tema 31 marzo 2022
Studi - Istituzioni Parità di genere

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni agli interventi a sostegno del principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività. Come sottolineato dalla Commissione europea nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, finora nessuno Stato membro ha realizzato la parità tra uomini e donne: i progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale.  A livello globale, il raggiungimento dell'uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne e le ragazze rappresenta uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

In Italia, l'azione legislativa negli ultimi anni si è focalizzata, da un lato, sul mondo del lavoro, che è stato oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici. In questa direzione vanno, in particolare, le disposizioni volte a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro (anche attraverso un bonus per servizi di babysitting) e il supporto alla genitorialità, nonché le disposizioni per il contrasto delle cd. dimissioni in bianco. Sono stati inoltre rafforzati gli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile.

Un altro filone di interventi ha riguardato l'attuazione dell'art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali presenti nei diversi livelli (nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo), nonché sulla promozione della partecipazione delle donne negli organi delle società quotate.

Una crescente attenzione è stata inoltre dedicata alle misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo tre obiettivi: prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime.

La centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere viene ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia. Il Piano infatti, individua la Parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni che compongono il Piano. L'intero Piano dovrà inoltre essere valutato in un'ottica di gender mainstreaming. Ulteriori elementi sono stati evidenziati nel corso dell'audizione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, il 9 marzo 2022, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), riferita all'anno 2021.

Prosegue infine la sperimentazione per la redazione del bilancio di genere, in sede di rendicontazione del bilancio dello Stato, giunto alla sua quinta edizione, mentre nel 2021 è stata avviata del Servizio studi della Camera dei Deputati, sempre in via sperimentale, l'analisi di impatto di genere quale elemento dei dossier di documentazione sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare all'esame della Camera stessa.

Per una disamina complessiva degli interventi legislativi principali sulle politiche di genere nelle ultime legislature si rinvia al dossier di documentazione e ricerche

apri tutti i paragrafi

All'interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza la parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale, unitamente a Giovani e Mezzogiorno.

Concretamente, le misure previste dal Piano in favore della parità di genere sono in prevalenza rivolte a promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, attraverso:

1) interventi diretti di sostegno all'occupazione e all'imprenditorialità femminile;

2) interventi indiretti o abilitanti, rivolti in particolare al potenziamento dei servizi educativi per i bambini e di alcuni servizi sociali, che il PNRR ritiene potrebbero incoraggiare un aumento dell'occupazione femminile.

Altri interventi finanziati o programmati con il PNRR si prefiggono l'obiettivo diretto o indiretto di ridurre le asimmetrie che ostacolano la parità di genere sin dall'età scolastica, sia di potenziare il welfare per garantire l'effettivo equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Promozione dell'occupazione femminile

Il Piano contiene diverse misure volte, direttamente o indirettamente, all'incremento dell'occupazione femminile.

Una delle azioni con cui il Governo intende perseguire tale finalità è rappresentato dall'inserimento nei progetti finanziati dal PNRR e dai Fondi REACT-EU e FCN di previsioni dirette a condizionarne l'esecuzione all'assunzione di giovani e donne, anche per il tramite di contratti di formazione/specializzazione che possono essere attivati prima dell'avvio dei medesimi progetti.

In particolare, con specifici interventi normativi sarà previsto l'inserimento nei bandi gara di specifiche clausole con cui saranno indicati, come requisiti necessari e in aggiunta premiali dell'offerta, criteri orientati verso tali obiettivi e definiti, tra l'altro, tenendo conto degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile al 2026 dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei.

A tale previsione è stata data attuazione con l'art. 47 del D.L. 77/2021 che, allo scopo di perseguire le finalità relative alle pari opportunità, sia generazionali che di genere, e di promuovere l'inclusione lavorativa delle persone disabili, prevede l'adempimento di specifici obblighi, anche assunzionali, nonché l'eventuale assegnazione di un punteggio aggiuntivo all'offerente o al candidato che rispetti determinati requisiti, nell'ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Dispositivo di ripresa e resilienza (di cui ai regolamenti (UE) 2021/240 e 2021/241) e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (di cui al D.L. 59/2021), finalizzato ad integrare gli interventi del PNRR con risorse nazionali

 

Tra le altre misure presenti trasversalmente nel Piano dirette ad agevolare, anche indirettamente, l'ingresso o la permanenza delle donne nel mondo del lavoro e a ridurre conseguentemente il divario occupazionale di genere si segnalano, in particolare

  • la previsione, nell'ambito della Missione 1, di nuovi meccanismi di reclutamento del personale nella PA e la revisione delle opportunità di carriera verticale e di promozione alle posizioni dirigenziali di alto livello, che secondo il Piano possono contribuire al riequilibrio di genere sia in ingresso che nelle posizioni apicali della pubblica amministrazione. Si prevede, inoltre, nell'ambito dei programmati investimenti nella formazione dei dipendenti pubblici, di inserire moduli obbligatori su "empowerment delle donne"; 
  • il potenziamento delle politiche attive del lavoro che si stima possano contribuire, tra l'altro, a ridurre il numero di NEET, fra i quali si registra un significativo divario di genere
  • interventi a sostegno dell'imprenditoria femminile nell'ambito della Missione 5 (per i quali si v. infra);
  • il potenziamento dell'offerta turistica e culturale, con interventi nell'ambito della Missione 1, che il PNRR ritiene, pur senza dettagliare interventi specifici o dati previsionali, che possano incrementare nel loro insieme l'occupazione delle donne in quei settori già a forte presenza femminile (come quello alberghiero, della ristorazione o delle attività culturali).

 

Nel settore della istruzione e della ricerca, sono prospettati i seguenti interventi:

  • l'attuazione di specifiche misure nell'ambito della ricerca di base, come gli investimenti a valere sul Fondo per il PNR e i PRIN (progetti di ricerca nazionale) ovvero l'allargamento dei partenariati di ricerca previsti nell'ambito della Missione 4, che dovrebbero prevedere azioni mirate a determinare l'aumento delle ricercatrici;
  • il potenziamento dei servizi di asili nido e per la prima infanzia, delle scuole per l'infanzia e del tempo pieno a scuola, ai quali la Missione 4 dedica investimenti mirati, che secondo il PNRR possono arrecare benefici in termini di conciliazione vita-lavoro ed aumentare il tasso di occupazione femminile;
  • la promozione dell'accesso da parte delle donne all'acquisizione di competenze STEM, linguistiche e digitali, in virtù del quale il Governo stima un possibile incremento dell'occupazione femminile in tali settori (Missione 4);

 

Negli ambiti dell'assistenza sociale e sanitaria il Piano, nella parte riguardante gli obiettivi generali, sottolinea come la valorizzazione delle infrastrutture sociali e la creazione di innovativi percorsi di autonomia per gli individui disabili, comportando l'alleggerimento del carico di cura non retribuita gravante sulla componente femminile della popolazione, dovrebbero determinare effetti positivi sull'incremento occupazionale della stessa.

Si prevede pertanto che il rafforzamento, nell'ambito delle azioni di riforma delle Missioni 5 e 6, dei servizi di prossimità e di supporto all'assistenza domiciliare potrebbero incoraggiare un aumento dell'occupazione sia nel settore dei servizi di cura, a cui contribuiscono maggiormente le donne (politica di stimolo alla domanda di lavoro femminile), sia più in generale nell'economia, riducendo l'onere delle attività di cura fornito in famiglia dalle donne (politica di conciliazione vita-lavoro e stimolo all'offerta di lavoro femminile).

Imprenditoria femminile

Nell'ambito della Missione 5 del Piano, l'investimento 1.2 è dedicato all'imprenditoria femminile, con risorse pari a 400 milioni di euro.

Scopo dell'investimento è quello di incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso la previsione di misure volte a sostenere l'avvio di attività imprenditoriali femminili e a delineare un'offerta più aderente ai fabbisogni delle donne.

Per le suddette finalità, il Piano reputa necessaria anche la sistematizzazione degli attuali strumenti di sostegno all'avvio e alla realizzazione di progetti aziendali per imprese a conduzione femminile o a prevalente partecipazione femminile.

In tale contesto, il Governo manifesta l'intenzione di creare, a regime, il "Fondo Impresa Donna", che rafforzerà finanziariamente:

  • misure già esistenti lanciate per supportare l'imprenditoria, come NITO (che supporta la creazione di piccole e medie imprese e auto imprenditoria) e Smart&Start (che supporta start-up e PMI innovative) i cui schemi saranno modificati e calibrati per dedicare risorse specificatamente all'imprenditoria femminile;
  • il nuovo Fondo per l'imprenditoria femminile istituito dalla Legge di Bilancio 2021 con una dotazione di 20 mln di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, al fine di promuovere e sostenere l'avvio e il rafforzamento dell'imprenditoria femminile.

Al riguardo, si ricorda che la medesima legge di bilancio 2021 ha istituito, il Comitato Impresa Donna con il compito di attualizzare le linee di indirizzo per l'utilizzo delle risorse del Fondo e di formulare raccomandazioni sui temi della presenza femminile nell'impresa e nell'economia.

Sistema nazionale di certificazione della parità di genere

Nell'ambito della Missione 5 del Piano, l'investimento 1.3 è dedicato alla attivazione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere, con l'obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree che presentano maggiori criticità, come le opportunità di carriera, la parità salariale a parità di mansioni, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità.

L'intervento si articola nei tre passaggi seguenti:

  • definizione del sistema per la certificazione sulla parità di genere e del meccanismo premiante, partendo dall'istituzione di un Tavolo di lavoro sulla "Certificazione di genere delle imprese", presso il Dipartimento pari opportunità
  • creazione di un sistema informativo per la raccolta di dati disaggregati per genere e di informazioni sulla certificazione, nonché dell'albo degli enti accreditati;
  • attivazione del sistema di certificazione sulla parità di genere a partire dal secondo quadrimestre del 2022.

Il sistema di certificazione sarà aperto a tutte le imprese indipendentemente dal requisito dimensionale. Nella fase sperimentale – che durerà fino al secondo quadrimestre del 2026 - la certificazione sarà agevolata per le imprese di medie, piccole e micro-dimensioni, e accompagnata da servizi di accompagnamento e assistenza.

Ulteriori misure suscettibili di impatto sulla condizione femminile

Nel Piano sono infine delineate alcune azioni settoriali che si ritengono suscettibili di rilevanza ai fini di una riduzione dei divari di genere in senso più ampio rispetto al solo aspetto occupazionale:

  • nell'ambito della Missione 2 assumono particolare rilievo le misure connesse all'edilizia residenziale pubblica, poiché la carenza abitativa si riflette differentemente su uomini e donne per via del differente ruolo familiare loro attribuito e del fatto che la maggior parte delle famiglie monoparentali siano affidate a donne;
  • gli interventi previsti nella Missione 3, secondo il PNRR potenzieranno anche la mobilità delle donne, che, da una parte, utilizzano più degli uomini i trasporti collettivi e meno l'auto privata, e, dall'altra, hanno catene di spostamenti quotidiani più frammentate e complesse degli uomini;
  • lo sviluppo delle competenze STEM all'interno dei curricula scolastici, prevista da investimenti e riforme della Missione 4, che si stima potrà contribuire a mitigare le disuguaglianze di genere nei corsi di studio e di laurea in cui prevalgono le materie STEM, a forte predominanza di presenza maschile;
  • nell'ambito degli investimenti sull'assistenza sanitaria e territoriale, di cui alla missione 6, il Piano prevede di fornire servizi dedicati alla tutela della salute della donna.

Per approfondimenti sulle singole azioni previste nel Piano con ricadute stimate in termini di genere si rinvia alla apposita sezione del tema web dedicato alle priorità trasversali del PNRR.

Nel corso dell'audizione del 9 marzo 2022 presso le Commissioni riunite della Camera la Ministra per le pari opportunità ha ricordato, in particolare, che, tra gli obiettivi che il PNRR si propone di perseguire, rientra anche quello rivolto a colmare le diseguaglianze strutturali ad oggi esistenti nel Paese, quali quelle aventi natura territoriale, generazionale nonché quelle prettamente di genere. Per il conseguimento di tale risultato – e, più in generale, al fine ultimo di arrivare, nel 2027, a un'Italia profondamente ristrutturata e riformata – è imprescindibile passare attraverso l'attivazione di diverse leve di sviluppo economico, sociale e culturale.

A questo proposito, il PNRR prevede degli interventi finalizzati ad implementare il principio della parità di genere, non dimenticando, nel contempo, di valorizzare anche l'elemento educativo e di sostegno alle famiglie.

 Nello specifico, il Piano attua il principio della parità di genere con due differenti livelli di intervento, i quali passano attraverso l'attuazione, da un lato, di azioni specifiche e, dall'altro, di azioni trasversali. Quanto alle azioni trasversali, particolare rilievo assumono le misure volte al miglioramento dei servizi per l'infanzia. Tra le azioni specifiche rientrano l'introduzione della certificazione sulla parità di genere, la creazione delle imprese femminili, l'offerta di servizi educativi 0-6 nonché il progetto STEM.

Vengono, inoltre, introdotte una serie di condizionalità per le imprese, finalizzate ad incentivare l'assunzione di donne e di giovani.

Con lo stesso fine, il Piano prevede che nei bandi di gara vengano introdotte delle premialità da conferire, in forma di punteggio ulteriore, a quegli operatori economici che garantiscano l'adozione di misure rivolte a soddisfare le suddette esigenze di parità. Ha sottolineato al riguardo l'importanza di ampliare le misure premiali che possono portare a risultati molto positivi in termini di parità di genere.

 

ultimo aggiornamento: 9 marzo 2022

Per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, che la pandemia ha contribuito ad evidenziare, nel PNRR il Governo ha annunciato l'adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 entro il primo semestre 2021. Si tratta di un documento programmatico che, in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea a marzo 2020, definisce un sistema di azioni politiche integrate nell'ambito delle quali sono adottate iniziative concrete, definite e misurabili. Attraverso la strategia si propone di raggiungere entro il 2026 l'incremento di cinque punti nella classifica dell'Indice sull'uguaglianza di genere elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), che attualmente vede l'Italia al 14esimo posto nella classifica dei Paesi UE-27.

 

Nell' indice sull'uguaglianza di genere 2020 elaborato dall'EIGE, l'Italia ha ottenuto un punteggio di 63,5 su 100. Tale punteggio è inferiore alla media dell'UE di 4,4, punti.
Si consideri che i punteggi dell'Italia sono inferiori a quelli della media UE in tutti i settori, ad eccezione di quello della salute. Le disuguaglianze di genere sono più marcate nei settori del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti).
L'Italia ha il punteggio più basso di tutti gli Stati membri dell'UE nel settore del lavoro (63,3). Il suo punteggio più alto è invece nel settore della salute (88,4 punti).

 

All'impegno ha fatto seguito la presentazione in Consiglio dei ministri (5 agosto 2021) di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021/2026, redatta dal Ministero delle pari opportunità, all'esito di un processo di consultazione che ha coinvolto amministrazioni centrali, Regioni, Enti Territoriali, parti sociali e principali realtà associative attive nella promozione della parità di genere.

La Strategia, partendo da alcuni dati di analisi, si concentra sulle seguenti cinque priorità strategiche: lavoro, reddito, competenze, tempo, potere.

Il documento per ciascuna delle priorità definisce gli interventi da adottare (incluse le misure di natura trasversale), nonché i relativi indicatori (volti a misurare i principali aspetti del fenomeno della disparità di genere) e target (l'obiettivo specifico e misurabile da raggiungere). Gli indicatori e target sono funzionali a guidare l'azione di governo e monitorare l'efficacia degli interventi poste in essere.

Le misure previste dalla Strategia saranno attuate dalle Amministrazioni centrali, dalle Regioni e dagli Enti locali, sulla base delle competenze istituzionali, tenuto conto del settore di riferimento e della natura dell'intervento. Saranno altresì stabilmente coinvolte la Conferenza delle Regioni, l'Unione delle Province e dei Comuni. È altresì prevista un'azione di monitoraggio della strategia, previa selezione di appositi indicatori e relativi target.

 

L'obiettivo di lungo periodo che si propone la Strategia è di guadagnare 5 punti nella classifica del Gender Equality Index dell'EIGE nei prossimi 5 anni, per raggiungere un posizionamento migliore rispetto alla media europea entro il 2026, con l'obiettivo di rientrare tra i primi 10 paesi europei in 10 anni.

Per rafforzare la governance della Strategia 2021-2026, la legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 139-148, L. n. 234/2021), oltre a prevedere l'adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere, ha disposto l'istituzione presso il Dipartimento per le pari opportunità di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere.

Ai sensi delle richiamate norme il Piano strategico nazionale per la parità di genere con i seguenti obiettivi:

  •   individuare buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere;
  •   colmare il divario di genere nel mercato del lavoro;
  •   raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici;
  •   affrontare il problema del divario retributivo e pensionistico;
  •   conseguire l'equilibrio di genere nel processo decisionale.

Il finanziamento del Piano prevede un incremento di 5 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2022, del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.

Per l'elaborazione e l'adozione del Piano, è prevista l'istituzione presso il Dipartimento per le pari opportunità di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere. 

La Cabina di regia è stata istituita con successivo decreto 27 gennaio 2022 (in G.U. 30 marzo 2022, n. 75),ha funzioni di raccordo tra le diverse amministrazioni coinvolte e tra i diversi livelli di governo al fine di coordinare le azioni a livello centrale e territoriale. Tra i compiti, spetta alla Cabina di regia effettuare la ricognizione periodica sullo stato di attuazione delle misure, degli interventi previsti nel Piano strategico nazionale per la parità di genere, nonché garantire la programmazione delle risorse destinate al finanziamento del Piano.

La Cabina di regia è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall'Autorità politica delegata alle pari opportunità ed è composta da 20 Ministri e 3 designati dalla Conferenza unificata. 

L'Osservatorio Nazionale per l'integrazione delle politiche di genere, istituito con decreto 22 febbraio 2022 (in G.U. 30 marzo 2022, n. 75), è organismo tecnico di supporto alla Cabina di regia, con funzioni di monitoraggio, analisi, studio e proposta dei possibili strumenti per la definizione e l'attuazione del Piano strategico nazionale, valutandone l'impatto al fine di migliorarne l'efficacia e integrarne gli strumenti. 

ultimo aggiornamento: 31 marzo 2022

Nell'ordinamento italiano la dimensione di genere è stata oggetto di una sperimentazione per la redazione del bilancio di genere, in attuazione dell'articolo 38-septies della legge n. 196 del 2009, introdotto dal decreto legislativo n. 90 del 2016. Tale disposizione ha infatti previsto l'avvio, per il bilancio dello Stato, di un'apposita sperimentazione, in sede di rendicontazione, di un bilancio di genere, volto a dare evidenza del diverso impatto delle politiche di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.

Successivamente, con il decreto legislativo del 12 settembre 2018, n. 116, la funzione del bilancio di genere è stata rafforzata, ponendo l'accento sull'opportunità che tale strumento sia utilizzato come base informativa per promuovere la parità di genere tramite le politiche pubbliche - attraverso una maggiore trasparenza della destinazione delle risorse e attraverso un'analisi degli effetti delle suddette politiche in base al genere - ridefinendo e ricollocando conseguentemente le risorse e tenendo conto dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) inseriti nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

I criteri e la metodologia generale per il bilancio di genere sono indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 giugno 2017 .

Il decreto ha, a tal fine, disposto che il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato collabori con l'ISTAT e con il Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di individuare gli indicatori utili al monitoraggio dell'impatto sul genere delle politiche statali, assicurando l'inclusione delle relative statistiche di base, distinte per genere, nel Piano statistico nazionale.

In attuazione di tale previsione normativa negli ultimi anni il Governo ha presentato – a partire dal rendiconto 2016 e, da ultimo, per l'anno 2020 - un bilancio di genere "a consuntivo", accompagnato da periodiche Relazioni al Parlamento che danno conto dell'istruttoria svolta e dei criteri seguiti ai fini della sperimentazione prevista dalla legge (qui il link della documentazione).

Nella quinta edizione della Relazione al Parlamento sul bilancio di genere, presentata il 27 dicembre 2021 (Doc. XXVII, n. 27), si evidenzia come gli interventi diretti alla riduzione dei divari di genere adottati nel 2020, con la legge di bilancio e con provvedimenti successivi, riguardano principalmente la conciliazione tra vita privata e lavorativa e il contrasto alla violenza di genere, ma sono presenti anche diverse misure relative a: la tutela del lavoro, previdenza e assistenza, la tutela e il sostegno della maternità, la partecipazione ai processi decisionali economici, politici e amministrativi, istruzione e interventi contro gli stereotipi di genere, salute, stile di vita e sicurezza e il mercato del lavoro. Alcune misure sono state adottate ex novo, altre invece costituiscono una proroga a misure precedenti.

A completamento del quadro complessivamente riportato nella relazione, si evidenzia come a partire dall'8 marzo 2021, il Servizio studi della Camera dei Deputati abbia avviato in via sperimentale l'analisi di impatto di genere quale elemento dei dossier di documentazione sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare all'esame della Camera stessa, dando seguito a un Ordine del giorno che è stato accolto nell'ambito della discussione di bilancio 2020.

In sede di discussione del bilancio 2020 della Camera dei Deputati nella seduta del 30 luglio 2020 è stato accolto l'ordine del giorno 9/Doc.VIII, n. 6/18 Spadoni e altri (testo modificato nel corso della seduta) in cui si chiede di "valutare l'opportunità di prevedere in via sperimentale e selettiva nell'ambito dei dossier di documentazione predisposti dal Servizio Studi, sui progetti di legge in esame presso le Commissioni permanenti, la redazione di un paragrafo dedicato all'analisi di impatto di genere".

Le risultanze principali del Bilancio di genere 2020 sono state illustrate nel corso dell'audizione dinanzi agli uffici di Presidenza congiunti delle Commissioni bilancio del Senato e della Camera dalla Prof.ssa Maria Cecilia Guerra Sottosegretaria di Stato al Ministero dell'economia e delle finanze (8 febbraio 2022).

Tra le sfide per il futuro è emersa in particolare l'opportunità di:

  • integrare il bilancio di genere in un quadro strategico di obiettivi per la parità di genere ed in tal senso, nel 2021, segnali positivi sono giunti dalla presentazione della prima Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che ambisce a guadagnare 5 punti nella classifica del Gender Equality Index dell'EIGE entro il 2026, migliorando il contesto negli ambiti del lavoro, reddito, competenze, tempo e potere e monitorandone i progressi tramite un insieme di indicatori;
  • consolidare il bilancio di genere superando l'attuale sperimentazione e integrando la prospettiva di genere (gender mainstreaming) nel processo di formazione del bilancio, rafforzando dunque il potenziale impatto di quest'ultimo. Da questo punto di vista è stato ricordando che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) uno dei traguardi della riforma relativa alla revisione della spesa prevede che la legge di bilancio 2024 presenti una classificazione delle voci previste secondo i criteri alla base degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dell'Agenda 2030, relativamente al bilancio di genere e al bilancio ambientale.
ultimo aggiornamento: 10 febbraio 2022

Nel 2020 la Commissione europea ha adottato una serie di documenti programmatici in materia di parità di genere, che prevedono l'adozione di misure e azioni specifiche per i prossimi anni.

Il 5 marzo 2020 è stata presentata la Strategia per la parità di genere 2020-2025, recante una serie di azioni ritenute fondamentali per il raggiungimento dei tradizionali obiettivi in materia di equilibrio di genere: stop alla violenza e agli stereotipi di genere; parità di partecipazione e di opportunità nel mercato del lavoro; parità retributiva; equilibrio di genere a livello decisionale e politico.

L'attuazione della strategia procederà attraverso l'adozione di misure mirate volte a conseguire la parità di genere, combinate a una maggiore integrazione della dimensione di genere.

La strategia prevede, tra l'altro:

  • l'ampliamento del novero dei reati in cui è possibile introdurre un'armonizzazione in tutt'Europa, estendendola a forme specifiche di violenza contro le donne, tra cui le molestie sessuali, gli abusi a danno delle donne e le mutilazioni genitali femminili;
  • una legge sui servizi digitali per chiarire quali misure si attendono dalle piattaforme per contrastare le attività illegali on line, compresa la violenza nei confronti delle donne;
  • il potenziamento della presenza delle donne nei settori caratterizzati da carenze di competenze, in particolare il settore tecnologico e quello dell'intelligenza artificiale;
  • l'avvio di una consultazione pubblica sulla trasparenza retributiva e la presentazione di misure vincolanti per contrastare la disparità sul piano salariale;
  • il rafforzamento dell'impegno per l'attuazione delle norme dell'UE sull'equilibrio tra vita professionale e vita privata.

 

Il 25 novembre 2020, inoltre, la Commissione europea e l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'UE hanno presentato il Piano d'azione dell'Unione europea sulla parità di genere – Un'agenda ambiziosa per la parità di genere e l'emancipazione femminile nell'azione esterna dell'UE (EU Gender Action Plan - GAP III). Il piano prevede iniziative, per il periodo 2021-2025, volte ad accrescere l'impegno dell'UE per la parità di genere, in quanto priorità trasversale dell'azione esterna, nonché a promuovere un impegno strategico dell'UE a livello multilaterale, regionale e nazionale. Il Piano è volto ad accrescere il contributo dell'UE per il raggiungimento dell'obiettivo di sviluppo sostenibile n. 5 nell'ambito dell'Agenda 2030, relativo al raggiungimento dell'uguaglianza di genere e dell'empowerment di tutte le donne e le ragazze.

ultimo aggiornamento: 4 marzo 2021

L'Obiettivo 5  dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 70/1  del 15 settembre 2015, si propone di eliminare ogni forma di discriminazione e violenza per tutte le donne, di tutte le età, così come pratiche quali i matrimoni precoci o forzati e le mutilazioni genitali. L'Obiettivo punta alla parità tra tutte le donne e le ragazze nei diritti e nell'accesso alle risorse economiche, naturali e tecnologiche, nonché alla piena ed efficace partecipazione delle donne e alla pari opportunità di leadership a tutti i livelli decisionali politici ed economici.

 

L'Obiettivo è declinato in nove target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 5.a a 5.c).  

 

5.1 Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze;

5.2 Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo;

5.3 Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili;

5.4 Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all'interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali;

5.5 Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica;

5.6 Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d'Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d'Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze;

5.a Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali;

5.b Rafforzare l'utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, per promuovere l'emancipazione della donna;

5.c Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l'emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.

ultimo aggiornamento: 4 marzo 2021

È stata pubblicata la legge n. 162 del 2021 che reca disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi.

Il Testo, in particolare:

  • estende l'obbligo di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro anche alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (in luogo degli oltre 100 attualmente previsti), stabilendone, altresì, la cadenza biennale, in luogo dell'attuale previsione in base alla quale il rapporto deve essere redatto almeno ogni due anni. A tal proposito, il 29 marzo 2022 è stato firmato dai Ministri del Lavoro e per le Pari opportunità il decreto che definisce le modalità per la redazione del suddetto rapporto biennale;
  • riconosce la possibilità di redigere il suddetto rapporto anche alle aziende che occupano fino a cinquanta dipendenti;
  • integra la nozione di discriminazione indiretta inserendo tra le fattispecie che danno luogo a tale discriminazione anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
  • istituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2022, la certificazione della parità di genere, al fine di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità, affidando ad apposito DPCM la definizione, tra l'altro, dei parametri minimi per il conseguimento della suddetta certificazione da parte delle aziende con più o meno di 50 dipendenti;
  • riconosce a regime uno sgravio contributivo parziale - determinato annualmente in misura non superiore all'1 per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda - ai datori di lavoro privati in possesso, al 31 dicembre dell'anno precedente, della predetta certificazione di pari opportunità;
  • istituisce un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali ed esperti individuati secondo modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico;
  • estende il criterio di riparto degli amministratori delle società quotate volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, che trova applicazione per sei mandati consecutivi e in base al quale il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti (ossia il 40 per cento, ex art. 147-ter, c. 1-ter, del D.Lgs. 58/1998) – anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati.


ultimo aggiornamento: 6 luglio 2021

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni agli interventi volti a dare attuazione all'art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali presenti nei diversi livelli (nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo).

Nelle ultime legislature il Parlamento ha approvato misure normative volte a promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive, locali, regionali e nazionali ed europee (la legge 215/2012 per le elezioni comunali; la legge 56/2014 per le elezioni - di secondo grado - dei consigli metropolitani e provinciali; la legge 20/2016 per le elezioni dei consigli regionali; la legge 165/2017 per le elezioni del Parlamento; la legge 65 del 2014 per la rappresentanza italiana in seno al Parlamento europeo). Nel corso dell'attuale legislatura sono state rafforzate le garanzie a sostegno dell'applicazione delle misure per il riequilibrio della rappresentanza nella legislazione elettorale regionale. 

Ai sensi dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A seguito di una modifica del 2003 ( L. Cost. n. 1/2003) è stato aggiunto un periodo secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. L'articolo 117, settimo comma, Cost. (introdotto dalla  L. Cost. n. 3/2001) prevede inoltre che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive." Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle regioni ad autonomia differenziata dalla  legge costituzionale n. 2 del 2001. Nell'ordinamento italiano si rinvengono diverse norme, sia nazionali che regionali, finalizzate alla promozione della partecipazione delle donne alla politica e dell'accesso alle cariche elettive, emanate in attuazione dei già richiamati articoli 51, primo comma, e 117, settimo comma, Cost.

La rappresentanza di genere nella legge elettorale del Parlamento europeo

Nelle elezioni europee del maggio 2019 hanno trovato applicazione per la prima volta le previsioni a regime introdotte dalla legge 22 aprile 2014, n. 65 per rafforzare la rappresentanza di genere. In particolare, è prevista:

  • la composizione paritaria delle liste dei candidati, disponendosi che i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, a pena di inammissibilità. Inoltre, i primi due candidati devono essere di sesso diverso;
  • la tripla preferenza di genere: le preferenze devono riguardare candidati di sesso diverso non solo nel caso di tre preferenze, ma anche nel caso di due preferenze. In caso di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, la seconda preferenza viene annullata; in caso di espressione di tre preferenze, sono annullate sia la seconda che la terza preferenza (e non solo la terza preferenza, come nella disciplina transitoria che era stata applicata nelle elezioni europee del 2014).

La rappresentanza di genere nella legge elettorale del Parlamento nazionale

Il sistema elettorale del Parlamento, definito dalla L. n. 165 del 2017, che prevede sia collegi uninominali da assegnare con formula con formula maggioritaria, sia collegi plurinominali da assegnare con metodo proporzionale (sistema ‘misto'), detta alcune specifiche disposizioni in favore della rappresentanza di genere per le elezioni della Camera e del Senato.

In primo luogo, a pena di inammissibilità, nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali, sia della Camera sia del Senato, i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere (quindi 1-1). Al contempo, è previsto che nel complesso delle candidature presentate da ogni lista o coalizione di liste nei collegi uninominali nessuno dei due generi - alla Camera a livello nazionale e al Senato a livello regionale - possa essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. Inoltre, nel complesso delle liste nei collegi plurinominali nessuno dei due generi può essere rappresentato nella posizione di capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. Anche tale prescrizione si applica alla Camera a livello nazionale e al Senato a livello regionale. Il calcolo delle suddette quote è effettuato, secondo quanto specificato nelle Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature a cura del Ministero dell'interno, riferendosi al numero delle candidature e non a quello delle persone fisiche.

Alla Camera l'Ufficio centrale nazionale assicura il rispetto di tali prescrizioni in sede di verifica dei requisiti delle liste (art. 22 TU Camera) comunicando eventuali irregolarità agli Uffici circoscrizionali al fine di apportare eventuali modifiche nella composizione delle liste, assumendo a tal fine rilevanza, anche l'elenco dei candidati supplenti. Al Senato, essendo tali prescrizioni stabilite a livello regionale, spetta all'Ufficio elettorale regionale assicurare il rispetto delle medesime.

Per quanto riguarda la legislazione di contorno, il decreto-legge sull'abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti (D.L. n. 149/2013, conv. dalla L. n. 13/2014) prescrive, ai fini dell'iscrizione del registro dei partiti, una serie di requisiti per lo statuto dei partiti, tra i quali rientra l'indicazione delle modalità per promuovere, attraverso azioni positive, l'obiettivo della parità tra i sessi negli organismi collegiali e per le cariche elettive. L'articolo 9 del medesimo decreto disciplina inoltre espressamente la parità di accesso alle cariche elettive, sancendo innanzitutto il principio in base al quale i partiti politici promuovono tale parità.

Per un focus sulla prima applicazione della legge elettorale 2017 in termini di genere, si rinvia al dossier della collana "Documentazione e ricerche" su La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale.

La rappresentanza di genere nelle leggi elettorali regionali

La legge 15 febbraio 2016, n. 20, introduce, tra i principi fondamentali in base ai quali le Regioni a statuto ordinario sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive. In tal modo, tale iniziativa legislativa si pone in linea di continuità con i provvedimenti approvati dal Parlamento nelle ultime due legislature per promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive locali, europee e nazionali.

A tal fine, modifica la legge n. 165/2004, che - in attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione - stabilisce i principi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale.

Con le modifiche introdotte, la legge nazionale non si limita a prevedere tra i principi, come è attualmente, la "promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive", ma indica anche le specifiche misure adottabili, declinandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali.

Al riguardo, la legge prevede tre ipotesi:

  1. Liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale preveda l'espressione di preferenze, sono previsti due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere: a) quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista i candidati di uno stesso sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale); b) preferenza di genere (deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate).
  2. Liste ‘bloccate': nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda le liste senza espressione di preferenze, deve essere prevista l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale.
  3. Collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo i candidati di un sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale.

L'entrata in vigore della legge del 2016 ha indotto le regioni, la cui legislazione elettorale non soddisfaceva gli elementi richiesti, ad introdurre le modifiche necessarie per adeguarsi alla normativa di principio.

In relazione al mancato adeguamento della legislazione elettorale è intervenuto nell'attuale legislatura il decreto-legge n. 86 del 2020 al fine di stabilire che il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei Consigli regionali dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione (l'articolo che disciplina l'esercizio dei poteri sostitutivi) e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.

La rappresentanza di genere nella legge elettorale di città metropolitane e province

La legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha provveduto a disciplinare l'istituzione delle Città metropolitane ed il riordino delle province, ha eliminato l'elezione diretta dei consigli provinciali.

I consigli metropolitani (organi delle nuove città metropolitane) ed i consigli provinciali sono divenuti organi elettivi di secondo grado; l'elettorato attivo e passivo spetta ai sindaci ed ai consiglieri comunali dei rispetti territori.

L'elezione di questi due organi avviene con modalità parzialmente differenti, che comunque prevedono l'espressione di un voto di preferenza e la ponderazione del voto (in base ad un indice rapportato alla popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del comune).

Al fine di promuovere la rappresentanza di genere, la legge stabilisce che nelle liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità superiore per i candidati del sesso meno rappresentato, a pena di inammissibilità. Tale disposizione ha trovato applicazione a decorrere dal 2018 (art. 1, commi 27-28 e commi 71-72).

Non è prevista la possibilità della doppia preferenza di genere, in quanto ritenuta incompatibile con il sistema del voto ponderato.

Non è inoltre più prevista la giunta, ma un altro organo assembleare (consiglio metropolitano nelle città metropolitane e assemblea dei sindaci nelle province), composto da tutti i sindaci del territorio.

ultimo aggiornamento: 20 novembre 2020

1. Congedi parentali e indennità di maternità

Tra le principali misure attualmente vigenti in materia di congedi parentali, introdotte con successivi interventi normativi (D.Lgs. 80/2015, L. 81/2017, L. 205/2017, L. 145/2018, L. 160/2019, L. 178/2020 e L. 234/2020), si segnalano in particolare:

  • l'ampliamento dell'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
  • il riconoscimento del congedo di paternità anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
  • l'estensione del congedo parentale dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino, con fruizione anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
  • alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS viene riconosciuta:
    • l'indennità di maternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni) e anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia);
    • la possibilità di fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
    • il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
    • l'applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo
  • per le lavoratrici autonome, l'estensione dell'indennità di maternità ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
  • l'inserimento, tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, della lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
  • per le donne che esercitano la professione forense, la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto;
  • la sospensione, dal 2018, dei contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria;
  • per le donne vittime di violenza di genere, il riconoscimento di un congedo retribuito per un periodo massimo di tre mesi;
  • la messa a regime, dal 2022, del congedo obbligatorio e facoltativo per il padre lavoratore dipendente, di durata pari a, rispettivamente, dieci giorni e un giorno. Si ricorda che nel congedo facoltativo il padre può astenersi per un ulteriore giorno in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima e che entrambi tali congedi, obbligatorio e facoltativo, possono essere goduti anche nei casi di morte perinatale;
  • il riconoscimento alle lavoratrici della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino;
  • la previsione di un contributo mensile, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 fino ad un massimo di 500 euro netti, in favore delle madri disoccupate o monoreddito che fanno parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento;
  • il riconoscimento in favore delle lavoratrici iscritte alla gestione separata non iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza, alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici agricole, nonché alle libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza, dell'indennità di maternità per ulteriori tre mesi a seguire dalla fine del periodo di maternità. Ai fini di tale riconoscimento, le lavoratrici devono aver dichiarato, nell'anno precedente l'inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro, incrementato del 100 per cento dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati;

2. Congedo obbligatorio e facoltativo di paternità

In tema di congedi, la legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 134, L. 234/2021) rende strutturale, dal 2022, il congedo di paternità - di cui all'articolo 4, comma 24, lett. a), della L. 92/2012, come prorogato da successivi provvedimenti - sia obbligatorio che facoltativo, confermandone la durata prevista già per il 2021, pari, rispettivamente, a 10 giorni e ad un giorno ,

Sul punto, si ricorda che la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 25, L. 178/2020) ha altresì esteso il congedo obbligatorio e facoltativo di paternità ai casi di morte perinatale. La Circolare INPS n. 42 dell'11 marzo 2021 ha specificato che la tutela in questione deve essere garantita in caso di morte perinatale avvenuta nei primi dieci giorni di vita del minore. Pertanto, il congedo può essere fruito, entro i cinque mesi successivi alla nascita ( e non al decesso) del figlio, anche nel caso di figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione o di decesso del figlio nei dieci giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita). 

3. Svolgimento dell'attività lavorativa

3.1 Trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall'articolo 8, commi 5 e 7, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act), secondo cui:

  • in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
  • il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

Si ricorda che anche la lavoratrice che usufruisce del congedo per violenza di genere ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

3.2 Passaggio di personale tra amministrazioni e lavoro agile

Anche la legge delega di Riforma della P.A. (L. 124/2015) ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro. In particolare, in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse, dispone che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.

Anche la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

In tema di cure parentali, la medesima legge 124 del 2015 dispone che le amministrazioni pubbliche stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglo del 1° giugno 2017, sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).

La legge di bilancio 2019 ha inoltre previsto l'obbligo, per i datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working), di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.

3.3 Rientro al lavoro delle madri lavoratrici

La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 23, L. 178/2020) ha disposto un incremento di 50 mln di euro per il 2021 del Fondo per le politiche della famiglia da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto.

Il Dipartimento per le politiche della famiglia, il 6 giugno 2022, ha emanato l'Avviso  "#RiParto" volto a promuovere la realizzazione di progetti di welfare aziendale, con il fine di sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e di favorire l'armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia. L'Avviso prevede tre mesi di tempo per costruire il progetto che dovrà essere inoltrato dalle imprese entro le ore 12 del 5 settembre 2022.

3.4 Fondo parità salariale

La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 276, L. 178/2020) ha istituto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, per interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro.

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 138, L. 234/2021) incrementa di 50 milioni di euro a decorrere dal 2023 la dotazione del suddetto Fondo ed estende le finalità dello stesso, prevedendo che sia destinato anche alla copertura finanziaria di interventi volti al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure per l'acquisizione di una certificazione della parità di genere a cui siano connessi benefici contributivi a favore del datore di lavoro.

3.5 Decontribuzione a favore delle lavoratrici madri e sospensione adempimenti tributari

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 137, L. 234/2021) ha introdotto in via sperimentale, per l'anno 2022, una riduzione del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato. Tale riduzione opera per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità.

 Il suddetto esonero spetta, pertanto, alla madre:

  • lavoratrice dipendente del settore privato;
  • nella misura del 50 per cento dei contributi previdenziali a suo carico;
  • a decorrere dal rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per la durata massima di un anno da tale rientro.

La medesima legge di bilancio 2022 prevede, inoltre, la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti tributari a carico della libera professionista in caso di parto prematuro (con sospensione a decorrere dal giorno del ricovero per il parto fino al trentesimo giorno successivo) o di interruzione della gravidanza avvenuta oltre il terzo mese dall'inizio della stessa (con sospensione fino al trentesimo giorno successivo all'interruzione della gravidanza).

4. Certificazione parità di genere

La legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 139-147,L. 234/2021) prevede l'adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere, con l'obiettivo, tra l'altro, di realizzare un sistema nazionale di certificazione della parità di genere - che rientra anche negli obiettivi previsti dalla Missione 5, componete 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza - e istituisce un Fondo per le attività di formazione propedeutiche all'ottenimento della certificazione della parità di genere, con una dotazione di 3 mln di euro per il 2022 (art. 1, c. 660, L. 234/2021). 

Analogamente, la legge 5 novembre 2021, n. 162 - che reca disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo – prevede l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della  certificazione della parità di genere, al fine di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Al possesso di tale certificazione è collegata la concessione di un apposito sgravio contributivo parziale.

Sul punto, lo scorso marzo è stata delineata la prassi di riferimento Uni/PdR 125:2022 che definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere, prevedendo sei criteri (driver) necessari per stabilire la concessione della certificazione.

Inoltre, con i Decreti del Dip.to Pari opportunità del 27 gennaio 2022 e del 22 febbraio 2022 sono stati istituiti, rispettivamente, la Cabina di regia interistituzionale per la parità di genere e l'Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere.

Infine, con il Decreto del Dipartimento delle pari opportunità del 5 aprile 2022 è stato istituito il Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione di genere alle imprese.

Per approfondimenti sul Sistema di certificazione della parità di genere previsto dal PNRR si rinvia all'apposito tema web.

5. Rapporto sulla situazione del personale

La legge n. 162 del 2021 ha esteso l'obbligo di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (in luogo degli oltre 100 precedentemente previsti).

Si ricorda, inoltre, che l'art. 7 del D.L. 77/2021 dispone per le aziende, anche di piccole dimensioni (con almeno 15 dipendenti), che partecipano alle gare di appalto relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR (o che risultano affidatarie dei relativi contratti) l'obbligo di consegnare, a pena di esclusione, una relazione sulla situazione del personale maschile e femminile.

A tal proposito, il 29 marzo 2022 è stato firmato dai Ministri del Lavoro e per le Pari opportunità il decreto che definisce le modalità per la redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile da parte delle aziende pubbliche e private che contano più di 50 dipendenti

6. Voucher baby-sitting

Nell'ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientrava anche il cosiddetto voucher babysitting, ossia una misura sperimentale (introdotta dall'art. 4, c. 24, della L. 92/2012 per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 e successivamente per il 2017 e 2018) che riconosceva alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, alla madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, nonché alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, la possibilità di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi), in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).

Una particolare ipotesi di voucher babysitting è stata introdotta dalla normativa adottata in seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19, per la quale si rimanda all'apposito tema.

 

Per una sintesi delle principali misure di conciliazione vita-lavoro vigenti si rimanda all'apposita tabella.

ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2022

Per contrastare la pratica (riguardante prevalentemente le lavoratrici) delle cd. dimissioni "in bianco", consistente nel far firmare le dimissioni al lavoratore al momento dell'assunzione (in bianco, appunto) e quindi nel momento in cui la sua posizione è più debole, il decreto legislativo n.151/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) ha modificato la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prevedendo che le dimissioni sono valide solo se redatte in modalità telematica su appositi moduli, resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

ultimo aggiornamento: 4 marzo 2021

Congedo per le lavoratrici

Il decreto legislativo 80/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere, riconoscendo alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private (con esclusione del lavoro domestico) e alle lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, inserite in percorsi certificati di protezione relativi alla violenza di genere, la possibilità di astenersi dal lavoro (per motivi legati al suddetto percorso) per un periodo massimo di tre mesi (coperto da contribuzione figurativa), con diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione (con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento). Il suddetto congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni.

Successivamente, l'articolo 1, commi 241 e 242, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha esteso il diritto di usufruire del predetto congedo anche alle lavoratrici autonome vittime di violenza di genere, sempre per un periodo massimo di tre mesi, con diritto a percepire una indennità giornaliera dell'80 per cento del salario minimo giornaliero (stabilito dall'art. 1 del D.L. 402/1981).

Un ulteriore ampliamento della platea è stato previsto anche dall'articolo 1, c. 217, della L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) che ha esteso il diritto al congedo anche alle lavoratrici domestiche.

La lavoratrice che usufruisce del congedo ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Per completezza, si ricorda che l'articolo 14, comma 6, della L. 124/2015 (legge delega di riforma della P.A., che ha introdotto il nuovo comma 1-ter all'art. 30 del D.Lgs. 165/2001) ha disposto che la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

Incentivo all'occupazione

La legge di bilancio per il 2018 (l. 205/2017) ha riconosciuto un contributo alle cooperative sociali per le assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato, effettuate nel 2018, di donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati.

Il contributo, era riconosciuto per un periodo massimo di trentasei mesi entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020, a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute.

In base all'ultima disposizione di proroga (di cui all'art. 12, co. 16-bis, del D.L. 137/2020), il medesimo contributo è riconosciuto, per un periodo massimo di dodici mesi, in favore delle cooperative sociali che, nel corso del 2021, assumevano con contratti di lavoro a tempo indeterminato donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati.

Come precisato nella circolare INPS 133/2021, sulla base del tenore letterale della norma richiamata, secondo cui il beneficio trovava applicazione per le "nuove" assunzioni, non erano  incentivabili le conversioni a tempo indeterminato di rapporti a termine, mentre erano incentivabili i rapporti di lavoro domestico instaurati a tempo indeterminato, nonché i rapporti di apprendistato, mentre l'agevolazione non trovava applicazione nelle ipotesi di instaurazione delle prestazioni di lavoro occasionale.

Per la misura del suddetto sgravio (riconosciuto nel limite massimo di importo pari a 350 euro su base mensile) e per le relative modalità di attuazione si veda il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 11 maggio 2018, nonché la richiamata circolare 133/2021.

 

ultimo aggiornamento: 4 marzo 2021

Con la legge 12 luglio 2011, n. 120 sono state apportate significative modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, allo scopo di tutelare la parità di genere nell'accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati e nelle società pubbliche.

La legge, preso atto della situazione di cronico squilibrio nella rappresentanza dei generi nelle posizioni di vertice delle predette imprese, intende riequilibrare a favore delle donne l'accesso agli organi apicali.

A tal fine è previsto un doppio binario normativo:

  • per le società quotate in borsa, la disciplina in materia di equilibrio di genere è recata puntualmente dalle disposizioni di rango primario;
  • per le società a controllo pubblico, i principi applicabili rimangono quelli di legge, mentre la disciplina di dettaglio è affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate. Tale regolamentazione è contenuta nel D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251.

Le norme della legge n. 120 del 2011 e del D.P.R. n. 251 del 2012 sono destinate ad avere un'efficacia temporanea. I criteri di riparto degli organi apicali volti a tutelare la parità di genere erano originariamente operativi per tre mandati consecutivi, a decorrere dal primo rinnovo degli organi interessati successivo all'entrata in vigore dei provvedimenti stessi. 

Sul punto è intervenuta la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 302-305 della legge n. 160 del 2019), che:

- ha prorogato da tre a sei i mandati in cui trovano applicazione, per gli organi apicali delle società quotate, le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato previste dalla legge n. 120 del 2011;

- ha modificato il criterio di riparto degli amministratori e dei membri dell'organo di controllo, volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, in particolare disponendo che il genere meno rappresentato debba ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti (40 per cento), in luogo della quota di almeno un terzo (33 per cento circa) disposta dalle norme previgenti.

La medesima legge di bilancio (successivo comma 304) ha stabilito che il criterio di riparto di almeno due quinti venga applicato a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate successivo al 1° gennaio 2020 (data di entrata in vigore della legge di bilancio). Resta fermo, per il primo rinnovo successivo alla data di inizio delle negoziazioni, il criterio di riparto di almeno un quinto previsto dall'articolo 2 della legge Golfo-Mosca.

In ordine alle società a controllo pubblico è intervenuto il relativo Testo Unico, ai sensi del quale nella scelta degli amministratori le P.P.A.A. devono assicurare il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d'anno. Ove la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto deve prevedere che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge n. 120 del 2011 (articolo 11, comma 4 del decreto legislativo n. 175 del 2016, Testo unico sulle società a partecipazione pubblica).

 

Per il monitoraggio sull'attuazione della nuova disciplina nelle società pubbliche è stato istituito, con decreto del Ministro delle pari opportunità del 12 febbraio 2013, un apposito gruppo di lavoro.

Nel mese di gennaio 2020 è stata inviata al Parlamento la Relazione triennale sullo stato di applicazione delle norme in tema di parità di genere nelle società a controllo pubblico, relativa al periodo dal 12 febbraio 2016 al 12 febbraio 2019.

Con il Protocollo d'intesa, sottoscritto nel novembre 2018 dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per le Pari Opportunità, dalla Consob e dalla Banca d'Italia, è stato istituito un  Osservatorio interistituzionale per promuovere congiuntamente iniziative volte all'attuazione nel concreto della partecipazione femminile nei board delle società, con la finalità di verificare nel tempo gli effetti dell'applicazione della legge n. 120 del 2011.

Il 14 marzo 2022 i ministri dell'Occupazione e degli affari sociali, in seno al Consiglio UE, hanno raggiunto un orientamento generale su una proposta legislativa dell'UE volta a migliorare l'equilibrio di genere tra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate.

Il 7 giugno 2022 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico su un nuovo atto legislativo dell'UE che promuove una rappresentanza di genere più equilibrata nei consigli di amministrazione delle società quotate. Entro il 2026 le società quotate dovrebbero mirare a garantire che almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi o almeno il 33% dei posti di amministratore con e senza incarichi esecutivi sia occupato dal sesso sotto-rappresentato.

 

.

 

ultimo aggiornamento: 27 settembre 2022
 
dossier
 
Obiettivi Agenda 2030
 
temi di Costituzione, diritti e libertà