A partire dalla fine del 2015, il sistema di accoglienza nazionale si è ulteriormente arricchito della previsione dei c.d. hotspot, istituiti in seguito agli impegni assunti dallo Stato italiano nell'ambito dell'Agenda europea sulla migrazione , presentata il 13 maggio 2015 dalla Commissione europea, che ha sancito un approccio globale per migliorare la gestione della migrazione in tutti i suoi aspetti, prefigurando, in primo luogo, l'istituzione di un nuovo metodo basato sui punti di crisi (hotspot).
Tale approccio consiste nell'apertura di hotspot collocati nei luoghi dello sbarco dove effettuare la registrazione e l'identificazione tramite rilievi dattilografici delle persone sbarcate.
Il Governo italiano, il 28 settembre 2015 ha presentato una roadmap, recante l'impegno a mettere in atto il nuovo approccio «hotspot», individuando sei porti come sede dei punti di crisi. Per dare una copertura giuridica di tale misure nell'ordinamento interno, l'art. 17 del decreto-legge n. 13/2017 ha introdotto nel TU immigrazione una nuova disposizione in base alla quale lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto in appositi "punti di crisi" per le esigenze di soccorso e di prima accoglienza (art. 10-ter, D.Lgs. n. 286/1998
).
Si prevede, inoltre, che i punti di crisi possono essere allestiti:
- nell'ambito delle strutture istituite ai sensi del decreto-legge n. 451 del 1995, ossia i CDA (centri di accoglienza), istituiti per rispondere alle emergenze degli sbarchi dei profughi provenienti dall'ex Jugoslavia, oppure:
- all'interno delle strutture di prima accoglienza, come disciplinate dal D.Lgs. n. 142 del 2015, che adempiono anche alle esigenze di espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica dello straniero.
Presso i punti di crisi il cittadino straniero, oltre alle procedure di accertamento delle condizioni di salute e di prima assistenza, è sottoposto alle procedure di identificazione, mediante operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini del rispetto degli articoli 9 e 14 del regolamento Eurodac. Al contempo, lo straniero riceve informazioni sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell'Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.
Il D.L. n. 113 del 2018 (articolo 3) ha introdotto la possibilità di disporre il trattenimento dei richiedenti asilo in appositi locali degli hotspot per il tempo strettamento necessario, e comunque per un periodo massimo di 30 giorni, per la determinazione o la verifica dell'identità o della cittadinanza. Al contempo il medesimo decreto ha disposto l'inserimento (entro l'articolo 7, comma 5, lettera e) del decreto-legge n. 146 del 2013) delle strutture degli appositi punti di crisi - individuati dall'articolo 10-ter, comma 1, del Testo unico sull'immigrazione quali centri di prima accoglienza - quali luogo in cui il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale possa condurre la verifica del rispetto degli adempimenti connessi a diritti dello straniero.
Secondo i dati resi noti nella Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza di stranieri nel territorio nazionale, riferita all'anno 2019 trasmessa a fine dicembre 2020 dal Ministero dell'interno al Parlamento (Doc. LI, n. 3 ),
risultano attivi quattro hotspot ubicati a Lampedusa, Pozzallo, Messina e Taranto.
