tema 15 aprile 2022
Studi - Bilancio Società a partecipazione pubblica

Le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, particolarmente diffuse nel comparto delle amministrazioni locali, sono disciplinate dal Testo Unico approvato con il decreto legislativo n. 175 del 2016. La riforma ha avuto lo scopo di razionalizzare il settore, aumentando la trasparenza e riducendo il numero, anche al fine di contenere il costo.

Il Ministero dell'economia e delle finanze ha presentato nel 2019 un Rapporto sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni. Ulteriori dati sulle dimensioni del settore sono contenuti nella Relazione che la Corte dei conti ha presentato al Parlamento nel 2019.

Dal Rapporto ISTAT "Le partecipate pubbliche in Italia" del 30 dicembre 2020 emerge che le società partecipate pubbliche attive nel 2018 sono 6.085, operanti nel settore dell'industria e dei servizi (-4% rispetto al 2017), con un totale di 887.059 addetti (+4,7% rispetto al 2017). La dimensione media è di 146 addetti, valore che sale a 406 per le società per azioni. Le partecipate locali sono 4.240 e impiegano 415.243 addetti, corrispondenti al 46,8% del totale di riferimento. Le imprese a controllo pubblico sono 3.585, con un totale di 587.890 addetti e una dimensione media di 164 addetti.

Si veda qui il dossier Ricognizione degli assetti organizzativi delle principali società a partecipazione pubblica a cura del Servizio per il controllo parlamentare.

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Il ruolo e le funzioni delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, particolarmente diffuse nel comparto delle amministrazioni locali, è stato nel corso del tempo oggetto di numerosi interventi finalizzati alla razionalizzazione del settore, sia per aumentarne la trasparenza che per ridurne il numero, anche allo scopo di un contenimento della relativa spesa.

Al fine di superare la frammentarietà del quadro normativo e di pervenire ad una ricomposizione della disciplina delle società a partecipazione pubblica è stata emanata nel 2015 una delega (articolo 18 della legge n. 124/2015, c.d. legge Madia) per il riordino della normativa delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni.

Nell'esercizio della delega, si prevedeva di: differenziare le tipologie societarie; ridefinire le regole per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche; creare un preciso regime che regoli le responsabilità degli amministratori e del personale delle società; individuare la composizione e i criteri di nomina degli organi di controllo societario, al fine di garantirne l'autonomia rispetto agli enti proprietari; rafforzare i criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive. Uno specifico criterio di delega era infine dettato con riferimento alle sole società partecipate dagli enti locali, a sua volta articolato in sette diversi principi, attinenti all'adeguatezza della forma societaria da adottare, ai criteri e strumenti di gestione, alla razionalizzazione delle partecipazioni societarie da parte degli enti territoriali interessati, alla trasparenza e confrontabilità dei dati economico patrimoniali, agli strumenti di tutela occupazionale nei processi di ristrutturazione societaria, all'introduzione di un sistema sanzionatorio per gli enti territoriali che riducono le società partecipate; alla trasparenza e rendicontazione da parte delle società partecipate nei confronti degli enti locali.

Nel 2016 si è giunti all'approvazione del Testo Unico sulle società partecipate (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175) che, oltre a riassumere in un quadro organico le disposizioni in materia già vigenti, contiene anche disposizioni volte alla razionalizzazione del fenomeno della partecipazione pubblica, con l'obiettivo di assicurarne una più efficiente gestione e di contribuire al contenimento della spesa pubblica.

Il Testo Unico si articola sostanzialmente in quattro tipologie di intervento:

  • disposizioni introduttive recanti: l'indicazione dell'oggetto e dell'ambito di applicazione del T.U. (art. 1); la formulazione delle definizioni (art. 2); l'individuazione dei tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica (art. 3). L'individuazione delle tipologie di società è completata dagli artt. 16, 17 e 18, dedicati, rispettivamente, alle società in house, alle società miste pubblico-private, al procedimento di quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati;
  • disposizioni volte a stabilire condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche, nonché a ridefinire le regole per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche, e di alienazione di partecipazioni pubbliche (artt. da 4 a 10);
  • disposizioni in materia di organi di amministrazione e di controllo delle società a controllo pubblico, con riferimento ai seguenti profili: governance societaria, requisiti dei componenti degli organi di amministrazione e compensi dei membri degli organi sociali (art. 11); regime di responsabilità dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti (art. 12); regime di controllo, con riguardo all'attivazione del controllo giudiziario (art. 13), alla prevenzione della crisi di impresa (art. 14), al controllo e monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (art. 15);
  • disposizioni volte a incentivare l'economicità e l'efficienza mediante l'introduzione di procedure di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria (artt. 20 e 24), di gestione del personale (artt. 19 e 25), di specifiche norme finanziarie per le partecipate degli enti locali (art. 21) e di promozione della trasparenza (art. 22).

Completano l'intervento le norme transitorie e quelle di coordinamento con la legislazione vigente (artt. 26 e 27), la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le disposizioni abrogative (artt. 23 e 28).

Il D.Lgs. n. 100 del 2017, sul quale è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza unificata il Governo, oltre ad introdurre modifiche correttive al Testo unico al fine di risolvere criticità emerse in fase applicativa, ha inteso sanare il vizio procedimentale censurato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 251 del 2016 che ha dichiarato l'incostituzionalità di alcune disposizioni della legge delega n. 124 del 2015, nella parte in cui quest'ultima prevedeva che i decreti legislativi fossero adottati previo parere della Conferenza unificata. La Corte ha infatti stabilito che il principio di leale collaborazione impone la previa intesa in sede di Conferenza unificata o di Conferenza Stato-Regioni, a seconda dei casi, qualora la disciplina statale intervenga in ambiti in cui si registra una commistione fra competenze esclusive statali, competenze concorrenti e competenze residuali delle regioni.

Ambito di applicazione

Le norme del T.U. hanno ad oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta. Alle società quotate, nonché alle società da esse controllate, le disposizioni del T.U. si applicano solo se espressamente previsto (articolo 1, comma 5, come modificato dalla legge n. 145 del 2018).

La partecipazione pubblica, i cui elementi definitori sono riportati nell'articolo 2, è ammessa esclusivamente in società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa. In merito all'organo di controllo, nelle società a responsabilità limitata a controllo pubblico l'atto costitutivo o lo statuto devono in ogni caso prevedere la nomina dell'organo di controllo o di un revisore. Nelle società per azioni a controllo pubblico la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale (articolo 3).

Per le società in house (società in controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici), l'articolo 16 richiede, in accordo con la disciplina europea (direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici), che:

  • per ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi non deve esservi partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata;
  • gli statuti devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.

Per quanto riguarda le società a partecipazione mista pubblico-privata, l'articolo 17 richiede che nelle società miste costituite per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica o di un servizio di interesse generale, avente ad oggetto esclusivo l'attività inerente all'appalto o alla concessione, la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30% e lo stesso deve essere selezionato mediante procedura ad evidenza pubblica c.d. a doppio oggetto (sottoscrizione o acquisto di quote societarie da parte del privato e contestuale affidamento del contratto di appalto o di concessione).

La durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell'appalto o della concessione. Lo statuto deve prevedere meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio.

Oltre ad alcune facoltà conferite agli statuti delle società di cui al medesimo articolo 17 (clausole di deroga, emissioni di speciali categorie di azioni ed altre), si dispone che per le società che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del Nuovo Codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016), se la scelta del socio privato - che ha i requisiti di qualificazione previsti dal Codice medesimo in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita - è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica, e se la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.

L'articolo 18 prevede e disciplina la possibilità per le società a controllo pubblico di quotazione in mercati regolamentati di azioni o altri strumenti finanziari.

Condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche

L'articolo 4 fissa il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire, anche indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. 

Nei limiti di tale principio, lo stesso articolo 4 elenca le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche; c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni (così integrato dal D.Lgs. n. 100 del 2017); e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

La norma ammette la costituzione e la partecipazione a specifiche tipologie societarie: società di sperimentazione nel settore sanitario, società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni, nonché società elencate nell'allegato A al Testo Unico.

L'articolo in esame attribuisce inoltre al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di Regione e Province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti, la facoltà di deliberare l'esclusione (totale o parziale) dell'applicazione delle disposizioni del medesimo articolo a specifiche società a partecipazione pubblica (la competenza dei Presidenti di Regione e delle Province autonome è circoscritta alle società partecipate dall'ente territoriale di appartenenza). I provvedimenti eventualmente assunti sono trasmessi alle Camere e, nel caso di deliberazioni dei Presidenti di Regione o delle Province autonome, anche alla Corte dei conti e alla struttura del Ministero dell'economia preposta all'attività di indirizzo, controllo e monitoraggio sull'attuazione del Testo Unico. 

Il D.Lgs. n. 100 del 2017 ha fatto salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, anche fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, purché l'affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica

Con la legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, comma 891) si è fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all'1 per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile.

La legge n. 119/2019 ha escluso dal divieto previsto dall'articolo 4 la costituzione, l'acquisizione o il mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, comunque trattato, e dei prodotti lattiero-caseari (comma 9-quater).

 

Per la costituzione delle società partecipate o l'acquisto di quote l'articolo 5 richiede:

  • una motivazione analitica, con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali sopra richiamate;
  • una comunicazione alla della Corte dei Conti, a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che valuta gli aspetti che potrebbero determinare distorsioni della concorrenza.

Vengono anche dettate norme specifiche sulla governance, sulla costituzione delle società o sull'acquisto di partecipazioni in società già costituite. L'articolo 6 definisce infatti gli elementi basilari dell'organizzazione e della gestione delle società a controllo pubblico, gli articoli 7 e 8 disciplinano, rispettivamente, la costituzione di tali società e l'acquisto di partecipazioni in società già costituite.

In particolare, la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società e le operazioni che comportino l'acquisto da parte di un'amministrazione pubblica di partecipazioni in società già esistenti sono adottate con: a) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali;  b) provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali; c) deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali; d) delibera dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

L'articolo 9 individua i soggetti deputati a esercitare i diritti dell'azionista: per le partecipazioni statali, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministeri competenti per materia; per le partecipazioni regionali, la Presidenza della regione, salvo diversa disposizione di legge della regione titolare delle partecipazioni; per le partecipazioni degli enti locali, il sindaco o il presidente o un loro delegato; in tutti gli altri casi le partecipazioni sono gestite dall'organo amministrativo dell'ente.

L'articolo 10, infine, riguarda la procedura di alienazione delle partecipazioni sociali.

Amministrazione e controllo delle società a partecipazione pubblica

requisiti dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico sono previsti dall'articolo 11, che richiede, tra l'altro, che nella scelta degli amministratori delle società sia assicurato il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo. In ogni caso i componenti degli organi medesimi devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia da stabilirsi con DPCM, previa intesa in Conferenza unificata.

Fra le principali novità, l'articolo stabilisce che l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico, ferma restando la possibilità da parte della società interessata di stabilire, con delibera da trasmettersi alla Corte dei conti e alla struttura del Ministero dell'economia preposta all'attività di indirizzo, controllo e monitoraggio sull'attuazione del T.U., di ricorrere ad una diversa forma di governance.

L'articolo detta norme sui compensi da corrispondere ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo e ai dipendenti delle società in controllo pubblico. Al riguardo, stabilisce che i compensi debbano dipendere dalla fascia di appartenenza della società, nell'ambito delle cinque fasce individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi. Per le società controllate dalle Regioni o dagli enti locali, tale decreto è adottato previa intesa in Conferenza unificata. Il limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo non potrà comunque eccedere i 240.000 euro annui. Sono altresì stabilite disposizioni in tema di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi presso gli organi amministrativi e di controllo in questione (in particolare, l'incompatibilità tra l'incarico di amministratore di società a controllo pubblico e quello di dipendente delle amministrazioni controllanti). Per quanto concerne le società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico, l'amministrazione titolare di una partecipazione superiore al 10 per cento potrà proporre agli organi societari l'introduzione di misure analoghe a quelle sopradette in materia di compensi. Sono poi previste norme specifiche sulla responsabilità civile e contabile della società e dei componenti degli organi societari, anche con definizione della fattispecie che determina l'insorgere del danno erariale nei confronti della società (articolo 12), nonché in merito al controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico (articolo 13).

Nei casi di crisi d'impresa (articolo 14), le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi. Qualora emergano indicatori di crisi aziendale, l'organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta un idoneo piano di risanamento. Si fa divieto, per le amministrazioni pubbliche di sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti o rilasciare garanzie a favore delle società partecipate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. L'adozione delle richiamate misure di risanamento è comunque consentita: i) se inquadrata nell'ambito di un piano di risanamento della società (preposta allo svolgimento di servizi di interesse pubblico o alla realizzazione di investimenti) che conduca all'equilibrio finanziario entro tre anni; ii) se necessaria per evitare gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, conseguenti all'eventuale interruzione dei servizi di pubblico interesse (in questo caso occorre un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri).
Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.
Si prevede infine l'individuazione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, nell'ambito del Ministero medesimo, di una struttura centrale con funzioni di indirizzo, monitoraggio e controllo sull'attuazione del T.U., attraverso poteri di indirizzo e ispettivi nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica, di diffusione di migliori pratiche, nonché di tenuta di un elenco pubblico di dette società (articolo 15). Tale struttura è stata individuata con il D.M. 16 maggio 2017, articolo 1, nella Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro.

L'Osservatorio sulla finanza e la contablità degli enti locali, ai sensi dell'articolo 154 del TUEL, ha emanato il 12 luglio 2019 un atto di indirizzo volto a sollecitare un intervento legislativo al fine di rimuovere l'incertezza interpretativa connessa alla nozione di "società a controllo pubblico" in relazione alla fattispecie di controllo congiunto tra più amministrazioni pubbliche.

Gestione del personale delle società a partecipazione pubblica

In materia di gestione del personale delle società a controllo pubblico, il Testo Unico (articolo 19) stabilisce, salvo specifiche disposizioni recate nel provvedimento, che i rapporti di lavoro siano disciplinati dalle medesime disposizioni che si applicano al settore privato, mentre al reclutamento si applichino i principi previsti per l'accesso alle pubbliche amministrazioni.
In particolare, ai rapporti di lavoro dei dipendenti si applicano - per quanto non espressamente disciplinato - le disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, ai sensi della vigente normativa e del CCNL di riferimento.

Le società a controllo pubblico stabiliscono con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi normativi validi per le pubbliche amministrazioni. È inoltre previsto che le amministrazioni pubbliche socie debbano fissare obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate anche mediante contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.
Viene inoltre definito uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità. Prima di effettuare nuove assunzioni, le amministrazioni pubbliche, nel caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi prima affidati ad una società partecipata, procedono - nel rispetto delle vacanze organiche e delle risorse disponibili - al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti dall'amministrazione e transitate alle dipendenze delle società interessata dalla reinternalizzazione. Al fine di non incidere negativamente sulla programmazione del turn over di personale dell'ente interessato, si dispone che la spesa per il riassorbimento del personale a tempo indeterminato non rileva nell'ambito delle facoltà assunzionali dell'ente medesimo. In conseguenza di dette norme, si prevede che le vigenti disposizioni in materia di gestione delle eccedenze di personale delle società partecipate introdotte dalla legge di stabilità per il 2014 continuino ad applicarsi fino all'adozione del decreto del Ministro del lavoro (di cui all'art.25, comma 1) relativo alle modalità con cui l'elenco del personale in esubero è trasmesso alle Regioni, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.

Alle nuove regole sul personale dettate dall'articolo 19 si affiancano le disposizioni transitorie contenute nell'articolo 25, in cui si stabilisce che le società a controllo pubblico effettuino (entro il 30 settembre 2017) una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, e che l'elenco del personale eccedente, sia trasmesso - secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro del lavoro previa intesa in Conferenza unificata - alla regione nel cui territorio la società ha sede legale. Le regioni formano e gestiscono l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e agevolano processi di mobilità in ambito regionale. Decorsi sei mesi dalla scadenza del termine di cui sopra, le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. A partire dalla data di pubblicazione del citato decreto ministeriale e fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato, se non attingendo ai predetti elenchi, ad eccezione di specifici casi di infungibilità. Sono escluse dall'applicazione di tali disposizioni le società a prevalente capitale privato (di cui all'articolo 17) che producono servizi di interesse generale e che nei tre esercizi precedenti abbiano ottenuto un risultato positivo.

Con la legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, comma 872), si è sancita l'applicabilità delle disposizioni degli articoli 19, comma 8 (sul riassorbimento) e 25 del Testo Unico, salva diversa disciplina normativa a tutela dei lavoratori, anche ai dipendenti dei consorzi costituiti dagli enti locali per la gestione associata di servizi e delle aziende speciali degli enti locali che, alla data di entrata in vigore del Testo Unico  risultino già posti in liquidazione da parte delle amministrazioni pubbliche.

Il decreto legge n. 162 del 2019 (articolo 1, commi 10-novies e 10-decies) ha sostituito l'articolo 25 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, prevedendo che, entro il 30 settembre di ogni anno per gli anni 2020, 2021 e 2022 (anziché entro il 30 settembre 2017, come precedentemente previsto), le società a controllo pubblico effettuino una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze. Decorsi ulteriori dodici mesi (anziché sei mesi, come precedentemente previsto), le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all'agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro che gestisce, d'intesa con ciascuna regione territorialmente competente, l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati. La medesima disciplina si applica anche ai dipendenti dei consorzi e delle aziende costituiti, rispettivamente, ai sensi degli articoli 31 e 114 del TUEL, che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, risultino già posti in liquidazione da parte di amministrazioni pubbliche.

Si segnala che con il  decreto 9 novembre 2017 del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la PA e il MEF, recante "Disposizioni di attuazione dell' articolo 25 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, in materia di personale delle società a partecipazione pubblica" (pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 299 del 23 dicembre 2017) sono state individuate le modalità di ricognizione del personale in servizio presso le società a controllo pubblico (articolo 2), di formazione e gestione degli elenchi e agevolazione dei processi di mobilità in ambito regionale (articolo 3) e per attingere agli elenchi per le assunzioni a tempo indeterminato fino al 30 giugno 2018 (articolo 4). Peraltro, i termini stabiliti dall'articolo 2 del decreto, entro i quali dichiarare le eccedenze di personale e inviare i dati alla Regione, erano già scaduti al momento della pubblicazione in gazzetta ufficiale del medesimo decreto.

Procedure di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria

L'articolo 20 del Testo Unico introduce nell'ordinamento una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate con cadenza annuale, pena una sanzione amministrativa da cinquemila a cinquecentomila euro, oltre al danno erariale provocato. Alla procedura di razionalizzazione periodica - che fa seguito alla revisione straordinaria prevista dal successivo articolo 24 - si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

Le amministrazioni pubbliche devono svolgere annualmente un'analisi in relazione dell'assetto complessivo delle proprie partecipazioni societarie, predisponendo un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, qualora rilevino:

  • partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'art. 4;
  • società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
  • società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
  • partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (a decorrere dal triennio 2017-2019, mentre tale soglia è pari a 500 mila euro per i trienni 2015-2017 e 2016-2018);
  • partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
  • necessità di contenimento dei costi di funzionamento ovvero necessità di aggregazione.

L'articolo 24 introduce la procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni, stabilendo che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate, nel caso in cui:

  • non siano riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall'art. 4;
  • non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea di cui all'art. 5, rispettivamente, commi 1 e 2;
  • ricadano nelle ipotesi per le quali l'articolo 20, comma 2, prevede la predisposizione di piani di riassetto finalizzati alla dismissione.

Le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa, e vanno effettuate anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

La legge di bilancio 2019 (n. 145 del 2018) ha previsto la disapplicazione, fino al 31 dicembre 2021, dei commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) dell'articolo 24 del D.Lgs. 175/2016 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma ha autorizzato pertanto l'amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie. Il D.L. n. 73 /2021 (art. 16, comma 3-bis) ha inserito all'articolo 24 del Testo Unico un nuovo comma 5-ter con il quale si proroga anche per l'anno 2022 la norma che disapplica, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione.

Si segnala che la direzione VIII del MEF, responsabile del controllo dell'attuazione del Testo Unico, ha reso disponibile fino al 31 ottobre 2017 (fermo restando l'obbligo per le Amministrazioni di adottare i provvedimenti motivati di ricognizione entro il termine del  30 settembre 2017 previsto dalla norma) un  applicativo per la comunicazione dell'esito della ricognizione in merito alla revisione straordinaria delle partecipazioni dirette e indirette detenute al 23 settembre 2016 da parte delle amministrazioni pubbliche. Tale ricognizione si è conclusa il 10 novembre 2017. Secondo una prima analisi dei dati, le  società a partecipazione diretta delle amministrazioni sono  4.701 e, secondo il Governo (per approfondimenti si veda il relativo comunicato stampa),  circa una su tre di queste sarà interessata da interventi di dismissione. Nello specifico, il Governo evidenzia che:
  • di 2.558 società in cui gli enti possiedono, singolarmente o nel loro complesso, la maggioranza del capitale, 747 sono le società interessate da procedure di dismissione e 118 le società oggetto di procedure di fusione;
  • di 2.143 società in cui gli enti, nel loro complesso, non detengono la maggioranza del capitale, 785 sono le società da cui gli enti intendono uscire dalla compagine azionaria.

Nel maggio 2019 la medesima direzione VIII del MEF ha pubblicato il Rapporto sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni, di cui si fornisce una sintesi nell'apposito paragrafo.

Si segnala inoltre che la Corte dei conti ha pubblicato le linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle partecipazioni, ai sensi dell'articolo 24.

Disposizioni finali del T.U. 

Completano l'intervento di ridisegno della disciplina sulle società partecipate dettata dal Testo Unico: la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 23 per le regioni a statuto speciale e le province autonome; l'elenco delle disposizioni in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche che vengono abrogate, in quanto confluite nel T.U. o comunque ritenute non più necessarie rispetto al nuovo quadro dallo stesso delineato (articolo 28); gli interventi di coordinamento con la normativa vigente, nell'ambito dei quali vengono fatte salve alcune norme risalenti ad anni precedenti (articolo 27) .

Una specifica disposizione è prevista dall'articolo 21 in tema di contabilità finanziaria delle società partecipate dalle amministrazioni locali: qualora dette società presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti sono tenute ad accantonare, nell'anno successivo (salve disposizioni di prima applicazione per il triennio 2015-2017) in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione.

Quanto, infine, alle numerose disposizioni transitorie recate dall'articolo 26, si richiamano, oltre a quelle che prevedono il mantenimento delle partecipazioni in società quotate detenute dalle amministrazioni al 31 dicembre 2015 ed il termine del 31 luglio 2017 per l'adeguamento degli statuti societari alle disposizioni del Testo Unico, le seguenti:

  • la previsione che gli obblighi di dismissione conseguenti all'applicazione dell'art. 4 non valgono per le società individuate dall'Allegato A, nonché per le società che gestiscono fondi europei per conto dello Stato ovvero la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell'Unione europea;
  • una disciplina transitoria di esclusione dall'applicazione del T.U. volta ad agevolare la quotazione di società che abbiano già avviato il relativo percorso: il Testo Unico non si applica alle società che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati e trasmesso il provvedimento alla Corte dei conti, per un termine di diciotto mesi, ovvero fino alla conclusione del procedimento di quotazione anche oltre detto termine, a condizione che sia stata presentata domanda di ammissione alla quotazione;
  • l'esclusione, in presenza di determinati presupposti, dall'applicazione del T.U. (nei dodici mesi successivi alla data della sua entrata in vigore), delle società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati;
  • il trasferimento della titolarità delle partecipazioni societarie delle altre amministrazioni statali al Ministero dell'economia e delle finanze - anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione - tramite D.P.C.M., qualora entro il 31 ottobre 2016 sia pervenuta la proposta dei relativi ministri;
  • l'esclusione dall'applicazione del T.U. delle società destinatarie dei provvedimenti adottati sulla base del codice delle leggi antimafia nonché della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. (operante nel settore della gestione e del recupero di crediti deteriorati);
  • la possibilità, in deroga alle previsioni contenute nell'articolo 4, dell'acquisizione e del mantenimento delle partecipazioni nelle società che risultano già costituite e autorizzate alla gestione delle case da gioco ai sensi della legislazione vigente.

Qui il dossier di documentazione sul Testo unico.

 

 

ultimo aggiornamento: 22 luglio 2021

La Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro, al cui interno è stata istituita la Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo sulla corretta attuazione della riforma delle società a partecipazione pubblica, ha predisposto un Rapporto che illustra le principali risultanze della revisione straordinaria, prevista dall'articolo 24 del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP), e che fornisce anche interessanti informazioni sulla tipologia di partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche.

Il documento analizza anche alcuni profili problematici, emersi con particolare evidenza in sede di applicazione della normativa introdotta dal TUSP, che hanno condizionato l'attuazione della riforma, e in particolare talune incertezze interpretative che hanno riguardato:

  • l'ambito della definizione di società a controllo pubblico;
  • differenti letture nella riconduzione delle attività societarie alla nozione di servizi di interesse generale;
  • difficoltà nell'individuare procedure di alienazione delle partecipazioni, idonee a rendere compatibili regole di trasparenza e prassi di mercato.

Anche l'analisi dei dati raccolti dalla Struttura di monitoraggio, ad esito della revisione straordinaria prevista dall'art. 24 del TUSP, indica due significative deviazioni rispetto alle finalità perseguite dalla riforma.
In primo luogo, su un totale di 32.427 partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche, 18.124 (circa il 56 per cento) sono risultate non conformi a quanto disposto dal TUSP e pertanto avrebbero dovuto formare oggetto di misure di razionalizzazione. In relazione a tale dato, è doveroso sottolineare che, per circa il 46 per cento (8.351) di dette partecipazioni non conformi ai requisiti del TUSP, le amministrazioni partecipanti hanno espresso la volontà di mantenere la partecipazione, senza prevedere alcun intervento di razionalizzazione.
In secondo luogo, con riferimento alle amministrazioni che hanno dichiarato - in sede di revisione straordinaria - l'intenzione di procedere all'alienazione delle partecipazioni detenute, su un totale di 3.117 partecipazioni dichiarate cedibili, solo in 572 casi (il 18 per cento) è stato comunicato il buon esito della procedura. Con riferimento alle amministrazioni che hanno comunicato la volontà di esercitare il diritto di recesso dalle società entro il 30 settembre 2018, su un totale di 568, soltanto in 178 casi (pari al 31 per cento) è stato comunicato l'esito positivo della procedura.
Le alienazioni e i recessi posti in essere a valle della revisione straordinaria delle partecipazioni prevista dal TUSP hanno generato introiti pari a circa 431 milioni di euro.

I dati acquisiti

Il numero complessivo di amministrazioni tenute ad effettuare la ricognizione straordinaria stabilita dal TUSP era pari a circa 10.700. Le amministrazioni che hanno effettivamente adempiuto agli obblighi di comunicazione al Dipartimento del Tesoro (comprese le comunicazioni negative, di non detenzione di partecipazioni) sono state 9.341, pari all'87 per cento del totale. Nelle  96 amministrazioni centrali, la percentuale di adempimento è stata del 72 per cento (il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca sono stati considerati inadempienti in quanto hanno trasmesso i dati relativi alla revisione straordinaria successivamente alla data del 25 febbraio 2018); negli enti di previdenza del 100 per cento, e nelle 10.597 amministrazioni locali dell'87 per cento.
Le partecipazioni detenute in 5.693 società partecipate e dichiarate in sede di ricognizione straordinaria sono state pari a 32.427 (di cui 28.629 detenute direttamente e 5.290 indirettamente)
Le amministrazioni hanno comunicato di voler mantenere 21.037 partecipazioni, riferibili a 3.312 società; per altre 7.845 partecipazioni (riferibili a 2.586 società partecipate), le amministrazioni hanno manifestato la volontà di procedere ad uno o più interventi di razionalizzazione, come illustrato nella tabella seguente.

 

Tabella 1 - Partecipazioni dichiarate in sede di revisione straordinaria

Fonte: Rapporto MEF sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche, Tavola II.1, pag. 18.

 

Delle 7.845 partecipazioni che le amministrazioni hanno dichiarato di voler alienare o comunque sottoporre ad altra misura di razionalizzazione, il rapporto presenta le modalità di razionalizzazione indicate dalle amministrazioni. Come si evince dalla tabella seguente, la cessione a titolo oneroso della partecipazione rappresenta quasi il 40 per cento del totale.

Tabella 2 - Modalità di razionalizzazione dichiarata dalle amministrazioni pubbliche

Fonte: Rapporto MEF sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche, Tavola II.3, pag. 19.

Settori di attività delle società partecipate

Con riferimento al settore di attività in cui operano le società partecipate l'analisi svolta ha permesso di rilevare che il 68 per cento delle società opera nel settore terziario (tra cui figurano società che svolgono attività di direzione aziendale, come le "holding", società che operano nella promozione dell'imprenditorialità e dello sviluppo del territorio e quelle che operano in ambiti di ricerca e sviluppo, come le partecipate dalle Università), il 31 per cento in quello secondario (tra le società partecipate operanti nel settore secondario, risultano prevalenti quelle del settore delle utilities) e l'1 per cento nel primario.

Le partecipazioni oggetto di interventi di razionalizzazione si concentrano nel settore terziario (il 65 per cento del totale, il secondario si attesta al 33 per cento e la parte residua è riferibile al primario), mentre quelle per le quali è stato dichiarato il mantenimento riguardano le società che operano nel settore terziario e in quello secondario (in entrambi i casi con una percentuale di quasi il 50 per cento; il primario è infatti prossimo allo zero per cento).

L'analisi del numero medio di pubbliche amministrazioni che detengono partecipazioni nella stessa società evidenzia come, mediamente, le utilities dei settori idrico e di gestione dei rifiuti siano quelle per le quali si registra in maggiore misura la compartecipazione di più amministrazioni (tipicamente si tratta di amministrazioni locali e, in particolar modo, di comuni) rispetto alle società che operano in altri settori. Infatti, il numero medio di amministrazioni che partecipano nelle società operanti nell'ambito dei citati settori (14,4 amministrazioni) è il più alto tra tutti i settori considerati.
Il numero medio di amministrazioni partecipanti ad una società risulta elevato anche tra le imprese che operano nei servizi di informazione e comunicazione (8,8 amministrazioni)18 e tra quelle che svolgono attività finanziarie e assicurative (6 amministrazioni).

Risultati economici

Analizzando i dati riguardanti le società partecipate per le quali sono stati dichiarati interventi di razionalizzazione, si evidenzia che il 61 per cento di tali società nel 2015 risulta avere chiuso il bilancio in utile, con un risultato di esercizio pari a circa 1 miliardo di euro. Le società in perdita sono il 34 per cento del totale e le loro perdite complessive si attestano a 1,1 miliardi euro. A consuntivo, si può constatare come la perdita cumulata delle società da razionalizzare, ecceda gli utili cumulati, nonostante la maggiore numerosità delle società con risultato economico positivo.

Tabella 3 - Risultato di esercizio delle partecipazioni oggetto di razionalizzazione

Fonte: Rapporto MEF sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche, Tavola II.7, pag. 24.

Analizzando i dati riguardanti le società partecipate per cui è dichiarata la volontà di mantenimento delle partecipazioni da parte delle amministrazioni, risulta che, nel 2015, in più del 70 per cento dei casi esse hanno chiuso il bilancio in utile, con un risultato complessivo di esercizio pari a circa 2,2 miliardi di euro. Le società in perdita per le quali si dichiara la volontà di mantenimento delle partecipazioni sono circa il 20 per cento del totale e le perdite complessive si attestano, nel medesimo anno, a quasi 700 milioni di euro.

Esistono, dunque, società in utile per le quali le amministrazioni hanno dichiarato la volontà di attuare interventi di razionalizzazione, e, di converso, numerose amministrazioni partecipanti in società in perdita che hanno espresso la volontà di mantenere la partecipazione.

Il mantenimento di partecipazioni in società in perdita (laddove ammesso dal TUSP) è prevalentemente riconducibile alla circostanza che queste, secondo quanto dichiarato dalle amministrazioni, erogano servizi di interesse generale. Il  ricorrere di tale ipotesi permette, infatti, di derogare alla norma del TUSP che, nell'ipotesi di perdite reiterate (quattro esercizi su cinque), impone la razionalizzazione della partecipazione.

La scelta, operata in numerosi casi dalle amministrazioni socie, di procedere alla razionalizzazione di partecipazioni in società in utile, appare riconducibile ad altri obblighi imposti dalla riforma, allo scopo di evitare l'abuso di forme organizzative privatistiche per eludere i vincoli imposti alle amministrazioni o la distorsione della concorrenza. Si fa, in particolare, riferimento alle norme del Testo Unico, relative alla definizione delle attività il cui esercizio è ritenuto legittimo da parte delle società partecipate, nonché alla individuazione di un numero chiuso di requisiti che legittimano il mantenimento di una partecipazione.

ultimo aggiornamento: 23 maggio 2019

La disciplina sulle societa partecipate dalle amministrazioni pubbliche è stata modificata con la legge di bilancio per il 2019 (legge n.145 del 2018, articolo 1, commi 721-724) al fine di attenuare la portata di taluni obblighi previsti dal Testo unico approvato con il decreto legislativo n.175 del 2016.

Il comma 721 interviene sull'ambito applicativo del Testo unico, con riferimento alle società quotate. In particolare, si chiarisce che le disposizioni del Testo unico non si applicano, a meno che non ne sia espressamente prevista l'applicazione nelle singole disposizioni, alle società a partecipazione pubblica quotate e alle società controllate da queste ultime.

Il comma 723 integra il Testo unico sulle società partecipate pubbliche (D.Lgs. n. 175/2016), introducendo all'interno dell'articolo 24, relativo alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il comma 5-bis.  L'intervento normativo è volto a disapplicare, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) del Testo unico nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (dunque, si suppone, nel triennio 2014-2016). Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza pertanto l'amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie.

Infine, i commi 722 e 724 ampliano l'ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al MEF e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER.

ultimo aggiornamento: 20 marzo 2019
 
temi di Autonomie territoriali e finanza locale
 
temi di Politica economica e finanza pubblica