Anche le regioni risultano coinvolte nell'attuazione del PNRR. Una parte importante di progetti di investimento finanziati all'interno del PNRR trova infatti attuazione a livello regionale. Secondo la normativa sulla governance del PNRR, le Regioni, le Province autonome, e gli enti locali, infatti, sono soggetti attuatori del Piano, insieme con le amministrazioni centrali.
Nella Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , presentata al Parlamento il 23 dicembre 2021, il Governo ha stimato che circa il 36 per cento delle risorse del PNRR saranno affidate a Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane o altre amministrazioni locali: 66,4 miliardi di euro nel caso del PNRR in senso stretto, che si estendono a circa 80 miliardi di euro se si considera anche il Piano nazionale per gli investimenti complementari.
Nel corso della XVIII legislatura è inoltre proseguito il percorso di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sul riconoscimento di maggiori forme di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017. Dopo aver sottoscritto tre accordi preliminari con il Governo Gentiloni a febbraio 2018, su richiesta delle tre regioni, il negoziato è proseguito ampliando il quadro delle materie da trasferire rispetto a quello originariamente previsto. Nell'ambito del governo Conte I, nella riunione del Consiglio dei ministri del 24 febbraio 2019 il Ministro per gli affari regionali pro tempore ha condiviso tre bozze di intesa con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Successivamente, nell'ambito del governo Conte II, è maturato invece l'orientamento di far precedere la stipula delle intese dall'approvazione di una "legge quadro" di attuazione dell'articolo 116, terzo comma e tale provvedimento è stato indicato, a partire dalla Nota di aggiornamento al DEF 2020, come collegato alla manovra di finanza pubblica. Tale orientamento è stato ribadito dal successivo governo Draghi. Tuttavia il disegno di legge non è giunto, prima della conclusione della Legislatura, alla deliberazione del Consiglio dei ministri.
Su questi temi la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha svolto un'indagine conoscitiva giungendo all'approvazione, nella seduta del 12 luglio 2022, di un documento conclusivo.
Per elementi infine sugli sviluppi della giurisprudenza costituzionale relativa al riparto di competenze tra Stato ed enti territoriali nel corso della XVIII Legislatura si rinvia all'apposito paragrafo del tema Il dialogo tra Parlamento e Corte costituzionale nell'ambito dell'area Costituzione, diritti e libertà.
Anche le regioni risultano coinvolte nell'attuazione del PNRR. Una parte importante di progetti di investimento finanziati all'interno del PNRR trova infatti attuazione a livello regionale. Secondo la normativa sulla governance del PNRR, le Regioni, le Province autonome, e gli enti locali, infatti, sono soggetti attuatori del Piano, insieme con le amministrazioni centrali.
Nella Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , presentata al Parlamento il 23 dicembre 2021, il Governo ha stimato che circa il 36 per cento delle risorse del PNRR saranno affidate a Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane o altre amministrazioni locali: 66,4 miliardi di euro nel caso del PNRR in senso stretto, che si estendono a circa 80 miliardi di euro se si considera anche il Piano nazionale per gli investimenti complementari.
Spetta dunque alle regioni la realizzazione operativa di parte degli interventi, sulla base delle rispettive specifiche competenze istituzionali.
Sono le singole amministrazioni centrali, in quanto titolari degli interventi previsti nel PNRR, a provvedere al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo riferite a specifiche missioni o progetti, attraverso una struttura ad hoc che rappresenta il punto di contatto con il Servizio centrale per il PNRR (art. 8 del D.L. n. 77 del 2021).
Sotto un profilo più generale, per garantire il coordinamento tra soggetti attuatori, i Presidenti di Regioni e delle Province autonome partecipano alle sedute della Cabina di regia quando sono esaminate questioni di competenza regionale o locale, nonché il Presidente della Conferenza Stato-Regioni, su questioni d'interesse di più Regioni.
Inoltre, al fine di assicurare il coordinamento delle relazioni tra Amministrazioni statali titolari di interventi del PNRR e gli enti territoriali è stato istituito il Nucleo PNRR Stato-Regioni, presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 33 del D.L. n. 152 del 2021 ). In particolare, il supporto tecnico del Nucleo riguarda le attività volte a:
- curare l'istruttoria di tavoli tecnici di confronto settoriali con le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali;
- prestare supporto alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano nella elaborazione, coerentemente con le linee del PNRR, di un progetto avente particolare rilevanza strategica per ciascuna Regione e Provincia Autonoma, denominato "Progetto bandiera";
- prestare attività di assistenza agli enti territoriali, con particolare riferimento ai piccoli comuni e ai comuni insulari e delle zone montane, anche in raccordo con le altre iniziative di supporto tecnico attivate dalle amministrazioni competenti;
- condividere, con le competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, le informazioni raccolte e comunicare, d'intesa con le medesime strutture, le attività svolte, anche mediante la progettazione e gestione di uno spazio web informativo, dedicato ai tavoli di coordinamento e alle attività di assistenza agli enti territoriali.
Le Regioni sono rappresentate in altre strutture di coordinamento, come il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, composto da rappresentanti delle parti sociali, del Governo, delle Regioni, degli enti locali nonché di Roma capitale e dei rispettivi organismi associativi, delle categorie produttive e sociali, del sistema dell'università e della ricerca scientifica e della società civile. Partecipano inoltre rappresentanti delle organizzazioni della cittadinanza attiva. Il Tavolo svolge una funzione consultiva nelle materie connesse all'attuazione del PNRR e può segnalare alla Cabina di regia ogni profilo ritenuto rilevante per la realizzazione del PNRR, anche per favorire il superamento di circostanze ostative e agevolare l'efficace e celere attuazione degli interventi (art. 3 del D.L. n. 77 del 2021).
La normativa statale sulla governance del PNRR ha infine previsto specifici poteri sostitutivi che consentono al Governo di adottare i provvedimenti necessari in caso di mancato rispetto da parte delle Regioni degli obiettivi del Piano, nonché procedure speciali per il superamento di dissensi e opposizioni (articoli 12 e 13 del D.L. n. 77 del 2021).
Sul ruolo delle Regioni nell'attuazione del PNRR, con particolare riferimento agli sforzi compiuti dalle assemblee legislative per garantire adeguate sedi di pianificazione e valutazione strategica, si v. la Nota tematica a cura dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati su "Il PNRR e le Assemblee legislative" .
Al fine di rafforzare la capacità amministrativa degli enti territoriali in relazione alle attività connesse all'attuazione del PNRR, il decreto-legge n.80 del 2021 ha previsto, tra le diverse misure, la creazione di un pool di 1.000 esperti a supporto di Regioni, Province e Comuni nella gestione delle procedure maggiormente critiche (articolo 9). In coerenza con i principali ambiti di intervento del PNRR, le procedure oggetto di sostegno riguardano, in particolare, i settori: ambiente, fonti rinnovabili, rifiuti, edilizia e urbanistica, appalti e infrastrutture digitali.
Per il conferimento degli incarichi è previsto un contributo statale di complessivi 320,3 milioni, che sono stati ripartiti con dPCM 12 novembre 2021 fra Regioni e Province autonome. A tal fine, in base all'art. 2 del citato dPCM, queste ultime hanno dovuto predisporre appositi Piani territoriali finalizzati a mettere a disposizione degli enti locali una quota dei professionisti ed esperti contrattualizzati. Detti Piani andavano redatti secondo uno schema standard allegato al richiamato dPCM e sottoposti alla valutazione di congruenza e all'approvazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica (DFP) della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 4). Nello schema standard una specifica parte del Piano è dedicata proprio ai profili di governance.
In linea con quanto previsto dal dPCM, come evidenziato nella prima Relazione sullo stato di attuazione del PNRR è stata approvata dalla Corte dei conti nel marzo del 2022, nella definizione del sistema di governance e di responsabilità nella gestione delle risorse, un ruolo di preminente centralità è svolto dalla costituzione di una Cabina di regia (CdR) regionale incaricata della pianificazione, gestione e verifica delle attività dei professionisti ed esperti. Tale struttura è costituita da rappresentanti della Regione o Provincia autonoma, ANCI e UPI e può, in base a valutazioni operate a livello regionale, anche coincidere con organi o strutture già costituiti e operativi sul territorio (quali, ad esempio, il Consiglio delle autonomie locali). È prevista, inoltre, la creazione di una Segreteria tecnica con funzione di supporto alle attività della CdR.
L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, prevede che forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di legislazione concorrente (di cui all'articolo 117 terzo comma della Costituzione) e l'organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull'istruzione e la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettere l), n) ed s), possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119 in materia di autonomia finanziaria degli enti territoriali. La legge deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, sulla base dell'intesa fra lo Stato e la regione interessata.
Prima dell'inizio della XVIII Legislatura, il 28 febbraio 2018, il Governo all'epoca in carica ha sottoscritto con le tre regioni che avevano avviato il percorso per il riconoscimento delle forme di autonomia differenziata previste dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (su cui cfr. l'apposito focus), tre distinti accordi preliminari che hanno individuato i principi generali, la metodologia e un (primo) elenco di materie in vista della definizione dell'intesa.
Con l'inizio della XVIII legislatura (governo Conte I) tutte e tre le regioni con le quali sono state stipulate le c.d. pre-intese hanno manifestato al Governo l'intenzione di «ampliare il novero delle materie da trasferire» (Camera dei deputati, Interrogazione a risposta immediata n. 3-00065, 11 luglio 2018) . Nel frattempo, altre regioni, pur non avendo firmato alcuna pre-intesa con il Governo, hanno espresso la volontà di intraprendere un percorso per l'ottenimento di ulteriori forme di autonomia (sono pervenute ufficialmente al Governo le richieste di Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania). Sono quindi riprese le trattative tra le tre regioni e i Ministeri interessati ratione materiae nell'ambito dell'attività di coordinamento in capo al Ministro pro tempore per gli affari regionali.
Nella seduta del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2018 è stata condivisa l'informativa svolta dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie in merito al percorso di attuazione dell'autonomia differenziata richiesta dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Nella successiva seduta del Consiglio dei ministri n. 44 del 14 febbraio 2019, il Ministro per gli Affari regionali "ha illustrato i contenuti delle intese. Il Consiglio dei ministri ne ha preso atto e condiviso lo spirito". I testi delle bozze di intese sono stati pubblicati sul sito del Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio, in un testo concordato tra Governo e ciascuna delle tre regioni, limitatamente alla "parte generale", comune alle tre intese.
Nel corso del 2019 sulle richieste pervenute e sul percorso di definizione delle intese si è aperto un ampio dibattito. Le questioni oggetto di discussione hanno riguardato, tra le altre, le modalità del coinvolgimento degli enti locali, il ruolo del Parlamento e l'emendabilità in sede parlamentare del disegno di legge rinforzato che contiene le intese (in proposito, in particolare veniva discussa l'ipotesi, avanzata anche dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta alla fine della XVII Legislatura dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, di una sostanziale inemendabilità del disegno di legge in quanto volto a recepire un'intesa, come avviene per i disegni di legge di recepimento di intese con confessioni religiose diverse dalla cattolica ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione) nonché la definizione dell'ampiezza delle materie da attribuire. Altro oggetto di discussione se, dal punto di vista finanziario, il trasferimento delle competenze dovesse avvenire previa definizione dei costi standard e, nelle materie dove siano previsti, dei Livelli essenziali di prestazione (LEP) ovvero anche precedentemente alla loro definizione sulla base della spesa storica (soluzione ipotizzata dagli accordi preliminari del febbraio 2018). A questo proposito merita anche segnalare che la definizione dei LEP è stata successivamente inserita tra le riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) con scadenza marzo 2026.
Successivamente, nell'ambito del governo Conte II, è prevalso l'orientamento a far precedere la stipula delle intese dall'approvazione di una legge-quadro che definisca le modalità di attuazione dell'articolo 116, terzo comma. A partire dalla nota di aggiornamento al DEF 2020 la "legge-quadro" è stata inserita tra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio.


Tale orientamento è stato poi confermato nell'ambito del governo Draghi, come segnalato nelle audizioni svolte dalla Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il 26 maggio 2021 e presso la Commissione bicamerale per gli affari regionali il 13 luglio 2021
e dal vice Ministro dell'economia, Laura Castelli presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il 9 giugno 2021.

Parallelamente, per approfondire le questioni legate al percorso di attuazione del "regionalismo differenziato" la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha svolto tra marzo 2019 e marzo 2021 un'indagine conoscitiva nell'ambito della quale sono stati ascoltati rappresentanti del Governo, rappresentanti degli enti territoriali nonché studiosi ed esperti della materia oggetto dell'indagine e approvato, all'unanimità, nella seduta del 12 luglio 2022 un documento conclusivo . Con particolare riferimento agli aspetti dell'autonomia finanziaria, la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale ha svolto un ciclo di audizioni
.
Tra le altre cose, il documento conclusivo della Commissione parlamentare per le questioni regionali, rileva che "risulta necessario dal punto di vista politico procedere all'approvazione di una legge-quadro che disciplini il procedimento di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione [...] al tempo stesso, occorre comunque proseguire il negoziato in corso con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in modo che esso trovi una definizione, per rispettare la volontà espressa dalle popolazioni di Lombardia e Veneto e dalle forze sociali, economiche e politiche dell'Emilia-Romagna. Dovranno poi essere previste - prosegue il documento - nell'ambito della legge-quadro e fermo restando il rispetto dell'autonomia regolamentare delle Camere, modalità adeguate di coinvolgimento del Parlamento nel processo di stipula delle intese. Questo coinvolgimento potrebbe essere innanzitutto garantito attraverso la trasmissione alle Camere degli schemi preliminari delle intese prima della loro firma definitiva per le conseguenti deliberazioni parlamentari, garantendo in questo quadro un ruolo significativo per la Commissione parlamentare per le questioni regionali"
Il documento rileva anche che "è necessario compiere uno sforzo per giungere alla completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie concernenti l'esercizio dei diritti civili e sociali", segnalando che, nelle altre materie si può procedere a un immediato trasferimento di competenze. Inoltre, il documento propone che "per le materie LEP, la definizione di questi ultimi dovrebbe avvenire in tempi certi, ad esempio entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge-quadro". "Rimane da approfondire - prosegue il documento - quali possano essere le soluzioni alternative transitorie per consentire l'avvio del regionalismo differenziato in caso di ritardi nella predisposizione dei LEP. Si tratta di un tema complesso sul quale la Commissione non ritiene di esprimere un proprio indirizzo in questa fase. Esso però dovrà essere necessariamente affrontato nell'ambito dell'esame parlamentare della legge-quadro. Tra le ipotesi emerse nel corso dell'indagine vi è quella di procedere al trasferimento di funzioni anche nelle materie LEP, in attesa e in parallelo all'individuazione dei LEP, con invarianza di spesa storica, assumendo come riferimento i valori medi pro-capite della spesa statale per l'esercizio delle stesse funzioni. La priorità deve comunque essere assegnata ad una rapida definizione dei LEP.". A tal fine, il documento prospetta " in parallelo all'approvazione della legge quadro, a un'autonoma previsione legislativa di modifica dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in modo da conferire una delega legislativa al Governo in materia, con termini ridotti e criteri ben definiti; la delega potrebbe consentire di coinvolgere il sistema delle autonomie territoriali nella fase di predisposizione degli schemi di decreto legislativo; inoltre la legge delega potrebbe prevedere il parere parlamentare da parte delle commissioni bicamerali per le questioni regionali e per il federalismo fiscale, oltre che da parte delle commissioni permanenti di Camera e Senato; si potrebbero anche prevedere informative periodiche alle medesime commissioni sullo stato di avanzamento della predisposizione dei LEP; la delega dovrebbe anche riguardare, una volta definiti i LEP, la predisposizione dei conseguenti fabbisogni e dei costi standard".