali.

Nel marzo 2023 il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il Ministero della cultura hanno lanciano la candidatura UNESCO della cucina italiana alla Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità. A tal fine l'ANCI è stato autorizzato a destinare la somma di 1.500.000 di euro al fine di supportare tale candidatura (art. 15, comma 3-quater, D.L. n. 95/2025).

In data 10 dicembre 2025 la cucina italiana è stata riconosciuta dall'Unesco Patrimonio culturale immateriale dell'umanità.

Il 10 gennaio 2024 le Commissioni VII e XVIII della Camera dei deputati hanno approvato all'unanimità la risoluzione n. 8-00038 volta ad impegnare il Governo ad adottare le iniziative di competenza volte ad includere il pane di Altamura nell'inventario e nella lista rappresentative del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.

ultimo aggiornamento: 11 dicembre 2025

La normativa italiana in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio rurale e agricolo si fonda su un impianto normativo solido e articolato. Il riconoscimento dell'importanza storica e culturale del paesaggio rurale è ormai parte integrante della politica ambientale e culturale del nostro Paese.

La tutela del paesaggio rurale trova specifico fondamento nella Costituzione. L'articolo 9 della Costituzione italiana riconosce infatti la tutela del paesaggio come principio fondamentale, includendo implicitamente i paesaggi agrari e il patrimonio storico rurale. Tale disposizione è stata oggetto di una recente riforma costituzionale che ha introdotto il principio della tutela costituzionale dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni e quello della tutela degli animali, nelle forme e nei modi da definirsi con legge statale.

Il decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) definisce il paesaggio come "il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni". Questa definizione ricomprende i paesaggi agro-silvo-pastorali tradizionali, riconoscendone il valore culturale oltre che estetico.

Più di recente nell'ambito del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – il programma di investimenti post-pandemia finanziato dall'UE – sono state previste misure specifiche volte a tutelare il patrimonio culturale rurale ed a contrastare il fenomeno dello spopolamento delle aree interne.

In particolare, la Missione 1 – Componente 3 (Cultura) include l'Investimento 2.2 "Tutela e valorizzazione dell'architettura e del paesaggio rurale". Questo investimento, gestito dal Ministero della Cultura in coordinamento con le Regioni, ha stanziato 600 milioni di euro per un programma nazionale di recupero di edifici storici rurali e di tutela dei paesaggi rurali tradizionali. L'obiettivo è finanziare quasi 4.000 interventi di restauro conservativo su tutto il territorio nazionale entro il 2025. La maggior parte di tali fondi, è destinata ad interventi concreti di recupero di insediamenti agricoli, fabbricati e manufatti rurali storici, nonché al ripristino di colture di interesse storico e di elementi tipici del paesaggio (come terrazzamenti, sistemi d'irrigazione storici, ecc.) tramite bandi pubblici; altre risorse sono destinate, invece, al censimento e alla digitalizzazione dei beni del patrimonio rurale e il potenziamento di sistemi informativi dedicati.

In linea con principi sopra esposti di tutela e valorizzazione del paesaggio rurale italiano, è stato istituito con il Decreto Ministeriale 19 novembre 2012, n. 17070, l'Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, delle Pratiche Agricole e Conoscenze Tradizionali presso il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF). Esso è presieduto dal Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, è composto, tra gli altri, da esperti in materia di paesaggio rurale storico.

L'Osservatorio ha l'obiettivo di assicurare un migliore coordinamento delle politiche agricole e delle misure di sviluppo rurale ai fini della tutela e valorizzazione del paesaggio rurale e delle sue tradizioni agricole. Esso ha compiti di vasta portata, tra cui: elaborare principi generali e strategie per la salvaguardia attiva dei paesaggi rurali; censire i paesaggi agrari, le pratiche agricole e le conoscenze tradizionali di particolare valore; monitorare gli effetti delle politiche agricole e delle dinamiche ambientali, sociali ed economiche sul paesaggio rurale e delle trasformazioni in atto; gestire un apposito Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico e delle pratiche tradizionali.

Tale Registro cataloga i paesaggi agrari storici ancora riconoscibili e le pratiche colturali secolari (dalla viticoltura eroica terrazzata, alla transumanza, ai sistemi agro-silvo-pastorali tradizionali) meritevoli di tutela. L'iscrizione in questo registro nazionale costituisce un riconoscimento ufficiale e consente di elaborare misure di salvaguardia mirate per quei paesaggi (ad esempio vincoli d'uso del suolo o premi agroambientali ad hoc). L'Osservatorio, inoltre, monitora gli effetti delle politiche agricole sul paesaggio (es. l'impatto delle trasformazioni colturali, dell'abbandono o della meccanizzazione) e propone obiettivi di qualità paesaggistica da perseguire in sinergia con le Regioni. Un ruolo importante è anche la promozione di attività di ricerca e formazione multidisciplinare sul paesaggio rurale e le sue componenti bio-culturali.

Di recente, con D.M. 18 aprile 2025, n. 180148, l'Osservatorio Nazionale del paesaggio rurale è stato rafforzato e aggiornato nelle sue competenze. L'articolo 4 di tale decreto specifica che nel "Registro nazionale dei paesaggi rurali" sono iscritti i paesaggi rurali di interesse storico, le pratiche agricole e le conoscenze tradizionali presenti sul territorio nazionale. In particolare, le conoscenze tradizionali indicano aspetti immateriali quali conoscenze e tecniche pratiche, conoscenze naturalistiche e ambientali relative alle attività agricole, forestali e pastorali, alle forme insediative e alle forme di conduzione agraria, generate, migliorate e trasmesse di generazione in generazione, dagli agricoltori attraverso la profonda conoscenza che hanno sviluppato. L'articolo 5 inoltre, ha previsto alcune modifiche nella procedura inerente l'inserimento nel registro.

 Si fa presente che i paesaggi rurali di interesse storico iscritti nel registro sono definiti come quelle porzioni di territorio classificato come rurale che, pur continuando il processo evolutivo, conserva evidenti testimonianze della propria origine e storia, mantenendo un ruolo nella società e nell'economia. Il paesaggio rurale di interesse storico comprende quindi ordinamenti colturali, manufatti ed insediamenti di uso agricolo, forestale e pastorale, che presentano caratteristiche di tradizionalità o interesse storico. Tra questi sono stati individuati le "Le colline di Valdobbiadene - Vittorio Veneto", il "Paesaggio collinare di Pienza e Montepulciano" e, più di recente, il "Paesaggio dei terrazzamenti e della viticoltura delle Cinque Terre" ed i "Vigneti eroici di Meana Sardo".

A livello internazionale, come noto, il valore storico-culturale che contraddistingue tali territori è stato riconosciuto anche dalle Nazioni Unite che ne ha attuato la protezione con iniziative come i siti patrimonio dell'umanità Unesco ed il programma GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems) della FAO.

Tale programma dal 2022 è finalizzato ad individuare e salvaguardare, a livello mondiale, i sistemi del patrimonio agricolo di importanza globale. Il patrimonio da tutelare identifica quindi quei paesaggi ed usi agricoli del suolo che sono il risultato dell'intreccio millenario tra storia, natura e agricoltura nella diversificazione dei paesaggi rurali e nella moltitudine di tecniche di produzione agricola a basso livello di meccanizzazione. Si fa presente che l'Italia partecipa al programma GIAHS: i paesaggi vitivinicoli delle Colline di Soave e le pratiche agricole tradizionali delle terrazze dell'isola di Pantelleria sono stati riconosciuti come siti GIAHS, a testimonianza dell'importanza globale delle pratiche agricole tradizionali italiane.

Nel settembre 2025 la Fao ha inserito tre nuovi ecosistemi agricoli al suddetto programma di punta GIAHS, portando il totale globale a 102 siti in 29 paesi. Tra i nuovi siti GIAHS si ricorda, in particolare, il sistema agricolo terrazzato della Costiera Amalfitana (già patrimonio Unesco), caratterizzato da un rilievo culturale e ambientale e che presenta oltre 970 specie vegetali incluse rare specie mediteranee. Gli altri due sistemi si trovano in Giappone (il Sistema dei frutteti terrazzati di Mikan, Prefettura di Wakayama ed il Sistema agricolo forestale zootecnico di Okuizumo).

 

ultimo aggiornamento: 24 settembre 2025

La disciplina sull'etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce un aspetto fondamentale della tutela sulla qualità del prodotto; essa è disciplinata da diverse fonti di derivazione europea e nazionale

A livello europeo una delle principali fonti normative è costituita dal Regolamento (UE) n. 1169/2011, del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori. Tale Regolamento ha confermato un principio già precedentemente vigente ossia quello che l'indicazione del luogo d'origine o provenienza è obbligatoria solo se la relativa omissione può indurre in errore il consumatore circa la stessa origine e provenienza.

Con riferimento all'indicazione in etichetta dell'origine del prodotto l'impostazione fino a pochi anni fa prevalente in sede europea tendeva a ritenere incompatibile con il mercato unico la presunzione che vi fosse una particolare qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di un prodotto alimentare, in quanto discriminatorio degli altri Stati membri. In base a tale principio si ritiene che se due prodotti provenienti da Paesi europei diversi non presentano alcuna differenza sul piano merceologico, chimico e organolettico, non vi è alcuna necessità di indicarne l'origine in quanto questa non sarebbe un'indicazione necessaria. Fanno eccezione solo i prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione di provenienza protette (IGP) per i quali l'indicazione della provenienza costituisce un fondamentale elemento del disciplinare di produzione e quindi cella particolare qualità del prodotto stesso.

 

Con il successivo Regolamento di esecuzione UE n. 2018/775 della Commissione, in vigore a decorrere dal 1° aprile 2020, sono state dettate specifiche disposizioni applicative dell'art. 26, paragrafo 3, del suddetto Regolamento UE n. 1169 del 2011 relative all'indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento, quando non sia lo stesso di quello indicato per l'alimento per il quale risulta obbligatoria l'indicazione di origine.

 L'indicazione di origine di un alimento in etichetta costituisce, in effetti, un aspetto determinante dello stesso alimento al punto da poter condizionare la scelta del consumatore nell'acquisto di un prodotto anziché di un altro. La precisazione della sua origine, infatti, rappresenta un elemento fortemente correlato con la sua qualità ma anche con la scelta del consumatore ben potendo determinare sia l'effetto premiante in favore di determinate filiere considerate più rigorose da un punto di vista della sicurezza alimentare, sia l'aspetto discrezionale che può orientare lo stesso consumatore in una scelta di carattere etico o ambientale (preferendo, ad esempio, un alimento a chilometro zero).

L'UE ha recepito, sia pur con alcuni limiti, queste tendenze promuovendo la valorizzazione delle produzioni di qualità ed individuando questo come fattore competitivo, in grado di collocare l'agricoltura europea in una posizione più forte nella sfida generata dai processi di globalizzazione dei mercati. Le caratteristiche qualitative e la tipicità delle produzioni legate alle tradizioni e alla cultura di specifici territori costituiscono quindi un aspetto per il successo competitivo delle stesse produzioni.

 

A livello nazionale, il nostro legislatore ha da sempre attribuito grande rilievo alla possibilità di indicare obbligatoriamente l'origine nazionale della produzione agroalimentare, ai fini della tutela della qualità e dell'autenticità del prodotto stesso. In tal senso, ha emanato numerose disposizioni tese a raggiungere tali finalità nonostante l'orientamento non sempre favorevole- come sopra sottolineato - dell'UE.

La legge n. 4 del 3 febbraio 2011, recante "Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari", poi modificata dall'art. 3-bis del decreto legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge di 11 febbraio 2019 n. 12, ha disposto l'obbligo agli art. 4 e 5 per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati parzialmente trasformati o non trasformati di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.

Secondo la predetta legge, per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione e nella produzione dei prodotti. Le modalità applicative della citata legge n, 4 del 2011 sono state demandate a decreti interministeriali che hanno individuato quali prodotti alimentari sono assoggettati all'etichettatura di origine (art. 4, comma 3).

A seguito delle modifiche apportate all'articolo 4 della legge 4 del 2011, dal citato decreto legge n. 135 del 2018, si prevede che:

- è obbligatorio riportare nell'etichetta dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati e non, l'indicazione del luogo di origine o provenienza e, in conformità alla normativa europea l'eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia la presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare;

- per i prodotti non trasformati, l'indicazione del luogo di origine riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente;

- con decreti interministeriali, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, previa notifica alla Commissione europea sono definite le modalità per l'indicazione obbligatoria e per la tracciabilità dei prodotti agricoli che provengono dal territorio nazionale;

- con i suddetti decreti, sono, inoltre, definiti relativamente a ciascuna filiera i prodotti alimentari soggetti all'obbligo di indicazione nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione;

-  le regioni sono chiamate a disporre di controlli sull'applicazione delle disposizioni richiamate, salve le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

-  per quanto riguarda le sanzioni, si fa rinvio a quelle (amministrative pecuniarie) disposte dal decreto legislativo n. 231 del 2017 che reca "Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del Regolamento UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento UE n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE".

 

Nello stesso ambito di applicazione è poi intervenuto il sopra citato Regolamento di esecuzione UE 2018/775 e, quindi, il decreto ministeriale 7 maggio 2018 (che ha avuto tra gli altri lo scopo di legare la fine dell'efficacia dei suddetti decreti alla data di inizio di applicazione del regolamento UE 2018/775 prevista, come prima evidenziato, per il 1° aprile 2020).

E' stata inoltre emanata la circolare del Ministero dello sviluppo economico 23 aprile 2020 n. 0108129 recante "Misure temporanee di supporto alle imprese per l'attuale fase di emergenza da Covid-19, con riferimento ai nuovi obblighi di etichettatura alimentari".

Successivamente è intervenuto il decreto ministeriale 1° aprile 2020, il quale ha prorogato le suddette disposizioni obbligatorie di indicazioni dell'origine in etichetta, del grano duro, delle paste di semola di grano duro, del riso e dei derivati del pomodoro sino al 31 dicembre 2021.

 E' stato, inoltre, emanato il decreto interministeriale 19 novembre 2020, recante "Forma di presentazione e condizioni di utilizzo del logo nutrizionale facoltativo complementare alla dichiarazione nutrizionale in applicazione dell'articolo 35 del regolamento (UE) 1169/2011", il quale non si applica agli alimenti confezionati in imballaggi o in recipienti la cui superficie maggiore misuri meno di 25 cm e ai prodotti DOP IGP e STG di cui al Regolamento (UE) n. 1151/2012.

Più di recente, il decreto interministeriale n. 680636 del 28 dicembre 2021, pubblicato nella G.U. dell'8 febbraio 2022, ha prorogato al 31 dicembre 2022, il termine di efficacia dei regimi sperimentali delle indicazioni di origine da riportare nelle etichette con riferimento alle seguenti categorie merceologiche: riso, paste alimentari di grano duro, derivati del pomodoro, latte e prodotti caseari e carni suine.

Si ricorda, poi, che l'art. 43, commi 7-bis e 7-ter del decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto semplificazioni (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020) ha introdotto la facoltà per le aziende agrituristiche e per taluni esercizi di somministrazione di cibi e bevande, di porre in rilievo - in particolare nella lista delle vivande - il luogo di produzione dei prodotti agricoli e alimentari somministrati e delle materie prime impiegate.

Si rappresenta che sul sito web Rischialimentari.it -  inaugurato lo scorso 21 dicembre dall'Istituto profilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) in collaborazione con il Ministero della Salute - sono illustrate le diverse tipologie di rischio sanitario connesse al cibo, i controlli che sono effettuati sugli alimenti nonchè le informazioni che devono essere riportate sulle etichette dei prodotti confezionati.

ultimo aggiornamento: 26 gennaio 2024

Negli ultimi anni il tema della carne ottenuta in laboratorio da replicazione cellulare in vitro ha suscitato un crescente interesse nel dibattito pubblico in quanto, da tempo, si è diffusa a livello globale la consapevolezza della insostenibilità della crescita demografica associata a modelli di produzione e di consumo basati sull'utilizzo di materie prime ed energia superiori alla capacità rigenerativa della natura e la produzione di altrettante considerevoli quantità di scarti o sprechi a valle delle filiere produttive.

Tuttavia, vengono sollevati dubbi sulla sicurezza delle carni coltivate in laboratorio, sulla trasparenza e sul diritto all'informazione dei consumatori nonché sulle ricadute delle nuove tecnologie sull'agricoltura e sulla cultura stessa legata alle pratiche agro-silvo-pastorali.

Una problematica emersa in materia di alimenti a base vegetale è il c.d. meat sounding. Riguarda l'uso di nomi, descrizioni e termini tipici della carne, come "hamburger", "bistecca" o "salsiccia", per prodotti che non contengono carne ma derivano da soia, legumi, cereali o altre fonti vegetali. Il tema incrocia la tutela del consumatore e la necessità di evitare possibili confusioni sull'origine dei prodotti.

Per quanto riguarda le bevande di origine vegetale, ad esempio quelle di soia e di riso, il regolamento sull'organizzazione comune dei mercati, come confermato anche dalla Corte di giustizia dell'UE, riserva l'utilizzo di termini come "latte", "burro", "formaggio" o "yogurt" ai soli alimenti di origine animale.

Normativa interna

In quest'ottica, pare necessario esaminare il quadro regolatorio vigente in Italia, preliminarmente segnalando che l'Unione Europea non ha ancora adottato norme specifiche concernenti la carne coltivata.

In Italia la carne coltivata è stata disciplinata della legge 1° dicembre 2023, n. 172,  recante "Disposizioni in materia di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi".

In estrema sintesi, si introduce il divieto di produzione, promozione e commercializzazione di alimenti e mangimi isolati o prodotti da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, il divieto di utilizzo della denominazione "carne" per i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali, e, al contempo, si individuando le autorità competenti per i controlli e si delinea il trattamento sanzionatorio per la violazione dei divieti introdotti dal presente provvedimento.

Analizzando nel dettaglio il provvedimento si evidenziano i seguenti aspetti:

  • le finalità della norma sono evidenziate dall'articolo 1, secondo cui la legge si propone di assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini, oltre che a preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti che sono espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell'Italia. Il valore di tale processo è riconosciuto di rilevanza strategica per l'interesse nazionale.
  • si introduce, all'articolo 2, il divieto generale di produzione, vendita e somministrazione di alimenti e mangimi isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati. Agli operatori del settore alimentare e agli operatori del settore dei mangimi è vietato, quindi, impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare, ovvero promuovere ai suddetti fini alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.

Tale divieto viene istituito sulla base del principio di precauzione di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 178/2002[1] ed appare particolarmente ampio, poiché coinvolge tutte le fasi della filiera produttiva ma non sembra vietare la sperimentazione e l'attività di ricerca.

  • si prevedono, inoltre, all'articolo 3, il divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali volto a tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini che consumano e il loro diritto all'informazione.

  A tali fini, per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali è dunque vietato l'uso di:

     a) denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;

     b) riferimenti alle specie animali o gruppi di specie animale o a una  morfologia animale o un'anatomia animale;

    c) terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;

    d) nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.

Tali divieti non precludono l'aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale (comma 2) e le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano quando le proteine animali sono prevalentemente presenti nel prodotto contenente proteine vegetali e purché non si induca in errore il cittadino che consuma circa la composizione dell'alimento (comma 3). I divieti non si applicano, altresì, alle combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari che non sostituiscono né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti ad essi nell'ambito di tali combinazioni (comma 4). Infine, si stabilisce stabilisce che con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è adottato un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il consumatore in errore rispetto alla composizione dell'alimento (comma 5).

  • l'effettività della disposizione è assicurata dalle previsioni sui controlli e le sanzioni, disciplinate dall'articolo 4. La norma attribuisce le funzioni di vigilanza praticamente a tutti i corpi di polizia e agli altri organi di controllo competenti in materia agroalimentare[2], includendovi il Ministero della salute, le Regioni e le Province di Trento e Bolzano. Tali autorità svolgono le verifiche di rispettiva competenza con il supporto, ove necessario, del personale specializzato del Ministero della salute, del Comando carabinieri per la tutela della salute e delle aziende sanitarie locali in possesso di specifiche attribuzioni in tema di controlli qualitativi e tecnico-biologici di natura sanitaria, in relazione ai potenziali rischi per la salute umana sulla base del principio di precauzione di cui all'articolo 7 del regolamento n. (CE) 178/2002.
  • il trattamento sanzionatorio è delineato dall'articolo 5 e consiste in vari tipi di sanzioni amministrative per la violazione dei divieti introdotti dal provvedimento in esame.

È opportuno sottolineare che la legge in questione ha sollevato alcuni dubbi sul rispetto della direttiva TRIS (Technical Regulation Information System), secondo la quale uno Stato membro deve notificare alla Commissione europea le normative tecniche che potrebbero creare ostacoli al mercato interno prima della loro approvazione.

In merito si segnala che l'atto più recente della procedura di notifica è la comunicazione della Commissione con la quale l'Italia viene informata dell'archiviazione della notifica, dato il mancato rispetto dei termini previsti dalla direttiva. La Commissione richiama, con l'occasione, la giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo la quale una norma tecnica approvata in violazione della direttiva TRIS non è opponibile ai singoli e il giudice nazionale è pertanto tenuto a disapplicarla.

 Si segnala, in merito, la risposta del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste dell'11 dicembre 2024 ad un' interrogazione a risposta immediata presso la Camera dei deputati, in cui si afferma che il Governo sta studiando delle modifiche normative volte a rendere la disciplina compatibile con la normativa unionale, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia sul divieto di meat sounding francese. Inoltre è stato precisato che il c.d. divieto di meat sounding previsto dalla legge n. 172/2023, per essere effettivo, necessita di un decreto attuativo contenente l'elenco delle denominazioni proibite che ad oggi non è ancora stato adottato. 

Normativa comunitaria

L' Unione Europea non ha ancora adottato norme specifiche concernenti la carne coltivata.

Tuttavia, a livello comunitario è stata affrontata una problematica emersa in materia di alimenti a base vegetale, il c.d. meat sounding. Riguarda l'uso di nomi, descrizioni e termini tipici della carne, come "hamburger", "bistecca" o "salsiccia", per prodotti che non contengono carne ma derivano da soia, legumi, cereali o altre fonti vegetali. Il tema incrocia la tutela del consumatore e la necessità di evitare possibili confusioni sull'origine dei prodotti.

Per quanto riguarda le bevande di origine vegetale, ad esempio quelle di soia e di riso, il regolamento (UE) 1308/2013 sull'organizzazione comune dei mercati, come confermato anche dalla Corte di giustizia dell'UE, riserva l'utilizzo di termini come "latte", "burro", "formaggio" o "yogurt" ai soli alimenti di origine animale.

Sul piano giurisprudenziale, la Corte di Giustizia dell'Unione europea il 4 ottobre 2024 si è espressa con sentenza nella causa C-438/2023 stabilendo che, in assenza di una denominazione legale specifica, uno Stato membro non può proibire l'uso generale ed astratto di termini tradizionalmente associati ai prodotti animali, come "bistecca" o "salsiccia", per etichettare prodotti vegetali. Alla base delle argomentazioni della Corte c'è il regolamento (UE) 1169/2011 riguardante le informazioni sugli alimenti ai consumatori, in base al quale l'uso di un nome consuetudinario o descrittivo, purché accompagnato da informazioni chiare sulla natura del prodotto, non può essere considerato fuorviante. La Corte di giustizia ha quindi considerato la normativa vigente sufficiente ad evitare confusione in capo al consumatore riguardo la provenienza dei prodotti di origine vegetale, anche quando vengono descritti con termini appartenenti al mondo della carne, purché siano presenti in confezione informazioni chiare sulla natura del prodotto. In conclusione, il verdetto chiarisce che, finché le informazioni sono trasparenti e non fuorvianti, i produttori possono utilizzare termini tradizionali della carne per descrivere alimenti a base vegetale.

Si ricorda che tale sentenza è scaturita da una  contestazione di un decreto francese che  proibiva l'uso di termini come "steak" o "salsiccia" per designare alimenti a base vegetale, anche quando accompagnati da qualifiche come "vegetale" o "a base di soia". Il Governo francese ha giustificato il decreto con la necessità di proteggere la chiarezza dell'informazione alimentare, sostenendo che i consumatori potessero essere indotti in errore dall'utilizzo di tali termini per alimenti che non contenevano carne.

Il 16 luglio 2025 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM (2025) 553) che modifica il regolamento (UE) 1308/2013 sull'organizzazione comune dei mercati. Tra le varie disposizioni proposte, si prospetta di riservare l'utilizzo di 29 termini, tra i quali "bistecca", "bacon" o "salsiccia", per la descrizione di alimenti derivati esclusivamente dalla carne.

La proposta di regolamento è stata presentata in un momento successivo alla sentenza della Corte di Giustizia ed è motivata dalla Commissione europea sulla base dell'importanza di tutelare l'allevamento sostenibile all'interno dell'Unione europea e del fatto che i termini collegati alla carne hanno rilevanza culturale per produttori e consumatori.

Anche il Parlamento europeo è intervenuto in materia, con l'approvazione l'8 ottobre 2025 di un emendamento sulla proposta di regolamento della Commissione europea che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2021/2115 e (UE) 2021/2116 per quanto riguarda il rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. Sostanzialmente il Parlamento europeo ha vietato l'uso di denominazioni di origine animale per prodotti derivati da proteine vegetali. La normativa entrerà in vigore a partire dal 2028, quando si concluderà l'intero iter legislativo europeo.

Tali iniziative normative si discostano dall'orientamento della Corte di Giustizia dell'Unione europea precedentemente riportato.

 

 

 

Mercato italiano dei prodotti plant-based

Il mercato italiano dei prodotti plant-based ha ormai superato il mezzo miliardo di euro annui nelle vendite retail. Secondo i dati NielsenIQ–Circana analizzati dal Good Food Institute Europa, nel 2024 le vendite al dettaglio (supermercati e discount) di cinque categorie chiave – alternative vegetali a carne, latte, formaggi, yogurt e panna – hanno raggiunto 639 milioni di euro, con un aumento del +7,6% rispetto al 2023 e addirittura del +16,4% rispetto al 2022.

L'Italia si colloca ai vertici in Europa per consumi di cibi vegani: è il terzo mercato europeo dopo Germania e Regno Unito. All'interno del paniere plant-based, alcune categorie di prodotti spiccano per valore e tassi di crescita. Storicamente, il segmento trainante è quello delle bevande vegetali, ma negli ultimi tempi le alternative alla carne e i formaggi vegani stanno guadagnando terreno con ritmi di crescita più elevati.

Bevande vegetali

Nel 2024 le bevande vegetali da sole hanno rappresentato circa il 50,7% del valore totale del mercato plant-based, pari approssimativamente a 320 milioni di euro. La crescita in questo comparto è stata più moderata rispetto ad altri segmenti "emergenti", essendo un mercato già maturo. Ciò non toglie che il segmento continui ad espandersi: tra il 2023 e il 2024 è aumentato sia in valore che in volume. Un dato significativo è la quota di mercato sul totale latte (vegetale + animale): le bevande vegetali hanno ormai conquistato circa l'8% del mercato complessivo del latte in Italia.

 

Si ricorda che il disegno di legge di iniziativa governativa "Disposizioni sanzionatorie a tutela dei prodotti alimentari italiani" (A.S. 1519), introduce, all'articolo 9, nuove sanzioni amministrative per  l'impiego abusivo delle denominazioni di latte o di prodotti lattiero-caseari. Viene specificato, inoltre, che le disposizioni in materia di sanzioni introdotte dal comma in parola si applicano anche nel caso in cui le denominazioni di latte e di prodotti lattiero-caseari siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che specifichino l'origine vegetale del prodotto o siano accompagnate da locuzioni negative.
La relazione illustrativa precisa, a tal riguardo, che la finalità dell'intervento è quella di "contrastare l'uso sempre più frequente di tali denominazioni per prodotti ottenuti da ingredienti di origine vegetale oppure nei quali gli ingredienti lattieri sono sostituiti in tutto o in parte da ingredienti di origine differente" aggiungendo che "ad oggi, tale crescente fenomeno non trova efficace contrasto in Italia in assenza di specifiche disposizioni sanzionatorie".
 

Alternative vegetali alla carne

Nel 2024 le alternative alla carne costituivano circa il 35,7% del mercato plant-based, con vendite intorno ai 228 milioni di euro. È il secondo comparto per grandezza e sta crescendo rapidamente: +14,7% in valore e +16,0% in volume nel 2024 rispetto all'anno precedente. In Italia, i prodotti più venduti in questa categoria includono burger di soia, burger di legumi misti (ceci, piselli), cotolette di soia o frumento. Complessivamente, la "carne vegetale" oggi raggiunge il valore di circa il 8-10% in volume dei consumi di prodotti da seconda portata tra le famiglie che li acquistano (non sul totale carne in generale, dove la share rimane piccola, probabilmente attorno al 1-2% sul mercato totale delle carni, poiché i consumi di carne animale in valore assoluto sono ancora molto superiori). In ogni caso, il trend è di crescita continua e si prevede che questa categoria possa ulteriormente espandersi.

 

In conclusione, il mercato italiano dei prodotti alimentari a base vegetale appare in forte espansione e trasformazione e i dati sopra analizzati evidenziano come la platea di consumatori plant-based si è ampliata ben oltre la ristretta cerchia di vegetariani e vegani. Infatti, la percentuale di italiani che si dichiarano vegetariani o vegani è attorno al 8-10% ( dato in crescita negli ultimi anni: secondo Rapporto Eurispes 2024 il 7,2% degli italiani è vegetariano ed il 2,3% vegano).

 

ultimo aggiornamento: 13 ottobre 2025
 
focus
 
temi di Agricoltura e biodiversità