Negli ultimi anni si è assistito ad una duplice linea di intervento del legislatore per quanto attiene i trattamenti pensionistici, concretizzatasi sia attraverso il sostegno dei titolari di pensioni di importo più basso (mediante l'estensione della cd. no tax area per i pensionati e l'incremento della cd. quattordicesima), sia con una serie di interventi legislativi volti a limitare la rivalutazione dei trattamenti pensionistici (attraverso contributi di solidarietà e limitazioni alla rivalutazione automatica) con finalità di contenimento della spesa previdenziale.
Nella scorsa Legislatura il legislatore è intervenuto a sostegno dei titolari di pensioni di importo più basso attraverso l'estensione della cd. no tax area per i pensionati e l'incremento della cd. quattordicesima.
No tax area per i pensionati
L'articolo 1, comma 290, della L. 208/2015 ha modificato l'articolo 13 del TUIR, relativamente alla misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cosiddetta no tax area per i pensionati), disponendo un diverso limite di esenzione a seconda dell'età dei pensionati.
Più specificamente, la misura è pari:
- per i soggetti di età inferiore a 75 anni (restando immutata la disciplina nel caso in cui il soggetto abbia un reddito complessivo a 15.000 euro), a:
- 1.783 euro, se il reddito complessivo non supera 7.750 euro; resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;
- 1.255 euro, aumentata del prodotto tra 528 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;
- una quota proporzionale (rispetto ad una base di calcolo pari a 1.255 euro) corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro;
- per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, (sempre restando immutata la disciplina nel caso in cui il soggetto abbia un reddito complessivo a 15.000 euro), a:
- 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro; resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;
- 1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro e pari o inferiore a 15.000 euro.
Successivamente, l'articolo 1, comma 210,della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha stabilito una disciplina uniforme per le detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione, estendendo la no tax area a 8.145 euro (soglia di reddito sotto la quale l'ammontare della detrazione compensa per intero l'IRPEF) anche ai pensionati con meno di 75 anni, al fine di allinearla a quella dei lavoratori dipendenti (anche con un effetto indiretto sulle addizionali regionali e comunali IRPEF, che quindi si annullerebbero per i soggetti la cui IRPEF si azzera con l'estensione della no-tax area medesima).
La misura è pari a:
Le detrazioni non spettano, ad ogni modo, per i casi di reddito complessivo superiore a 55.000 euro.
Quattordicesima
L'articolo 1, comma 187, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) interviene sulla disciplina della cd. "quattordicesima", somma introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso (articolo 5, commi 1-4, del D.L. 81/2007). In particolare, vengono rideterminati (dal 2017) l'importo della somma ed i requisiti reddituali richiesti per averne diritto, prevedendo che la quattordicesima venga erogata non più solamente se il soggetto interessato possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo annuo I.N.P.S. (pari, per il 2016, a 501,89 euro), ma anche, con importi diversi, nei casi in cui il soggetto possieda redditi da 1,5 volte a 2 volte il trattamento minimo INPS.
Con l'obiettivo di limitare l'evoluzione della spesa pensionistica e introdurre elementi di maggiore equità nel sistema, il legislatore di recente è intervenuto ripetutamente con provvedimenti volti al contenimento dei trattamenti pensionistici di maggiore importo, attraverso contributi di solidarietà e limitazioni alla rivalutazione automatica.
Riduzione transitoria dele pensioni di importo oltre 100.000 euro
La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 261 a 268, L. 145/2018) ha introdotto, a decorre dal 1° gennaio 2019 e per la durata di 5 anni, una riduzione dell'importo delle pensioni eccedenti la soglia di 100.000 euro lordi annui, mediante specifiche aliquote di riduzione, crescenti per specifiche fasce di importo. I conseguenti risparmi confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati.
Le suddette riduzioni si applicano ai trattamenti pensionistici a carico delle gestioni previdenziali obbligatorie relative ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e della gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. Qualora il soggetto sia titolare di più di un trattamento pensionistico, si prende in considerazione l'importo complessivo dei trattamenti. Sono esclusi dall'ambito di applicazione delle richiamate riduzioni i trattamenti pensionistici liquidati integralmente secondo il sistema contributivo. Sono inoltre escluse le pensioni di invalidità e i trattamenti pensionistici di invalidità di cui alla L. 222/1984, i trattamenti pensionistici ai superstiti e quelli riconosciuti in favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche, di cui alla L. 466/1980 e alla L. 206/2004.
A decorrere dal 2019 (e fino al 2023) le aliquote di riduzione sono pari al:
Gli importi suddetti sono rivalutati sulla base del meccanismo di cui all'articolo 34, comma 1, della L. 448/1998.
I risparmi derivanti dalle riduzioni in esame confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati (denominati Fondo risparmio sui trattamenti pensionistici di importo elevato), dove rimangono accantonati.
Le determinazioni relative alle somme da destinare ai fondi suddetti sono operate mediante la procedura della Conferenza di servizi , sulla base del principio che, in caso di pluralità di trattamenti di cui sia titolare il soggetto, la riduzione viene ripartita tra i medesimi in proporzione all'importo di ciascuno di essi
Per effetto dell'applicazione delle disposizioni in esame, l'importo complessivo dei trattamenti pensionistici non può comunque essere inferiore a 100.000 euro lordi su base annua.
Si prevede che gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nell'ambito della propria autonomia, si adeguino alle disposizioni di cui ai commi da 261 a 263 e al comma 265, a decorrere dall'entrata in vigore della disposizione in esame. Tali organi, quindi, provvederanno ad accantonare le richiamate somme in base alle regole previste dai rispettivi ordinamenti, nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita.
Limitazioni alla rivalutazione dei trattamenti pensionistici
Si ricorda che nel nostro ordinamento il meccanismo di rivalutazione delle pensioni è definito dall'articolo 34, comma 1, della L. 448/1998, il quale ha disposto (a decorrere dal 1° gennaio 1999) che esso si applichi, per ogni singolo beneficiario, in funzione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici corrisposti a carico delle diverse gestioni previdenziali. L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo.
Dal 2001 l'articolo 69, comma 1, della L. 388/2000 ha suddiviso la perequazione in tre differenti fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo, disponendo l'erogazione della rivalutazione in misura piena (cioè al 100%) per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, al 90% per le pensioni di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo e al 75% per le pensioni di importo a cinque volte il trattamento minimo.
Successivamente, l'articolo 18, comma 3, del D.L. 98/2011 ha previsto, per il biennio 2012-2013, limitazioni alla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici nei seguenti termini:
In materia è quindi intervenuto, nel quadro degli interventi per il contenimento della spesa previdenziale, l'articolo 24, comma 25, del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero), che (abrogando l'articolo 18, comma 3, del D.L. 98/2011, che aveva previsto, per il biennio 2012-2013, la limitazione alla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS. Per tali trattamenti pensionistici la rivalutazione non era concessa - con esclusione della fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo, per la quale la rivalutazione era comunque applicata nella misura del 70%) ha disposto il blocco dell'indicizzazione (sempre per il biennio 2012-2013) per le pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, adeguando pienamente quelle di importo complessivo fino a tre volte il richiamato trattamento minimo (e cioè 1.442,99 euro lordi per il 2012).
All'inizio della XVII Legislatura è intervenuto l'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), il quale ha previsto che per il triennio 2014-2016 (periodo successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015) la rivalutazione dei trattamenti pensionistici debba operare nei seguenti termini:
Sulla materia è quindi intervenuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 70/2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 25, del D.L. 201/2011, nella parte in cui ha disposto la rivalutazione automatica, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS.
A seguito di tale sentenza è stato emanato il Decreto-Legge 65/2015, il quale ha introdotto una nuova disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici relativamente al biennio 2012-2013, al fine di garantire una rivalutazione parziale e retroattiva ("nel rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarietà intergenerazionale") dei trattamenti ricompresi tra tre e sei volte il minimo INPS, confermando sostanzialmente il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo INPS.
Più precisamente, ai sensi del D.L. 65/2015, la perequazione automatica è stata riconosciuta:
- 40% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da tre a quattro volte il trattamento minimo INPS;
- 20% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da quattro a cinque volte il trattamento minimo INPS;
- 10% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da cinque a sei volte il trattamento minimo INPS.
Lo stesso D.L. 65/2015 ha inoltre specificato che la rivalutazione riconosciuta per il biennio 2014-2015 in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale debba intendersi riferita agli importi pensionistici come rivalutati ai sensi della normativa vigente (ossia, per il triennio 2014-2016 - successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015 -, dell'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013) per il medesimo biennio, e che nella valutazione dell'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici in godimento per ogni singolo beneficiario (ossia sulla base di calcolo della rivalutazione) si debba sempre tenere conto degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi.
Si ricorda che l'articolo 3, commi 3-sexies e 3-septies, del D.L. 244/2016, ha differito al 1° gennaio 2018 (in luogo del 1° gennaio 2017) il termine di decorrenza per l'effettuazione delle operazioni di conguaglio relative ai ratei dei trattamenti pensionistici corrisposti nel 2015.
Successivamente, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 260, L. 145/2018) ha definito una nuova disciplina, valida per il periodo 2019-2021, della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici.
Rispetto alla disciplina previgente, valida per gli anni 2014-2018, la perequazione si riconosce sulla base delle seguenti aliquote decrescenti, relative ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a 9 volte il trattamento minimo (mentre la disciplina previgente considerava i trattamenti pensionistici con importo complessivo fino a 6 volte il trattamento minimo):
Ciascuna ipotesi di indicizzazione prevede un identico meccanismo di salvaguardia in corrispondenza di ogni limite superiore delle classi di importo considerate: tale meccanismo è finalizzato a far sì che, in ogni caso, le pensioni superiori a tale limite, a seguito di applicazione delle suddette percentuali di indicizzazione, non risultino inferiori al predetto limite incrementato della quota di rivalutazione automatica prevista dalla singola disposizione.
Da ultimo, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 477 e 478, della L. 160/2019) ha modificato la suddetta disciplina transitoria per gli anni 2020-2021. In particolare, la misura della perequazione viene stabilita al 100% per i trattamenti pensionistici pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo INPS (anziché pari o inferiore a 3 volte, come nella normativa previgente).
Per i casi di importo complessivo superiore, vengono confermate le aliquote previste dalla predetta disciplina transitoriadettata dalla legge di bilancio 2019.
Inoltre, a decorrere dal 2022, la medesima legge di bilancio 2020 detta una nuova disciplina a regime in materia di perequazione, in sostituzione di quella posta dall'articolo 69, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.
Le nuove norme - così come quelle di cui al suddetto articolo 69, comma 1, della L. n. 388 e a differenza delle disposizioni transitorie summenzionate - fanno riferimento a singole fasce di importo dei trattamenti, anziché all'importo complessivo.
In particolare, si dispone l'applicazione della perequazione:
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato.
In particolare, si segnalano i seguenti provvedimenti:
l'articolo 1, commi 486-487, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha introdotto un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti determinati limiti (materia peraltro già interessata da precedenti interventi legislativi), secondo le seguenti aliquote: 6% per la parte eccedente l'importo annuo complessivamente superiore a quattordici volte il trattamento minimo I.N.P.S. e fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS; 12% per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo I.N.P.S. e fino all'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS; 18% per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo l.N.P.S. Nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla questione, con la sentenza 173/2016 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale sollevate in relazione all'articolo 1, comma 486, della L. 147/2013;
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 234 del 2020, ha ritenuto legittima la suddetta decurtazione percentuale delle pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui, ma non per la durata quinquennale, perché eccessiva rispetto all'orizzonte triennale del bilancio di previsione dello Stato. Conseguentemente, l'ambito temporale di applicazione del suddetto contributo di solidarietà viene ridotto da 5 a 3 anni. Sul punto, la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 372, L. 178/2020) ha autorizzato la spesa necessaria all'attuazione della richiamata sentenza.